GENGA, Bartolomeo
Nacque a Cesena nel 1518, da Gerolamo architetto e pittore urbinate. Scarse le notizie sul suo conto se si eccettuano la "vita" del Vasari e il Diario di G.B. Belluzzi (detto il Sanmarino), architetto militare marito di sua sorella Giulia.
Secondo Vasari (p. 325), fino all'età di diciotto anni fu educato alla "gramatica"; ma il padre, avendo notato le sue inclinazioni artistiche, decise di insegnargli il disegno. A circa vent'anni andò a Firenze per perfezionare la sua educazione artistica. Qui rimase per tre anni, conobbe lo stesso Vasari e abitò in casa di Bartolomeo Ammannati insieme con Battista Franco, esercitandosi nel disegno in compagnia di entrambi.
Secondo Vasari, quindi, il G. si sarebbe stabilito a Firenze nel 1538 circa, data questa che non coincide però con la testimonianza di Belluzzi. Quest'ultimo, infatti, ricorda che nel 1539 egli fu inviato dal suocero insieme con il G. a Bologna, per eseguire un rilievo della chiesa di S. Petronio. Il G. proveniva da "La Serra", località presso Urbino, e si recò con Belluzzi prima a San Marino quindi a Bologna, dove rimase entusiasta della città non essendo mai uscito prima dal Ducato di Urbino. Al ritorno il G. e Belluzzi si fermarono a Ravenna per consegnare al vescovo B. Accolti alcuni modelli per vasi eseguiti da Gerolamo Genga, quindi rientrarono a Urbino (Belluzzi).
Dopo il soggiorno fiorentino, che dobbiamo quindi ritenere successivo al 1539, il G. rientrò nel Ducato, trovando il padre impegnato nella costruzione della chiesa di S. Giovanni Battista a Pesaro (iniziata nel 1543). Ritenendolo più incline all'architettura che alla pittura, il padre gli diede allora lezioni di prospettiva per qualche mese, quindi lo inviò a Roma per studiare e misurare gli edifici antichi e moderni della città.
Il G. sarebbe rimasto nell'Urbe per circa quattro anni, ma non è possibile definire con esattezza le date del soggiorno. Considerato, però, che Vasari nella "vita" di B. Franco afferma che quest'ultimo si trovava a Roma quando ottenne, grazie alla mediazione del G., la commissione degli affreschi per il duomo di Urbino (1545-46), possiamo ipotizzare che il G. si trovasse a Roma, insieme con il Franco, negli anni immediatamente antecedenti. Prima di rientrare a Urbino, sempre secondo Vasari, il G. si fermò a Firenze dove incontrò il cognato Belluzzi, divenuto architetto militare di Cosimo de' Medici e fu in questa occasione che Stefano Colonna di Palestrina gli propose, senza successo, di entrare al suo servizio.
In qualità di architetto militare, secondo Promis, il G. avrebbe fornito disegni per le fortificazioni di Piacenza, ma prima del 1545, anno in cui la città passò sotto il dominio farnesiano.
Nel 1547 si sarebbe comunque trovato a Urbino in occasione dei funerali della duchessa Giulia da Varano. Nel 1548 partecipò insieme con il padre Gerolamo e con Battista Franco agli apparati per le nozze del duca Guidubaldo II Della Rovere con Vittoria Farnese, per i quali eseguì un arco trionfale nel borgo di Valbuona, molto ammirato. Quindi, presumibilmente dopo il 1548, secondo Vasari, il G. seguì il duca di Urbino in una visita alle fortificazioni della Lombardia, durante la quale eseguì diversi disegni di architettura militare, soprattutto a Verona, alla porta S. Felice. I suoi disegni suscitarono l'ammirazione di Ferdinando d'Asburgo re dei Romani e re di Boemia, di passaggio in Italia, il quale avrebbe voluto condurlo con sé, incontrando l'opposizione del duca di Urbino. Promis colloca l'evento nel 1551, anno in cui Ferdinando si fermò nell'Italia settentrionale prima del ritorno a Vienna.
Poco dopo il ritorno del G. a Urbino morì il padre (1551); e, per volere del duca, egli lo sostituì nelle fabbriche del Ducato. Nella chiesa di S. Giovanni Battista a Pesaro sembra che si sia limitato a seguire il modello paterno secondo l'indicazione del duca: la critica non ha comunque mai rilevato un suo apporto personale. Nel palazzo ducale di Pesaro, secondo Vasari (p. 327), realizzò un nuovo appartamento posto sopra la "strada dei Mercanti", di cui curò anche la parte ornamentale. Per alcuni si tratterebbe solo del completamento di un lavoro iniziato dal padre e consistente soprattutto nella parte decorativa, eseguita in collaborazione con Federico Brandani (Mariano). Sono stati attribuiti al G. anche il completamento del cortile d'onore con il portale che vi si affaccia, nonché la loggia collocata tra il cortile grande e il giardino segreto, solitamente attribuita al padre (ibid.; Eiche, 1998). I lavori nell'appartamento dovettero svolgersi dopo il 1548, poiché vi compaiono le insegne di Guidubaldo II e Vittoria Farnese, ed entro il 1558, data in cui il G. partì per Malta, arco di tempo confermato anche da un pagamento in data 1554 (Eiche, 1986).
Secondo Vasari, il G. costruì anche un nuovo appartamento nel palazzo ducale di Urbino, orientato verso S. Domenico. Per alcuni si tratterebbe ancora del completamento di un lavoro avviato dal padre e riducibile alla parte ornamentale, eseguita con Brandani (Rotondi; Mariano). Per altri si tratta invece di un intervento originale del G., cui è da attribuire anche la progettazione di gran parte delle ornamentazioni (camini, stucchi ecc.), terminate solo in alcuni casi da Brandani. L'intervento comprenderebbe anche il cosiddetto "camerino dorato" e sarebbe databile al 1553-57 circa (Sikorsky). Non è stata ancora affrontata in maniera specifica la questione del possibile apporto del G. alla villa Imperiale nuova presso Pesaro, costruita dal padre a partire dal 1531-32 circa e completata, sembra, nel 1541 circa, ma con possibili interventi successivi, specie nelle parti ornamentali (Pinelli - Rossi).
Vasari ricorda anche che il G. accompagnò il duca di Urbino a Roma, durante il pontificato di Giulio III (1550-55), dove eseguì numerosi disegni per le fortificazioni di Borgo. In quella occasione la sua fama avrebbe spinto i Genovesi a richiederlo nella loro città in qualità di architetto militare; ma il duca avrebbe rifiutato il suo consenso. Al duca Guidubaldo II, inoltre, il G. avrebbe fornito un modello per il porto di Pesaro, mai messo in pratica, ammirato perfino a Venezia, dove lo avrebbe portato Gian Giacomo Leonardi, ambasciatore del duca ed esperto di ingegneria militare. Un intervento del G. è stato ipotizzato anche in rapporto alle fortificazioni di Senigallia (Montevecchi).
Al G. Vasari attribuisce anche il progetto della chiesa di Montelabbate e quello della chiesa di S. Pietro a Mondavio, attribuzione quest'ultima più volte ripresa dalla critica (Fucili Bartolucci). In base invece a considerazioni stilistiche, il nome del G. è stato suggerito, insieme con quello di Ammannati, per la decorazione di alcune porte di palazzo Cattabeni a Fossombrone (Carloni). Allo stesso modo, il G. è stato collegato ipoteticamente al restauro del palazzo Della Rovere di Montebello e del palazzo Brancaleoni di Piobbico (Mariano). È spesso citato, inoltre, in alternativa a Filippo Terzi, per la villa Miralfiore di Pesaro (Pinelli - Rossi; Fucili Bartolucci).
Nel 1558 i cavalieri di Malta richiesero al duca di Urbino l'opera del G. per le fortificazioni dell'isola di Malta e per la creazione di una grande città capitale. Ottenuto il consenso del duca, il G. partì il 20 gennaio insieme con Cesare Visconti, uno dei cavalieri inviati a tale scopo, e giunse a Malta l'11 marzo, dopo una sosta in Sicilia (Vasari; Promis). A Malta, oltre a intervenire in diversi punti del sistema difensivo dell'isola, presentò un progetto per la nuova città voluta dal gran maestro Jean Parisot de La Valette. Di tale progetto non sono note testimonianze grafiche; ma un'eco della sua grandiosa concezione potrebbe riflettersi in una stampa relativa a La Valletta di N. Beatrizet, del 1563 (Hughes). Secondo Vasari il G. avrebbe fornito ai cavalieri anche i disegni per alcune chiese e per il palazzo del gran maestro.
Nel giro di pochi mesi, però, il G. si ammalò e morì nel luglio del 1558. Il gran maestro ne diede l'annuncio al duca di Urbino il 30 luglio, chiedendogli anche di trasmettere ai figli del G. una somma a titolo di compenso (Promis). Da alcune lettere del duca di Urbino al cardinale Ercole Gonzaga, nel novembre 1558, apprendiamo inoltre che lo stesso cardinale desiderava l'opera del G. per il restauro di una chiesa di Fano (Gronau).
Secondo Vasari il G. ebbe cinque figli; ma ulteriori notizie hanno confermato solo l'esistenza di due figli maschi, Gerolamo e Aurelio. Vasari, infine, ricorda anche la sua attività di ideatore di apparati e scenografie, nonché di compositore di sonetti, rime e prose. Non abbiamo notizie invece su una possibile attività giovanile del G. come pittore, se si eccettua la segnalazione di una sua collaborazione con il padre alla decorazione della biblioteca del complesso di S. Domenico a Pesaro (Becci).
Fonti e Bibl.: G.B. Belluzzi, Diario autobiografico (1535-1545), a cura di P. Egidi, Napoli 1907, pp. 120 s. e passim; G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, VI, Firenze 1881, pp. 325-330, 574, 580-583; A. Becci, Catalogo delle pitture che si conservano nelle chiese di Pesaro (1783), Pesaro 1975, p. 69; A. Lazzari, Memorie di Gerolamo e B. Genga, Urbino 1800; C. Promis, Biografie di ingegneri militari italiani dal secolo XIV alla metà del XVIII, in Miscellanea di storia italiana, XIV (1874), pp. 249-255; B. Patzak, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, Leipzig 1920, p. 386; L. Serra, L'arte nella Marche, II, Il periodo del Rinascimento, Roma 1934, pp. 80-82; G. Gronau, Documenti artistici urbinati, Firenze 1936, pp. 143 s.; P. Rotondi, Il palazzo ducale di Urbino, Urbino 1950, I, pp. 392-399; A. Pinelli - O. Rossi, Genga architetto, Roma 1971, ad indicem; L. Carloni, Fossombrone, in Itinerari rovereschi nel Ducato di Urbino, Urbino 1981, p. 50; L. Fontebuoni, Pesaro. Palazzo ducale, ibid., p. 103; M.R. Valazzi, Pesaro. Villa Miralfiore, ibid., p. 113; B. Montevecchi, Senigallia, ibid., p. 220; M.R. Valazzi, Battista Franco nelle Marche, in Urbino e le Marche prima e dopo Raffaello (catal.), Firenze 1983, pp. 440-442; D. Sikorsky, Il palazzo ducale di Urbino sotto Guidobaldo II (1538-74). B. G., Filippo Terzi e Federico Brandani, in Il palazzo di Federico da Montefeltro, restauri e ricerche (catal.), a cura di M.L. Polichetti, Urbino 1985, pp. 67-90; A. Fucili Bartolucci, Architettura e plastica ornamentale nell'età roveresca dal Genga al Brandani, in Arte e cultura nella provincia di Pesaro e Urbino, Venezia 1986, pp. 284-286; S. Eiche, La corte di Pesaro dalle case malatestiane alla residenza roveresca, in La corte di Pesaro, Modena 1986, pp. 37 s., 43, 47, 55, 103; F.V. Lombardi, Girolamo Genga (1476-1551), Conferenza del 4 ag. 1991, Villa Verucchio 1992, pp. 2-4, 14, 18, 20 e passim; Q. Hughes, Italian engineers working for the Knights of Malta, in Architetti e ingegneri militari italiani all'estero dal XV al XVIII secolo, Livorno 1994, p. 41; F. Mariano, Architettura nelle Marche. Dall'età classica al liberty, Fiesole 1995, pp. 195, 207, 260, 262, 275, 277, 327; S. Eiche, I Della Rovere mecenati dell'architettura, in Pesaro nell'età dei Della Rovere, Venezia 1998, pp. 247-253.