GADIO, Bartolomeo (Bartolomeo da Cremona)
Figlio di Gabriele nacque a Cremona nel 1414 da nobile famiglia. Sposò Giovanna de Benziis, dalla quale ebbe tre figli: Gabriele Antonio, Giovanni Battista e Bianchina, come si desume dal suo testamento del 5 sett. 1482 (Archivio di Stato di Milano, Fondo notarile, Notaio A. Zunico, cart. 1851). A quella data il G. era residente a Milano a Porta Orientale, nella parrocchia di S. Giorgio al Pozzo Bianco.
Nel corso dei secoli sono state attribuite al G. molte opere architettoniche, soprattutto nel campo dell'architettura militare; tuttavia il suo ruolo ideativo nella progettazione delle fabbriche è stato nel tempo ridimensionato, favorendo invece la definizione di un suo ruolo istituzionale, con mansioni prevalentemente di organizzazione e di supervisione. Mancano comunque a tutt'oggi un quadro sistematico della sua attività e una precisa definizione delle sue competenze. Dopo le prime biografie (Campi, 1585; Zaist, 1774), gli autori ottocenteschi hanno iniziato una ricostruzione storica della sua attività. Il Calvi (1865, p. 44) ne esaltava il rapporto diretto e privilegiato con Francesco Sforza, e faceva alcuni cenni alla sua formazione: "è a credere fosse istrutto nelle lettere e nelle scienze matematiche, alle quali aggiunse le meccaniche e l'architettura". Beltrami (1885 e 1894), Canetta (1883) e Motta (1886) cominciarono a ricostruire l'entità dei suoi interventi nel Ducato attraverso la lettura dei numerosissimi documenti lasciatici, soprattutto nell'Archivio ducale sforzesco. A questi studi ha fatto seguito una rivalutazione della figura del G., quasi una sua esaltazione; mentre le ricerche più recenti tendono a puntualizzare il suo compito di coordinatore dell'attività edificatoria del Ducato.
Il G. iniziò la sua attività come ingegnere militare. Esperto di macchine da guerra, artiglierie e bombarde, nel 1448 partecipò alla difesa di Cremona dall'attacco dei Veneziani. Il 15 maggio 1452 fu nominato soprintendente alla cura dei carriaggi militari (Giolli, 1935, p. 13). Nel febbraio 1453 fu mandato in Valsassina per sovrintendere ai lavori della torre "in la bastita de Gurono de Mugiascha" (Motta, 1891, p. 137). Il Giolli lo designava autore dei lavori alla rocca di Cassano d'Adda che, a partire dalla fine degli anni Quaranta, si protrassero per quasi trent'anni, e accennava ad altri suoi interventi nel Ducato, a Bellinzona, a Imola, a La Spezia. Nel 1454 con lettera del 19 novembre Francesco Sforza lo nominò commissario generale delle fortificazioni e delle residenze ducali. Il G. mantenne questa carica, assunta il 1° genn. 1455, e confermata nel 1466 da Galeazzo Maria Sforza, per i seguenti venticinque anni (Santoro, 1948). L'11 ott. 1455 venne eletto commissario generale delle munizioni (Arch. di Stato di Milano, Reg. ducali, 17, c. 210r) e nell'autunno del 1458 gli fu conferita la cittadinanza milanese.
Indiscussa dovette essere l'importanza di questo personaggio, tenuto in grande considerazione dal duca, come si deduce dalla lettera di nomina a commissario generale. Nell'ambito della frenetica attività costruttiva legata al grandioso programma celebrativo degli Sforza, il G. fu da Francesco Sforza messo a capo di una struttura che andava via via specializzandosi e gerarchizzandosi, con funzione di sovrintendere, di coordinare e di controllare il lavoro di équipe degli ingegneri ducali e l'esecuzione degli ordini del principe. Con Galeazzo Maria si rese sempre più necessaria una rigida organizzazione gerarchica e intorno al G. crebbe un organigramma molto complesso e articolato (Covini, 1993, p. 71), in cui egli rivestì di fatto un ruolo di mediatore tra il duca e gli ingegneri.
Come commissario ducale, il G. assolse compiti che andavano dall'approvvigionamento dei materiali, alla compilazione dei preventivi, all'esecuzione dei pagamenti alle maestranze. Ma la figura storica del commissario era tutt'altro che neutrale nei confronti della qualità dei lavori effettuati da architetti e ingegneri; e frequenti furono i contrasti con Benedetto Ferrini, Danesio Maineri, Ambrogino da Longhignana (Giordano, 1988). Dal copioso carteggio emerge che egli si lamentava spesso di guai di carattere tecnico e strutturale dovuti all'imperizia e all'insubordinazione degli ingegneri.
Il G. diresse i lavori al castello di Milano per venticinque anni. Nel suo ruolo di coordinatore delle attività edilizie, particolarmente intense sotto Francesco e Galeazzo Maria Sforza, aveva il compito di affidare gli incarichi agli artisti, controllarne l'operato e prendere decisioni laddove il duca non lo avesse già fatto.
Sotto la sua direzione venne ultimata la grande torre centrale, si elevarono i due torrioni angolari delle cortine verso la città e si completarono i lavori della rocchetta, dei rivellini e del giardino al di là del fossato. Nel 1455 si cominciarono a voltare le cantine e le torri di facciata, e furono fondati il rivellino e i contrafforti. Con Galeazzo Maria (1466-76) i lavori furono concentrati sulla rocchetta e la corte ducale. Nel 1469 si dipingevano la sala grande e la saletta del castello, con particolare attenzione all'allestimento e alla decorazione degli interni. Nel 1472 fu terminata la sala d'armi. All'inizio del 1473 il G. scriveva a Cicco Simonetta di essere stato messo a conoscenza dal duca dello stanziamento della somma di 1000 ducati per i lavori alla cappella iniziati già nel 1470 (Verga Bandirali, 1981, p. 82 n. 110). Sempre nel 1473 il G. fu incaricato da Galeazzo Maria di cercare a Roma, a Firenze o in un'altra città un artista per la costruzione di un monumento equestre a Francesco Sforza. Nel 1474 fu formulato il programma della decorazione della sala "della balla", e intrapreso un intervento di consolidamento delle volte della cappella e della "sala verde".
Sovrintese alla rocca di Soncino (Beltrami, 1885); i documenti ci restituiscono testimonianze del suo ruolo fondamentale, limitato al controllo dell'operato degli ingegneri ducali alle sue dipendenze, fra cui il Ferrini del quale ebbe più volte occasione di lamentarsi, come attesta, ad esempio, una lettera del 18 nov. 1471 a Cicco Simonetta circa il pericolo di crollo della porta urbica adiacente alla rocca (Verga Bandirali, 1981, p. 57 n. 69, p. 79 n. 88). A proposito dell'attività cremonese del G. dovette essere importante il suo ruolo nel progetto della chiesa di S. Sigismondo (Ferrari, 1974).
La fonte più antica sull'edificio (gli Annales di L. Cavitelli, Cremonae, C. Draconi, 1588) riporta che il G. era presente, insieme con il vescovo Bernardo De Rossi, alla cerimonia di posa della prima pietra da parte di Bianca Maria Sforza il 20 giugno 1463, ma nulla vi si aggiunge sul suo intervento progettuale nella fabbrica. La prima attribuzione esplicita è dello Zaist (1774, p. 36), che si avvaleva però di documenti ormai da tempo dispersi. La Ferrari (1974) nelle vicende costruttive della fabbrica tende a ridimensionare il ruolo del G. che realizzò probabilmente il progetto originario, poi sostanzialmente modificato secondo le "novità bramantesche".
Dal 1472 il G. seguì l'operato del Ferrini per il palazzo castello di Villanova di Cassolnovo presso Pavia. Nell'estate-autunno del 1473 fu attivo a Savona, dove si occupò di riparare una delle "cassine" della darsena, costruite dal Ferrini, crollata nel luglio precedente, lamentandosi che "questi fiorentini voleno fare de sua testa" e non rispettavano le tradizioni padane (Verga Bandirali, 1981, pp. 84 s. n. 118). Nell'autunno dello stesso anno fu incaricato di occuparsi del completamento dell'ancona delle reliquie per la cappella del castello di Pavia, lasciata incompiuta dal Ferrini, datosi alla fuga dopo la "catastrofe di Savona" (ibid., pp. 87 s. nn. 128, 131, 135).
Del G. sono noti almeno tre testamenti (rispettivamente del 19 sett. 1476, dell'8 luglio 1481, del 5 sett. 1482), dai quali si evince la notevole quantità di beni di cui poté disporre e che, se da un lato gli consentì di promettere lasciti anche a istituzioni ecclesiastiche, dall'altro causò alla sua morte contrasti tra la moglie e i figli.
Morì a Milano nel settembre del 1484.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Fondo autografi, 88, 13 marzo 1451 - 3 giugno 1479; A. Campi, Cremona fedelissima città…, I, 3, Cremona 1585, pp. II-V; G. Zaist, Notizie istoriche…, I, Cremona 1774, pp. 34-37; G.L. Calvi, Notizie sulla vita e sulle opere dei principali architetti…, II, Milano 1865, pp. 43-54; F. Sacchi, Notizie pittoriche cremonesi, Cremona 1872, pp. 222, 338; C. Casati, Vicende edilizie del castello di Milano, Milano 1876, ad indicem; P. Ghinzoni, Statua equestre in bronzo di Francesco Sforza, in Archivio storico lombardo, V (1878), pp. 140-144; Cremona nei suoi monumenti, Cremona 1880, p. 73; C. Canetta, Vicende edilizie del castello di Milano sotto il dominio sforzesco, in Archivio storico lombardo, X (1883), pp. 331, 334 s., 338-380; G. Mongeri, Il castello di Milano, ibid., XI (1884), pp. 443-467; Annali della Fabbrica…, II, Milano 1885, pp. 239 s., 247 s.; L. Beltrami, Appendice alla Rocca Sforzesca di Soncino, Milano 1885; Id., Il castello di Milano sotto il dominio dei Visconti e degli Sforza, Milano 1894, pp. 62, 146, 168-440; E. Motta, L'architetto militare Benedetto da Firenze, in Bollettino storico della Svizzera italiana, VIII (1886), pp. 24-28, 67-71, 94-97, 125 s., 156-160, 185-188, 209-212; I castelli di Bellinzona sotto il dominio degli Sforza, ibid., XII (1890), pp. 101, 210 s.; E. Motta, Architetti e ingegneri militari sforzeschi, ibid., XIII (1891), pp. 137 s.; L. Beltrami, Guida storica del castello di Milano, Milano 1894, pp. 41 s.; L. Lucchini, B. G. architetto militare cremonese, in Arte e storia, XXVII (1908), 15-16, pp. 117-123; F. Malaguzzi Valeri, La corte di Ludovico il Moro, II, Milano 1915, ad indicem; R. Giolli, B. G. e l'architettura militare sforzesca, I, La rocca di Cassano d'Adda, Milano 1935; C. Baroni, Il metodo storico e i problemi di valutazione critica dell'architettura rinascimentale lombarda, in Atti e memorie del I Congresso storico lombardo, Como-Varese… 1936, Milano 1937, pp. 20 s.; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, p. 594; E. Arslan, Toscani e lombardi prima di Bramante, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, p. 633; F. Reggiori, L'architettura militare, ibid., VIII, ibid. 1957, pp. 800 s., 815; A. Puerari, Architetti cremonesi del '400. B. G., in La Provincia (Cremona), 20 e 27 ottobre, 3 nov. 1963; Id., B. G. al Castello Sforzesco di Milano, ibid., 19 apr. 1964; Id., L'ospedale Maggiore, ibid., 17 maggio 1964; Id., La bella Cremona degli Sforza, ibid., 14 giugno 1964; Id., Il capolavoro del G.: S. Sigismondo, ibid., 29 nov. 1964; Id., Le tarsie del Platina, Cremona 1967, pp. 30-36; M.L. Ferrari, Il tempio di S. Sigismondo a Cremona, Milano 1974, pp. 16-36; M. Verga Bandirali, Documenti per Benedetto Ferrini ingegnere ducale sforzesco (1453-1479), in Arte lombarda, 1981, n. 60, pp. 49-102; L. Giordano, Il trattato del Filarete e l'architettura lombarda, in Les traités d'architecture de la Renaissance, Paris 1988, pp. 115-128; M.N. Covini, L'Amadeo e il collettivo degli ingegneri ducali al tempo degli Sforza, in Giovanni Antonio Amadeo. Scultura e architettura del suo tempo, a cura di J. Shell - L. Castelfranchi, Milano 1993, pp. 59-75; M. Comincini, Gli Sforza e il castello-palazzo di Villanova di Cassolnovo: un inedito di Benedetto Ferrini, in Processi accumulativi, forme e funzioni, a cura di L. Giordano, Firenze 1996, pp. 149-166; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 33.