LANFREDINI, Bartolomeo
Figlio di Lanfredino di Iacopo e di Selvaggia di Piero Tornaquinci, nacque, probabilmente a Firenze, nel 1495.
Lanfredino fu protagonista della vita pubblica: tre volte come priore, tra il 1492 e il 1512, e due come gonfaloniere, nel 1501 e 1517. Nel 1513 fu ambasciatore di obbedienza della Repubblica a Leone X. Svolgeva l'attività bancaria come avevano fatto i suoi avi; presso il banco Lanfredini, Michelangelo Buonarroti riscuoteva le lettere di cambio con cui venivano saldati i suoi lavori a Roma.
Nulla sappiamo sulla giovinezza del L.; una delle prime notizie viene da una lettera del 10 dic. 1515 al cognato Puccio Pucci a favore di un tale Filippo Capponi, che aveva ferito a morte un contadino. Il Capponi era stato bandito e il L. chiedeva l'annullamento del bando con la motivazione che il disgraziato contadino "si è morto per incuria e oltretutto era un contadino" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, filza 115, n. 61). Nel tempo in cui Giulio de' Medici fu arcivescovo di Firenze (1513-24), il L. fu suo collaboratore. Il 27 sett. 1524 scrisse a Giovanni de' Medici dalle Bande Nere, chiedendo la restituzione di un prestito di 150 scudi risalente all'anno prima tramite Antonio Ubertini, titolare di un banco a Roma (ibid., filza 6, n. 704). Nel 1525 fu l'ultimo della sua famiglia tra i Priori di libertà, suprema magistratura della Repubblica, e l'anno dopo fu eletto tra i Sedici gonfalonieri di compagnia.
Sempre a fianco del Medici, divenuto papa Clemente VII, durante gli ultimi tempi della Repubblica (1527-30) il L. intrattenne un'interessante corrispondenza con Girolamo e Francesco Guicciardini (edita da A. Otetea), impegnato in quel frangente a evitare che la città fosse messa a sacco. Un'importante lettera del Guicciardini al L. (edita in Rastrelli) in merito alla forma di governo che Firenze avrebbe dovuto assumere testimonia come il L. fosse un interlocutore di importanza fondamentale, data la sua vicinanza al pontefice.
Con alcune interruzioni la corrispondenza con il Guicciardini sarebbe ripresa nel 1537 e di nuovo nel 1539-40, quando il L. fu inviato commissario a Pistoia. Oltre che con il Guicciardini il L. fu in stretto contatto con lo storico Bernardo Segni, il quale dichiarava di avere vissuto con lui "molto familiarmente et in istretto nodo d'amicizia" (Segni). Il L. lo metteva a parte dei suggerimenti avanzati da Lanfredino suo padre al cardinale Giovanni de' Medici, poi papa Leone X, quando i Medici erano tornati in città nel 1512. Lanfredino consigliava allora al porporato la moderazione nel governo dello Stato, e ad allontanarsi dall'esempio del padre Lorenzo piuttosto che a emularlo. Con la caduta della Repubblica, insieme con Filippo Nerli e Niccolò Capponi il L. fu tra coloro che preferirono una resa senza condizioni al pontefice. Nei mesi successivi alla capitolazione di Firenze (8-12 ag. 1530) le magistrature cittadine si trovavano in un momento di straordinaria fragilità istituzionale, aggravata dalla crisi annonaria incombente sulla popolazione.
In quel frangente ci si rivolse al L. come intercessore per ottenere contributi finanziari o uffici ad personam da Clemente VII: fu il caso di Guicciardini, che sollecitò al L. la presidenza della Romagna già promessagli dal pontefice. Il L. intrattenne in quei mesi anche una corrispondenza con Francesco Vettori, ex ambasciatore fiorentino presso la S. Sede, nonché uno degli ottimati molto vicini a Lorenzo de' Medici capitano della Repubblica fiorentina e futuro duca di Urbino. Le lettere scritte e ricevute dal Vettori e pubblicate da R. von Albertini costituiscono una fonte ricca di preziose informazioni sulla temperie politica che attraversava l'aristocrazia fiorentina tra il 1527 e il 1530.
Senza soluzione di continuità tuttavia il L. fece parte anche della Balia che di fatto istituì il Principato, divenendo un fedele ministro dei nuovi principi. In questa nuova fase delle fortune della famiglia, il L. ricevette grande fiducia da Clemente VII, dal duca Alessandro e infine da Cosimo I. Dopo la caduta della Repubblica il L. entrò al servizio di Alessandro de' Medici, primo duca di Firenze, e mise a disposizione le competenze esercitate con Clemente VII e Paolo III, sotto il quale non sembra avere perso, almeno nell'anno 1534, l'incarico di depositario. All'inizio degli anni Trenta il L. soggiornava prevalentemente a Roma, da dove intratteneva una fitta corrispondenza con gli Otto di pratica e gli Officiali dell'abbondanza, in virtù del suo ruolo di depositario di Clemente VII.
Tramite il L. gli Otto di pratica cercavano di ottenere dal papa agevolazioni per uscire dalla tremenda condizione finanziaria successiva all'assedio. In una situazione in cui la città era tenuta al pagamento delle spese di guerra dei vincitori, i luoghi pii avevano inoltrato al pontefice la richiesta per recuperare i beni loro confiscati durante l'assedio, dichiarandosi in contropartita disponibili al pagamento di una quota di tre o quattro decime. Essendo cosa "concernente la Sede apostolica", da Firenze si pregava il pontefice di consentire sia il recupero dei beni sia l'imposta, "per havere a servire le dicte decime alli Uffitiali dell'Abbondanza di qui a quali non abbiamo modo a dare assegnamento che queste decime; et perché la provisione del grano è necessarissima" (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., II.V.9, c. 139: lettera degli Otto di pratica al L. del 10 ott. 1530).
Ritornato definitivamente a Firenze, probabilmente nel 1534, il L. continuò a esercitare la tradizionale attività di banco della famiglia. Già dagli anni precedenti aveva cominciato la sua carriera nell'apparato amministrativo del nuovo Stato mediceo, nel quale la sua presenza fu costante, a volte con più incarichi nello stesso anno. Nel 1532 fu tra i primi 48 senatori eletti. Fu a Bologna dall'8 dic. 1532 al 10 marzo 1533, forse a seguito del pontefice. Dal 1° ag. 1533 al 1° ag. 1544 partecipò per ben dodici volte consecutivamente all'ufficio trimestrale di accoppiatore, figura attraverso cui i Medici controllavano le elezioni alle magistrature. Fu inoltre consigliere della Repubblica (Consiglio dei duecento) nel 1535, 1537, 1540. Nel febbraio 1536 accompagnò il duca Alessandro a Napoli presso Carlo V, per le nozze tra il duca e Margherita d'Austria. Fu della magistratura semestrale degli Otto di pratica nel 1535, 1537, 1541; dei Consiglieri della Repubblica in carica per sei mesi nel 1535, 1537, 1540; dei Procuratori della Repubblica, ancora di durata semestrale, nel 1535 e nel 1542. Nel 1536 fu uno dei provveditori delle fortezze, in carica per un anno; nel biennio successivo fu commissario del Monte; nel 1538 fu anche uno degli Ufficiali di guardia e balia. Il 4 maggio lasciò gli uffici centrali per divenire capitano di Pistoia dal 1539 al 1540.
Numerose lettere informano del suo capitanato a Pistoia e montagna circostante: si trattava dell'amministrazione di una zona di confine, dove peraltro si era consumata con la battaglia di Montemurlo l'ultima resistenza militarmente organizzata dei repubblicani. Il L. si occupò qui di porre all'incanto i beni dei ribelli, compito che assolse soddisfacendo in pieno Cosimo I (lettera del duca del 16 ag. 1539). Nella città si occupò di sedare gli scontri tra le fazioni dei Cancellieri e dei Panciatichi.
L'amministrazione della giustizia penale fu una delle prime incombenze del L. che si dimostrò mano severa del duca, al quale venivano spesso inoltrati gli appelli per la grazia dei condannati. Dalla giustizia criminale la sua amministrazione si estendeva tuttavia ad altri ambiti: una lettera di Cosimo al L. del 15 luglio 1539 affronta una questione di giurisdizione ecclesiastica attinente ai benefici che fossero vacati. Per ordine del duca e a suo nome, il L. avrebbe dovuto prendere possesso dei benefici vacanti, stilare un inventario dei beni pertinenti alla vacanza, deputare un prete di specchiata virtù per officiare comunque il culto divino; il religioso avrebbe poi percepito dal beneficio quei frutti ritenuti opportuni dal L., tenuto a informare comunque quotidianamente il duca delle occorrenze. Il tutto nell'attesa di restituire, come gli accordi intercorsi con la S. Sede stabilivano, il beneficio a chi "canonicamente et di ragion sarà giudicato expectarsi".
Da una lettera a lui indirizzata da Maria Salviati il 17 luglio 1540 risulta che in quell'anno il L. era passato al servizio personale di Cosimo I come maggiordomo. Dal 13 sett. 1543 fu uno dei Dodici buonomini, una delle più prestigiose magistrature cittadine. Il 20 maggio 1544 fu chiamato come capitano di Pisa: fu il suo ultimo incarico sul territorio.
Il L. morì a Pisa il 4 nov. 1544 e fu sepolto nella cappella di famiglia nella chiesa di S. Maria del Carmine a Firenze.
Da Bartolomea di Iacopo Corbinelli, sposata nel 1540, ebbe tre figli: Antonio, canonico della metropolitana fiorentina dal 1567 al 1575, Lanfredino e Iacopo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Raccolta Sebregondi, 2937; Carte Ceramelli Papiani, 2678; Mediceo avanti il principato, filze 6, n. 704; 115, n. 61; Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., II.IV.309 (passato all'Arch. di Stato di Firenze); II.V.9; II.V.13; II.V.26 (lettere del L. a Cosimo de' Medici e a Maria Salviati e di questi al L.); II.V.27-29 (lettere in buona parte pubblicata da Otetea); II.V.23 (lettere a F. Vettori pubblicate in R. von Albertini, pp. 436-469); Carte Passerini, 189, n. 7; 221; B. Segni, Storie fiorentine…, Livorno 1830, p. 907; B. Varchi, Storia fiorentina, in Id., Opere, I, Trieste 1858, pp. 237, 324, 340; F. Guicciardini, Dall'assedio di Firenze al secondo convegno di Clemente VII e Carlo V (28 giugno 1530 - 2 dic. 1532). Lettere inedite a B. L., a cura di A. Otetea, L'Aquila 1927; M. Buonarroti, I ricordi di Michelangelo, a cura di L. Bardeschi Ciulich - P. Barocchi, Firenze 1970, p. 4; M. Rastrelli, Storia d'Alessandro de' Medici, I, Firenze 1781, pp. 237-246; L. Passerini, Delle spese fatte nell'assedio da Baccio Valori commissario di papa Clemente VII, in Giorn. stor. degli archivi toscani, I (1857), p. 136; M. Mansfield, A family of decent folk (1200-1741). A study…, Florence 1922, ad ind.; F. Gilbert, Alcuni discorsi di uomini politici fiorentini e la restaurazione medicea, in Arch. stor. italiano, XCIII (1935), 2, pp. 3-24; C. Belloni, Diz. storico dei banchieri italiani, Firenze 1951, p. 119; G. Silvano, "Vivere civile" e "governo misto" a Firenze nel primo Cinquecento, Bologna 1995, p. 23; R. von Albertini, Firenze dalla Repubblica al Principato, Torino 1995, ad ind.; Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XI, pp. 19, 122, 124 s.