SORIO, Bartolomeo
– Nacque a Verona il 4 settembre 1805 da Sante e da Caterina Righetti.
Frequentò il ginnasio nella città natale, dove gli fu maestro di retorica l’abate Giuseppe Monterossi. Entrò nel seminario vescovile della sua città, venendo in seguito ordinato sacerdote e assegnato alla chiesa di Sant’Eufemia, facente parte della congregazione degli oratoriani di s. Filippo Neri. Il 1° ottobre 1830 fu ammesso nella congregazione dei preti secolari di san Filippo Neri. Qui divenne allievo di Antonio Cesari. Da questo momento la sua vita, già povera di eventi esteriori, si racchiuse tutta in un’operosità intellettuale feconda di studi critici, linguistici e filologici cui attese all’interno della confraternita.
Iniziò inviando alcune giunte da unire a quelle che Paolo Zanotti stava raccogliendo per la nuova edizione del Vocabolario della Crusca, che uscì presso i tipi veronesi della Tipografia Libanti nel 1836. Curò dunque edizioni di opere medievali, la prima delle quali, lo Specchio di croce di Domenico Cavalca, frutto di una collazione delle stampe con quella romana del 1738, vide la luce per i tipi del Gondoliere (Venezia 1840). Successiva è la Collazione dell’Abate Isaac, che apparve presso gli Editori de’ Classici Sacri (Roma 1845), aperta da una prefazione in cui si dichiarava la volontà di ridurre alla sua vera lezione la stampa fiorentina del 1720 attraverso un confronto con altre edizioni e con l’originale latino. Presso lo stesso editore, nel medesimo anno, uscirono anche le Lettere del beato don Giovanni dalle Celle, per il quale lavoro, nato dall’esigenza di emendare il testo impresso dagli Accademici della Crusca nel 1720, Sorio si avvalse del «soccorso» (come scrisse) di ventidue manoscritti. Nel 1846 fu quindi la volta di un’antologia petrarchesca, ancora per Libanti, che seguiva di un anno un saggio su una proposta di emendazioni per l’edizione Mursand delle Rime del poeta aretino.
I lavori critico-filologici più ampi furono accompagnati da saggi brevi, a volte rifluiti in plaquettes d’occasione: ne sono esempio l’esegesi petrarchesca di Verdi panni, sanguigni, oscuri o persi, per le nozze Del Bovo - Bottagisio, e quella di Standomi un giorno solo alla finestra, per le nozze Nogarola - Da Bagno, entrambe per Libanti nel 1846.
Sempre più convinto che il vero servigio da rendere alla letteratura fosse quello di ridurre i testi antichi alla loro vera lezione, curò un’edizione dell’Esopo volgarizzato per uno da Siena, risultante da una collazione fra le tre principali edizioni a stampa dell’opera, che fu pubblicata nel 1847 sempre da Libanti. Nello stesso anno tenne una Lezione accademica sopra due luoghi del Decamerone di Giov. Boccaccio non ancora intesi presso l’Accademia Colombaria di Firenze. Per i tipi veronesi di Ramanzini apparvero invece, nel 1851, le Opere ascetiche di San Bonaventura, aperte dalle Cento meditazioni sulla vita di Gesù Cristo, volgarizzamento antico toscano ricavato dai manoscritti. Nello stesso anno pubblicò in tre volumi il Trattato della agricoltura di Pier de’ Crescenzi, traslato nella favella fiorentina, revisto dallo ’Nferigno, presso la tipografia veronese di Vicentini e Franchini.
La seconda metà degli anni Cinquanta fu dedicata a una serie di studi su Brunetto Latini, il primo dei quali, il Saggio di studi e d’emendazioni intorno al «Tesoro», apparve presso l’editore modenese Soliani nel 1853-1854. Sulla Rivista ginnasiale, su cui erano già comparse sue analisi di RVF VIII e IV, pubblicò nel 1856 la lezione Sopra il «Tesoro» di Brunetto Latini, cui seguì nello stesso anno l’opuscolo Il sistema di cronologia storica tratto dal «Tesoro» di ser Brunetto Latini, per le nozze Campagna - Brenzoni, presso Vicentini e Franchini. Intervallati da una serie di proposte di correzioni da apportare all’edizione del Trattato della sfera, gli studi su Latini furono proseguiti da un’edizione del primo libro del Tesoro (nella versione volgarizzata da Bono Giamboni) presso la Tipografia delle Scienze (Bologna 1858). Questo filone di studi si concluse poi con l’edizione del settimo libro del Tesoro in versione bilingue (originale francese e volgarizzamento toscano), preceduto da un ragionamento di Bartolomeo Veratti di Modena su Brunetto Latini e la lingua francese de’ suoi tempi, che apparve presso Soliani nel 1867.
Anticipati alla fine degli anni Quaranta, gli studi su Dante si concentrarono in alcune esegesi di luoghi della Commedia (1855, 1856 e 1857), seguite da una raccolta di saggi dal titolo Poesie scelte di fra Jacopone da Todi, che vide la luce ancora per Vicentini e Franchini nel 1858.
Nella dissertazione d’apertura, Sorio esponeva la necessità di correggere le «gofferie» e «zoticaggini» (p. 1) che impestavano l’edizione jacoponiana del 1617, curata da Francesco Tresatti e citata dalla Crusca.
Alle migliorie da apportarvi aveva del resto già dedicato un Esame critico sulla stampa di Fra Jacopone da Todi, inserito in appendice a quel volume di Giunte ai vocabolarii italiani che l’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti aveva allestito nel 1852. Non furono queste le uniche pubblicazioni sul francescano umbro: sempre nel 1858 usciva il più corposo La prima lauda del Libro I di Fra Jacopone presso Soliani.
Riunendo analisi di singoli componimenti già comparse in rivista, il volume si presentava più come un’antologia poetica riccamente annotata che una monografia vera e propria, dove il consueto approccio filologico lasciava spazio a quello critico-interpretativo, sintetizzato nel ricco apparato di note a piè dei testi.
Fra i lavori più significativi di quest’anno è anche l’edizione delle Vite de’ Santi Padri di Domenico Cavalca colle vite di alcuni altri santi, curata assieme ad Antonio Racheli ed edita a Trieste presso i tipi del Lloyd Austriaco.
Ricavata da una collazione fra le ‘migliori’ (come recitava il frontespizio) edizioni a stampa dell’opera con i manoscritti, anche questa si apriva con una dichiarazione di superiorità dell’idioma e dello stile letterario del Trecento, espressione di purezza di pensiero sulla scorta della diffusa idealizzazione del medioevo linguistico e letterario.
Di qui in poi l’esistenza di Sorio fu sempre più scandita da studi filologici e riedizioni di opere, anche dimenticate, della letteratura, e di documenti, fra cui le Due lettere di Federigo II e di Gregorio IX e i sonetti inediti del concittadino Ghidino da Sommacampagna, poeta del Trecento (entrambi presso la stamperia veronese Merlo). Non gli furono estranei lavori di carattere più localistico come l’Illustrazione filologica dell’antica iscrizione italiana al Ponte Navi del 1858 per Vicentini e Franchini.
Nel 1861 ebbe inizio uno scambio epistolare con Agostino Morini, che in una lettera del 20 settembre da Firenze esprimeva stima all’indirizzo del lavoro di Sorio e annunciava una riedizione delle epistole di s. Girolamo. La corrispondenza fra i due proseguì per le settimane successive e, in una missiva del 27 dicembre, Sorio annunciò di aver dato alle stampe la Lettera di San Paolo ai Galati spiegata nel suo contesto letterario sulle traccie di san Tommaso d’Aquino, che uscì effettivamente nel 1861 presso Vicentini e Franchini recando una dedica al novello vescovo Luigi di Canossa.
Nel frattempo aveva ripreso gli studi sulla Commedia con Itinerario astronomico di Dante Alighieri per l’Inferno e pel Purgatorio, edito sempre nel 1861 dalla tipografia Boniardi-Pogliani di Milano. Un suo saggio breve contenente la risoluzione di un problema dantesco astronomico fu pubblicato l’anno dopo in un opuscolo d’occasione per la laurea in matematica di Giovanni Battista Beccherle presso Vicentini e Franchini. In un ragionamento dello stesso anno, Il vero concetto cattolico della Divina Commedia di Dante, stampato dalla Tipografia Merlo, ribadì infine il messaggio religioso del capolavoro dantesco, in linea con certe posizioni del coevo cattolicesimo liberale.
Gli interessi letterari di questi anni non si limitavano a Dante: in una relazione letta all’Istituto veneto di scienze lettere ed arti e pubblicata nei relativi atti nel 1861-1862, espresse alcune considerazioni sulla vera bellezza della poesia italiana come commento ai tre volumi di Giulio Cesare Becelli, usciti più di un secolo prima. Analogamente, in una lettera del 31 gennaio 1863 a Morini, giudicò positivamente i Drammi sacri (1852) di Giulio Metti, nei quali riconosceva e apprezzava l’insegnamento di Pietro Metastasio, in dichiarata contrapposizione con l’opinione negativa già manifestata dal purista Cesari. Dopo le Misure generali del tempo e del luogo nell’itinerario infernale di Dante, per Boniardi-Pogliani nel 1863, dove passava in rassegna le indicazioni astronomiche e temporali della Commedia, pubblicò le prime cinque Lettere dantesche, indirizzate all’amico Francesco Longhena a Milano. Una seconda serie di lettere apparve nel 1864. Si trattava di analisi interpretative e proposte di emendazione di luoghi della Commedia da recare alla loro vera lezione con i manoscritti e con sana critica.
In una lettera del 19 settembre 1864 si congedò da Morini, il quale era in partenza per l’Inghilterra, interrompendo così uno scambio epistolare durato tre anni.
Ripeté dunque che il concetto supremo della Commedia è la monarchia universale da Dio ordinata nel saggio Concetto politico del poema di Dante in Omaggio a Dante Alighieri, volume offerto dai cattolici italiani (diceva il frontespizio) come celebrazione, nel 1865, del sesto centenario della nascita del poeta.
Negli ultimi anni di vita si interessò alle arti figurative, e scrisse un articolo sulla Storia della pittura italiana dei secoli XIV e XV di Cesare Bernasconi, che era uscita nel 1864.
Morì la mattina del 14 aprile 1867 dopo una malattia di due mesi e mezzo. Poco prima aveva portato a compimento il Sunto storico della Croce e del Crocifisso nel suo svolgimento artistico e nel suo culto, cui attendeva da circa quattro anni.
Fonti e Bibl.: Verona, Biblioteca civica, Fondo Bartolomeo Sorio, bb. 887-907, consta di 21 buste contenenti carteggi e manoscritti filologici. Si vedano inoltre: R. Bisoffi, Brevi cenni intorno alla vita e agli scritti del padre B. S., Firenze 1867; Enciclopedia dantesca, V, Roma 1976, pp. 334 s.; F.M. Berlasso, Corrispondenza di B. S. con fra Agostino Morini, in Studi storici dell’Ordine dei Servi di Maria, 1990, n. 40, pp. 204-273.