BARTOLOMEO da San Concordio (Bartolomeo Pisano)
Nacque nel 1262 a San Concordio, presso Pisa, dove ricevette gli ordini ed entrò nel convento domenicano di S. Caterina verso i quindici anni. Studiò diritto e teologia a Bologna, poi a Parigi (1285); tornato in Italia, insegnò logica, filosofia e diritto canonico nelle scuole dell'Ordine, a Todi, Roma, Firenze (convento di S. Maria Novella, 1297-1304), Arezzo (1305), Pistoia (1310). Lo si ritrova costantemente a Pisa negli anni 1312, 1317, 1320, 1326, firmatario di atti privati: evidentemente non si mosse più dal convento di S. Caterina, del cui studium divenne direttore nel 1335. Bmorì, pure a Pisa, il 12 (o meno probabilmente il 2) luglio 1347; la Chronica del convento ne celebra le qualità umane, intellettuali e morali, ricordando pure la sua valentia come predicatore. L'attività di B. è caratterizzata dalla notevole capacità di assimilazione (secondo la citata Chronica, "eius memoria et intellectus" erano "quasi quoddam armarium scripturarum") e dall'adesione agli insegnamenti del suo maggior confratello Tommaso d'Aquino, del cui De regimi ne principuni costituisce integrazione e commento il suo inedito Compendium moralis philosophiae, e la cui opera è frequentemente citata nei Documenta antiquorum. L'originalità speculativa di B. è nulla; tuttavia egli svolse un notevole ruolo, oltre che come canonista, come volgarizzatore di prim'ordine, ed ebbe parte nell'opera di diffusione della cultura che doveva sfociare nell'umanesimo.
Basta un cenno alle opere minori di B., come il citato Compendium moralis philosophiae, i Sermones e la compilazione di una parte della Chronica del suo convento, o alle opere non ritrovate, come un trattato De virtutibus et vitiis (da identificare con i Documenta antiquorum?), i commenti a Virgilio e alle tragedie di Seneca, una Tabula ad inveniendum Pascha, o dubbie, come il trattatello De memoria, e, in volgare, il Trattato della memoria artificiale. Scarso valore hanno poi le opere grammaticali di B., e cioè un commento a Gaufredo da Vinesauf (edito da G. Manacorda, in Raccolta... F. Flamini,Pisa 1918, pp. 139-152) e i trattatelli De arte metrica, De dicionibus proferendis, o De accentu, e De dicionibus scribendis, ovvero De orthographia (editi da A. Marigo, in Arch, Latin. Medii Aevi, XII,119-381, pp. 1-26), destinati "sociorum instructioni", e derivati in gran parte da Prisciano, poi da Uguccione e grammatici coeví. Interessante, al massimo, la preferenza per l'ortografia classica rispetto alla medievale.
Occorre invece soffermarsi sulle opere maggiori di Bartolomeo. I Documenta antiquorum furono volgarizzati dall'autore stesso col titolo dì Ammaestramenti degli antichi (codici numerosissimi; edizioni: del solo testo latino, Treviso 1601; del testo italiano, spesso unito al latino: a cura di O. Lombardelli, Firenze 1585, di D - M. Manni, Firenze 1734, di V. Nannucci, Firenze 1840, ecc.). Il volgarizzamento è dedicato al banchiere Geri Spini, uno dei principali capi dei Neri tra il 1302 e il 1308 (cfr. Dino Compagni, Cronica, II, XXVI e passim), e deve risalire ai primissimi anni del Trecento, quelli appunto del soggiorno fiorentino del frate.
L'opera è divisa in quattro trattati e in quaranta distinzioni. Costituisce una specie di prologo il primo trattato, De naturalibus dispositionibus, in cui si sottolineano l'inutilità morale e la caducità delle qualità corporee, e si celebrano le buone disposizioni dello spirito, nonché la dottrina e le sane abitudini, loro naturali sostegni. Il secondo trattato, De virtutibus, è aperto da tre distinzioni di carattere generale o propedeutico, De actibus, qui sunt viae ad virtutes, De virtutibus in comuni., De raris et difficilibus, alle quali segue la trattazione non tanto di singole virtù, quanto di gruppi di atteggiamenti entro o grazie ai quali le virtù si sviluppano (De vigiliis et orationib.us, De studio,ecc.): appaiono, nell'ordine, prima le virtù di carattere individuale, poi quelle relative alla convivenza umana. Tra i due gruppi è dedicato grande spazio, come c'era da attendersi da un domenicano, all'utilità dell'insegnamento e della predicazione; e per questa si danno consigli (De doctrina - et modo dicendi) che costituiscono una breve ars predicandi. Caratteristico è poi che il secondo trattato termini con pagine De quiete et ludo, cioè sull'eutrapelia.
Anche il trattato terzo inizia con tre distinzioni propedeutiche (De principiis peccatorum, De peccatis in generale, De multiplici peccatorum poena), cui seguono quelle dedicate ai peccati capitali, ai vizi delle donne e ai peccati della lingua. L'ultimo trattato, che disserta De rebus fortunae, passa da norme di comportamento nei riguardi della fortuna, delle ricchezze e degli onori, a una specie di De regimine principis. Come si vede' B. considera la moralità umana specie nel contesto sociale, con moderazione di giudizio e senso della convivenza civile che si adattavano benissimo alla civiltà comunale. Pure nella scelta degli autori citati, che vanno dalla Bibbia ai grandi maestri del cristianesimo (s. Girolamo, Cassiodoro, Boezio, s. Gregorio Magno, s. Isidoro da Siviglia), dai mistici e allegoristi dei secoli XII-XIII (Ugo da S. Vittore, Pietro di Blois, s. Bonaventura) ai filosofi (Aristotele e i suoi commentatori arabi, s. Tommaso, Egidio Colonna), dai trattatisti (Vincenzo di Beauvais, Guglielmo Peraldo) ai moralisti (Innocenzo III), si nota la gran parte fatta agli scrittori latini (Terenzio, Cicerone, Orazio, Ovidio, Giovenale, Seneca, Quintiliano, Valerio Massiin ⟨Aulo Gellio, ecc.), che, utilizzati anche per aneddoti paradigmatici, sembrano in complesso dare il tono all'opera.
Il volgarizzamento dello stesso B. è eccellente per eleganza, scorrevolezza e ricchezza espressiva; meritatissime perciò le lodi del Salviati (secondo il quale la sua lingua è "la più bella e la più nobile che si scrivesse mai in que, tempi"), del Lombardelli, del Parini, del Puoti, ecc. Linguaioli e puristi non furono purtroppo seguiti dai filologi: sicché mancano studi sul testo e sulle sue fonti. Analoghe lodi si dovrebbero rivolgere al volgarizzamento del Catilinario e del Giugurtino di Sallustio (numerosi codici; edizioni: di G. Cioni, Firenze 1790; di B. Puoti, Napoli 1827, ecc.; critica, ma parziale, di C. Segre, in Volgarizzamenti del Due e Trecento, Torino 1953, pp. 401 ss.), composto "a petizione del Nero Cambi di Firenze", e perciò a breve distanza dagli Ammaestramenti degli antichi, dato che il Cambi, legato a Geri Spini e al suo banco, ne seguì le fortune politiche; in particolare, è probabile che "il Sallustio" sia posteriore agli Ammaestramenti (Maggini), ed è certo che esso sia anteriore al 1313 (Parodi). Ma le lodi generiche devono in questo caso arricchirsi con le deduzioni che si possono trarre dalla storia dei volgarizzamenti dai classici latini. Infatti questa versione, che B. affrontò con una consapevolezza stilistica documentata dalle sue parole introduttive, rappresenta il primo indiscusso raggiungimento artistico dei nostri volgarizzatori delle origini. Sintomatica era già la scelta del modello: non uno scrittore immediatamente utilizzabile per le esercitazioni di scuola (eccezion fatta per le orazioni riportate in prima persona: modello classico di eloquenza), ma viceversa uno storico e moralista che era e sarebbe stato a lungo presente durante le lotte politiche del Comune, e nell'attività riflessa dei cronisti. Ora, di fronte allo stile arduo di Sallustio, B. ha saputo mettere in opera tutti gli espedienti espressivi del suo linguaggio, conseguendo una stringatezza elegante che doveva riuscir nuova di fronte al vizio dispersivo dei prosatori medievali, ma permettendosi d'altro canto di piallare le angolosità del testo latino quando l'indole del volgare suggeriva differenti formule narrative. Il successo artistico di B. nasce insomma dal contemperamento dell'emulazione per il modello e della libertà nell'uso del toscano: formula che doveva risultare decisiva nei futuri progressi della prosa trecentesca.
La Summa de casibus conscientiae, detta pure Bartolina, Pisana, Pisanella, Maestruzzo (edizioni numerosissime dal 1470 in poi), fu terminata di scrivere nel 1338, e costituisce un aggiornamento e un perfezionamento della Summa confessorum di Giovanni da Friburgo (1280-98), attuato 'ricorrendo alle posteriori collezioni canoniche, come il Liber sextus di Bonifacio VIII e, le Clementinae. L'ordine alfabetico, che rendeva agevole la consultazione dei materiali, aveva una traccia nella tabula della citata Summa di Giovanni da Friburgo. Come afferma la Chronica di S. Caterina, la Summa di B. si diffuse "in omnem terram", tanto che "nullus religiosus cuiusvis ordinis, vel alius saecularis, se clericuin reputat sine illa". In effetti, l'opera costituì per oltre un secolo il principale manuale per la confessione, tanto che nel 1444 Nicola da Osimo sentì il bisogno di fornirla di un Supplementum, e Angelo Carletti da Chivasso (in 1495) ne trasse i materiali fondamentali per la sua Summa angelica. Essa fu volgarizzata in toscano dal beato Giovanni dalle Celle (edizioni parziali: di L. Carrer, Venezia 1846; di P. Ferrato, Venezia 1868), e più tardi anche in spagnolo.
Fonti e Bibl.: Sulla vita: Chronica antiqua Conventus Sanctae Catharinae de Pisis [con note diF. Bonaini], in Arch. stor. ital., VI, 2 (1845-48), pp. 521-29; J. Quétif-J. Echard, Script. Ord. Praed., il Paris 1719, pp. 623-25; V. Fineschi, Memorie istoriche d'illustri pisani, III, Pisa 1792, pp. 109-112. Sulle opere grammaticali: G. Manacorda, Fra, B. da S. Concordio grammatico e la fortuna di Gaufredo da Vinesauf in Italia, in Raccolta di studi... dedicati a F. Flamini, Pisa 1918, pp. 139-52; A. Marigo, I trattatelli "De accentu" e "De ortographia" di fra, B. da S. Concordio nel testo e nelle fonti dottrinali, in Arch. Latin. Medii Aevi, XII (1938), pp. 1-26. Sugli Ammaestramenti degli antichi: E. Teza, Versi rimati negli "Ammaestramenti degli antichi", in Rass. bibl. d. lett. ital., V (1897), pp. 220 ss.; A. De Rubertis, Fra, B. da S. Concordio..., in Memorie Domenicane, LXIV (1947), pp. 158-69. Sul volgarizzamento di Sallustio: E. G. Parodi, in St. di filol. romanza, IV (1889), p. 298 n. 1; F. Maggini, I Primi volgarizzamenti dai classici latini, Firenze 1952, pp. 41-53; Volgarizzamenti del Due e Trecento, a cura di C. Segre, Torino 1953, pp. 33-35 e 401 ss. Sulla Summa de casibus conscientiae: J. Dietterle, Die "Summae confessorum", in Zeits. f. Kirchengeschichte, XXVII (1906), pp. 156169; A. Teetaert, in Dictionnaire de droit canonique, II, coll. 213-16.