PELLERANO, Bartolomeo
(o Bartolomeo da Camogli)
Pittore originario di Camogli, presso Genova, attivo nel capoluogo ligure dal 1339 e morto entro il 1348.P. era figlio, probabilmente, di Opizzino Pellerano da Camogli, operoso a Genova dal 1302 al 1325 e morto prima del 1361, artista con il quale Bologna (1994) propone di identificare il Maestro di S. Maria di Castello, e forse fratello di Antonio Pellerano, pittore attestato nel 1341.Il nome di P. compare per la prima volta negli atti genovesi il 2 febbraio 1339, quando, con un atto rogato nella sua bottega situata presso il palazzo dell'Abate del popolo, prese come apprendista Simonino Smeraldo da Rapallo (Alizeri, 1870, pp. 398-400); il 30 marzo 1346 gli venne commissionata un'ancona per la chiesa di S. Siro a Genova (Alizeri, 1870, pp. 126-127); morì entro l'ottobre 1348, quando il pittore Giovanni Re da Rapallo gli successe nell'affitto di una casa posta sulla piazza del Comune di Genova (Alizeri, 1870, pp. 401-403).Unica opera nota di P. è la Madonna dell'Umiltà a Palermo (Gall. Regionale della Sicilia), già nel chiostro di S. Francesco della stessa città (che potrebbe non costituire l'originaria destinazione della tavola), firmata e datata 1346 ("Nostra Domina de Humilitate / MCCCXXXXVI hoc / opus pinsit mag / ister Bartolomeus de / Camulio pintor"). Il dipinto costituisce la più antica testimonianza di cronologia certa di questo tema iconografico, indagato soprattutto da Meiss (1936), che ipotizzava l'esistenza di un prototipo di Simone Martini eseguito durante il soggiorno napoletano dell'artista senese (1317); in seguito, la critica (Bologna, 1955, p. 34; 1969, p. 302; 1994, pp. 15-16; Castelnuovo, 1962, p. 87; De Floriani, 1979a, pp. 18-19) è venuta orientandosi sulla proposta che tale prototipo risalisse piuttosto al periodo avignonese di Simone Martini, realizzato in parallelo con la lunetta affrescata nel portale di Notre-Dame des Doms (1343), e identificabile forse con il perduto dipinto eseguito nel 1346 sulla porta della cappella di Saint-Martial nel palazzo dei Papi. L'ipotesi avignonese trova conferma nel risalto dato al tema dell'umiltà di Maria in due trattatelli (In salutationem et Annunciationem e In Canticum Deiparae Mariae Virginis; Parronchi, 1964, pp. 124-128) scritti nella città provenzale dall'agostiniano Agostino Trionfo (m. nel 1328).L'interesse iconografico del dipinto palermitano è poi accresciuto dalla presenza, nella predella, dei simboli della Passione, affiancati da due gruppi di disciplinanti e altri oranti: una scelta che trova riscontro nella produzione napoletana della metà del sec. 14°, per es. nell'opera di Roberto d'Oderisio (Bologna, 1969, p. 303), e conferma l'importante ruolo giocato da P. nella formazione della c.d. arte mediterranea, riconosciuto all'artista a partire da Longhi (1953). In precedenza, infatti, la Madonna dell'Umiltà di Palermo - pubblicata con attribuzione ad artista siciliano da Di Marzo (1859, pp. 172-174), ma rivendicata sin dal 1870 al pittore ligure da eruditi genovesi (Alizeri, 1870, pp. 122-126; Varni, 1870, pp. 46-47) - era stata giudicata sostanzialmente un'opera di gusto provinciale di derivazione senese o, più genericamente, toscana (Crowe, Cavalcaselle, 19002, pp. 123-125; Venturi, 1907; Van Marle, 1925, pp. 284-286), anche quando si era tentato di ampliare il catalogo di P. con dipinti oggi riferiti ad altri artisti (Aru, 1921: Madonna dell'Umiltà di Cagliari, Pinacoteca Naz., restituita ad Alvaro Pirez da Zeri, 1954; Van Marle, 1925, p. 286: Madonna di S. Maria di Castello a Genova; Morisani, 1947, pp. 57-58: Madonna dell'Umiltà in S. Domenico a Napoli, assegnata al Maestro delle Tempere francescane da Bologna, 1969, p. 303).L'approfondimento critico sul pittore ligure - sollecitato da due occasioni espositive dei primi anni Cinquanta (Martin-Méry, 1952; Vigni, Carandente, 1953) - ha messo via via in luce, a partire dalla ricordata apertura longhiana, i rapporti con il lascito martiniano ad Avignone (Bologna, 1955, p. 34; Castelnuovo, 1962, p. 87; Bologna, 1969, p. 302) e con la cultura figurativa catalana e napoletana (Bologna, 1961, pp. 30-31; 1969, pp. 304-305). Successivi studi hanno esperito la possibilità che il pittore avesse conosciuto, oltre alla produzione avignonese di Simone Martini, anche i suoi affreschi assisiati (De Floriani, 1979a, pp. 10-11) e hanno indagato sui legami tra P. e la frammentaria produzione ligure coeva (De Floriani, 1979b, pp. 541-542: frontespizio della Matricola dei Caravana del 1340, Genova, Arch. di Stato, A; De Floriani 1979a, pp. 14-15: polittico della Madonna con il Bambino e storie delle Vita di Maria e della Passione, già a Savona e ora nella cattedrale di Albi).L'analisi della situazione locale si è estesa ai precedenti dell'arte di P., con particolare riguardo alla figura del Maestro di S. Maria di Castello, rilevando nel presunto Opizzino Pellerano una formazione sviluppatasi a contatto con esperienze senesi e soprattutto assisiati pregiottesche, d'impronta cimabuesca, rappresentate a Genova, tra il 1292 e il 1293, dal pistoiese Manfredino d'Alberto (Bologna, 1994).
Bibl.:
Fonti inedite. - Antonino Mongitore, La chiese e le case dei regolari di Palermo (ms. del sec. 18°), Palermo, Bibl. Com., Qq. E. 5, c. 545.
Fonti edite. - Antonino Mongitore, Palermo divoto di Maria Vergine, Palermo 1719, I, pp. 209-210.
Letteratura critica. - G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia. Dai Normanni sino alla fine del secolo XIV, II, Palermo 1859, pp. 172-177; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origini al secolo XVI, I, Genova 1870, pp. 122-128, 398-403; S. Varni, Appunti artistici sopra Levanto, Genova 1870, pp. 46-47, 135-137; J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, Storia della pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, IV, Firenze 19002 (1887), pp. 123-125, 335; Venturi, Storia, V, 1907, p. 999; C. Aru, Bartolomeo Pellerano da Camogli, BArte, n.s., 1, 1921, pp. 267-273; Van Marle, Development, V, 1925, pp. 284-286, 399; M. Meiss, The Madonna of Humility, ArtB 18, 1936, pp. 435-464 (rist. in id., Painting in Florence and Siena after the Black Death, Princeton 19642, pp. 132-156); O. Morisani, Pittura del Trecento in Napoli, Napoli 1947; G. Martin-Méry, Les primitfs méditeranéens, cat. (Bordeaux-Genova-Barcelona 1952), Bordeaux 1952, p. 57 nr. 42; G. Vigni, G. Carandente, Antonello da Messina e la pittura del '400 in Sicilia, cat. (Messina 1953), Venezia 1953, p. 22 nr. 1; R. Longhi, Frammento siciliano, Paragone 4, 1953, 47, pp. 3-44; F. Zeri, Alvaro Pirez: tre tavole, ivi, 5, 1954, 59, pp. 44-47; F. Bologna, Opere d'arte nel Salernitano dal XII al XVIII secolo, Napoli 1955, pp. 34, 77; id., Di alcuni rapporti tra Italia e Spagna nel Trecento e 'Antonius Magister', AAM 4, 1961, pp. 13-16, 27-48; E. Castelnuovo, Un pittore italiano alla corte di Avignone. Matteo Giovannetti e la pittura in Provenza nel secolo XIV, Torino 1962, pp. 87, 152; A. Parronchi, Studi su la 'dolce prospettiva', Milano 1964; F.R. Pesenti, 'Barnabas de Mutina pinxit in Janua'. I polittici di Murcia, BArte, s. V, 53, 1968, pp. 22-27; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969, pp. 258, 302-305; A. De Floriani, Bartolomeo da Camogli, Genova, 1979a (con bibl.); id., Compresenza di diverse culture figurative in alcune testimonianze della miniatura a Genova nel secolo XIV, in La miniatura italiana in età romanica e gotica, "Atti del I Congresso di storia della miniatura italiana, Cortona 1978", Firenze 1979b, pp. 529-542; R. Longhi, Progetti di lavoro di Roberto Longhi: Genova pittrice, Paragone 30, 1979, 349-351, pp. 4-25; A. De Floriani, s.v. Bartolomeo da Camogli, in AKL, VII, 1993, pp. 279-280 (con bibl.); F. Bologna, Alle origini della pittura ligure del Trecento: il Maestro di Santa Maria di Castello o della Croce della Consolazione e Opizzino di Camogli, in Hommage à Michel Laclotte. Etudes sur la peinture du Moyen Age et de la Renaissance, Milano-Paris 1994, pp. 15-29.A. De Floriani