BARTOLOMEO da Novara
Scarsi sono i dati biografici di B., e quelli che si riuniscono intorno a questo nome non è certo che riguardino la stessa persona. Intorno al 1390 un B. da Novara, avvocato concistoriale, fu mandato in Inghilterra come nunzio apostolico da Bonifacio IX. A seguito di quella ambasceria il pontefice gli concesse un emolumento in favore suo e della famiglia, in data 10 marzo 13 91 - Nel 1394 questo B. compare come teste in un instrumentum concordiae tra lo stesso papa e un Colonna, e ancora in quell'anno è teste in un instrumentum impignorationis avente ad oggetto beni di Carlo Malatesta da Bertinoro, sottoposti a pegno dallo stesso Bonifacio IX.
Come si vede, doveva trattarsi d'un personaggio legato alla corte pontificia, e particolarmente, alla figura di quel papa che gli affidò il delicato ufficio d'una ambasceria in Inghilterra nel confuso e difficile periodo di lotte che càratterizza il suo pontificato. Non esistono, dato il silenzio delle fonti finora note, ragioni perentorie per escludere che sia la stessa persona quel B. da Novara che risulta insegnare nell'Ateneo bolognese dal 1424 al 1429.
Il B. professore a Bologna inázia la sua attività, "ellectus per Reformatores Studii", nell'anno accademico 1424-1425 e tiene la lectura Codicis, diebus festivis de sero. L'anno seguente è la lectura Digesti Veteris oggetto del suo insegnamento, sempre diebus festivis.Nel 14261427 passa invece al diritto canonico, con la lectura ordinaria Sexti et Clementinarum,che prosegue anche nell'anno successivo, con lo stipendio di 101 lire annue. Nell'ultimo anno in cui la sua attività didattica è documentata a Bologna, il 1428-1429, egli insegna di nuovo diritto civile, leggendo il Volumen, per lo stipendio annuo di 125 lire.
Si conoscono di B. soltanto opere esegetiche, non tutte di sicura attribuzione.
Casus in quibus requiritur sPeciale mandatum:ms. Vat. lat. 10726 della Biblioteca Vaticana f. 99. P,questa un'operetta, la cui formazione non sembra del tutto chiara: nel manoscritto vaticano si riduce a una sorta di indice delle fattispecie negoziali, in cui la sostituzione sostanziale dei soggetti non potrebbe risultar valida in mancanza d'un atto esplicito dell'interessato, volto a conferire ad altro soggetto il potere di disporre in suo nome e per suo conto. Una prima parte (forse la più antica) si chiude col trentunesimo casus e reca la sigla di "Bar(tholus) de sax(oferra)to"; ma quello stesso casus e la subscriptio sono cancellati: li sostituisce una serie aggiunta di quattro casus,non numerati, seguiti dalla nuova subscriptio:"Bartolus (1) de Novaria utriusque iuris doctor". Questa sommaria descrizione - e più un'attenta lettura - inducono a credere che, al tempo in cui il ms. miscellaneo si formò (sec. XV), circolasse sotto il nome del maestro perugino anche questa breve compilazione, alla cui autenticità, peraltro, nessuno crederebbe oggi con troppa facilità: ad essa B. aggiunse quattro fattispecie, tutte in materia processuale. Sarebbe almeno incauto presumere che la raccolta non sia mai passata alle stampe, anche se lo stato attuale delle ricerche non permette di indicare edizioni.
Sembra non identica a questa, l'opera - anch'essa compilatoria - conservata con titolo analogo nel ms. Vat. lat. 8069, ff. 127 v128 r.
Repetitiones a due paragrafi delle Institutiones giustinianee: Inst.1, 2,1 (nel ms. 917 della Universitátsbibliothek di Lipsia, ai ff. 325-329), InSt.1, 2, 9 (nel ms. lipsiense, ai ff. 330-336).Nel codice lipsiense (finora codex unicus) le due repetitiones sono intitolate, rispettivamente: "Materia statutorum domini bartholomei de novaria quam posuit super paragraphuni Ius autem civile Institutionum de iure naturali gentium et civili" e "Materia consuetudinis bartholomeí de novaria quam posuit super paragraphum Non scripto Institutionum de iure nature (!) gentium et civili". Forse a queste va aggiunta la repetitio ad Auth.1, 4, 2 ( ~ Nov. 4, 2) contenuta nel foglio 337 del manoscritto lipsiens--.
L'importanza delle due repetitiones è per lo meno indiretta: esse - finora sconosciute, a quanto risulta - potrebbero fornire indicazioni utilissime a chi affrontasse oggi, dopo le indagini necessariamente incomplete del Meiiers, il problema del commentario alle Institutiones che va nelle stampe sotto il nome di Bartolo da Sassoferrato; prima d'un esame analitico, non si vuol escludere in linea di principio che possano recare un contributo decisivo alla composizione della secolare querelle.In effetti, il nome di B. da Novara è stato legato da biografi antichi e da studiosi a noi più vicini ai complessi problemi dell'attribuzione di quella lectura.Un'antica e diffusa opinione, risalente al Panciroli e poi suffragata dal Tiraboschi, dal Mazzuchelli e dal Savigny, accolta poi dal Besta, respingendo la paternità bartoliana di quello scritto, lo attribuiva a B., assumendo che l'abbreviazione stessa del nome dell'autore (# Bart." o "Bar.") avesse indotto in errore gli editori. L'argomento del quale si serve il Panciroli per respingere l'attribuzione a Bartolo da Sassoferrato èrappresentato dalle frequenti citazioni, contenute nel commentario stesso, di Jean Faure, che l'autore dell'opera chiama c dominus meus", mentre è noto che Bartolo non conobbe Jean Faure, né fu suo allievo. Il Panciroli raccoglie anche le testimonianze di Angelo Gambiglioni, di Giambattista Caccialupi e di Lorenzo Ridolfi, che danno notizia di una "interpretatio" alle Institutiones,opera di B. da Novara. La parte negativa della tesi del Panciroli era ampliata dal Savigny con l'osservazione che Giason del Maino non cita in alcun luogo un commentario di Bartolo da Sassoferrato alle Institutiones e che lo stesso Diplovataccio (nella Bartholi Vita a stampa) respinge la paternità bartoliana dell'opera che già alcuni editori diffondevano col nome dei giurista marchigiano, sia per la diversità dello stile, sia perché Bartolo da Sassoferrato vi appare citato in terza persona.
Gli studi del Meijers sull'università di Orléans nel sec. XIII condussero ad una impostazione affatto diversa del problema e ad una soluzione a tutt'oggi condivisa dalla dottrina storico-giuridica (Feenstra, Paradisi): il più antico scritto di jacques de Révigny, per l'appunto il commento alle Institutiones,stampato in folio a Milano nel I 506, venne riprodotto fra le opere di Bartolo da Sassoferrato: In tal modo il Meijers respinge l'antica tesi del Panciroli, sostenendo che quel "dominus meus" più volte citato nel testo (che spesso appare anche come "Io[hannes] de Monc[iaco]") non sarebbe da identificarsi con jean Faure, ma con Jean de Monchy ("Iohannes de Monciaco"), maestro appunto del Révigny. La corrispondenza fra le questioni contenute in questo commentario e quelle trattate da Jean Faure si spiegherebbe assumendo la dipendenza dell'opera di Jean Faure da quella del Révigny (pubblicata poi sotto il nome di Bartolo). Né Johannes Faber - d'altro canto - avrebbe potuto esser maestro di B. da Novara, giacché questi visse cent'anni più tardi. L'unica citazione di Bartolo contenuta nella discussa lectura Institutionum (Inst.1, 21) è da considerarsi - a parere del Meìjers - come una nota marginale più recente, caduta nel testo; lo stesso si dovrebbe pensare dell'unica menzione espressa di Jean Faure (Inst. I, 15, 3). P,in sostanza un perfetto capovolgimento della tesi tradizionale, risalente al Panciroli, sui rapporti fra il commentario attribuito nelle stampe a Bartolo da Sassoferraro e quello di Jean Faure.
Fonti e Bibl.: I. B. Ziletti, Index librorum iuris pontificii et civilis,Venetiis 1.566, p. 3; C. Cartharius, Advocatorum Sacri Consistorii SY1labum.... s.l.1656, ff. XVIII, XIX; G. Panciroli, De Claris Legum Interpretibus libri,Lipsiae 1721, pp. 147, 155; G. Carafa, De Professoribus Gymnasii Romani, II, Romae 1751, p. 491; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, p. 465; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., V, 2, Venezia 1823, p. 458; F. C. Savigny, Storia del diritto romano nel Medio Evo, II, Torino 1857, pp. 645 s.; III, ibid. 1857, p. 492; U. Chevalier, RéPert. des sources histor. du Moyen Age, I, Paris 1905, p. 448; G. Zaoli, Di alcuni ! rotuli" dello Studio della prima metà del sec. XV,in Studi e Mem. per la storia dell'Univers. di Bologna, IV, Bologna 1920, pp. 226, 230, 234; U. Dallari, I "rotuli" dei lettori lecisti e artisti dello Studio Bolognese dal 1384 al 1799, IV, Bologna 1924, pp. 47, 50, SI, 54, 57; E. Besta, Fonti,in St. del dir. ital.,diretta da P. Del Giudice, 1, 2'Milano 1925, p. 867; S. Kuttner'in Nuovo Dig. It., VIII, Torino 1939, p. 1122; Stintzing, Gesch. der Deutschen Rechts-Wissenschaft, I, München-Leipzig 1880, p. 511; P. Tourtoulon, Les oeuvres de 31acques de Révigny,Paris 1899, pp. 6, 11-13, 16, 34; P. Torelli, Per l'edizione critica della glossa accursiana alle Istituzioni, Bologna 1934, p. 123; J. L. J. Van de Kamp, Bartolus de Saxoferrato (1313-1356). Leven-WerkenInvloed-Beteekenis,Amsterdarn 1936, pp. 125 S.; E. M. Meiiers, L'Université d'Orléans au XIIIe siècle. in Etudes d'histoire du droit, III, Leyde 1959,pp. 68-71; R. L. Feenstra, Bartolo dans les Pays-Bas (Anciens et modernes). Avec additions bibliographiques à l'ouvrage de 31. L. 31. van de Kamp,in Bartolo da Sassoferrato, II, Milano 1962, p. 265; B. Paradisi, La diffusione europea del Pensiero di Bartolo e le esigenze attuali della sua conoscenza, ibid., I, Milano 1962, pp. 426 s.; G. Rossi, La "Bartoli Vita" di Tommaso Diplovataccio secondo il codice Oliveriano 203, in Bartolo da Sassoferrato, II, pp. 449, 464.