FERRACINA, Bartolomeo
Nacque a Solagna (Vicenza) il 20ag. 1692da Giovanni Battista e Maria Cavallin, in una modesta famiglia di barcaioli. Condotto sin da bambino in montagna, il F. rivelò un precoce talento per le arti meccaniche e cominciò a nove anni a sfruttare la forza del vento per azionare semplici meccanismi atti ad affilare ferri o segare tronchi. Allevato dapprima - come scrive il suo biografo Verci - alla scuola della natura, attirò ben presto l'attenzione dell'arciprete del paese Francesco Reato, che gli fornì una prima rudimentale istruzione, lo esortò ad aprire una fucina per la lavorazione del ferro e poi lo introdusse presso il mondo dei patrizi veneziani. Ben presto il F. cominciò a dar prova della sua singolare abilità nella riparazione e costruzione di orologi di ogni tipo: il suo primo lavoro, la riparazione di un orologio inglese di Quare di proprietà di Giambattista Rezzonico, padre del futuro papa Clemente XIII, gli diede subito, nel 1716, ampia notorietà e da quel momento la sua attività di orologiaio continuò ininterrotta sino alla morte.
Decisivo per la sua carriera fu l'incontro col patrizio veneto Paolo Antonio Belegno, proprietario a Bassano, lungo le rive del Brenta, di un palazzo in cui il F. fu chiamato dapprima a riparare orologi, poi a costruire una tromba che, posta in bocca ad una statua, prendeva fiato modulando cinque voci, e infine a costruire una macchina idraulica, nella quale egli, pur digiuno di conoscenze scientifiche teoriche, reinventò la vite coclea di Archimede, ricordata da Vitruvio. L'aiuto e l'amicizia dei Belegno furono determinanti per inserirlo in un più vasto circuito di conoscenze culturali, scientifiche e politiche; suo tramite conobbe Giovanni Poleni, docente di fisica nell'università di Padova, col quale iniziò una feconda collaborazione: "attraverso la frequentazione del Poleni, uno dei primi ingegneri nel senso moderno e il primo fondatore di un laboratorio di fisica sperimentale universitario, il F. fu introdotto nel vivo della problematica dei modelli e delle macchine, e poté acquisire quella mentalità ingegneristica, soprattutto nel campo dell'idraulica, che sarà altamente apprezzata dal Veneto Magistrato alle Acque" (Vinco da Sesso, B. F., p. 145).
Col Poleni il F. collaborò a realizzare varie macchine, poi usate nelle dimostrazioni di fisica all'università: dal celebre matematico e fisico egli trasse senza dubbio un valido arricchimento di quelle nozioni teoriche e di quella cultura scientifica organizzata che tanto mancavano alla sua formazione da autodidatta, tutta costruita sull'intuito e la naturale ingegnosità ma spesso carente di un robusto inquadramento teorico. Alla modestia di un'elementare educazione linguistica di base, cui si sovrapponeva un carattere schivo e ruvido ("l'uorno rozzo non sapea rischiarar tutti i suoi dubbi" e "non si prese mai la briga di rendere ragione delle sue operazioni. Andò sempre al fine senza timore di sbaglio per la strada più ingegnosa e più semplice", scrive il Verci, pp. 4, 9), si deve l'assoluta mancanza di suoi organici scritti teorici, che è anche la ragione per cui, nonostante la sua infaticabile attività di idraulico, ingegnere, orologiaio, costruttore di macchine, la sua figura restò ai margini di quel vivace movimento di interesse per le macchine e le loro applicazioni nell'agricoltura e l'industria che nelle tavole dell'Enciclopedia diDiderot e d'Alembert aveva trovato la sua più splendida consacrazione e che anche nel Veneto vide i significativi esempi di tante pagine del Giornale d'Italia spettante alla scienza naturale e principalmente all'agricoltura, alle arti ed al commercio di Francesco Griselini e del Dizionario delle arti e de' mestieri di Mario Fassadoni e dello stesso Griselini.
Tra le altre amicizie importanti del F. va ricordata anche quella con il marchese Lùigi Sale, interessante figura di "intellettuale cattolico vicentino inteso a conciliare le esigenze della fede con quelle della scienza illuministica" (Vinco da Sesso, B. F., p. 154), cultore di filosofia, teologia, scienza, animatore di un laboratorio scientifico sperimentale, fucina di varie macchine spesso fornite al Poleni per le sue lezioni universitarie: il F. lo aiutò in questa progettazione e costruzione di macchine e collaborò in un progetto, poi abbandonato, per lo sfruttamento di una miniera di rame vicino a Valdagno (agosto-ottobre 1744). Egli ebbe anche rapporti con Filippo Farsetti, originale figura di ricco e colto patrizio veneziano, esperto di botanica e appassionato collezionista d'arte, per il quale, nel 1763, eseguì un ingegnoso meccanismo idraulico per sollevare l'acqua dal Muson al giardino della sua splendida villa di Santa Maria di Sala, trasformata in una vera e propria galleria d'arte e in un originale e ricchissimo orto botanico.
L'attività del F. può essere suddivisa in tre sezioni: progettazione e costruzione di macchine, costruzione di orologi, opere di ingegneria e idraulica per conto di Comunità locali e della Repubblica veneta.
Egli aveva un intuito innato per la risoluzione di problemi di meccanica e un concreto spirito pratico che gli consentiva di progettare macchine, ora semplici ora complesse, per facilitare il lavoro umano o per risolvere difficili questioni idrauliche: tra le sue più celebri realizzazioni si possono ricordare, oltre a quelle già citate per la sollevazione dell'acqua a Bassano (1730) e a Santa Maria di Sala (1763), le numerose macchine per il Poleni, purtroppo in larga parte ora perdute, una macchina per sollevare la cupola sulla torre della piazza di Vicenza (1738), gli assi dei due mappamondi di S. Giorgio Maggiore a Venezia (1746), una macchina per sollevare enormi massi alla Serra di Pontalto sul Fersina (1749), e poi a Pontebba (1755-56), il battipali usato per piantare i piloni in legno del nuovo ponte di Bassano (1750), una macchina per tagliare la lana per far carta vellutata e una per sollevare e pesare carichi per la fabbrica Remondini di Bassano (1752), un torchietto per lettere per il conte Valerio Pozzo di Udine (1756), un larninatoio e un torchio per la Zecca (ottobre-novembre 1767), la sega circolare dentata ideata, quand'era già ottantenne, per livellare una palizzata sommersa delle fondamenta del palazzo di Vettor Pisani a Stra (1775) e infine un nuovo modello di ruota di mulino due volte più veloce delle normali.
Ma la sua fama presso l'opinione pubblica veneta decollò soprattutto per la sua attività di costruttore di orologi di ogni tipo, forma e dimensione: a pendolo, da torre e da tavola, con automi, motti, indicazione delle fasi lunari, del moto degli astri e dei segni dello zodiaco. Da ricordare almeno quelli per il campanile di Solagna, di Pove, della torre della piazza di Vicenza (1741), di Bassano (1742-47), di Campolongo sul Brenta (1740), di Covelle (1741), della villa di Mussolente di Ruggero Soderini (1742), della torre del patriarcato di Venezia, del seminario di Vicenza (1744), di Poveglia (1745), di Canove (1746), di Asolo (1747), del convento di Rovole in Valtovina, di S. Giacomo di Lusiana, della basilica del Santo di Padova, di Romano d'Ezzelino. Particolarmente celebre fu la ricostruzione dell'orologio della torre di piazza S. Marco a Venezia (1752-57), che suscitò l'ammirazione dei contemporanei e diede occasione anche a poesie e scritti storico-artistici: vi aggiunse, tra il 1758 e il 1759, il meccanismo dei re magi.
Nella fase centrale e finale della vita, quando ormai prevalente era l'impegno come ingegnere idraulico nelle più svariate località della Repubblica, molti orologi furono di fatto eseguiti in larga parte dai figli Giambattista e Maria; commissioni gli giungevano infatti in numero crescente, talvolta anche da luoghi lontani come Costantinopoli: il suo più recente biografo, Franco Signori, ricorda tuttavia "come alla sua grande fama nel campo dell'ingegneria e della meccanica non corrispose un posto altrettanto importante nella storia dell'orologio, perché egli non inventò nessun meccanismo per ottenere maggior esattezza e precisione nel misurare il tempo" (Giornie opere..., p. 28).
La genialità e la concretezza del F. si replicarono con compiuta maturità nell'ingegneria idraulica, dove si impegnò con crescente successo e sempre più assorbente energia per circa trent'anni, sino alla morte. Il suo primo lavoro fu alla serraglia di Pontalto, in Trentino, dove dal 1747 al 1749 costruì una chiusa sul torrente Fersina, liberando la città di Trento dalla minaccia delle alluvioni; dal febbraio 1750 al settembre 1751 ebbe l'ambito incarico, vanamente richiesto dal protoingegnere Tommaso Temanza, allievo di Poleni, di ricostruire il ponte di Bassano, distrutto il 19 ag. 1748 da una furiosa "brentana": seguendo, come gli era stato ingiunto, il vecchio disegno di Andrea Palladio, e vincendo numerose difficoltà di ordine tecnico (è in quest'occasione che inventò il suo celebre battipali, tutt'ora conservato in modello all'istituto di fisica dell'università di Padova) e anche avversioni e dubbi sulla sua competenza, portò a termine l'impresa in due tempi nel 1750-51 e tra il gennaio 1753 e il marzo 1754, con grande plauso degli esperti e dell'opinione pubblica. Da questo momento cominciò ad essere chiamato sempre più spesso, come "meccanico idraulico" dei savi ed esecutori alle Acque della Repubblica, per le più svariate opere di progettazione e manutenzione idraulica: i primi lavori di rilievo furono la sistemazione della rotta dell'Adige a Sant'Urbano (Padova) e il ripristino del ponte di Pontebba e degli argini e della strada del Canal del Ferro in Friuli (marzo 1755-56). Nel maggio 1758 fu incaricato dal Comune di Padova di ripristinare l'immensa volta di piombo della sala della Ragione abbattuta da un furioso turbine il 17 marzo 1756: il lavoro fu condotto a termine brillantemente, nonostante varie difficoltà tecniche e qualche polemica sulla correttezza dei metodi. Negli anni 1758-61 sovrintese alla riparazione della strada di Canal di Brenta tra Stiadeloca e Rivalta e degli argini di Polesella, rifece il ponte sul Noncello (1760), fu a lungo impegnato a suggerire un piano per il rifacimento del "Partidore" o "Colmelloni" del Brentella dal Brenta a Limena (agosto 1760-maggio 1761), stese per il Comune di Vicenza un progetto per evitare le alluvioni del Bacchiglione e del Retrone. Il 23 luglio 1761 fu assunto ufficialmente come stipendiato pubblico dai savi ed esecutori alle Acque, con un assegno mensile di 50 ducati, integrato di volta in volta da premi in relazione all'entità e difficoltà delle opere eseguite: cominciò così un quindicennio di lavoro turbinoso e indefesso, che lo portò in quasi tutte le province della Repubblica a ispezionare, progettare, dirigere e controllare i più svariati lavori di ingegneria idraulica.
Tra le numerosissime opere dovute al suo talento meritano un ricordo: sopralluogo e perizia sull'Isonzo a Monfalcone (17 giugno 1762-marzo 1763), lavori sul torrente Libador a Pirano in Istria (1762) e a Lovadina sul Piave (settembre 1762), perizie sul Piave e sul Brentella vicino a Sarmeola (Padova), costruzione di un originale "prisma" frangifiutti a Pellestrina (Venezia, gennaio-dicembre 1763), nuovi lavori a Pontebba (ottobre-novembre 1763), costruzione di un ponte canale a Conche (febbraio-luglio 1764 e poi febbraio-agosto 1765) e di arginature sulla Brentella, a Pederobba (marzo 1764-inizi 1765, aprile-settembre 1767, settembre 1770, giugno-luglio 1771), a Pontebba (febbraio-giugno 1766), recupero di una barca affondata nel canale di Poveglia, ricostruzione dei "Colmelloni" di Limena (gennaio-maggio 1773).
Dopo le strettezze dell'infanzia e dell'adolescenza, con anni di fortunato lavoro e un'oculata amministrazione dei guadagni il F. si costruì una solida fortuna, in terre e abitazioni, che gli consentì una serena vecchiaia; ormai celebre anche al di fuori dei confini del Veneto (rifiutò un invito del granduca di Toscana), si ritirò negli ultimi anni di vita, spesso tormentati da febbri, nella natia Solagna, da dove continuò a dispensare per iscritto consulenze idrauliche e meccaniche.
Morì il 22 dic. 1777;testimonianza postuma della sua fama furono il busto dedicatogli a Bassano (11 maggio 1782) dall'abate Giambattista Roberti, scolpito da Giuseppe Bernardi detto Torretti, le numerose biografie e i ritratti di vari pittori, tra cui Alessandro Longhi, che lo rappresentano quasi sempre "nella rude schiettezza di montanaro schivo e taciturno, ma sicuro e sereno della portata della sua capacità" (Rigori, Il voltodi B. F., p. 199).
Fonti e Bibl.: F. Memmo, Vita e macchine di B. F. celebre bassanese ingegnere colla storia del ponte di Bassano dal medesimo rifabbricato illustrato da varie note riguardanti la stessa città, Venezia 1754; G. B. Verci, Elogio storico del famoso ingegnere B. F., Venezia 1777; Id., Elogio del F., in Nuovo Giornale de' letterati d'Italia, XVII (1779), pp. 46-107; G. B. Messedaglia, B. F., in Biografia universale antica e moderna, XX, Venezia 1825, p. 231; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, IV, Venezia 1834, pp. 273, 376; G. B. Baseggio, F. B., in Biografie degli italiani illustri, a cura di n. De Tipaldo, VI, Venezia 1838, pp. 464-469; Id., Ritratti e biografie di illustri bassanesi, Bassano 1853, ad vocem;G. Minotto, Alcune considerazioni sugli studi del F., in G. Ferrazzi, Di Bassano e dei Bassanesi illustri, Bassano 1847, pp. 253-267; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni. Appendice, Venezia 1857, p. 92; N. Erizzo, Relazione storico-artistica della torre dell'orologio di S. Marco in Venezia, Venezia 1866; A. Magrini, Elogio di B. F., Bassano 1879; G. B. Roberti, Monumento di B. F., Bassano 1879; G. B. Marangoni, Per il II centenario della nascita di B. F. (1692-1777), Padova 1892; Q. L. Borin, Un celebre auto-didatta, Bassano s. d.; G. Maggioni, B. F. "Venetae reipublicae mechanicus", in La Farmacia nuova, XXXIV (1978), 1-2; Id., B. F., in Padova e la sua provincia, aprile 1978, pp. 13-16; F. Signori, Giorni e opere di B. F., in B. F. 1692-1777- Miscellanea di studi nel bicentenario della morte, a cura di F. Rigon - G. Vinco da Sesso, Solagna 1978, pp. 1-124 (con bibliografia analitica e indicazione di fonti archivistiche); G. Vinco da Sesso, B. F. tra uomini e cose del '700veneto, ibid., pp. 125-168; M. De Ruitz, Alla scoperta di un grande orologiaio, ibid., pp. 169-195; F. Rigon, Ilvolto di B. F., ibid., pp. 199-214; G. Chiuppani, Tre macchine, ibid., pp.217 ss.; M. L. Soppelsa, Le scienze teoriche e sperimentali tra Sei e Settecento, in Storia della cultura veneta. Il Settecento, V, 2, Vicenza 1986, p. 343.