SINIBALDI, Bartolomeo
di Giovanni
d’Astore (Baccio da Montelupo). – Nacque a Montelupo Fiorentino nel 1469, come egli stesso affermò nella portata all’estimo di Firenze del maggio del 1504 (Turner, 1997, pp. 223 s., doc. 8), terzogenito di Giovanni d’Astore e di Lisabetta di Meo Isbetti.
Il suo nome è registrato nei catasti fiorentini del 1469, 1480 e 1487 (pp. 214-217 docc. 1-3). Ignota è la data del suo arrivo a Firenze, dove dai primi anni Novanta del Quattrocento svolse gran parte della sua attività come scultore e architetto. Presto rimasto orfano del padre, nel febbraio del 1489 Baccio da Montelupo, «comitatus Florentie, procurator et procuratorio domine Bette», promise 10 fiorini a Francesco di Martino, vincitore di una causa istituita contro la madre per i danni sostenuti durante la gravidanza di una tale Sofia, schiava di Francesco (Waldman, 2004, p. 124). All’età di ventiquattro anni (14 aprile 1493) accettò una dote di 110 fiorini dalla moglie Caterina di Bartolomeo di Giovanni di Masino. L’accordo si svolse a Firenze, dove il maestro forse già risiedeva. Nel rogito è identificato con l’appellativo «scultor» (ibid.). Nel gennaio del 1494, quale «habitans Florentie», ottenne un prestito di 25 fiorini, «pro eius necessitatibus», da un barbiere di Montelupo (ibid.).
Giorgio Vasari ne collocò la formazione nella tarda adolescenza (Vasari, 1568, IV, 1976, p. 291), quando, dopo avere evidenziato le proprie capacità, Baccio avrebbe approfondito «l’arti del disegno» nel giardino mediceo di S. Marco (p. 126). Parallelamente, incoraggiato forse dal fratello Piero (che dal 1487 fu frate con il nome di Benedetto nel convento di S. Marco a Firenze), si avvicinò alle forme di religiosità penitenziale promosse dal predicatore domenicano Girolamo Savonarola (Turner, 1997, pp. 214, 218, docc. 1 e 4). Cruciale, in questa fase, fu l’influenza delle opere tarde di Benedetto da Maiano (m. 1497), lo scultore che più di altri, sin dal nono decennio del Quattrocento, seppe interpretare quei moti etici e spirituali diffusi in Italia centrale già prima di Savonarola (Turner, 1997, pp. 25, 28-30; F. Caglioti, Nuove terracotte di Benedetto da Maiano, in Prospettiva, 2007, n. 126-127, pp. 21 s.). A conferma, nel 1498, Baccio figurò testimone con Leonardo del Tasso nell’inventario postumo dei beni di Benedetto da Maiano (Turner, 1997, p. 28 nota 103).
Tra il gennaio e l’aprile del 1495 «maestro Bazo fiorentino» è documentato a Bologna, per un Compianto fittile modellato in precedenza a Firenze (Filippini, 1927-1928, p. 527). Sopravvissuto in stato frammentario, il gruppo fu commissionato da Ludovico Bolognini per la cappella del Sepolcro di Cristo nella basilica di S. Domenico, per i cui frati Baccio avrebbe eseguito, nel 1494, anche un perduto busto di s. Antonino Pierozzi (ibid.; Turner, 1997, pp. 18-31, 218-220, docc. 5-5a).
Il 16 ottobre del 1496 i domenicani di S. Marco a Firenze versarono un fiorino al «fratello di fra Benedetto da Montelupo» per parte del Crocifisso ligneo posto all’epoca sopra la porta del coro (Filippini, 1927-1928, p. 534). Si tratta della prima attestazione documentata di quell’«infinito numero» di crocifissi, diversi per qualità e «grandi quanto il vivo», che la storiografia, sulla base di Vasari (pp. 292 s.), ha assegnato al maestro (in partic. Del Vita, 1910; Lisner, 1970; Markham Schulz, 1998; Amato, 2012-2013). Eccetto il Cristo di S. Marco a Firenze, sono venuti meno i due esemplari vasariani già nel monastero delle Murate e in S. Pier Maggiore a Firenze (Vasari, 1568, IV, 1976, p. 293). Sopravvive invece il quarto nella badia delle Ss. Fiora e Lucilla ad Arezzo (Del Vita, 1910).
Stando alla coeva Vita del beato Ieronimo Savonarola (XVI sec., 1937), dopo la morte sul rogo del frate domenicano (23 maggio 1498) lo scultore abbandonò Firenze soggiornando nuovamente a Bologna, dove su richiesta di un canonico del duomo realizzò un perduto Cristo con i dodici Apostoli, «tanto mirabili che tutta la città corse a vederli».
Nel 1499 l’artista fu pagato a Firenze per «uno Crocifixo di legnio» e «due angeli di terra» (perduti) eseguiti per l’altar maggiore della basilica di S. Lorenzo, forse su richiesta dell’amico Francesco Albertini, canonico (Beck, 1984; D. Moreni, Continuazione delle memorie istoriche dell’ambrosiana imperial basilica di S. Lorenzo di Firenze, I, Firenze 1816, pp. 134 s.). Per la medesima chiesa realizzò la copia sostitutiva in marmo del Bambino benedicente di Desiderio da Settignano, posto in cima al tabernacolo del Sacramento, individuata nell’esemplare acquistato nel 1899 dal Louvre di Parigi (Gaborit, 1987, pp. 101 s.). Con la madre Lisabetta, il 7 ottobre 1499, Baccio vendette ad Andrea di Jacopo di Meo Tedaldi tre lotti di terra nella parrocchia di S. Biagio in Castellina, vicino Montelupo (Waldman, 2004, p. 125). Con il pittore Lorenzo di Credi figurò testimone in un rogito fiorentino del 17 maggio 1500 (p. 124).
Il 3 marzo 1502 (stile fiorentino 1501) il «setaiuolo» Amaddio d’Amaddio del Giocondo donò alla Compagnia di Gesù Pellegrino, con sede in S. Maria Novella a Firenze, un perduto crocifisso processionale «lavorato e finito» dallo scultore (Mesnil, 1904, p. 72). Tra il febbraio e il marzo del 1504 l’artista fu poi pagato per un Crocifisso e un Cristo deposto (entrambi perduti) per la chiesa dell’Annunziata di Firenze (Fabriczy, 1903, p. 67; Id., 1909, p. 32; Lucidi, 2013, p. 82, doc. 2).
Nella portata all’estimo del 21 maggio 1504 Baccio dichiarò di essere sposato con Agnoletta, «d’anni 24», e di avere a carico tre figli: Giovanni, Lucrezia e Pierfrancesco (nati rispettivamente nel 1495, 1497 e 1498). Raffaello, il suo ultimogenito e futuro scultore, sarebbe stato battezzato, infatti, il 9 luglio 1504. Nella dichiarazione il maestro asserì di possedere il «principio d’una chasetta» nel popolo di San Pier Maggiore, il cui terreno era stato acquistato dal legnaiolo Gino d’Antonio (Gatteschi, 1993, p. 55, note 3-4; Turner, 1997, pp. 222 s., doc. 8; Lucidi, 2013, p. 82, doc. 1).
Il 9 giugno 1505 fu censito nel popolo di San Lorenzo a Firenze (Waldman, 2004, p. 124). Due referti della chiesa di S. Trinita a Firenze (19 giugno 1505 e 22 gennaio 1506) annotano dei versamenti in grano a un «Bartholomeo scultore» per la fattura di uno stemma (ibid.).
Come testimone in un contratto sottoscritto a Carrara da Michelangelo Buonarroti con gli scalpellini Guido d’Antonio di Biagio e Matteo di Cuccarello, Baccio è menzionato il 10 dicembre 1505 (Il carteggio..., 1965, p. 360). La stipula riguardava la selezione di sessanta carrate di marmi da impiegare per la tomba di papa Giulio II (G. Milanesi, Lettere di Michelangelo Buonarroti, Firenze 1875, pp. 631 s.). Nel 1506 l’artista fu pagato per numerose opere eseguite per i Servi di Firenze nell’abbazia di S. Godenzo in Valdisieve (Fabriczy, 1903). Di tali incarichi sopravvive in situ la sola statua in legno del S. Sebastiano (Poggi, 1909). Il 9 maggio 1506, con il nome «Bacino», egli è rammentato en passant in una lettera inviata da Giovanni Balducci, in Roma, a Michelangelo in Firenze (Il carteggio..., 1965, p. 15).
Nel gennaio del 1512 una protesta indirizzata dai domenicani di S. Pietro Martire a Murano ai confratelli di S. Marco a Firenze documenta il soggiorno dell’artista a Venezia, nel 1508. Nell’aprile di quell’anno Baccio era stato incaricato di acquistare delle partite di colore per conto del pittore fra Bartolomeo, a cui i frati di Murano avevano da poco commissionato la pala con il Dio Padre in gloria tra s. Maria Maddalena e s. Caterina da Siena. L’impresa del pittore naufragò per problemi nei pagamenti, e il dipinto fu rilevato in seguito dai domenicani di Lucca (Turner, 1997, pp. 229-231, doc. 13a).
Dai documenti sappiamo che tra il novembre e il dicembre del 1508 fra Bartolomeo ricevette sei once di pigmento azzurro recapitato a Firenze da Baccio. Ancora alla fine del 1511 il pittore aveva percepito per la commessa un compenso di soli 25 ducati, «per mano» del solito Baccio e di fra’ «Barnaba di Cante» (pp. 227-229, doc. 13). Del soggiorno dello scultore in laguna riferì subito l’Albertini (1510, 1893, p. 8). Più tardi, Francesco Sansovino (1581) asserì la paternità del fiorentino per la statua del Marte in marmo della tomba di Benedetto Pesaro nella basilica dei Frari di Venezia: un’ipotesi da recepire con cautela, non essendo finora suffragata da persuasivi raffronti con le opere sicure del maestro (A. Markham Schulz, Giambattista and Lorenzo Bregno, Cambridge 1991, pp. 194 s.).
Due anni dopo (28 giugno 1510) il nome dell’artista apparve in una lettera inviata da Lodovico Buonarroti al figlio Michelangelo in Roma. Nella missiva – scritta con l’intento di dirimere un dubbio contabile tra Michelangelo, il marmorario Matteo di Cuccarello e Baccio – si fa riferimento a quattro nuovi blocchi di marmo fatti venire a Firenze da Carrara per intagliare le figure dell’altare Piccolomini nel duomo di Siena. Avendo Michelangelo deciso di non utilizzarli, e avendoli ceduti a Baccio, Matteo di Cuccarello non sapeva da chi dei due esigere il compenso (Il carteggio..., 1965, p. 105). Fraintesa da Charles de Tolnay (The Youth of Michelangelo, Princeton 1943, pp. 229, 230 s.), la missiva di Lodovico fu collegata alle quattro statue scolpite da Michelangelo per l’altare senese, impropriamente assegnate in tutto o in parte all’artista di Montelupo; su tale scia si pose l’assegnazione al maestro del Tondo Taddei (Martini, 1973); o l’idea di un suo intervento nell’intaglio della cornice del Tondo Doni (Lisner, 1965).
Il 10 agosto 1510 Baccio vendette tre piccole proprietà a Pian di Scò (Arezzo) a un tale Diociaiuti di Angelo Tuccerelli (Waldman, 2004, p. 125). Partecipò al concorso per una Madonna col Bambino in marmo destinata al Mercato Nuovo di Firenze (1511-12 ca.), vinto poi da Jacopo Sansovino (Vasari, 1568, VI, 1987, p. 180). Il 19 settembre 1513 vendette dei beni a Girolamo di Filippo del Cegia, riacquistandoli il 24 marzo 1517 (Waldman, 2004, p. 125). Tra l’agosto e il novembre del 1513 fu pagato dai Servi di Firenze per un’immagine in cera di Giuliano de’ Medici e per l’arme da porre «in mezzo all’arco del primo portico» della chiesa della SS. Annunziata (Vasari, 1568, IV, 1879, p. 547 nota 2; Fabriczy, 1903, p. 68; Lucidi, 2013, p. 82, doc. 3).
Migliore esito ebbe il concorso indetto dall’arte della seta per la statua bronzea del S. Giovanni Evangelista di Orsanmichele. La scultura fu installata tra il 18 e il 20 ottobre del 1515 (Landucci, 1450-1516, 1883, p. 351; Cambi, 1786). Per la sua esecuzione l’artista percepì una somma di 340 fiorini (Baldinucci, 1681, p. 147).
Durante la visita di papa Leone X a Firenze (30 novembre 1515) Baccio allestì, in collaborazione con altri artisti, due archi trionfali: presso la porta di S. Pier Gattolini, con il pittore Jacopo di Sandro e il legnaiolo Piero da Sesto, e in via del Proconsolo, tra il palazzo del Podestà e la badia fiorentina, insieme a Francesco Granacci, Jacopo Pontormo e Aristotile da Sangallo (Ciseri, 1990, pp. 56-65, 99-106, 233). Contestualmente, Vasari riferì di «molte cose piccole» realizzate per «le case de’ cittadini», come d’un perduto «Ercole» per Pierfrancesco de’ Medici (Vasari, 1568, IV, 1976, p. 294).
Lo stesso anno l’Opera della pieve di Segromino (Lucca) registrò un pagamento a «maestro Baccio pichiapietre per parte d’uno Sancto Antonio» (Guidi, 1915, p. 70; per un approfondimento cfr. Caglioti, in corso di stampa). Il 5 settembre 1515 furono commissionati a Baccio due scaloni e un’edicola votiva in marmo per la chiesa di S. Jacopo a Colle di Val d’Elsa (l’edicola fu trasferita nel 1868 nella vicina chiesa di S. Agostino; cfr. Turner, 1997, pp. 231-236, docc. 15-15b).
Nei mesi seguenti l’artista fu incaricato di occuparsi dello stemma in pietra di Leone X de’ Medici, oggi assai deteriorato, sull’angolo sud-orientale di palazzo Pucci a Firenze (Vasari, 1568, IV, 1976, p. 292; i pagamenti, inediti, in Caglioti, in corso di stampa). Il 23 ottobre 1523 fu registrato un versamento di 222 fiorini (risalente al giugno del 1515) per una «girandola» pirotecnica approntata per la festività del Battista (Ciseri, 1990, p. 278).
Il 7 ottobre 1516 Baldo Magini commissionò a Baccio una cancellata bronzea (mai eseguita) per l’altare maggiore della chiesa di S. Maria delle Carceri a Prato (Milanesi, 1878-85, IV, 1879, p. 543, nota 2; Morselli, 1982, pp. 57 s. doc. 1). Per un contenzioso con Matteo di Cuccarello, il 17 ottobre di quell’anno Baccio inviò da Firenze una lettera a Michelangelo in Carrara (Il carteggio..., 1965, p. 206). Quattro mesi dopo (16 febbraio 1517) il suo nome appare in una seconda missiva indirizzata al Buonarroti, in Carrara, da Jacopo Sansovino (p. 254). Il medesimo anno, come «Baccino da Mo[n]te lupo dipintore», è ricordato nelle carte d’archivio pistoiesi (Bruschi, 2011, p. 47 nota 133).
Seguirono i lavori per il monumento funebre del cardinale Niccolò Pandolfini, commissionato nell’ottobre del 1514 ma non ancora ultimato nel gennaio del 1518 (Waldman, 2004, p. 123, doc. 6). L’opera, ideata e in parte eseguita per la cattedrale di Pistoia, fu destinata forse alla cappella Pandolfini nella badia fiorentina, in seguito alla nomina a cardinale del suo committente nel luglio del 1517 (sulla questione cfr. Caglioti, in corso di stampa, con varia documentazione ancora inedita tratta dall’Archivio vescovile di Pistoia). Nell’ottobre del 1516 Baccio richiese a Lapo d’Antonio (scalpellino) una partita di marmi lavorati per lui a Carrara, riservati forse alla tomba pistoiese. Il medesimo anno, i due nominarono un intermediario per una disputa sul risarcimento chiesto da Lapo per il lavoro svolto. La controversia si risolse a favore di Baccio (Waldman, 2004, pp. 111, 119 nota 31, 127).
Alla fine del 1516 la tomba Pandolfini contava due figure concluse, una terza in fase di ultimazione e la quarta non ancora iniziata. Erano inoltre impostati il sarcofago e gl’intagli d’ornato, ma non ancora la figura del committente, mentre l’immagine di una Vergine risultava appena abbozzata (Bruschi, 2013, p. 102).
In una supplica inviata il 4 settembre 1516 lo scultore informava il committente del proprio stato di salute, chiedendo inoltre nuovi stanziamenti per «sostenere» i suoi «lavoranti [...] a fare cosa che se ne dirà per tutto il mondo» (Ceccanti, 2014-2015, Appendice, p. LVIII). L’impresa, emula nel fasto della tomba michelangiolesca di Giulio II, coinvolse diversi collaboratori (Raffaello da Montelupo, Simone Mosca, Salvestro Cofacci, Stoldo e Giovanni Fancelli e il celebre Cicilia) e i pagamenti si susseguirono per un biennio, tra l’aprile del 1515 e l’aprile del 1517 (Bruschi, 2013, pp. 131-138, docc. 5, 7-12, 14, 16-19). In particolare, un referto del 6 febbraio 1517 attestò l’esistenza di bronzi e modelli in cera già predisposti per la sepoltura (Waldman, 2004, pp. 109, 122 s., doc. 5).
Dopo la stipula di un nuovo contratto, il 10 gennaio 1518, il cardinale ritirò la commissione circa un mese prima di morire (17 settembre 1518). Il monumento parzialmente compiuto fu acquistato dal banchiere fiorentino Lorenzo di Piero Bini, che lo rilevò per 200 fiorini il 13 agosto del 1518. L’accordo ne prevedeva la consegna entro dieci mesi secondo il modello ligneo approntato dallo scultore. Incerta resta ancora oggi la sua destinazione finale (Waldman, 2004, pp. 112-115, 123, doc. 7).
L’11 settembre 1518 l’operaio della pieve di Segromino, Michele Agnelli, il pievano «de Sinibaldis» (non ci è noto se consanguineo di Baccio stesso) e il vicario della diocesi di Lucca commissionarono a Baccio da Montelupo un tabernacolo eucaristico in marmo, da realizzare «ad similitudinem» di quello scolpito da Matteo Civitali per la pieve dei Ss. Jacopo e Maria a Lammari (1496-1501; Guidi, 1915, pp. 69 s. nota I). Il contratto ne stabilì dimensioni maggiori di un terzo per lato rispetto al modello. Il prezzo fu fissato in 110 ducati d’oro, a patto che il lavoro fosse consegnato entro sei mesi (pp. 68-70).
In seguito, il 20 e 31 maggio 1519, due lettere inviate a Michelangelo da Martino Bernardini, gonfaloniere di Giustizia a Lucca, fanno riferimento alla ricostruzione della chiesa dei Ss. Paolino e Donato (avviata nel 1522), al cui concorso intervennero Baccio da Montelupo e Donato Benti. Non essendo stati accolti i primi progetti, i due artisti dovettero realizzarne di nuovi da sottoporre al giudizio di Michelangelo. La scelta del vincitore – lo si evince dalle Vite di Vasari – cadde su Baccio, il quale, fra le altre cose, si vantava d’avere assistito Michelangelo nei lavori per la facciata di S. Lorenzo (Il carteggio..., 1967, pp. 193, 195; Ceccanti, 2014-2015, pp. 59-131, 143-146).
Al 28 marzo 1520 risale la commissione del monumento funebre del vescovo di Worchester Silvestro de’ Gigli, morto a Roma nel 1521, richiesto per la chiesa di S. Michele in Foro a Lucca.
L’incarico prevedeva che la tomba fosse eseguita secondo il modello della sepoltura di Pietro da Noceto di Matteo Civitali (1467-72) nella cattedrale di Lucca (Sicca, 2006, pp. 22 s., note 77-78). All’impresa partecipò anche Raffaello da Montelupo, coinvolto nella finitura dell’effigie del defunto e del tondo con la Vergine col Bambino. Smantellata all’inizio dell’Ottocento, della tomba Gigli sopravvive il solo rilievo con la Madonna, ricollocato nel transetto sinistro (Vasari, 1568, 1879, IV, p. 541 nota 2, p. 557; Turner, 1997, cat. 10A pp. 136-139).
Il 28 aprile 1520 il maestro fu coinvolto in una controversia con Iacopo di Marco da Simonte per la rendita di alcuni terreni affittati il 7 marzo 1517 nella parrocchia di S. Miniato a Scò (Waldman, 2004, p. 125). Come titolare di «duas cavas macigni», il 28 gennaio 1521 estinse un contratto di locazione stipulato con lo scalpellino Francesco di Maso di Papi (ibid.). Un rogito del 14 maggio 1521 informa di un’ulteriore disputa per degli immobili con i fratelli Francesco e Bernardo Cini da Castelfranco (ibid.). Il 10 luglio 1521, l’artista è menzionato in una lettera inviata a Michelangelo dallo scalpellino Marco di Bernardo in Carrara (Il carteggio..., 1967, II, p. 304). Il 15 luglio dello stesso anno Baccio prese in affitto una casa a Carrara (Lucidi, 2013, pp. 82 s. doc. 4).
A Firenze, il 14 febbraio 1522, fu chiamato a saldare un debito realizzando alcuni lavori in pietra (Waldman, 2004, pp. 125 s.). Il 4 aprile di quell’anno «Dominicus Marci Laurentii alias Becho, laborator terrarum», dichiarò di occuparsi di quattro poderi del maestro presso S. Miniato a Scò (p. 125).
Nel medesimo periodo (1521-23), Baccio intervenne senza successo nella progettazione del mausoleo di Enrico VIII d’Inghilterra, che vide tra i competitori anche Jacopo Sansovino e Baccio Bandinelli (Sicca, 2006, p. 4 nota 14; Gentilini - Mozzati, 2012, pp. 205-208, 226 doc. A.I).
Il 3 novembre 1530 Baccio affittò al cognato Francesco di Filippo di Bartolomeo delle proprietà nel comune di Castelfranco. Si trattava di beni acquisiti in precedenza come parte della dote della moglie. Alla stipula dell’accordo, l’artista fu rappresentato in absentia dal figlio Raffaello (Gatteschi, 1993, pp. 120 s.; Turner, 1997, pp. 85 s.).
Morì nel 1535 circa, come parrebbe attestare un perduto referto del 1536 in cui la moglie si dichiarava ormai vedova (Vasari, 1568, 1879, IV, p. 548 nota 1; Turner, 1997, p. 86).
Baccio resta a tutt’oggi un artista difficile da afferrare. A lui si possono ricondurre le seguenti opere in bronzo: Firenze, Museo di Orsanmichele (già tabernacolo dell’arte della seta): S. Giovanni Evangelista (Landucci 1450-1516, 1883, p. 351). Opere in marmo: Parigi, Musée du Louvre: Gesù bambino benedicente (Gaborit, 1987, pp. 101 s.); Parigi, Musée Jacquemart-André: Madonna col Bambino, inv. n. 1876 (Caglioti, in corso di stampa); Venezia, basilica di S. Maria Gloriosa dei Frari: Marte (Sansovino, 1581, c. 66rv). Opere in legno: Bologna, Pinacoteca nazionale (dalla chiesa di S. Maria del Baraccano): S. Sebastiano (Petrucci, 1984, pp. 8 s.); Calenzano (Firenze), chiesa di S. Lucia a Settimello: Crocifisso (Lamberini, 1992, p. 41); Firenze, Museo di S. Marco: Crocifisso (Filippini, 1927-1928, p. 534); Firenze, chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore (già di S. Caterina d’Alessandria ‘degli Abbandonati’): Crocifisso (attribuito dubitativamente a Benedetto da Maiano in Lisner, 1970, p. 82); Lucca, sagrestia del duomo (dalla chiesa di S. Cristoforo): Crocifisso (Markham Schulz, 1998); S. Godenzo (Firenze), abbazia: S. Sebastiano (Poggi, 1909). Opere in terracotta: Firenze, Galleria Gallori Turchi: Pietà (Gentilini, 1991, p. 15 nota 33); Firenze, coll. privata: S. Giovanni Evangelista (Lucidi, 2013, pp. 61 s.); Fontelucente (Fiesole), oratorio del Ss. Crocifisso: Cristo morto (pp. 65, 68); Londra, Mullany Haute Epoque Fine Art (già Firenze, Bacarelli Antichità): S. Antonio Abate (Caglioti, in corso di stampa). Soprattutto nell’ambito dei Crocifissi lignei di piccolo e medio formato, a Baccio sono state riconosciute opere spettanti con ogni probabilità a Benedetto da Maiano. È il caso del cosiddetto Crocifisso di Savonarola: Firenze, Museo di S. Marco (Lisner, 1970, pp. 80 s.); come degli esemplari a braccia mobili di Berlino, Staatliche Museen (Bode-Museum), e Firenze, oratorio di S. Sebastiano dei Bini (in deposito dall’Istituto S. Salvatore). Alla produzione di Benedetto, o a Baccio da Montelupo nel suo momento più prossimo a lui, sono stati ricondotti tre Crocifissi conservati a Firenze, rispettivamente, in una cappella del seminario maggiore arcivescovile, nelle sale espositive del conservatorio delle Montalve alla Quiete e presso l’appartamento del papa alla certosa del Galluzzo (Caglioti, 2012, p. 103 nota 3).
Fonti e Bibl.: L. Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516, Firenze 1883, p. 351; F. Albertini, Memoriale di molte statue e pitture della città di Firenze, Firenze, per ser Antonio Tubini, 1510, a cura di G. Milanesi - C. Guasti - C. Milanesi, Firenze 1863, passim; G. Vasari, Le vite (1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, IV, Firenze 1976, pp. 291-296, VI, 1987, p. 180; G. Vasari, Le vite (1568), a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879, pp. 539-562; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, IV, Venezia, appresso I. Sansovino, 1581, c. 66rv; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728), a cura di G. Piacenza, I, Firenze 1681, pp. 146 s.; G. Cambi, Istorie di Giovanni Cambi cittadino fiorentino, III, Firenze 1786, p. 81; M. Polverosi, Uno scultore del secolo XVI. Baccio Sinibaldi da Montelupo, Firenze 1899; C. von Fabriczy, Sculture in legno di Baccio da Montelupo, in Miscellanea d’arte, IV (1903), pp. 67 s.; J. Mesnil, La Compagnia di Gesù Pellegrino, in Rivista d’arte, III-IV (1904), pp. 64-73; C. von Fabriczy, Kritisches Verzeichnis toskanischer Holz- und Tonstatuen bis zum Beginn des Cinquecento, in Jahrbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen, XXX (1909), pp. 14 s., 32, 36, 46, 52; G. Poggi, Un san Sebastiano di Baccio da Montelupo nella Badia di San Godenzo, in Rivista d’arte, II (1909), pp. 133-135; A. Del Vita, Di un Crocifisso di Baccio da Montelupo ritrovato nella chiesa di S. Fiora e Lucilla in Arezzo, ibid., III-IV (1910), pp. 90-92; P. Guidi, La “Pietà” di Lammari e la “Pietà” di Segromino, in Arte cristiana, III (1915), pp. 66-78; F. Filippini, Baccio da Montelupo in Bologna, in Dedalo, III (1927-1928), pp. 527-542; F. Kriegbaum, Montelupo, Baccio (Bartolomeo) da, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, Leipzig 1931, pp. 86 s.; La vita del beato Ieronimo Savonarola [XVI sec.], a cura di P. Ginori-Conti, Firenze 1937, pp. 201-203; M. Weinberger, A bronze statuette in the Frick Collection and its connection with Michelangelo, in Gazette des beaux-arts, XXXIX (1952), p. 103-114; M. Lisner, Zum Rahmen von Michelangelos Madonna Doni, in Studien zur Geschichte der Europäischen Plastik: Festschrift Theodor Müller zum 19. April 1965, München 1965, pp. 167-178; Il carteggio di Michelangelo, ed. postuma a cura di G. Poggi - P. Barocchi - R. Ristori, I [2 luglio 1496-27 aprile 1518], Firenze 1965, pp. 15, 105, 206, 254, 360, II [1-8 maggio 1518-9 agosto 1523], 1967, pp. 193, 195, 304; M. Lisner, Holzkruzifixe in Florenz und in der Toskana von der Zeit um 1300 bis zum frühen Cinquecento, München 1970, pp. 82-85; Q. Martini, Osservazioni sul Tondo ‘Taddei’, in Antichità viva, XII (1973), 5, pp. 26-31; P. Morselli, Florentine Sixteenth-Century artists in Prato: new documents for Baccio da Montelupo and Francesco da Sangallo, in Art Bulletin, LXIV (1982), pp. 52-59; J. Beck, Desiderio da Settignano (and Antonio del Pollaiuolo): problems, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXVIII (1984), pp. 214, 222 note 29-32; F. Petrucci, Baccio da Montelupo a Lucca, in Paragone, XXXV (1984), 417, pp. 3-22; J.R. Gaborit, Desiderio da Settignano, Baccio da Montelupo et le «bambino» de San Lorenzo, in Hommage à Hubert Landais. Art, objects d’art, collection. Etudes sur l’art du Moyen Age et de la Renaissance sur l’histoire du goût des collections, Paris 1987, pp. 97-103; L’Abbazia di San Godenzo e il San Sebastiano restaurato, Rufina Firenze s.d. (ma post 1987); I. Ciseri, L’ingresso trionfale di Leone X in Firenze, Firenze 1990, pp. 56-65, 99-106, 233, 278; G. Gentilini, Una Pietà di Andrea della Robbia, Firenze 1991, p. 15 nota 33; D. Lamberini, in Itinerari laurenziani nel territorio, a cura di F. Farneti, Firenze 1992, p. 41; R. Gatteschi, Baccio da Montelupo. Scultore e architetto del Cinquecento, Firenze 1993; J.D. Turner, The sculpture of Baccio da Montelupo, Ph. D. thesis, Brown University, Providence (R.I.) 1997; A. Markham Schulz, An unknown Crucifix by Baccio da Montelupo, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLII (1998), pp. 190-197; L.A. Waldman, The patronage of a favorite of Leo X: Cardinal Niccolò Pandolfini, Ridolfo Ghirlandaio and the unfinished tomb by Baccio da Montelupo, ibid., XLVIII (2004), pp. 105-128; C.M. Sicca, Pawns of international finance and politics. Florentine sculptors at the court of Henry VIII, in Renaissance Studies, XX (2006), 1, pp. 1-34; M. Bruschi, Biografie minime di artisti pistoiesi dal Quattrocento al Seicento. Note d’archivio, Pistoia 2011, p. 47 nota 133; F. Caglioti, Da Benedetto da Maiano a Felice Palma: per un riesame del Crocifisso in cartapesta del Capitolo di Santa Maria del Fiore, in E l’informe infine si fa forma..., a cura di L. Fabbri - A. Giusti, Firenze 2012, pp. 95-106; G. Gentilini - T. Mozzati, “142 Life-size Figures... with the King on Horseback”: Baccio Bandinelli’s Mausoleum Henry VIII, in The Anglo-Florentine Renaissance art for the early Tudors, a cura di C.M. Sicca - L.A. Waldman, New Haven (Conn.) 2012, pp. 203-233; G. Amato, Crocifissi lignei toscani fra tardo Duecento e prima metà del Cinquecento. Linee di sviluppo e diffusione territoriale, I-II, tesi di dottorato, Università degli studi di Napoli Federico II, I, Napoli, a.a. 2012-13, pp. 169-184; M. Bruschi, Baccio da Montelupo e Domenico Rossermini: opere d’arte per il vescovo Pandolfini (1512-1517), in Bullettino storico pistoiese, s. 3, CXV (2013), pp. 97-138; D. Lucidi, Contributi a Baccio da Montelupo scultore in terracotta, in Nuovi Studi, XVIII (2013), 19, pp. 51-101; C. Ceccanti, Baccio da Montelupo architetto, tesi di dottorato, Università degli studi di Firenze, Firenze, a.a. 2014-15; F. Caglioti, Novità su Baccio da Montelupo e il cardinale Niccolò Pandolfini, in corso di stampa.
di
Giovanni