NOGARA, Bartolomeo
NOGARA, Bartolomeo. – Nacque a Bellano, sul lago di Como, il 28 aprile 1868, secondo dei tredici figli di Giovanni e di Giulia Vitali, in una famiglia di salde radici risorgimentali e profondi sentimenti cattolici.
Quattro dei suoi fratelli, oltre a lui, raggiunsero posizioni di rilievo nell’ambito dell’apparato della Chiesa di Roma: Giuseppe fu arcivescovo di Udine (1928-55); Roberto arcivescovo di Cosenza (1934-40); Giovanni rettore del Seminario di Molfetta (1920-26); Bernardino, infine, dal 1929 al 1958 ricoprì la carica di delegato del papa per l’Amministrazione speciale dei beni della S. Sede.
Compiuti gli studi classici al Parini e al Beccaria di Milano, ospite dello zio Bernardino, canonico del duomo, si iscrisse nel 1887 ai corsi universitari della locale Accademia scientifico-letteraria, ove ebbe come insegnanti Carlo Giussani, Attilio De Marchi, Graziadio Isaia Ascoli ed Elia Lattes. Versato nelle lettere classiche, ma energicamente indirizzato agli studi glottologici e linguistici da questi ultimi due maestri, si addottorò con lode, nel luglio 1891, in antichità civili greche e romane con una dissertazione sul contenuto di quasi 3000 iscrizioni latine della regione compresa fra il Ticino, il Mincio, il Po e le Alpi, data alle stampe nel 1895 con il titolo de Il nome personale nella Lombardia durante la dominazione romana.
Sensibile ai fermenti modernisti che all’epoca agitavano il mondo teologico-ecclesiale, assiduo e ricercato frequentatore dei circoli cattolici liberali e dei salotti colti della società milanese fin de siècle, Nogara si diede prima alla critica letteraria; poi, dopo aver conseguito una seconda laurea in giurisprudenza presso l’Università di Genova (1895) e una timida incursione nella storia medievale con l’edizione degli Statuti del Comune di Bovegno in Val Trompia (Milano 1898), votò interamente se stesso agli studi classico-umanistici, assecondando la sua austera vocazione di indagatore delle antiche civiltà d’Italia.
Dal 1893 al 1900 prese parte, vincendoli ripetutamente, ai concorsi per il conferimento dei cosiddetti ‘premi Lattes’, istituiti presso la ricordata accademia milanese per sostenere l’attività di studiosi impegnati nella raccolta di disegni, fotografie e calchi d’iscrizioni etrusche o messapiche. Presero così avvio quelli che Nogara stesso definì «viaggi epigrafici», vere e proprie peregrinazioni studii causa compiute in sei tornate attraverso Toscana, Umbria e Puglia, di cui diede relazione negli Annuari accademici dal 1894-95 al 1899-1900, dove pure compaiono suoi lavori su cimeli epigrafici inediti. Tali memorie analitiche, sbocco editoriale di un’oculata opera di ricognizione e studio, lo imposero all’attenzione internazionale, tanto da meritargli, nel 1902, la chiamata alla condirezione del Corpus Inscriptionum Etruscarum, unico italiano (fino al 1936) a collaborare con svedesi e tedeschi a questo grandioso progetto di ricerca, avviato nel 1893 per impulso dell’Accademia prussiana delle scienze di Berlino.
Nell’autunno del 1900, dopo una breve parentesi politica in seno all’amministrazione del capoluogo lombardo assieme all’amico giurista Contardo Ferrini, fu chiamato a Roma da Leone XIII, su segnalazione di monsignor Giovanni Mercati, per ricoprire il duplice incarico di scriptor latino alla Biblioteca apostolica Vaticana e di direttore speciale del Museo gregoriano etrusco, cui si aggiunse, nel novembre 1903, la nomina a conservatore del Museo profano annesso alla BibliothecaPontificum.
Addestrato filologo umanistico, redasse, nei primi anni di servizio presso la Biblioteca papale, oltre a vari altri scritti minori, il III tomo dei Codices Vaticani latini recensiti (Roma 1912), monumentali cataloghi sistematici dei fondi manoscritti; nel contempo avviò l’impegnativa raccolta degli Scritti inediti e rari del letterato forlivese Flavio Biondo, portata a compimento solo nel 1927.
Se limitato e transitorio può dirsi il suo apporto nel campo degli studi critici e interpretativi di testi letterari del passato, di ben alta portata fu la sua attività museologica e museografica in relazione alle rilevanti collezioni pontificie di materiali etrusco-italici affidategli.
Il Museum Etruscum di Gregorio XVI, fondato in pieno Ottocento, ma di antiquaria concezione settecentesca, era rimasto un po’ in ombra rispetto alle contigue raccolte di reperti dell’antichità classica greca e romana. Per ovviare a ciò Nogara concepì e svolse una vigorosa azione di ammodernamento, imperniata sulla riorganizzazione degli spazi e sulla revisione degli allestimenti, con la concomitante ricerca di documenti d’archivio essenziali per ricostruire i contesti di provenienza dei vari oggetti in mostra, operare distinzioni tipo-cronologiche, incrementare e/o completare le singole sezioni espositive. Questa condotta di lavoro, perseguita con la determinante collaborazione di altri studiosi (Giovanni Pinza, Carlo Albizzati, Luigi Pareti, John D. Beazley, Arthur D. Trendall, Filippo Magi), anticipa quell’approccio rigoroso e globale alla gestione amministrativa e logistica di un’istituzione complessa, che di lì a poco, avanzato di grado, lo condurrà a rivoluzionare la matrice accademica dell’intero sistema museale d’Oltretevere.
Nell’ottobre 1920, confermando quanto disposto da Pio X (12 novembre 1911) e innovando una tradizione che designava a quell’ufficio un artista (scultore o pittore), Benedetto XV lo nominò direttore generale dei Monumenti, musei e gallerie pontificie, ruolo mantenuto sino alla morte, attraverso tre pontificati. Senza mai abbandonare ed anzi intensificando gli studi prediletti, nel suo lungo direttorio diede prova di spiccate capacità manageriali, attendendo allo sviluppo, alla trasformazione e alla salvaguardia di quell’immenso contenitore d’arte approntato nei secoli dal mecenatismo papale, che ancora agli inizi del Novecento era amministrato nello stile del XVIII secolo.
Suo primo obiettivo fu quello di sensibilizzare i vertici della gerarchia ecclesiastica sulla necessità di dotare i Musei di una più efficiente organizzazione centralizzata che, in linea con altri dicasteri vaticani, potesse occuparsi – a livello operativo e burocratico – della conservazione programmata, della manutenzione ciclica e del restauro del patrimonio archeologico, storico-artistico e monumentale di pertinenza della S. Sede. Secondariamente si premurò di ampliare e potenziare le professionalità tecnico-scientifiche alle sue dipendenze, con l’immissione in ruolo di funzionari laureati, cui venne demandata la cogerenza degli scavi, degli edifici e dei beni mobili del Vaticano, nonché il coordinamento delle attività editoriali e didattiche a questi connesse. In aggiunta a ciò, per adeguare le gallerie pontificie alle grandi realtà consimili d’Europa (Uffizi, Louvre, Collezioni statali di Berlino), promosse embrionali campagne di catalogazione, inventariazione e documentazione fotografica dei manufatti.
Questa rivoluzione gestionale, attuata con l’appoggio incondizionato di Pio XI (cui era legato da comuni origini e antica amicizia) e favorita dalle disponibilità finanziarie della Sede apostolica post-Concordato, consistettero nella radicale ristrutturazione del Museo gregoriano etrusco (1923-25); nella fondazione del Museo missionario etnologico (1926); nella creazione, tra 1923 e 1932, di diversi laboratori vaticani di restauro specifici per materia (pitture, mosaici, arazzi, metalli e terrecotte) e di un Gabinetto per le ricerche e le applicazioni scientifiche (1939-42); nella sistemazione della nuova Pinacoteca Vaticana progettata da Luca Beltrami (1932); nella realizzazione di pratici magazzini-deposito (1932-35); nell’addizione di ulteriori nuclei di materiali alle collezioni storiche; nell’istituzione di un servizio interno di documentazione fotografica (1933), e, non ultimo, nella promozione di molteplici e impegnative imprese editoriali.
A queste partecipò con consulenze e pareri offerti a collaboratori, oppure redigendo di persona piccole e grandi opere, caratterizzate da sobrietà e perfetta organizzazione dell’apparato iconografico: Le stanze di Raffaello. I. La stanza della Segnatura (Roma 1921); Michelangelo e gli ideali dell’arte (Roma 1938); Monumenti romani scoperti negli anni 1938-1939 nell’area del palazzo della Cancelleria (Roma 1941); Tesori d’arte del Vaticano (Bergamo 1950).
Morì nel suo appartamento in Vaticano il 19 giugno 1954 all’età di 86 anni.
Gli sopravvissero la moglie Maria Albani, insegnante e traduttrice, sposata a Milano il 16 agosto 1913, e l’unico figlio Antonio, nato a Roma l’11 aprile 1918.
Archeologo classicista, studioso delle civiltà occidentali e storico dell’arte antica, medievale e moderna, fu simile in ciò ai ricercatori e agli eruditi dell’Umanesimo, avendo esteso le sue ricerche a campi complementari ma assai distanti tra loro (filologia, epigrafia, letteratura italiana, critica delle arti visive ecc.). Tale stupefacente eclettismo non oscurò però mai del tutto la sua primordiale attitudine per indagini ad ampio spettro sull’antico popolo etrusco: indagini che confluirono in numerosi articoli scientifici e divulgativi, nel volume di sintesi Gli Etruschi e la loro civiltà (Milano 1933), e nei contenuti di seguitissime lezioni – tenute dal 1921 sino alla vecchiaia – presso l’Università per stranieri di Perugia. L’unanime stima goduta da Nogara in campo scientifico – anche per aver contribuito a configurare l’etruscologia come disciplina di studi autonoma e unitaria – è attestata dalle numerose Accademie che lo accolsero quale socio o membro corrispondente.
Per aver predisposto e compiuto, auspice Pio XII, l’accoglienza e la sistemazione provvisoria in Vaticano di molte e preziose opere del patrimonio artistico italiano minacciate dagli eventi bellici, nel corso dell’autunno 1943, ricevette da Umberto II di Savoia (1° novembre 1944) il titolo di barone.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Arch. storico dei Musei Vaticani, Personale 1, f. personale. Diversi manoscritti e parte della corrispondenza relativa al periodo 1920-50 sono pervenuti, per donazione (1955), all’Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere di Milano, ove si conserva, altresì, la sua biblioteca personale, comprensiva di quasi 2300 titoli in diverse lingue: M. Fugazza, Lascito B. N., ne I fondi speciali delle biblioteche lombarde. I. Milano e provincia: censimento descrittivo, Milano 1995, pp. 224 s. Necr. e commemorazioni: G.Q. Giglioli, in Archeologia classica, VI (1954), 1, pp. 182 s.; M. Pallottino, in Annuario dell’Accademia etrusca di Cortona, X (1954-55), pp. 77-83; A. Calderini, in Rivista archeologica dell’antica provincia e diocesi di Como, CXXXVI-CXXXVII (1954-55), pp. 85-100; F. Magi, in Atti della Pont. Accad. rom. di archeologia, s. 3, Rendiconti, XXVIII (1956), 1-2, pp. 109-132 (con elenco completo delle pubblicazioni alle pp. 120-132); P. Romanelli, in Necrologi di soci, III (Atti della Acc. naz. dei Lincei. Rendiconti. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche: Appendice), Roma 1961, pp. 123-125. Si vedano inoltre: P. Perali, L’umanista B. N. nel quadro della cultura moderna, in L’Osservatore romano, 28 luglio 1937, p. 3; ibid., 30 luglio 1937, p. 3; M. Bonghi Jovino, B. N.: dall’Accademia alla direzione generale dei Musei e delle Gallerie pontificie, in Milano e l’Accademia scientifico-letteraria. Studi in onore di Maurizio Vitale, II, a cura di G. Barbarisi - E. Decleva - S. Morgana, Milano 2001, pp. 775-779; N. Vian, Figure della Vaticana e altri scritti: uomini, libri e biblioteche, Città del Vaticano 2005, ad ind.; I Musei Vaticani nell’80° anniversario della firma dei Patti lateranensi, 1929-2009, a cura di A. Paolucci - C. Pantanella, Città del Vaticano 2009, ad ind. Notizie anagrafico-biografiche sono state cortesemente fornite anche dal figlio Antonio.