SALVESTRINI, Bartolomeo
– Nipote del pittore Piero Salvestrini (1574-1631), nacque il 6 dicembre 1599 nel popolo di S. Michele a Castello nei dintorni di Firenze, primogenito di Giovanni di Bartolomeo e fratello di Cosimo (1602-1654), futuro scultore attivo per la reggia Pitti. Dell’identità della madre non compare menzione nella fede di battesimo, registrata presso la pieve di S. Stefano in Pane e resa nota da Maria Pia Mannini (1978, pp. 34 s.) insieme ad altre notizie d’archivio relative all’artista, aggiuntesi a quelle reperite in precedenza da Mina Gregori (1965, pp. 47 s.; Ead., 1967, pp. 55, 59 nota 8).
Tanto lo zio che il padre Giovanni, maestro di muratura, abitavano nel borgo situato in prossimità della villa di Castello, riservato ai dipendenti della corte medicea (Mannini, 1986, I, p. 160). Il legame parentale con Piero, specializzatosi con Bernardino Poccetti nel genere della grottesca e in rapporti di lavoro con Alessandro Allori, incoraggia a ipotizzare che un precocissimo avviamento di Salvestrini alla pittura avvenisse in ambito familiare, sebbene nessun accenno al riguardo compaia nel breve profilo dedicatogli da Filippo Baldinucci nella Vita di Giovanni Bilivert, presso il quale, a detta del biografo, il giovane pittore proseguì l’iter formativo dopo aver studiato «in sua fanciullezza» nella scuola di Matteo Rosselli (F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno..., a cura di F. Ranalli, IV, 1846, p. 311). Fra questi due alunnati si sarebbe interposta, stando alla notizia di Francesco Maria Niccolò Gabburri (Vite de’ pittori, 1719-1741, I, c. 447r) rimbalzata nei moderni studi su Salvestrini (Mannini, 1986; Ead., 1998, p. 97; Baldassari, 2009, p. 5), la frequentazione dell’atelier di Domenico Passignano in veste di «scolare», da interpretarsi piuttosto come svolta stilistica della fase matura in direzione di quel maestro e del suo allievo Ottavio Vannini.
All’estensione di poco più di un decennio dell’attività di Salvestrini, stroncato dalla peste nel 1633 a soli trentaquattro anni, fa da contraltare il discreto numero di dipinti che ne compongono il catalogo odierno, accresciutosi con il progredire degli studi grazie a nuove acquisizioni archivistiche e al ritrovamento di alcuni autografi datati creduti dispersi. Alla prima opera documentata, la perduta Pietà eseguita nel 1621 per la camera degli angioli di casa Buonarroti quando ancora stava «con il maestro Gio. Bilivelt» (Procacci, 1965, pp. 210 s.), seguì a ruota la partecipazione di Salvestrini alle due imprese collettive ad affresco appaltate a Matteo Rosselli e realizzate in contemporanea, fra il 1621 e il 1623, nella villa di Poggio Imperiale per conto di Maria Maddalena d’Austria (lunetta dedicata all’eroina Debora: da ultimo Acanfora, 2005, p. 153, tav. XCVII) e nel Casino mediceo in via Larga su commissione del cardinale Carlo de’ Medici, con due lunette: La Toscana e le Arti piangono la morte del granduca Cosimo II, di cui si conoscono diversi studi preliminari (Mannini, 1978, schede 42 ss., pp. 34 s.), e Francesco I assiste al corteo dedicato a Bacco (da ultimo: Spinelli, 2005, pp. 212, 216, tav. LXXII).
Iscrittosi all’Accademia del disegno nel 1623 (Zangheri, 2000, p. 287), l’anno seguente Salvestrini congedò i due capolavori della giovinezza: l’Allegoria della Pittura, che gli valse la nomina ad accademico (Firenze, Uffizi, depositi; cfr. Barsanti, 1974, pp. 85 s., nota 67; Meloni, 1979, p. 468), e la tela con Salmace ed Ermafrodito (Firenze, Opificio delle pietre dure), quest’ultima destinata in coppia con l’Adone morente di Giovan Battista Vanni al cardinale Carlo de’ Medici (Gregori, 1967, pp. 55, 59 nota 8; Cantelli, 2009, fig. 248; Contini, 1987, pp. 48 s.), al quale appartenne, stando sempre all’inventario post mortem del 1666, anche un David identificato da Roberto Contini (p. 50) con la tela di ugual soggetto classificata nella pinacoteca di palazzo Mansi a Lucca come opera di Onorio Marinari e a cui si ricollega l’identica versione in rame della Galleria Palatina già riferita a Ottavio Vannini (Cantelli, 1983, p. 138, fig. 701).
La forte impronta bilivertiana riscontrabile nei citati affreschi medicei e nelle due redazioni del David, contrassegnate anche da un sensibile allungamento delle figure di gusto callottiano (Baldassari, 2009, p. 12) – ancor più percepibile nei coevi disegni autografi – si arricchì negli anni di un’accentuata definizione delle forme in senso statuario, sintomatica sia della vicinanza al fratello scultore sia di una progressiva adesione ai modi di Passignano e di Vannini. I gradi di questa evoluzione stilistica si registrano nei quadri da stanza scalabili a partire dalla metà del terzo decennio del Seicento.
Se nella tela nota come Salomone incensa gli idoli (già Firenze, mercato antiquario), siglata e datata nel 1626 ed eseguita su commissione del balì Giulio Pucci (Baldassari, 2009) – opera alla quale ricollego qui lo schizzo compositivo presso l’Albertina di Vienna (n. 24.029; Thiem, 1990, p. 288, fig. 8) –, sussistono ancora evidenti richiami a Rosselli e a Bilivert nella ricercata preziosità dei dettagli e nel gusto per l’abbigliamento, la Rebecca che veste Giacobbe, di collezione privata, su commissione del cardinale Carlo de’ Medici, siglata e datata 1630, denota invece nel torso maschile visto di spalle una resa anatomica memore a evidenza delle «accademie scultoree del Passignano» (Contini, 1987, n. 14, pp. 48 s.).
Espressioni della ricerca di effetti plastici, e risalenti anch’esse allo scadere del terzo decennio, sono pure la Giuditta e Oloferne (collezione privata) di committenza medicea (in quanto proveniente da villa La Ferdinanda ad Artimino; cfr. Catalogo dell’arredamento..., 1969, n. 138; Mannini, 1998, pp. 97 s., fig. 169) e le quattro tele con le Stagioni (Sesto Fiorentino, collezione privata), già considerate frutto del sodalizio fra Salvestrini e Filippo Tarchiani (p. 98, fig. 170), ma in realtà da ritenersi totalmente autografe. Al colmo di questo processo evolutivo, felice sintesi fra effetti plastici e vaghe reminiscenze bilivertiane, si collocano Il sogno di Giuseppe per la famiglia Galli (Vicenza, Collezione Banca Popolare), firmato e datato 1631 (e già à pendant con un S. Sebastiano di Cesare Dandini; p. 97, fig. 168; Ead., 2004, n. 33, pp. 97, 100), e il coevo Sacrificio d’Isacco già nella collezione Venerosi Pesciolini a Firenze (Gregori, 1965, pp. 18, 47 s., fig. 14; Mannini, 1998, p. 97).
La stessa parabola stilistica si rileva in parallelo nella coeva produzione chiesastica di Salvestrini, la quale annovera, in ordine cronologico, la bilivertiana Annunciazione nella chiesa di S. Romolo a Colonnata, documentata nel 1625-26 (Ead., 1986, p. 161), la Flagellazione in S. Lucia alla Castellina, allogatagli nel 1626 da Giovan Francesco Grazzini (Meloni, 1967, p. 3, fig. 2), le due pale già in S. Teresa a Firenze (oggi nel convento delle Teresiane) – ovvero il Martirio di s. Orsola (1627 circa) e S. Teresa dinanzi alla Madonna col Bambino (1628-30 circa), le uniche menzionate da Baldinucci (Notizie de’ professori del disegno..., cit., p. 311) e identificate da Roberto Contini (1986, pp. 67 s., fig. 36) – e infine la grande tela documentata nel 1629 con S. Verdiana che medita sul Crocifisso, già nella chiesa di S. Verdiana a Castelfiorentino (oggi in S. Francesco; Gregori, 1965, p. 48; Contini, 1986, p. 68; Improta, 1986, pp. 34 s., fig. 3; Proto Pisani, 1991, pp. 16-19).
A neanche due anni di distanza dalla sua ultima opera documentata, l’affresco con Cinque putti in volo nel Casino Riccardi in Gualfonda a Firenze, Salvestrini morì di peste, «in su ’l più bello dell’operar suo» (F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno..., cit., p. 311), il 7 maggio 1633 «a Castello al Campo» (Mannini, 1978, p. 35). Non risulta che si fosse mai sposato né che avesse generato figli.
Fonti e Bibl.: Archivio arcivescovile di Firenze, Pieve di S. Stefano in Pane, Libro di Battesimi (1581-1616), c. 175r; Archivio dell’Arciconfraternita della Misericordia di Firenze, Documenti del Contagio (1630-1633), 259, c. 8r; Archivio di Stato di Firenze, Manoscritti, 135: F. Settimanni, Memorie fiorentine, IX (1631-1644), c. 90r; F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728), a cura di F. Ranalli, IV, Firenze, 1846, p. 311; Firenze, Biblioteca nazionale centrale, ms. Pal. E.B.9.5: F.M.N. Gabburri, Vite de’ pittori (1719-1741), I, c. 447r.
M. Gregori, 70 pitture e sculture del ’600 e ’700 fiorentino (catal.), Firenze 1965, pp. 18, 47 s., fig. 14; U. Procacci, La Casa Buonarroti a Firenze, Firenze 1965, pp. 35 nota 48, 210 s.; M. Gregori, Schede toscane – I, in Antichità viva, VI (1967), 6, pp. 55, 59 nota 8; S. Meloni, Biografia di una chiesa. Santa Lucia alla Castellina, ibid., VI (1967), 5, p. 3, fig. 2; Catalogo dell’arredamento esistente nella Villa medicea La Ferdinanda di Artimino (catal.), Firenze 1969, n. 138; A. Barsanti, Una vita inedita del Furini, in Paragone, XXV (1974), 289, pp. 67-86 (in partic. pp. 85 s., nota 67); A.M. Petrioli Tofani, Maestri del Sei e Settecento toscano, I, Firenze 1977, pp. 10 s., 31; C. Thiem, Florentiner Zeichner des Frühbarock, München 1977, pp. 373-376, figg. 162-167; M.P. Mannini, Il disegno fiorentino del Seicento nella Marucelliana, in 6.a Biennale internazionale della grafica d’arte (catal., Firenze-Prato), Firenze 1978, pp. 34-36 nn. 43-45; S. Meloni, in Gli Uffizi. Catalogo generale, Firenze 1979, p. 468; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole 1983, pp. 134, 138, figg. 690-693, 701; R. Contini, Bilivert. Saggio di ricostruzione, Firenze 1985, pp. 60 nota 107, 82, 118 s., 142: G. Marchini, La Galleria del Palazzo degli Alberti: 100 opere d’arte, Prato 1985, pp. 130-132 n. 48; R. Contini, Apocrifi bilivertiani, e altro, in Paradigma, VII (1986), pp. 67 s., fig. 36; M.C. Improta, La Chiesa di Santa Verdiana a Castelfiorentino, Ospedaletto 1986, pp. 34-36, 108, 110, docc. nn. 36, 43, fig. 3; M.P. Mannini, B. S., in Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III (catal.), Firenze 1986, I, pp. 160 s.; ibid., nn. 2.197-2.200, II, pp. 241 s.; R. Contini, in Pitture fiorentine del Seicento (catal.), Firenze 1987, n. 14, pp. 48-50; A. Matteoli, Saggio per un corpus pittorico e grafico di B. S., in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXXI (1987), 2-3, pp. 403-433; R. Contini, Postille ai disegni fiorentini del Fondo Morelli, in Osservatorio delle Arti, III (1989), pp. 49-51; Id., S., B., in La pittura in Italia. Il Seicento, a cura di M. Gregori - E. Schleier, II, Milano 1989, p. 877; C. Thiem, Newly discovered drawings by B. S., in Master drawings, XXVIII (1990), 3, pp. 280-289; R.C. Proto Pisani, Salvestrini, Tarchiani, Ghidoni. Cronaca di un restauro, Castelfiorentino (FI) 1991, pp. 15-19; E. Acanfora, La pittura murale a Firenze dalla Reggenza a Ferdinando II de’ Medici, in Pietro da Cortona. Atti del convegno internazionale..., Roma-Firenze... 1997, a cura di Ch.L. Frommel - S. Schütze, Milano 1998, p. 159 nota 20; M.P. Mannini, B. S., in Il Seicento a Prato, a cura di C. Cerretelli - R. Fantappiè, Calenzano 1998, pp. 97 s., figg. 167-170; L. Zangheri, Gli Accademici del disegno. Elenco alfabetico, Firenze 2000, p. 287; M. Chiarini, in La Galleria Palatina e gli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti. Catalogo dei dipinti, a cura di M. Chiarini - S. Padovani, I, Firenze 2003, n. 401, p. 255; M. Chappell, Unknown drawings by Bilivert’s ‘best disciple’, in Paragone, LV (2004), 54, pp. 63-68; M.P. Mannini, B. S., Il sogno di Giuseppe, in Palazzo degli Alberti. Le collezioni d’arte della Cariprato, Milano 2004, n. 33, pp. 97, 100; E. Acanfora, La villa del Poggio Imperiale, in Fasto di corte. La decorazione murale nelle residenze dei Medici e dei Lorena, I, Da Ferdinando I alle Reggenti (1587-1628), a cura di M. Gregori, Firenze 2005, p. 153, tav. XCVII; C. Monbeig Goguel, Musée du Louvre. Département des arts graphiques. Dessins toscans XVIe - XVIIIe siècles. Tome II, 1620-1800, Paris-Milano 2005, nn. 544-551, pp. 374-378; R. Spinelli, Il Casino di San Marco, in Fasto di corte, cit., Firenze 2005, pp. 212, 216, tav. LXXII; F. Baldassari, La pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Torino 2009, pp. 664 s., figg. 403-404, tav. LXXXI; S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ’600 e ’700. Biografie e opere, Firenze 2009, I, pp. 247 s., tav. XV, II, figg. 1470-1475; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento. Aggiornamento, Pontedera 2009, I, pp. 180 s., II, figg. 244-248; B. S. Salomone incensa gli idoli (catal.), a cura di F. Baldassari, Firenze 2009.