CAVACEPPI, Bartolomeo
Di modesti natali, nacque a Roma intorno al 1716 da Gaetano e da Petronilla Rotti. E a Roma visse praticamente tutta la vita nell’ambito della parrocchia di S. Maria del Popolo. Nell’anno 1729 egli entrò nello studio del francese P. E. Monnot, scultore accademico (che morì nel 1733), e già l’anno seguente il C. era restauratore di sculture antiche. Nel 1732 e nel 1738 seguì i corsi e vinse premi presso l’Accademia di S. Luca; non conosciamo bene la sua produzione di questi primi due decenni di attività. Presto iniziò a lavorare per il principale antiquario di Roma e protettore dell’Accademia, il cardinale Albani, che fu suo patrono per tutta la vita e che incominciò una terza collezione nel 1734. Lo scultore Naporione (o Napolione) restauratore dell’Albani e maestro del C. probabilmente diresse i suoi primi lavori di restauro.
Il C. restaurò gli acquisti più importanti dei Musei Capitolini sotto i pontificati di Benedetto XIV e di Clemente XIII, come quelli del conte Fede, a Tivoli, e di altri collezionisti minori di Roma. Intorno alla metà del secolo, quando una vera e propria mania antiquaria si andava rapidamente diffondendo nell’Europa settentrionale e in Italia, il C. era già affermato come restauratore di fama internazionale. Nei cinquanta anni seguenti egli restaurò frammenti da poco scoperti o identificati per i principali collezionisti del suo tempo, spesso con l’aiuto di commercianti e agenti (tra gli altri James Adam, B. Amadei, M. Brettingham, G. Hamilton, Th. Jenkins).
Tra i più importanti promotori inglesi di questo “furore” antiquario che acquistarono pezzi restaurati dal C. ricordiamo: i lords Leicester (Holkham), Egremont (Petworth), Anson (Shugborough), Rockingham (Wentworth) e Lansdowne (Londra) e i signori Wynn (Nostel), Lloyd (Beaconsfield), Jennings (Shiplake), Dyck (Livorno), Browne (Wimbledon), Weddel (Newby), Townley (Londra), Blundell (Ince). Altri importanti clienti erano: in Germania, il margravio di Bayreuth, il generale Walmoden a Hannover, Giovanni Giorgio e Leopoldo III di Anhalt-Dessau, Federico II di Prussia e Federico di Assia-Cassel oltre a Winckelmann e ad A. R. Mengs; e ancora: Gustavo III di Svezia, Caterina II e il generale Šuvalov in Russia, il principe Poniatowski in Polonia, il balì Breteuil a Malta e il cardinale Azara a Madrid. Contemporaneamente aumentavano i protettori italiani: dal cardinale Albani a collezionisti meno importanti, a Clemente XIV che nel 1770 gli concesse lo Speron d’oro per i suoi contributi al Museo Pio-Clementino, e, più tardi, Sigismondo Chigi e Marcantonio Borghese, che nel 1787 gli concesse una pensione a vita. Il C., in poche parole, divenne il primo restauratore del suo tempo e i suoi lavori entrarono a far parte delle principali collezioni dell’epoca.
Benché molte delle opere restaurate siano ancora nelle gallerie originarie (per esempio, il Fauno rosso e i Centauri dei Musei Capitolini, il Nerva del Vaticano, l’Afrodite di Holkham, le Canefore di villa Albani), altre sono state disperse, restaurate di nuovo o private delle addizioni del C. (per esempio, l’Eirene Albani della Gliptoteca di Monaco, l’Atena del Museo nazionale di Napoli o il Lottatore Lansdowne nel Los Angeles County Museum).
Il C. morì a Roma il 9 dic. 1799 e lavorò sino all’ultimo giorno. Era ricchissimo e possedeva migliaia di pezzi antichi restaurati, frammenti, copie, gessi e forme, bozzetti barocchi, pitture di grandi maestri oltre a disegni, stampe, medaglie e opere svariate incluse le proprie (Arch. di Stato di Roma, 30 Notai Capitolini...; Bibl. Apost. Vaticana, Manoscritti Ferrajoli, 974 [n. 16]; Raccolta di alcuni disegni del Barberi da Cento... incisi in rame… dall’Architetto... G. B. Piranesi, [Roma 1764]).
Verso il 1760 Winckelmann aveva definito “museo” lo studio del C., e una decina di anni più tardi, quando fu inaugurata la Casa Cavaceppi in via del Babuino, le stanze d’esposizione divennero famose e furono visitate da persone illustri romane e forestiere: C. Weinlig, l’arciduchessa Maria Cristina d’Austria, Friederike Brun, il principe elettore di Baviera Carlo Teodoro, Goethe, Pio VI, Heinze, Sofia Albertina di Svezia, il principe Augusto di Gotha, J. W. Wendt di Zurigo, tanto per fare alcuni nomi. Il C., che era senza figli, lasciò tutti i suoi beni all’Accademia di S. Luca, della quale ammirava molto gli ideali, e di cui era stato chiamato a far parte il 7 luglio 1782 (Arch. dell’Accad., vol. XXVIII, c. 20v; il testamento del 7 sett. 1794 in Arch. di Stato di Roma, 30 Notai Capitolini..., cc. 520-22, 553 s.). La moglie Margherita e la famiglia di lui impugnarono il complicato testamento; mentre la disputa era in corso, durante l’occupazione napoleonica, le collezioni vennero a poco a poco malauguratamente disperse. La maggior parte delle sculture fu acquistata da Giovanni Torlonia, i disegni e le medaglie da Vincenzo Pacetti, presidente dell’Accademia e esecutore testamentario (oggi rispettivamente a Berlino e in Vaticano), il resto è in gran parte non identificato.
La fama di cui il C. godette presso i suoi contemporanei fu aumentata dalla pubblicazione, in proprio, di tre volumi con 180 tavole che illustrano le opere da lui restaurate oltre ad alcuni pezzi moderni: Raccolta d’antiche statue, busti..., Roma 1769-1772. Ogni volume conteneva un frontespizio (il primo, col suo ritratto; il secondo, col suo studio, e il terzo, col suo palazzo); un saggio sulle questioni del restauro e la sua giustificazione; l’esposizione del metodo dell’intenditore; consigli su imbrogli e mezzucci dei commercianti in antiquariato, e naturalmente propaganda per se stesso. I testi, dal tono suadente, mettono bene in luce gli effetti negativi di scandali meschini in questioni di restauro, il declino delle pratiche più fantasiose e lo storicismo che sempre di più andava qualificando la professione. Gran parte degli scritti è originale ma l’apparato critico segue chiaramente i dettami di Winckelmann e dell’antiquariato romano tradizionale. Il metodo storico-episodico e rudimentale – sia nei dettagli sia nei concetti di progresso ed evoluzione – si rifletteva nell’ordine cronologico con cui erano ordinati i cento volumi di disegni in folio del Cavaceppi. In una app. al vol. II è descritto un viaggio in Germania, insieme con Winckelmann, nel 1768, immediatamente prima dell’assassinio del grande archeologo a Trieste, e questa ultima testimonianza sul collega e amico – in effetti un racconto biografico e di viaggio pieno di comprensione, ma anche di autogiustificazione – fu ristampata e tradotta diverse volte. Nel saggio finale, un’apologia dedicata a Federico il Grande dove si parla dei tentativi vani di istituire una accademia civica nel palazzo Cavaceppi, l’autore si rivela chiaramente artigiano di corte conservatore e ossequioso, dotato di intelligenza e furbizia, e di spirito commerciale. Nella Roma della metà del Settecento era più facile e più lucrativo per un buono scultore essere restauratore che artista originale; e il C. produsse poco, e secondo i gusti dell’epoca, in uno stile che univa la sua educazione rococò alla emergente severità neoclassica. Opere originali sono a Brunswick, Anton Ulrich Museum (Carlo I); a Potsdam Sans-Souci (Federico II); a Londra, Syon House (Cerere), a Roma, villa Ruffo (Diana), e Wörlitz, castello (la Duchessa Luisa e bozzetti). Copie dall’antico eseguite dal C. sono sparse dovunque. D’altra parte i suoi numerosi restauri e facsimili, pur costretti nei limiti della loro funzione storico-archeologica e decorativa, mostrano più chiaramente il nuovo stile, contribuendo in modo fondamentale al sorgere del neoclassicismo. Nel grande studio del C. si formarono numerosi restauratori della generazione seguente e scultori della cerchia di Canova, come C. Albacini che visse con il C. negli anni del sesto decennio, oltre a G. Angelini e G. Pierantoni. Anche svariati scultori strameri (sia apprendisti sia artisti indipendenti) furono influenzati dalla bottega del C. (per esempio, T. Sergel, K. F. Schäffer, Pfeiffer di Anhalt e J. Nollekens), ma il C. fu più importante per la cultura del suo tempo che per qualsiasi singolo artista.
Nell’Accademia di S. Luca si conserva un ritratto del C. eseguito da A. von Maron (L’Accad. naz. di S. Luca, Roma 1975, p. 246, ill. 44).
Paolo, terzo fratello del C., nacque a Roma il 15 sett. 1723 e vi morì dopo il 1804. Anch’egli fu scultore ma restò sempre nell’ombra del fratello con il quale lavorò, insieme con il proprio figlio Costantino (11 febbr. 1748-18 marzo 1801), anche lui scultore minore. Flavia, figlia di Paolo, sposò il restauratore Giovanni Pierantoni e il loro primogenito fu figlioccio del Cavaceppi. Non si conoscono opere originali di Paolo. Nel settimo decennio del secolo egli restaurò per il cardinale Albani il Nido di bambini; lavorò anche a restauri per il Museo Pio-Clementino (Tyche di Antiochia) e per il Museo Chiaramonti in Vaticano, per villa Borghese e forse per palazzo Chigi.
Fonti e Bibl.: oltre alla bibl. in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 209 s., si veda: Roma, Accad. di S. Luca, Registro delle Congregazioni, LV, cc. 13, 73-101 passim; Arch. di Stato di Roma, Antichità e belle arti, III, 138; Ibid., Camerale, ms. 308, pp. 108 ss.; Ibid., Esportazione di oggetti, 20 apr. 1762 e passim; Ibid., Fam. Albani, CCCII, nn. 3, 13; Ibid., 30 Notai Capitolini, Testamenti, vol. 31, dicembre 1799, cc. 519-538, 564, 817-842 passim; Roma, Bibl. Alessandrina, ms. 321: Giornale di V. Pacetti, agosto 1780, 7 maggio 1787, e passim per l’anno 1787; Roma, Bibl. dell’Ist. di archeol. e storia dell’arte, mss. Lanciani, 5, 65, pp. 166-168; Bibl. Apostolica Vaticana, Archivio Chigi, Arte e Antichità, nn. 33, 35; Ibid., Ferrajoli 969, nn. 37, 38; 974, n. 16; Arch. Segr. Vaticano, Borghese, mss. 32, 37 (1775, 1787); Ibid., Secretaria Brevium 3704, n. 6 (16 ag. 1770), cc. 27 s.; A. Beck, Ernst II, Gotha 1854, p. 281; J. Bernoulli, Zusätze zu den neuesten Reisebeschreibungen von Italien, Leipzig 1777, I, pp. 517-20; II, pp. 11, 494 s., 517, 556; G. Bottari-S. Ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura..., Milano 1822, V, p. 16; S. Conca, Gli eccelsi pregi delle belle arti…, Roma 1733, pp. 11, 18; A. Masucci, Delle lodi delle belle arti…, Roma 1739, pp. 8, 10; Novelle letterarie di Firenze, XVI (1755), p. 532; J. J. Winckelmann, Werke, Donauschigen 1825, XII, pp. 285 s.; Id., Briefe, Berlin 1952, I, p. 625; II, p. 549; III, p. 596; IV, p. 599; R. Venuti, Accurata... descrizione... di Roma, Roma 1763, II, pp. 137 s.; J. W. Goethe, Winckelmann und sein Jahrhundert, Tilbingen 1505, pp. 288, 350 s.; Id., Werke, Weimar 1906, XXXII, pp. 291, 438, 457; Diario ordinario... del Cracas, Roma 1776-1800, nn. 132, 150, 606, 806, 946, 1024, 1900, 2438; 2 serie, n, 100; A. Rode, Beschreibung des Fürstlich Anhalt-Dessanischer Landhauses und Englischen Gartens zu Wörlitz [1814], Dessau 1828, pp. 14, 23, 27 s.; C. Fea, Miscellanea…, Roma 1836, II, pp. 213-215; A. Michaelis, Ancient Marbles in Great Britain, Cambridge 1882, pp. 67, 87 ss., 760, 774 s.; Th. Ashby, Thomas Jenkins in Rome, in Papers of the British School at Rome, VI (1913), 8, p. 509; E. P. Riesenfeld, C.’s Büste Friedrichs des Grossen, in Zeitschrift für bildende Kunst, XXV (1914), pp. 57-60; K. Cassirer, Die Handzeichnungssammlung Pacettis, in Jahrb. der preuss. Kunstsamml., XLIII (1922), pp. 63-97; F. Noack, Das Deutschtum in Rom, Stuttgart 1927, I, pp. 297, 336 s., 363; II, p. 123; H. Lamy, Une compétition de sculpteurs pour l'exécution de la statue de St Norbert dans la basilique de St-Pierre à Rome (1738-1767), in Rev. belge d’archéol. et d'hist. de l'art, XI (1941), pp. 71-79; C. B. Cone Edmund Burke’s Art Collection, in The Art Bull., XXIX, (1947), pp. 12-131; K. Justi, Winckelmann und seine Zeitgenossen, Köln 1956, II, pp. 390 s.; III, p. 503; M. Cagiano de Azevedo, Il gusto nel restauro, Roma 1948, pp. 68 ss.; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, ad Indicem; S. Howard, Boy on a Dolphin: C. and Nollekens, in The Art Bull., XLVI (1964), pp. 177-189; Id., Sculptures of B. C. and origins of Neoclassicism: A Ceres Series and Sundries, in Actes du XXIIe Congris internat. D'histoire de l'art... 1969, Budapest 1972, II, pp. 227-232; Id., B. C. and the Origins of Neoclassic Sculpture, in The Art Quarterly, XXXIII (1970), pp. 120-133; Id., An Antiquarian Handlist and Beginnings of the Pio-Clementino, in Eighteenth-Century Studies, VII (1973), pp. 40-61.
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