BARTOLOMEO del Regno (B. di Giovanni del Regno; Bartholomeus de Regno, de Regno Apulie, Apulus, de Neapoli)
Lettore di grammatica e di retorica nello studio di Bologna alla fine sec. XIV e al principio del XV, pugliese di origine. Fu tra i più notevoli successori di Pietro da Muglio; allargò il campo dell'insegnamento aggiungendo, ai testi che si leggevano abitualmente, l'esposizione di Terenzio, Plauto e Livio, e delle opere non retoriche di Cicerone. Nei rotuli dello Studio di Bologna compare come lettore di grammatica nel 1383 (sotto il nome di "B. de Neapoli"), poi, dal 1385, di grammatica e di retorica con accresciuto stipendio (sotto il nome di "B. de Regno"); con l'anno 1408 la testimonianza dei rotuli vien meno, sicché nulla sappiamo di certo della sua attività posteriore; sembra, dalla testimonianza di un suo scolaro, Benedetto da Piglio, che nel 1415 fosse già morto; sarebbe falsa, dunque, la notizia data dall'Alidosi, che lo fa attivo nello studio fino all'anno 1419.
Il cod. V. E. 8 della Estense di Modena ci conserva le recollette delle lezioni da lui tenute il 1403 a commento del De officiis di Cicerone; ci restano, inoltre, due suoi componimenti poetici. Uno di essi, in 90 esametri, contenuto nel cod. Laur. Strozz. 92 (c. 19 v), è diretto a un Ambrogio, a cui B. rivolge parole di deferente ossequio; l'altro, conservato nel cod. VII. E. 2 della Nazionale di Napoli (c. 9 v), è indirizzato agli "anziani di Bologna" e celebra un moto popolare che ha debellato la tirannide e restituito a Bologna la sua libertà. I riferimenti storici sono alquanto vaghi: il Miola pensa al sollevamento del 1402 contro Giovanni Bentivoglio, il Novati invece a quello contro i nobili del 1411, dopo la morte del legato pontificio. Perduto è il carme che B. diresse a Coluccio Salutati, lodandolo come familiare di Cicerone, di Apollo, delle Muse: ci resta però la risposta del Salutati, che in 201 versi rifiuta le lodi eccessive e si dilunga in una dotta disquisizione intorno alle nove Muse. Nella lettera d'accompagno, che il Novati crede databile al 1392, il Salutati lo chiama "artium et medicine doctor" e gli chiede schiarimenti intorno ai modi significandi del verbo. A B. è diretta anche una lettera di Giovanni Manzini della Motta, con data Pavia 22 marzo 1388,che si conserva nel cod. Vat. lat. 11507 (c. 35): il Manzini gli ricorda la lunga amicizia e gli presenta e raccomanda un amico, che desidera mettere il figlio alla sua scuola.
Fonti e Bibl.: G. N. Pasquali Alidosi, Li dottori forestieri che in Bologna hanno letto teologia, filosofia, medicina et arti liberali, Bologna 1623, p. 13; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, II, Bologna 1657, pp. 398, 514; F. Novati, in Epistolario di Coluccio Salutati, II, Roma 1893, pp. 343 s., n. 1; R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secoli XIV e XV, II, Firenze 1914, p. 152. il Sabbadini mette ivi a profitto la testimonianza di Benedetto da Piglio (per cui v. W. Wattenbach, Benedictus de Pileo, in Festschrift zur Begrússung vierundzwan íkster zI VersammIung deutscher Philologen und Schulmdn ner vordffentlicht von dem historisch - philosophischen Vereine zu Heidelberg, Leipzig 1865, p. 106). In generale, G. Zaccagnini, Storia dello Studio di Bologna, Ginevra 1930, pp. 7, 34; C. Calcaterra, Alma mater studiorum, Bologna 1948, p. 139. I documenti circa rinsegnamento universitario, in U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese, I, Bologna 1888, pp. 517, 10; IV, ibid. 1924, pp. 9-30, passim; per il carme del cod. Laur. Strozz. 92, v. A. M. Bandini, Bibl. Leopoldina Laurentiana, II, Firenze 1792, p. 431 (dove sono trascritti i versi iniziali e finali); l'altro carme è pubblicato da A. Miola, Notizia di un codice della Bibl. Nazionale di Napoli, in Arch. stor. per le prov. napol., V (1880), p. 400, n. 1. La lettera del Salutati nell'epistolario citato, a cura di F. Novati, II, pp. 343-354; per il cod. contenente la lettera di G. Manzini della Motta, v. P. Lazzari, Miscell. ex mss. libris Bibliothecae Collegii Romani Societatis Iesu, I, Romae 1754, p. 132, n. 9; V. Rossi, Il Quattrotrocento, Milano 1945, p. 558, n. 5; ed ora J. Ruysschaert, Codices Vaticani Latini (1141411709), Città del Vaticano 1959, p. 160.