FOLCACCHIERI, Bartolomeo (Meo, Abbagliato)
Figlio di Raniero e fratello del poeta Folcacchiero e di Mino, nacque certamente a Siena nel terzo di Camollia intorno al quarto decennio del sec. XIII. Ai coevi fu noto con il soprannome di Abbagliato, con il quale viene ricordato anche da Dante Alighieri nella Commedia (Inf., XXIX, vv. 130 ss.).
Nel terzo di Camollia i Folcacchieri abitavano insieme con le più importanti e ricche famiglie di banchieri senesi ed infatti questo settore urbano emergeva rispetto aglì altri due in cui era ritagliata amministrativamente la città proprio per la larga presenza di immobili di valore che lo classificavano come il terziere più ricco. Il padre del F., pur non appartenente a questa potente élite di impianto mercantile finanziario, esercitava tuttavia l'attività bancaria e commerciale; il suo giro di affari però sembra essere stato abbastanza limitato se paragonato a quello di stampo internazionale che vedeva impegnate le grandi società senesi del tempo.
I Folcacchieri appartenevano a quella classe media di mercatores che riuscì a mantenere nelle sue mani fino alla metà del XIV secolo il governo della città dopo averne allontanato i magnati e messo ai margini il popolo minuto. Processo che si compì nel decennio 1267-1277 e fu reso possibile, oltre che dalle sconfitte ghibelline sul campo (la morte di Manfredi prima e di Corradino di Svevia poi), dall'appoggio papale offerto ai guelfi di tutta Italia. A Siena, caduto nel 1270 il governo ghibellino dei Ventiquattro, salì al potere quello dei Trentasei, la prima magistratura a carattere guelfo egemonizzata da una oligarchia di medi mercanti.
Proprio nel 1277, l'anno cruciale che segnò la definitiva messa a punto della legislazione antimagnatizia, il F. sedeva negli scranni del Consiglio generale. Poi gli incarichi militari e politici si susseguono: l'anno seguente fu gonfaloniere di Camollia al seguito del podestà in occasione della guerra mossa da Siena contro Sticciano; nel 1279 fu cancelliere del Comune; nel maggio del 1280 è ricordato tra i quattro fideiussori del conte "Catellus de Tollegalli", assoldato da Siena con i suoi soldati; un mese più tardi venne rimborsato dal camerario comunale in qualità di vexilliferus. Quello stesso anno fu di nuovo in prima linea nell'esercito senese che cercò di sottomettere i potenti conti di Santa Fiora con l'aiuto di Firenze, Lucca e Pistoia. Nel 1281 venne incaricato della stima dei danni occorsi alla città e nel 1282 fu capitano di masnada.
Ma fu senz'altro la capitaneria l'ufficio in cui il F. primeggiò. Erano questi gli anni in cui venne costituito un vero e proprio esercito intercomunale, quasi permanente dei guelfi toscani, la cosiddetta "taglia"; nel 1281 inoltre i rappresentanti di Firenze, Lucca, Siena, Pistoia, Prato e Volterra stringevano un'alleanza della durata di dieci anni rivolta contro tutti i nemici della Chiesa "in Tuscia" che prevedeva l'aiuto reciproco nel caso di attacchi. Naturalmente gli alleati si preoccupavano anche di tenere sotto controllo i movimenti dei ghibellini, e in seguito alla cacciata dei guelfi dalla città di Arezzo, nel 1287, la lega guelfa inviò le sue truppe: fu il F. al comando dei militi a portare aiuto ai fuorusciti aretini.
L'esperienza maturata sul campo portò il F. a ricoprire sempre più spesso il comando delle truppe senesi: così nel 1288 e nel 1289, quando compare anche nella veste di "consigliere del Comune per l'esercito". Nel 1291 fu a capo dei soldati stipendiari mandati in Maremma (nello stesso anno è anche uno dei quattro cavalieri al seguito del podestà di Siena nella guerra contro Pisa). Nel 1292 le scritture di Biccherna segnalano, praticamente di mese in mese, l'attività militare davvero incessante del F., chiamato a difendere il castello di Vignale, nel distretto di San Miniato. Alla fine di quell'anno compare anche tra i fideiussori di Oddo di Romagna, conestabile del Comune.
Agli incarichi prettamente militari il F. unì quelli di natura politica: la sua presenza in Consiglio generale è testimoniata, oltre che nel 1277, anche per gli anni 1282, 1284, 1288, 1290-1291, 1295, 1299, 1300. Inoltre esercitò varie volte il rettorato delle comunità soggette alla città, che proprio il Consiglio generale gli conferì con mandato semestrale nel 1288 per Campagnatico e poi nel 1290 per Monteriggioni. A questi incarichi si aggiunse inoltre quello conferitogli direttamente dalla comunità di Monteguidi. Nel 1300, infatti, lo troviamo eleggere insieme con gli uomini di detto castello un procuratore con l'incarico di stabilire i patti della sua sottomissione a Siena.
Al di là di questi dati che investono la sfera pubblica della vita del F., siamo in grado di far luce su pochi altri aspetti. Sappiamo per esempio che possedeva alcune terre fuori dalla città, nella zona di Pieve a Bozzone, che vendette nel 1283 alle monache di S. Prospero per una somma di 237 lire. Sappiamo che dovette avere rapporti (d'affari, o politici) con il comune di Volterra perché nel 1280 e poi ancora nel 1294 vantava dei diritti di rappresaglia contro questo. Sappiamo anche, infine, ed è questo l'aspetto più curioso e noto della sua vicenda biografica, che il F. appartenne alla cosiddetta "brigata spendereccia" senese, in cui appunto - come canta Dante nella Commedia - l'Abbagliato "proferse il suo senno" (Inf., XXIX, v. 132).
La "brigata" nacque tra il 1270 ed il 1280 per desiderio di dodici ricchi giovani, i quali posero in comune una somma di 18.000 fiorini ciascuno nell'intento di spenderli insieme allegramente: presero in affitto un palazzo, detto volgarmente la Consuma, dove si riunirono per pranzi e cene sontuose che durarono circa dieci mesi al termine dei quali i 216.000 fiorini erano finiti e gli scialacquatori caduti in miseria. Forse le ripetute multe a cui venne condannato il F. (prima nel 1278 per essere stato trovato con altri a bere in "loco prohibito", poi nel 1285 perché girovagava per la citta "de nocte" ed ancora numerose volte nel corso degli anni Novanta per non aver partecipato ad alcune sedute del Consiglio generale) tradiscono una vocazione al "lieto vivere" che gli incarichi militari e politici non lasciano certo immaginare, ma che invece trova piena conferma proprio nella sua appartenenza alla "brigata".
Il F. ebbe quattro figli, Goro, Giacomo, Bartolomeo e Michele: gli ultimi tre vestirono il saio domenicano. Quando questi compaiono in alcuni rogiti notarili, in qualità di frati del capitolo di S. Domenico agli inizi del 1305, egli è ormai defunto: la sua morte infatti deve risalire al periodo compreso tra questa data ed il 1300, anno in cui compare per l'ultima volta nelle fonti.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Consiglio Generale, 21, c. 146v; 26, c. 6; 29, c. 8; 30, c. 7v; 31, c. 5; 33, cc. 89, 104; 36, c. 56v; 37, c. 113v; 39, cc. 47v, 84; 40, c. 7; 41, c. 121v; 43, c. 117; 45, c. 124; 47, c. 8v; 56, c. 8; 57, c. 8v; 58, c. 7v; Biccherna, 73, cc. 2, 47v; 75, cc. 20, 56; 76, c. 73; 79, c. 25; 82, c. 126v; 90, c. 31v; 95, cc. 114v, 115, 97, c. 99v; 102, cc. 82, 143v; 106, c. 43; 107, cc. 24v, 150, 154, 158, 167v, 171, 211v, 226, 228v; 108, cc. 162v, 163v, 168v, 173v, 176v; 486, c. 47v; 497, c. 51v; 725, cc. 175, 693, 793, 953; Diplomatico Trafisse di Siena, 1283maggio 25; Pergamene senesi conservate in Firenze sotto la provenienza di Volterra, ms. B 95, alle date 30marzo 1279, 15febbraio 1293; Spoglio dei contratti del convento di S. Domenico, ms. B 55, ce. 693 s.; Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, a cura di M. Ascheri - A. Forzini - C. Santini, IV, Siena 1984, p. 1592; G. Tomasi, Historie di Siena, Venetia 1625, VII, p. 88; L. De Angelis, Lettera apologetica in favore di Folcacchiero Folcacchieri cavaliere senese del sec. XII, Siena 1818, pp. 11-15; Id., Biografie degli scrittori senesi, Siena 1824, pp. 9 ss.; C. Mazzi, Documenti senesi intorno a persone o ad avvenimenti ricordati da Dante Alighieri, in Giornale dantesco, I (1893), p. 31; Enciclopedia dantesca, a cura di G.A. Scartazzini, Milano 1896, I, p. 5; A. Vannini, La brigata spendereccia e B. F., in Giornale dantesco, XXII (1914), pp. 63-66; C. Mazzi, Folcacchiero dei Folcacchieri e l'Abbagliato, in Dante e Siena, Siena 1921, pp. 392 ss.; P. Rossi, Dante e Siena, in Bull. senese di storia patria, XXVIII (1921), pp. 48 s.; Enc. dantesca, I, p. 9 (sub voce Abbagliato).