GRASSO, Bartolomeo
Nacque a Napoli il 1° luglio 1775, da Antonio, ingegnere civile. Compì i suoi primi studi con l'olivetano G. Terzi, seguendo successivamente alcuni corsi presso la Regia Università di Napoli. All'età di quindici anni il G. cominciò un periodo di apprendistato con il padre e nel 1794 fu chiamato dal colonnello G. Parisi per la costruzione della Sora-Ceprano, principale tratto della regia strada degli Abruzzi. Continuò la propria formazione partecipando alla bonifica dei Regi Lagni in Terra di Lavoro, prima come assistente dell'ingegnere C. Pollio e dal 1804 come collaboratore dell'ingegnere F. de Vito Piscicelli. Nel 1808 diresse le opere di contenimento del lago Salpi per la difesa delle antiche saline di Barletta e l'anno seguente portò a compimento il ponte a travate lignee sul fiume Sele presso Eboli.
Nel gennaio del 1809, in seno al neoistituito corpo napoletano di Ponti e strade, fu nominato ingegnere in capo e dal 1810 al 1813 fu assegnato alla direzione delle opere pubbliche in Principato Citeriore e in Basilicata. In quel periodo il G. sovrintese ai lavori di collegamento della strada delle Calabrie con la penisola sorrentina, redasse un progetto per la trasformazione del trecentesco convento di S. Agostino a Salerno in palazzo dell'Intendenza (1811-12) ed elaborò il piano di bonifica del Vallo di Diano (1813), opera quest'ultima che diresse con magistrale competenza fino al 1845.
Sempre nel 1813 il G. diede inizio alla progettazione del ponte di venticinque archi alla Ravindola sul Volturno (compiuto nel 1821: Sasso, p. 87) e, alla fine di quell'anno, fu trasferito a Modena per realizzare alcune opere di fortificazione, nel corso della campagna militare condotta all'inizio del 1814 da re Gioacchino Murat.
Dopo la Restaurazione il G. fu attivo nella capitale borbonica come architetto della giunta di Fortificazione e contemporaneamente fu reintegrato nella direzione generale di Ponti e strade, con il grado di ingegnere responsabile di dipartimento (r.d. del 26 marzo 1817).
Tra le sue prime architetture figura la piccola chiesa di S. Maria delle Grazie a Foria realizzata a Napoli tra il 1816 e il 1819. La facciata della chiesa fu trasformata nel 1849; mentre l'impianto interno conserva ancora il disegno originario a unica navata, con una copertura a botte caratterizzata da una superficie a lacunari e sormontata al centro da un lucernario voltato a vela. Tra i numerosi ponti che ebbe modo di progettare a partire dal 1818 si segnalano quelli in muratura realizzati sui fiumi Melfa in Terra di Lavoro e Solfatara presso Fontana Liri.
Il ponte sul Melfa (1819), progettato in collaborazione con G. De Fazio e distrutto durante la seconda guerra mondiale, era costituito da un sistema di tre arcate ribassate che coprivano una luce di circa 39 m. Analogo schema, ma con piloni intermedi molto più alti (13 m circa), fu previsto dal G. insieme con C. D'Auria per il ponte sul Solfatara, che tuttavia fu realizzato secondo un diverso progetto elaborato nel 1823 dall'ingegnere V. De Grazia.
In seno al corpo di Ponti e strade, tra le varie commissioni tecniche di cui il G. fece parte in quel periodo, si ricordano quella per il nuovo carcere di Avellino (1821) e quella per il ponte in ferro progettato da S. Ayala (1823) sul Garigliano, presso Minturno. Nel 1828, in qualità di architetto municipale e membro di una speciale commissione di valutazione, sostenne con vigore l'operato della giunta di Fortificazione contro i tentativi di soppressione avanzati dal Decurionato napoletano, riuscendo a mantenere in vita quell'istituzione fino al 1839. Contemporaneamente il G. avviò una lunga e proficua attività professionale per conto del principe d'Angri Marcantonio Doria: oltre al restauro della villa Lauro Lancillotti a Portici, curò la ristrutturazione della tenute di Eboli e di Angri, recuperando l'antica taverna di S. Rocco e realizzando alcuni mulini idraulici a Battipaglia. A Napoli, nel settembre del 1829, subentrò all'ingegnere R. de Tommaso nella direzione dei lavori di palazzo Pignatelli Strongoli alla riviera di Chiaia e nel 1833 realizzò per i Doria la villa d'Angri a Posillipo.
Quest'architettura, considerata la più importante villa neoclassica della zona, è costituita da un impianto rettangolare di chiara derivazione palladiana. Quattro logge ioniche con un basamento porticato caratterizzano i prospetti esterni, in organico rapporto con la particolare orografia del luogo.
Negli anni 1840-45 il G. fu impegnato a Napoli nel completamento della strada di Capodimonte (dal ponte della Sanità al tondo di Capodimonte) e della strada di S. Lucia, ridisegnando la facciata della chiesa omonima (1841). In qualità di architetto commissario del Corpo di città fu assegnato dal 1844 ai quartieri di Chiaia e S. Ferdinando, venendo sostituito da G. Genovese nel 1855. In quello stesso anno redasse un progetto, non realizzato, per un mercato in largo delle Pigne. Come architetto giudiziario, inoltre, firmò molte perizie tecniche e tra queste il progetto di ampliamento dei sotterranei del lanificio Sava all'interno del convento di S. Caterina a Formello in Napoli (1850).
Nel corpo di Ponti e strade, nonostante le accuse di frode finanziaria a suo carico e la richiesta, nel 1837, di un suo esonero da parte di G. Fortunato, il G. mantenne la carica di ispettore generale assunta nel 1826 fino al 1859, anno in cui per l'ultima volta risulta componente di una commissione d'esame nella scuola del corpo.
Morì presumibilmente nel 1860 (Di Lernia, 1983, p. 295; Buccaro, 1992, p. 76) a Napoli, nella casa di via Infrascata a S. Eframo Nuovo dove abitava con la figlia Errichetta e il genero, ingegnere L. Giura.
Uomo di grande esperienza tecnica, il G. fu un architetto molto sensibile alla tradizione figurativa locale, manifestando una piena adesione ai canoni estetici della corrente neoclassica. Come ingegnere, inoltre, seppe coniugare le istanze di rinnovamento scientifico e tecnologico con le esigenze di carattere produttivo, esprimendo allo stesso tempo un profondo rispetto per l'ambiente e il paesaggio. Fu socio corrispondente della Reale Accademia delle belle arti fin dal 1831 e pubblicò varie relazioni, tra cui si segnalano: Osservazioni intorno al progetto così intitolato di leggi statutarie per la formazione di un corpo nazionale di Pubblici Lavori presentato al Parlamento nazionale dalla Commessione di amministrazione provinciale e comunale sottomesse al giudizio della Commessione medesima (con P. Ponticelli, G. De Fazio, L. Malesci), Napoli 1821, e Intorno al dismesso corpo dei Ponti e strade ed all'utilità del suo ristabilimento, ibid. 1826.
Fonti e Bibl.: C.N. Sasso, Storia dei monumenti di Napoli e degli architetti che li edificavano dal 1801 al 1851, II, Napoli 1858, pp. 87-95; A. Venditti, Architettura neoclassica a Napoli, Napoli 1961, pp. 195-199, 328, 400 n. 132; G. Russo, La scuola di ingegneria in Napoli. 1811-1967, Napoli 1967, p. 156; C. Garzya, Interni neoclassici a Napoli, Napoli 1978, pp. 137 n. 207, 156; R. De Fusco, L'architettura dell'Ottocento, Torino 1980, p. 226; L. Di Lernia, Architettura dell'Ottocento a Napoli: l'opera di B. G., in Nord e Sud, n.s., XXX (1983), 2-3, pp. 295-324; Id., Il paesaggio agrario e il restauro delle fabbriche feudali tra Sette e Ottocento, ibid., XXXI (1984), 4, pp. 191 s.; A. Buccaro, Istituzioni e trasformazioni urbane nella Napoli dell'Ottocento, Napoli 1985, pp. 60, 94 n. 34; P. Bevilacqua, Acque e bonifiche nel Mezzogiorno nella prima metà dell'Ottocento, in Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società, istituzioni, a cura di A. Massafra, Bari 1988, pp. 350 s.; A. Buccaro, Opere pubbliche e tipologie urbane nel Mezzogiorno preunitario, Napoli 1992, p. 76 n. 48; A. Di Biasio, Il passo del Garigliano nella storia d'Italia. Il ponte di Luigi Giura, Minturno 1994, pp. 199-213 e passim; G. Foscari, Dall'arte alla professione: l'ingegnere meridionale tra Sette e Ottocento, Napoli 1995, p. 156; P. Rossi, Antonio e Pasquale Francesconi. Architetti e urbanisti nella Napoli dell'Ottocento, Napoli 1998, p. 104 n. 21; R. Parisi, Lo spazio della produzione. Napoli: la periferia orientale, Napoli 1998, p. 95; M. Perone, Le trasformazioni nei complessi conventuali salernitani, in Falsi restauri. Trasformazioni architettoniche e urbane nell'Ottocento in Campania, a cura di S. Casiello, Roma 1999, p. 82.