GHISI, Bartolomeo
Figlio di Giorgio, di famiglia patrizia veneziana, e di Alice Dalle Carceri nacque presumibilmente nell'ultimo decennio del sec. XIII.
Il padre - signore del terzo centrale di Negroponte, di Tino, Micono e di parte delle isole di Ceo e Serifo - morì durante la battaglia di Almiro di Tessaglia, combattuta contro i Catalani il 15 marzo 1311, quando il G. non aveva ancora l'età necessaria per succedergli; la madre assunse perciò la reggenza dei suoi possedimenti. L'11 giugno 1315, però, il G. si trovava già al governo dei propri territori. In data non precisabile il G. sposò la figlia di Engilbert di Liedekerke, gran connestabile del Principato di Acaia (e cugino della principessa di Acaia Mahaut di Hainaut), morto intorno al 1320. Questo matrimonio valse probabilmente al G. la dignità di gran connestabile di Acaia, di cui è attestato come titolare a partire da quell'anno.
Nel 1317 il G., in qualità di signore di un terzo dell'Eubea (uno, cioè, dei cosiddetti terzieri di Negroponte), venne coinvolto nella guerra combattuta sull'isola contro la Compagnia catalana.
Nella primavera di quell'anno, infatti, 2000 catalani, provenienti dal Ducato di Atene, vennero introdotti nella città di Negroponte da Andrea Corner, signore di un sesto dell'isola, a causa di una contesa di natura a noi ignota con Bonifacio Da Verona, signore di Caristo e Armena, nella quale venne implicato anche il bailo veneziano Michele Morosini. Mahaut di Hainaut, sovrana dei signori terzieri, chiese l'intervento di Venezia al doge Giovanni Soranzo, ma non poté impedire che nel corso dello stesso anno venisse conclusa una tregua fra la Compagnia catalana e il bailo di Negroponte. La tregua, in seguito prorogata fino al 1319, era però valida soltanto fra Veneziani e Catalani escludendo esplicitamente gli alleati e i vassalli del Principato di Acaia anche se veneziani, come il Ghisi. I Catalani, a quanto pare, vennero espulsi dall'Eubea nell'autunno del 1317, a seguito dell'intervento militare di Venezia, ma la situazione si fece nuovamente difficile quando, alla morte di Bonifacio Da Verona la sua eredità venne rivendicata dalla figlia Maria, detta Marulla, contro il fratello Tommasaccio subentrato al padre nella signoria. La causa di Marulla venne giudicata positivamente dal signore del terzo meridionale di Negroponte, ed ella fece occupare i castelli contesi dagli uomini del marito, Alfonso Federico d'Aragona, figlio del re di Sicilia Federico III, che era il comandante della Compagnia catalana. Tommasaccio ricorse a Roberto d'Angiò re di Napoli e al papa Giovanni XXII che nel maggio 1318 pregarono il Comune veneziano di intervenire in suo favore con le armi. Venezia respinse però la richiesta e avviò negoziati con il re di Sicilia il cui esito fu la tregua del 19 giugno 1319, che definì le questioni pendenti. Nella tregua, che durò fino al Natale dell'anno successivo, furono inclusi anche i signori terzieri, tra cui il Ghisi.
Tra la fine del 1317 e il marzo dell'anno seguente arrivò nell'isola il nuovo bailo veneziano Francesco Dandolo, subentrato a Michele Morosini, latore di una lettera ducale del 6 dic. 1317, indirizzata ai terzieri, che consegnò a Giovanni de Noyer de Maisey, signore del terzo meridionale, e al G. signore del terzo centrale. Il 19 giugno 1319 il G. fu tra i firmatari della tregua, sottoscritta a Negroponte da Francesco Dandolo, il G. e Giovanni de Maisey, Pietro Dalle Carceri e Andrea Corner signori di un sesto da una parte e, dall'altra, Alfonso Federico in qualità di capo della Compagnia catalana.
Tra l'estate e l'autunno del 1320 Andronico Asanes, nipote dell'imperatore Andronico II Paleologo e governatore della provincia bizantina del Peloponneso, attaccò con successo i vicini possedimenti occidentali. Il G. partecipò alle azioni militari nella sua qualità di vassallo del principe di Acaia, ma venne fatto prigioniero dai Bizantini. L'anno successivo, tuttavia, si trovava di nuovo in libertà, probabilmente a seguito del pagamento di un riscatto. L'11 maggio 1321 era infatti tra i contraenti di una nuova tregua con i Catalani, stipulata a Negroponte e destinata a durare fino al 28 febbr. 1322.
Nel 1326 si ebbe in Eubea una nuova crisi con i Catalani, originata dalla morte senza figli di Tommasaccio Da Verona, che dopo la tregua del 1319 era rimasto in possesso del castello di Armena. La sorella Marulla rivendicò l'eredità e si presentò dinanzi alle mura di Negroponte con un contingente di catalani, chiedendo che le fossero aperte le porte. I signori terzieri, fra cui il G., con l'appoggio del bailo veneziano Marco Minotto e dei suoi consiglieri, si opposero però alla richiesta e, fra il 3 e il 4 marzo, scrissero al doge Soranzo chiedendone l'intervento. Il Senato veneziano decise di inviare a Negroponte due provvisori muniti di ampi poteri, ma il conflitto si complicò con la morte di Marulla, avvenuta probabilmente nel 1326, che fece emergere nuovi pretendenti, e terminò soltanto nell'autunno 1327 con la sottoscrizione di una nuova tregua con la Compagnia catalana.
Nel frattempo il G. si riavvicinò ad Alfonso Federico fidanzando il figlio Giorgio con la figlia di questo, forse di nome Simona. Il Senato veneziano ne fu informato dal bailo Minotto, e, nell'aprile 1327, espresse la propria contrarietà raccomandando alle autorità di Negroponte di far sì che il fidanzamento venisse rotto. Le nozze furono però celebrate e, nel maggio 1327, il Senato ordinò di scrivere al G. una lettera di rimprovero, perdonandolo tuttavia per quanto era stato fatto. Verso il 1330, sicuramente in virtù di queste nozze, troviamo il G. in possesso di un castello a Tebe, che era probabilmente quello di Saint-Omer, fatto fortificare e abbellire da Nicola (III) di Saint-Omer. Tra 1326 e 1327 cade anche il contrasto fra il G. e Nicola Sanuto duca dell'Arcipelago originatosi per motivi a noi ignoti, ma forse legati all'invasione di Micono da parte del Sanuto. Nella contesa entrò anche il bailo di Negroponte, che condannò i due contendenti, sequestrando una parte dei beni del G. e imprigionandone la moglie. Il G. e il Sanuto ricorsero a Venezia e, nel novembre 1326, il Senato ordinò alle autorità di Negroponte di revocare le sentenze arrivando così a una conciliazione fra le parti e liberando la moglie del Ghisi. Nello stesso tempo veniva ordinata la restituzione al G. dei beni sequestrati, eccezion fatta per quanto eventualmente dovuto al Comune di Negroponte. La contesa non si esaurì però con tale decisione: nel marzo 1327, il Senato rinnovò l'ordine di riconciliare i contendenti ai quali si era aggiunto Andrea Barozzi, signore di Santorino e di Terasia, ricorrendo anche alla mediazione del patriarca latino di Costantinopoli, amministratore del vescovato di Negroponte; in maggio, inoltre, tornò a occuparsi della vicenda scrivendo al bailo e ai provvisori di intromettersi perché fosse ristabilita la concordia, a condizione che il G. abbandonasse la sua contumacia. Questa volta è da ritenere che la lite sia stata risolta in tempi brevi, anche se mancano notizie in proposito, a giudicare dal fatto che nel 1331, quando fu incluso nella tregua con i Catalani, il G. era di nuovo in buoni rapporti con il bailo di Negroponte.
L'atteggiamento del G. nei confronti dei Catalani cambiò qualche tempo dopo le nozze del figlio, probabilmente a seguito della morte di Alfonso Federico e della sostituzione di questo alla guida della Compagnia catalana verso il 1331 con Nicola Lancia. Il 28 febbr. 1332, nella chiesa di S. Nicola dei frati minori a Patrasso, fu perciò presente alla dichiarazione di scomunica dei Catalani pronunciata da Guglielmo Frangipani, arcivescovo di Patrasso, in esecuzione a una bolla apostolica di papa Giovanni XXII del 14 giugno 1330 con cui veniva loro ordinato di restituire, entro sei mesi dalla pubblicazione, il Ducato di Atene a Gualtieri (VI) di Brienne. Il G. prese inoltre parte al fallito tentativo di riconquista operato dal duca di Brienne, sbarcato in Grecia nell'estate 1331, anche se non è possibile precisare quale ruolo vi abbia svolto.
Nei primi mesi del 1332 il G. venne incluso, insieme con il duca dell'Arcipelago Nicola Sanuto, nel progetto di lega promosso da Venezia per contrastare l'espansione dei Turchi. La lega venne effettivamente costituita il 6 settembre dello stesso anno a Rodi, per una durata di cinque anni, ed ebbe come contraenti l'imperatore bizantino, il doge di Venezia e il gran maestro di Rodi. Il Sanuto e il G. non vi compaiono, ma è probabile che abbiano fornito il loro contributo alle successive operazioni militari che si conclusero nel 1334 dopo un modesto successo delle forze cristiane.
Nel 1338 il G. si trovava a Negroponte e l'8 settembre, insieme con Pietro Dalle Carceri, si impegnò a non dare asilo ai criminali condannati dal bailo, la cui giurisdizione non si estendeva al di là delle mura della capitale. Quanto ai malfattori banditi in precedenza dalla città, sarebbe stato loro interdetto il soggiorno in un'area espressamente delimitata dell'isola stessa.
L'ultima menzione del G. si ha in un documento dell'8 luglio 1341, con una richiesta di grazia al doge Bartolomeo Gradenigo, formulata insieme col duca dell'Arcipelago Angelo Sanuto. L'istanza dei due signori veneziani non venne però inoltrata ai competenti Consigli per l'esame, a motivo probabilmente della morte dei richiedenti, dato che entrambi sono ricordati in vita per l'ultima volta in questa occasione.
A quanto si sa, il G. ebbe un unico figlio, Giorgio (detto Giorgino), che nel 1343 si associò alla lega navale contro i Turchi promossa da papa Clemente VI e, forse, partecipò alla successiva crociata perdendovi la vita.
Fonti e Bibl.: I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, I, Venezia 1876, p. 204 n. 164; II, ibid. 1883, p. 128 n. 2; Diplomatarium Veneto-Levantinum…, I, 1300-1350, a cura di G. Thomas - R. Predelli, Venetiis 1880, pp. 116 n. 67, 120-122 n. 70, 214-219 n. 108; Chronique de Morée, a cura di J. Longnon, Paris 1911, pp. 1, 404 s.; A. Rubió i Lluch, Diplomatari de l'Oriente catalá, Barcelona 1947, pp. 130 s. n. CVII, 132-134 n. CIX, 141-144 n. CXVI, 162 s. n. CXXXII, 196-200 n. CLIII, 222-224 n. CLXXI; Le deliberazioni del Consiglio dei rogati (Senato). Serie "Mixtorum", II, Libri XV-XVI, a cura di R. Cessi - M. Brunetti, Venezia 1961, pp. 39 n. 27, 44 n. 144, 46 n. 158; R.J. Loenertz, Les Ghisi dynastes vénitiens dans l'Archipel 1207-1390, Firenze 1975, pp. 123, 135-162, 208 n. 28, 210-212 nn. 33-36, 213-215 nn. 39 s., 224 s. n. 54, 304-306 n. 12, 332, 369; K. Hopf, Ghisi, in Allgemeine Encyclopädie der Wissenschaften und Künste, LXVI, Leipzig 1857, p. 341; S. Borsari, Studi sulle colonie veneziane in Romania nel XIII secolo, Napoli 1966, p. 111; D. Jacoby, La féodalité en Grèce médiévale. Les "Assises de Romanie": sources, application et diffusion, Paris-La Haye 1971, pp. 84, 87, 197 n. 238.