BARTOLOMEO, LOTERINGIO, ANDREOTTO e GUIDOTTO da Pisa
Fonditori di campane, appartenenti a un'unica famiglia attiva per tutto il sec. 13° nell'Italia centrale e settentrionale, la cui opera, documentata inizialmente in Toscana e in Umbria, è attestata in seguito in Lombardia ed Emilia e, dal penultimo decennio del Duecento, a Roma e nel Lazio.Capostipite della famigla fu Bartolomeo, il quale, congiuntamente ai figli Loteringio e Andreotto, continuò a esercitare l'attività di fonditore almeno fino al 1258, anno in cui realizzò due campane per S. Michele in Foro a Lucca. Bartolomeo, come i suoi discendenti, era cittadino pisano ed è stato ipotizzato (Lera, 1972) che appartenesse a una delle numerose famiglie di artisti che nel sec. 12° si erano trasferite a Pisa - specialmente dall'Italia meridionale - per lavorare alla fabbrica del duomo; si è però dimostrata erronea la sua identificazione con l'omonima personalità che nel 1223 edificò la residenza di Federico II a Foggia (Da Morrona, 18122; Lera, 1972).All'attività giovanile si deve ricondurre la più antica campana firmata da Bartolomeo, fusa nel 1215 per S. Michele in Foro a Lucca e ancora in uso; nel 1236 gli venne commissionata dall'autorità comunale di Brescia la campana, perduta, detta militum per la torre del broletto (Rosa, 1883). Nel 1239 Bartolomeo ricevette forse la sua più prestigiosa commissione quando, per volere di frate Elia, eseguì - avvalendosi dell'aiuto del figlio Loteringio - una coppia di campane per la basilica di S. Francesco in Assisi, rifuse nel 1772 e nel 1836. Sulla più grande, detta 'italiana', si leggeva l'iscrizione "A.D. 1239 Papae Gregorii tempore Noni, Caesaris, ac potentissimi Friderici. O Francisce pie, Fratris studio sed Hlie [...] Cum fit Campana, que dicitur Italiana, Bartholomaeus Pisanus fecit, cum Loteringio Filio eius" (Angeli, 1704). La restante produzione di Bartolomeo, a differenza di quella dei figli e poi dei loro discendenti, è circoscritta alla sola Toscana. A Pisa Bartolomeo fuse una campana per il monastero vallombrosano di S. Paolo a Ripa d'Arno (1242), due per la chiesa di S. Cosimo (entrambe firmate e datate 1248) e una di grandi dimensioni per S. Michele in Borgo (1253); nel 1244 gli venne affidato l'incarico di realizzare una campana per l'abbazia cistercense di San Galgano presso Monte Siepi (perduta nel 1787), a conferma delle ottime relazioni che nel Duecento intercorrevano tra l'Ordine e gli artisti pisani. Nel 1258 portò a compimento assieme ai figli Loteringio e Andreotto - noto quest'ultimo unicamente attraverso questa importante committenza - l'impresa di fondere ben tre campane per la chiesa lucchese di S. Michele in Foro, ancora tutte in sito, che si caratterizzano per le loro modeste dimensioni, la forma piuttosto allargata e le pareti spesse.L'opera di Loteringio in prima persona e non in collaborazione con il padre è documentata dal 1242 (campana per S. Ilario di Brancoli, oggi a Lucca, Mus. Naz. di Villa Guinigi) al 1262 e testimonia come l'arte della fusione andasse affinandosi, per raggiungere la perfezione nelle campane di forma più allungata, nei particolari decorativi a rilievo e nell'eleganza delle iscrizioni - sempre su due registri - prodotte nell'officina di Guidotto. Punto di riferimento lungo questo percorso rimane la campana detta 'pasquareccia' (1262), attualmente sul campanile del duomo pisano ma in origine sulla demolita torre dell'Orologio, con la funzione di rintoccare prima delle esecuzioni capitali e perciò chiamata anche 'della giustizia'. L'iscrizione "Locterinus de Pisis fecit. Gerardus Hospitalarius solvit A(nno) D(omini) MCCLXII" corre tra due fregi arabescati, mentre al di sotto sono scompartiti alcuni piccoli rosoni e scudi raffiguranti il grifo, il cavallo alato e l'aquila secondo l'antico stemma cittadino, a indicarne la committenza civile.Guidotto era verosimilmente il più giovane tra i figli di Bartolomeo. L'ambito cronologico della sua attività, compreso tra il 1272 e gli ultimissimi anni del Duecento, appare anzi decisamente lontano da quello del padre e dei fratelli, tanto da far sorgere il dubbio che il Guidotto pisano documentato negli esempi romani di fine secolo sia un altro fonditore. D'altronde, anche se il patronimico appare soltanto nell'iscrizione "Guidoctus Bartolomei Pisani" sulla campana fusa nel 1273 per S. Michele in Foro a Lucca (Lucca, Mus. Naz. di Villa Guinigi), il fatto che uno dei figli di Guidotto si chiami Andreotto può essere considerato un segno della sua appartenenza alla famiglia di fonditori pisani. Accogliendo quindi la tradizionale identificazione è possibile ricostruire a grandi linee l'attività della sua officina. Alla sua produzione giovanile appartengono la piccola campana di San Polo in Sabina, firmata e datata al 1272 (Mara, 1960), quelle lucchesi già sul campanile di S. Michele in Foro (1273) e in S. Romano (1280) e la campana per il monastero dei Ss. Severo e Martirio nel suburbio orvietano (1277), andata distrutta sul finire del 18° secolo. Successivamente a questa data dovette aver luogo il definitivo trasferimento di Guidotto a Roma; qui fuse nel 1289, su committenza di Pandolfo Savelli, più volte senatore e fratello del pontefice Onorio IV, due campane (una delle quali è stata trasferita in S. Gregorio Magno alla Magliana) per il nuovo campanile di S. Nicola in Carcere e nel 1291 una per S. Angelo in Pescheria. Sempre su richiesta di Pandolfo Savelli, primo mecenate di Guidotto a Roma, fu commissionata nel 1289 all'artista pisano e al figlio Andreotto la rifusione della campana principale della basilica di S. Maria Maggiore (Roma, Mus. Vaticani). Il legame con la curia pontificia si consolidò durante i pontificati di Niccolò IV e di Bonifacio VIII, quando Guidotto, nel pieno della sua maturità artistica, fu attivo spesso in collaborazione con i figli Andreotto e Giovanni - operanti in proprio anche a Parma nel 1287 e ad Alatri nel 1299 (Calzini, 1911) - a Roma e nel Lazio meridionale. Prolifica e ampiamente documentata è la produzione della sua officina, i cui manufatti raggiunsero il massimo livello qualitativo nella realizzazione della campana per la basilica di S. Pietro in Vaticano, fusa nel 1289 (Roma, Mus. Vaticani) e nello splendido esemplare donato da Bonifacio VIII alla cattedrale anagnina nel 1295.Agli inizi del Trecento i figli di Guidotto abbandonarono Roma, essendo venuto a mancare qualsiasi tipo di committenza in concomitanza con l'inizio della cattività avignonese, e fecero ritorno in Toscana; nel 1313 Giovanni risulta attivo a Lucca per una committenza destinata alla chiesa di S. Frediano, mentre Andreotto, probabilmente da identificare con il magister Andreas campanarius, registrato a Pisa nel 1322 tra i cittadini del terziere di Chinzica (Lera, 1972), è documentato ancora nel 1333 (campana per S. Martino di Pisa).L'attività di fonditori continuò con le successive generazioni - un Bartolomeo di Pisa fuse nel 1313 una campana per il monastero sulmonese di S. Lucia delle Benedettine (attualmente in S. Maria della Tomba a Sulmona) - ed è attestata almeno sino agli inizi del Quattrocento, come sembra indicare il nome di un altro Bartolomeo Pisano sulla campana del duomo di Sarzana eseguita nel 1433 (Neri, 1877).
Bibl.: Fonti. - Ludovico da Pietralunga, Descrizione della Basilica di S. Francesco e di altri santuari di Assisi (1570 ca.), a cura di P. Scarpellini, Treviso 1982, pp. 75, 90-91; F.M. Angeli, Collis Paradisi amoenitas, seu Sacri Conventus Assisiensis historiae libri II, II, Montefalisco 1704, p. 20.Letteratura critica. - A. Da Morrona, Pisa illustrata nelle arti del disegno, II, Livorno 18122, pp. 105-106, 415-416; R. Grassi, Descrizione storica e artistica di Pisa e de' suoi contorni, II, Pisa 1837, pp. 95-96; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d'altri edifici di Roma dal secolo XI fino ai giorni nostri, VI, Roma 1875, p. 22; A. Neri, Noterelle artistiche, Giornale Ligustico 4, 1877, pp. 300-329; G. Fratini, Storia della basilica e del convento di San Francesco in Assisi, Prato 1882, pp. 45-47; G. Rosa, Il Broletto di Brescia, ASI, s. IV, 11, 1883, pp. 321-328: 323; A. Canestrelli, L'abbazia di San Galgano, Firenze 1896, pp. 63-101, 144; P. Piccirilli, Bartolomeo da Pisa e una storica campana del '300 a Sulmona, Rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti 14, 1899, p. 486; I.B. Supino, Arte pisana, Firenze 1904, p. 68; s.v. Andreotto di Bartolomeo, in Thieme-Becker, I, 1907, p. 480; s.v. Bartolomeo Pisano, ivi, II, 1908, p. 576; E. Calzini, Campane e fonditori di campane, Rassegna bibliografica dell'arte italiana 14, 1911, pp. 151-152; Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia, II, Pisa, a cura di R. Papini, Roma 1912, p. 215; A. Bellini-Pietri, Guida di Pisa, Pisa 1913 (19322), p. 166; s.v. Guidotto da Pisa, in Thieme-Becker, XV, 1922, p. 288; I.B. Supino, La Basilica di S. Francesco d'Assisi, Bologna 1924, p. 54; Toesca, Medievo, 1927, p. 1144, n. 52; A. Serafini, Torri campanarie di Roma e del Lazio nel Medioevo, Roma 1927, pp. 78-79; B. Kleinschmidt, Die Basilika San Francesco in Assisi, III, Berlin 1928, p. 26; s.v. Lotteringo Pisano, in Thieme-Becker, XXIII, 1929, p. 409; G. Piccirilli, Sulmona. Guida storico artistica, Sulmona 1932, p. 125; Inventario degli oggetti d'arte in Italia, IV, Provincia di Aquila, a cura di M. Gabbrielli, Roma 1934, p. 215; Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia: Assisi, a cura di E. Zocca, Roma 1936, pp. 167-168; M.G. Mara, Una campana di Guidotto Pisano a San Polo in Sabina, RivAC 36, 1960, 1-2, pp. 151-158; Museo di Villa Guinigi-Lucca, Lucca 1968, pp. 74-75; G. Lera, Le antiche campane di Lucca e del suo circondario e i maestri fonditori dei secc. XIII e XIV, Actum Luce 1, 1972, pp. 37-55; S. Nessi, La Basilica di San Francesco in Assisi e la sua documentazione storica, Assisi 1982, p. 160.