STELLA, Bartolomeo.
– Nacque a Brescia nel 1488, figlio del ricco mercante bresciano Pietro. Non si hanno notizie sulla madre.
Dopo aver studiato diritto all’Università di Padova, nel corso degli anni Dieci del Cinquecento si trasferì a Roma «per sollazzo», «essendo ricco e molto galante giovane», come lo avrebbe ricordato suor Battistina Vernazza nel 1581 (Opere spirituali della venerabile madre..., 1755). Durante il soggiorno romano infatti Stella entrò in contratto con il padre di Battistina, Ettore Vernazza, discepolo spirituale della mistica genovese Caterina Fieschi Adorno e tra i primi membri della Congregazione del Divino Amore, un sodalizio segreto costituito da laici.
Con il sostegno politico e finanziario dei fratelli Federico e Ottaviano Fregoso, a capo della Repubblica di Genova, Vernazza aveva saputo raccogliere attorno a sé una parte consistente di quel patriziato cittadino che condivideva gli ideali dell’umanesimo cristiano, cercava nuove vie di riforma della Chiesa e di rinnovamento della vita religiosa. Ispirandosi ai testi di Erasmo per l’esercizio concreto e quotidiano delle virtù sociali, il Divino Amore fu espressione di un cristianesimo etico vissuto in prima persona, lontano da riti e ipocrite pratiche devozionali. Trasferitosi nella città dei papi attorno al 1515, Vernazza vi impiantò il suo modello, fondando una Congregazione romana del Divino Amore e un ospedale degli Incurabili, nel quale i confratelli si dedicavano alla cure e all’assistenza degli infermi con il fine ultimo di «radicare e piantare in li cori [...] il divino amore» (Capitoli della confraternita del Divino Amore di Roma, in Cistellini, 1979, p. 273). L’aspetto più interessante e innovativo di tale pratica caritativa era dato dall’atteggiamento di fondo dei partecipanti, per i quali l’impegno assistenziale non era finalizzato all’accumulo di meriti – dal momento che soltanto Dio poteva giudicare e salvare – ma all’esercizio di uno stile di vita autenticamente cristiano: la carità si configurava dunque come espressione di una fede viva capace di incidere sulla spiritualità personale e sul comportamento quotidiano dei membri.
Stella vi prese parte dal 1517, coinvolto oltreché da Vernazza anche da Gaetano Thiene, un gentiluomo vicentino con il quale condivise un’analoga crisi spirituale durante gli anni romani. A contatto con quelle cerchie riformatrici scelse di abbandonare il mondo delle corti, intraprese la via ecclesiastica e il 1° maggio 1518 fu ordinato sacerdote.
Particolarmente significativo nella sua formazione spirituale fu il carteggio con la suora bresciana Laura Mignani, del cui monastero di S. Croce Stella fu il procuratore in Curia. Considerata una ‘santa viva’, molto ascoltata nelle corti dell’area padana, la Mignani lo indirizzò nel percorso sempre più accentuato di rinnovamento della fede, non esente da critiche alla dissolutezza della Curia romana. Diversamente da altri confratelli, tuttavia, Stella non sfruttò l’affiliazione al Divino Amore e i contatti con potenti prelati conosciuti all’interno dell’Oratorio per percorrere una brillante carriera ecclesiastica; dopo essere succeduto a Vernazza nella gestione dell’ospedale degli Incurabili, scelse di fare ritorno in patria dove replicò quel modello caritativo-assistenziale. Nel 1520 fondò una Confraternita dell’Amicizia, e con il sostegno del vescovo locale Paolo Zane, riorganizzò l’ospedale degli Incurabili di Brescia, di cui rimase il principale responsabile fino al 1538.
A partire dagli anni Venti, Stella maturò un progressivo distacco dagli ambienti della Curia e si allontanò pure dall’amico Thiene, che – con la fondazione dell’Ordine dei teatini insieme con Gian Piero Carafa – imboccò un percorso differente, spostato su posizioni ben più rigide riguardo alla lotta all’eresia e ostile nei confronti della partecipazione laicale alla vita religiosa. Lo stesso Stella divenne presto sospetto agli occhi di Carafa, che mal sopportava il suo antico ascendente su Thiene oltreché le sue ambigue posizioni dottrinali. Tutt’altra accoglienza egli ricevette nella cerchia veronese del vescovo Gian Matteo Giberti, che nel 1528, a pochi mesi dal suo ritorno in diocesi, lo volle al proprio fianco per contribuire al rinnovamento diocesano. Negli anni successivi il legame con i familiari di Giberti, in particolare con Francesco Della Torre, rimasero significativi e consentono di collocare Stella all’interno di quel variegato mondo dell’evangelismo italiano che andò costituendosi nel Centro-Nord della penisola sotto l’impulso di alcuni vescovi e cardinali riformatori, tra i quali Giberti, Federico Fregoso e Gasparo Contarini.
Nel corso degli anni Trenta si legò alla cerchia padovana di Pietro Bembo e Reginald Pole, al punto da seguire il porporato inglese a Roma nel 1536 in occasione della sua nomina cardinalizia. La parabola di Stella corrisponde così a quella di molti esponenti dell’evangelismo che, dopo i primi tentativi di condurre una riforma su base locale, si convinsero della necessità di ritornare a Roma per tentare di attuare il rinnovamento a partire dal centro della Chiesa. Come una parte di quel mondo e come lo stesso Pole con la crisi dell’evangelismo, sancita dal mancato accordo di Ratisbona con i protestanti nel 1541, dalle morti di figure di spicco come Fregoso e Contarini, oltreché dalla fuga Oltralpe del cappuccino Bernardino Ochino nel 1542, anche Stella approdò alla religiosità valdesiana degli spirituali. Con ogni probabilità condivise la dottrina della giustificazione per sola fede e la svalutazione delle opere umane. La sua partecipazione alla cerchia valdesiana trova conferma nelle fonti processuali che attestano la sua costante presenza nella famiglia di Pole, che negli anni successivi seguì nei suoi vari spostamenti tra Viterbo, Roma, Trento e Bologna in occasione del Concilio. Altrettanto significativa per la sua collocazione religiosa appare la frequentazione di altre figure contigue agli spirituali quali Vittoria Colonna, di cui fu nominato esecutore testamentario, Giovanni Morone, Girolamo Priuli, Pietro Carnesecchi e Marcantonio Flaminio, alla cui morte assistette nel 1550.
Partecipò all’elezione del nuovo papa nel 1549 quale conclavista di Pole, la cui ascesa al soglio pontificio, compromessa dalle accuse di eresia lanciate nei suoi confronti da Carafa, sfumò per appena un voto. La sconfitta in Curia degli spirituali indusse Stella e il suo patrono a una maggior cautela; la legazione in Inghilterra nel 1554 fu l’occasione per lasciare Roma a pochi mesi dalla presa di potere del papa inquisitore Paolo IV.
Stella non poté tuttavia partecipare al tentativo di restaurare il cattolicesimo oltre Manica per la prematura scomparsa, avvenuta durante il viaggio di andata, il 6 settembre 1554 a Dillingen in Germania.
Fonti e Bibl.: Molti documenti che lo riguardano sono conservati a Bergamo, Biblioteca Angelo Mai, Archivio Silvestri, Carte Stella, 40, tra i quali una sua relazione sul conclave del 1549 (n. 78); Fano, Biblioteca Federiciana, ms. 59, cc. 171r, 172v, 174r, 177v, 178r, 180v, 181r; copia del ms. in Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 4176, cc. 315, 324, 325, 330, 333-334, 347, 354. Alcune sue lettere sono pubblicate nelle raccolte epistolari cinquecentesche: Lettere di XIII huomini illustri, in Vinetia, presso Giorgio de’ Cavalli, 1565, pp. 163, 165-167. Il suo nome tra i familiari di Pole è evocato in un sonetto di Giovan Francesco Bini destinato a Michelangelo Buonarroti in De le rime di diversi nobili poeti toscani, raccolte da m. Dionigi Atanagi, libro primo [-secondo], in Venetia, appresso Lodovico Avanzo, 1565, II, p. 48v; B. Vernazza, Opere spirituali della venerabile madre donna Battista Vernazza canonica regolare lateranense nel monastero di Santa Maria delle Grazie di Genova, Genova 1755, p. 231; Concilium tridentinum. Diariorum, actorum, epistularum, tractatuum nova collectio, X, Friburgi Brisgoviae 1916, pp. 81, 432, 473, 476, 574; Le lettere di San Gaetano da Thiene, a cura di F. Andreu, Città del Vaticano 1954, pp. XV-XVIII, 17 s., 22 s., 27, 30, 34, 37, 135; Nuntiaturberichte aus Deutschland, Erste Abteilung, 1553-1559, XV, Tubingen 1981, pp. LXXI-LXXII; I processi inquisitoriali di Pietro Carnesecchi (1555-1567), a cura di M. Firpo - D. Marcatto, Città del Vaticano 2000, I, pp. 64, 512, II, pp. 29, 597; Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, nuova edizione critica, a cura di M. Firpo - D. Marcatto, Roma 2011-2015, I, pp. 514, 516, 653, 1027, III, pp. 557, 559, 821.
B. Amante, La tomba di Vittoria Colonna e i testamenti finora inediti della poetessa, Bologna 1896, pp. 51 s., 58, 62; G. Bonelli, Un archivio privato del Cinquecento: le carte S., in Archivio storico lombardo, XXXIV (1907), pp. 332-386; P. Paschini, Tre ricerche sulla storia della Chiesa nel Cinquecento, Roma 1945, ad ind.; A. Cistellini, Figure della riforma pretridentina, Brescia 1979, pp. 56-103; A. Pastore, Marcantonio Flaminio. Fortune e sfortune di un chierico nell’Italia del Cinquecento, Milano 1981, ad ind.; I. Gipponi, Momenti di storia religiosa e culturale del Cinquecento nell’archivio S., in Archivio storico bergamasco, VII (1984), pp. 259-264; D. Solfaroli Camillocci, I devoti della carità: le confraternite del Divino Amore nell’Italia del primo Cinquecento, Napoli 2002, ad ind.; A. Vanni, «Fare diligente inquisitione». Gian Pietro Carafa e le origini dei chierici regolari teatini, Roma 2010, ad ind.; G. Alonge, Dalla carità all’eresia. Il Divino Amore e il dissenso religioso nell’Italia del primo Cinquecento, in Rinascimento, LIV (2014), pp. 187-195; A. Vanni, Gateano Thiene. Spiritualità, politica, santità, Roma 2016, pp. 35-46; G. Alonge, Condottiero, cardinale, eretico. Federico Fregoso nella crisi politica e religiosa del Cinquecento, Roma 2017, pp. 56, 71, 223, 225, 238.