CESI, Bartolomeo
Figlio di Angelo del ramo degli Acquasparta, e di Beatrice Caetani dei duchi di Sermoneta, nacque a Roma nell'anno 1567. Nel 1586 ricevette da papa Sisto V la nomina a protonotario apostolico partecipante e l'anno successivo, conseguita la laurea in utroque iure nell'università di Perugia, fu nominato referendario utriusqueSignaturae; a queste cariche si sarebbero aggiunte, in data imprecisata ma comunque prima del 1590, quelle di chierico della Camera apostolica e di prelato domestico. Tra la fine del 1589 e gli inizi del 1590, il C. acquisterà per l'ingente somma di 50.000 scudi l'ufficio di tesoriere generale e collettore degli spogli della Camera, ufficio nel quale veniva confermato con bolla pontificia del 23 genn. 1590.
Nel conferire l'ufficio al C., Sisto V aveva voluto procedere alla riforma ed all'ampliamento delle sue competenze, rimaste fino ad allora indeterminate: perciò la bolla papale non rappresenta soltanto l'atto di nomina per il nuovo titolare, ma anche il primo documento pontificio nel quale siano organicamente delineate le attribuzioni del tesoriere generale. Dopo avere ricordato le virtù personali del C. e le benemerenze della sua famiglia, il pontefice stabiliva la nuova normativa. All'ufficio venivano in sostanza la riscossione e l'amministrazione di tutte le rendite della S. Sede e la vigilanza sulle collettorie e sottocollettorie ovunque situate. Norme particolari fissavano, oltre alle prerogative, gli emolumenti o le prelazioni d'onore, le competenze giurisdizionali del tesoriere: gli era attribuita giurisdizione esclusiva in tutte le cause, anche criminali e miste, connesse con materie di competenza dell'ufficio e giurisdizione d'appello nelle cause conosciute in prima istanza dagli ufficiali inferiori, dai collettori e dai nunzi pontifici.
Nello svolgimento delle sue funzioni, il C. mise presto in evidenza le sue doti di sagace ed efficiente amministratore, accumulando un'esperienza nelle questioni economiche e finanziarie che gli meritò la fiducia dei quattro pontefici che, nel breve volgere di due anni, succedettero a Sisto V. Tale, in particolare, la stima della quale il C. godeva presso Clemente VIII, che questi, nella promozione del 5 giugno 1596, gli conferì la porpora cardinalizia assegnandolo all'ordine dei diaconi. Pochi giorni più tardi il papa lo pose a capo di una speciale commissione incaricata di riscuotere i crediti vantati dalla Camera nei confronti dei baroni romani, e nel dicembre successivo lo ascrisse alla Congregazione per le cose d'Ungheria.
L'esperienza del C. in campo amministrativo e la fiducia del papa spiegano come, ai primi di novembre 1597, negli avvenimenti che precedettero la devoluzione di Ferrara alla S. Sede, Clemente VIII gli affidasse la presidenza della commissione cardinalizia incaricata del recupero del ducato estense contro le pretese di Cesare d'Este.
La guerra sembrava inevitabile: come presidente della commissione il C. fu chiamato a svolgere una parte di primo piano nella preparazione della campagna militare. Fu lui a contrattare i prestiti con banchieri genovesi e fiorentini, a provvedere all'approvvigionamento in armi e viveri, a mantenere da Roma i contatti con il cardinale nipote Pietro Aldobrandini, inviato dal papa in Romagna con titolo di legato e di comandante supremo dell'esercito pontificio. I preparativi furono particolarmente laboriosi, perché la prospettiva di una soluzione armata del conflitto aveva trovato impreparata l'amministrazione pontificia; ma tale estremo ricorso poté essere scartato nel gennaio successivo, allorquando Cesare d'Este, colpito da scomunica, face atto di sottomissione alla S. Sede.
Nell'aprile di quell'anno, il C. accompagnò Clemente VIII nel viaggio che questi volle compiere per prendere possesso del territorio appena ricuperato; sulla via del ritorno, a Loreto, ricevette dalle mani del pontefice stesso la consacrazione sacerdotale, insieme con il cardinal nepote Pietro Aldobrandini. In quell'occasione, Clemente VIII gli concedette di rimanere nell'ordine dei cardinali diaconi e di conservare il suo titolo di S. Maria in Portico, chiesa nella quale il C. stava facendo compiere ampi lavori di restauro; soltanto nel 1611 avrebbe optato per il suo primo titolo presbiteriale, quello di S. Pietro in Vincoli. Fu probabilmente a quest'epoca che il papa nominò il C. commendatario di alcune abbazie, tra cui quella di S. Maria in Val di Ponte già conferita in passato ad altri membri della famiglia Cesi.
Alla morte di Clemente VIII, nel 1605, il C. perse, con il suo protettore, la sua posizione nella corte pontificia: non sembra infatti che Leone XI e Paolo V avessero per lui la stessa stima del loro predecessore, il che spiega gli incarichi di scarso rilievo che questi pontefici gli affidarono. Nel brevissimo pontificato di Leone XI, il C. fu nominato governatore di Benevento. Sotto Paolo V ebbe, in data imprecisata, la presidenza di una Congregazione "per la militia" istituita dal papa; fu inoltre membro delle Congregazioni della Basilica vaticana e della Stamperia, nonché dell'apposita Congregazione finanziaria per lo Stato pontificio, creata nel 1605. Il 1º marzo 1608 venne proposto in concistoro per l'archidiocesi di Conza: nulla sappiamo dell'attività pastorale del C., salvo che non dovette durare a lungo, dato che nel 1611 lo ritroviamo a Roma, dove era stato preposto all'organizzazione del nuovo Archivio vaticano.
Già all'epoca in cui era tesoriere generale, il C. aveva ideato e parzialmente realizzato il progetto di riunire i documenti della S. Sede nell'archivio creato da Sisto IV in Castel Sant'Angelo. Fu probabilmente l'esperienza da lui acquisita in quell'occasione ad indurre Paolo V ad affidargli la supervisione dell'opera di raccolta e riordino del materiale documentario da depositare nel costituendo Archivio segreto: iniziati nel 1611, i lavori potevano considerarsi terminati il 30 genn. 1612, data della nomina del primo "custode" dell'istituzione.
Nel 164 il C. rinunciò alla sede di Conza e, a causa delle sue declinanti condizioni di salute, si ritirò fuori Roma, alternando i soggiorni invernali nella sua villa di Nettuno, con la villeggiatura estiva a Tivoli.
Dopo la morte di Paolo V e l'elezionedi Gregorio XV (9 febbr. 1621), sembrò che il C. dovesse riprendere l'antica posizione di preminenza nell'entourage papale. Il nuovo pontefice era infatti un estimatore del C.: oltre ad avvalersi di lui nelle più importanti questioni amministrative, il 5 maggio lo nominò vescovo di Tivoli, sede particolarmente gradita al C. per il suo clima salubre. Ma il suo ritorno alla ribalta doveva risultare di assai breve durata: egli morì, infatti, a Tivoli il 18 ottobre del 1621.
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