ODDI, Bartolomeo
ODDI (degli Oddi), Bartolomeo. – Figlio di Angeluccio di Giacomo degli Oddi e di Andrucciola di Cianciola di Gello, nacque a Perugia intorno alla metà del XIV secolo.
La famiglia degli Oddi, appartenente alla nobiltà cittadina, è una delle più antiche di Perugia: già nella Libra perugina del 1285 figura un Oddo de Oddonibus, accatastato per 2500 libre nella parrocchia di S. Nicolò di Porta S. Susanna, che avrebbe continuato a essere la parrocchia di residenza di gran parte dei membri della casata, compreso Bartolomeo. Vari esponenti della famiglia compaiono nel Libro Rosso, un elenco di nobili e magnati perugini, fatto stilare nel 1333 dal governo popolare con lo scopo di escludere la nobiltà dagli incarichi di governo.
La prima notizia relativa a Bartolomeo risale al 1° giugno 1370, data in cui Oddo e Giovanni, a nome di Bartolomeo e Ugolino loro fratelli, vendettero a Oddone di Simone di Giacomo degli Oddi, della stessa porta e parrocchia, una casa con chiostro per 130 fiorini d’oro. L’atto fu rogato alla presenza di Lello di Tancredo di porta Sole e parrocchia di S. Andrea, loro procuratore, e di Andrucciola.
Pompeo Pellini (1664, I, p. 1085) cita inoltre un «M. Bartolomeo degli Oddi Priore dell’ordine, come essi dicono, del Santiss. Sepolcro», che avrebbe preso parte alle trattative fra Perugia e il pontefice, Gregorio XI, nel 1371. Pellini ritiene che costui fosse priore di S. Luca in Porta S. Susanna; trattandosi di un religioso citato fra gli altri uomini di Chiesa incaricati di ‘ribenedire’ la città appena assolta dalla scomunica, non deve evidentemente essere Bartolomeo, detto il Miccia per il suo furore bellico.
Nel 1378 Bartolomeo fu esiliato per aver fatto parte di una congiura ordita dai nobili a danno del popolo: come luogo di confino, il 15 aprile 1378 gli fu assegnato Castiglione Aretino, sostituito con Imola il 16 giugno dello stesso anno. Ariodante Fabretti (1842, V, p. 76), sulla scorta di Pompeo Pellini, scrive che una volta estromesso dalla città Bartolomeo fu mandato in un primo momento «nella Terra di Bari».
Avendo forse acquisito una certa fama come capitano di ventura, nel 1384 fu riaccolto in città e l’8 maggio fu assoldato per tre mesi dai perugini con due lance; in tale veste intervenne «contra Assisium et contra alios hostes inimicos dicti comunis» (Consigli e riformanze, 32, c. 108r). La sua condotta fu rinnovata il 24 gennaio 1385.
Sempre al 1384 Fabretti attribuisce l’intervento di Bartolomeo contro la famiglia Michelotti, in quell’anno cacciata dalla città con l’accusa di aver tramato per consegnare Perugia al pontefice. Stando a Cesare Caporali, infine, nel 1385, assieme al fratello Oddo, fu capitano delle truppe perugine inviate dal Comune per sottomettere Cortona, insidiata dalle mire espansionistiche fiorentine. Sforza degli Oddi (1977) suppone che in questa occasione Bartolomeo abbia potuto ricevere come compenso da parte del Comune il villaggio e il territorio di Laviano, poi elevato a feudo nel corso del Quattrocento. Imprese militari del tutto plausibili, rispetto alle quali però non rimangono fonti coeve.
Nel 1389 fu inviato dal Comune – non è noto in quale veste e a che scopo – a Montepulciano. Alla fine di quello stesso anno, un colpo di Stato guidato da Pandolfo Baglioni portò al potere la fazione nobiliare, che governò Perugia sino al 1393; negli scontri fra nobili e fuoriusciti popolari Bartolomeo diede un forte apporto al proprio partito: nel 1390 recuperò il castello d’Agello, preso dai popolari guidati da Michelozzo Michelotti, e poi partecipò alla difesa della città, nel momento in cui i fuoriusciti tentarono un attacco diretto. Per questa seconda impresa ricevette dal Comune una ricompensa di 150 fiorini. Quando, nel 1393, i Popolari riconquistarono il potere sotto l’egida di Biordo Michelotti, Bartolomeo fu costretto all’esilio, come molti altri esponenti dello schieramento nobiliare. L’anno seguente, a lui solo fu cassato il confino: atto di grazia a quanto pare non sfruttato perché non risulta essere rientrato in patria. Al contrario, da quel momento figura spesso al fianco di Braccio Fortebracci, anch’egli esiliato da Perugia, con il quale nel 1398 tentò invano di riprendere Montone. Così lo descrive Giovanni Antonio Campano: «Erat autem Mitias vir in primis bellicosus, domi nobilis, ex Oddonum familia, qui et ipsi non postremum inter optimates nobilitates locum obtinebant» (De vita et gestis Braccii, p. 15).
L’arte della guerra non costituiva l’unica attività di Bartolomeo, che non disdegnava operazioni di natura finanziaria. Lo si può desumere da un documento del 7 luglio 1391 (Convento di S. Francesco al Prato di Perugia, 144): l’atto, in copia, testimonia la restituzione da parte di Simone di Bartoluccio di Lello di 200 fiorini d’oro, anticipati da Oddi ai conservatori della moneta per l’appalto della comunanza del lago Trasimeno.
Nel 1415 sposò Francesca Trinci ed ebbe almeno tre figli: Lionello, Angelo e Bracciamonte, che andò in sposa a Carlo Graziani. Narrano le cronache che, avendo scoperto Lionello il tradimento della sorella nei confronti del marito, costrinse il suo amante, tale Mariano, a scegliere se preferisse morire o accecare con le proprie mani Bracciamonte. Fu così che a quest’ultima «furono cavati gli occhi» il 30 maggio 1465 (Cronaca della città di Perugia, p. 629).
Bartolomeo fu ricordato con molti elogi dagli eruditi perugini C. Alessi e C. Crispolti, che lo vollero anche condottiero dei Fiorentini e caro al signore di Milano: «Tu Florentinae Reipublicae summus imperator, Mediolanensibus carus, Nucerinis periucundus, derivasti foras officia, quibus domesticos omnes prius adstrinxeras» (Alexius, Elogia ciuium Perusinorum, p. 55). Di eventuali condotte a Firenze e Milano non sono note le fonti; visto il legame con Braccio, non è inverosimile che abbia combattuto a fianco del montonese al soldo della Repubblica fiorentina. Più difficile, invece, trovare un collegamento con Milano.
Non si conoscono la data e il luogo di morte di Bartolomeo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Perugia, Archivio storico del Comune di Perugia, Pergamene, 2146; Ibid., Consigli e riformanze, 26 (1378), cc. 118r, 200v; 32 (1384), c. 108r; 33 (1385), c. 18v; Ibid., Corporazioni religiose soppresse, Convento di S. Francesco al Prato di Perugia, 144; I.A. Campani De vita et gestis Braccii, a cura di R. Valentini, in Rerum Italicarum Scriptores, 2, XIX/4, Bologna 1929, p. 15; C. Alexius, Elogia ciuium Perusinorum qui patriam, rerum, pace, ac bello gestarum gloria illustrarunt. Centuria Prima, Foligno 1635, pp. 54 s.; C. Crispolti, Perugia Augusta, III, Perugia 1648 (rist. anast., Bologna 1974), pp. 306 s.; P. Pellini, Dell’Historia di Perugia, Venezia 1664 (rist. anast., Bologna 1968), I, pp. 1085, 1201, 1322, 1376; II, pp. 5 s., 11, 61 s.; A. Fabretti, Biografie dei capitani venturieri dell’Umbria, Montepulciano 1842-1846 (rist. anast., Bologna 1969), I, pp. 112-114; V, pp. 76-79; Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491, nota col nome di Diario del Graziani, secondo un codice appartenente ai conti Baglioni, a cura di A. Fabretti, in Archivio storico italiano, XVI (1850), pp. 69-750, in particolare 246, 629, 697, 702; Documenti di storia perugina editi da Ariodante Fabretti, I, Torino 1887, pp. 116, 119; M.V. Prosperi Valenti, Corrado Trinci ultimo signore di Foligno, in Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, LV (1958), p. 17; A. Grohmann, L’imposizione diretta nei comuni dell’Italia centrale nel XIII secolo. La Libra di Perugia del 1285, Perugia 1986, p. 164; S. degli Oddi di Laviano, Cenni storici della famiglia degli Oddi(de Oddonibus)patrizia di Perugia - Ferrara - Padova - Parma - Albenga, Parma 1977, pp. 31 s., 41.