TORTOLETTI, Bartolomeo
– Nacque a Verona nel 1560 e trascorse buona parte della sua vita a Roma. Il nome dei genitori non è noto.
Sono pochissime le informazioni utili per delineare la biografia di Tortoletti, letterato assai prolifico e ben inserito in un quadro di relazioni, di rilievo anche istituzionale, di per sé sufficiente a restituire l’alta reputazione di cui godeva tra gli eruditi e gli uomini religiosi e politici del tempo. I dedicatari delle sue prime pubblicazioni, quasi esclusivamente in latino e di carattere encomiastico e devozionale, uscite dai torchi veronesi di Girolamo Discepolo sin dal 1588, indicano una presenza nella città scaligera durata almeno sino al 1596, quando l’uscita di un carme in insigne gentilitium Clementis VIII prelude al suo progressivo inserimento nell’ambiente romano.
La prima opera, pubblicata a Roma nel 1599 per i tipi di Luigi Zanetti, veneziano di origine e direttore della stamperia della Congregazione dell’Oratorio a partire dal 1592, è rivolta a Ippolito Aldobrandini (Ad Clementem Octavum) e celebra il dodicesimo giubileo che il papa avrebbe di lì a poco annunciato con la bolla Annus Domini placabilis (19 maggio 1599).
La scelta di inserire il giubileo sullo sfondo di importanti accadimenti diplomatici e militari occorsi nel più ampio scacchiere internazionale dell’epoca rivela l’intento apologetico sotteso allo scritto: fare dell’evento sacro l’occasione propizia al formarsi di una coscienza condivisa a fronte delle ripetute minacce musulmane e celebrare la Chiesa cattolica, nel nome di Clemente VIII, quale potenza in grado di garantire una pax christiana tra le due maggiori monarchie europee.
A Verona usufruì di alcuni proventi parrocchiali, che potrebbero indicarne lo status di chierico secolare. A un’attività sacerdotale accennano anche i sonetti XXIX e XXX delle sue Rime (1645, l. I, pp. 92 s.), dai quali si apprende che fu ammesso a risiedere in S. Pietro dopo trentacinque anni di ministero. È comunque probabile che conseguisse il dottorato in teologia prima di trasferirsi stabilmente a Roma, dove inizialmente si recò più volte per motivi occasionali. A Roma fu ascritto all’Accademia degli Umoristi. Il manoscritto della Biblioteca apostolica Vaticana, Ott. lat. 1730, parte I, lascia intendere che la sua partecipazione al consesso fu attiva e proficua: oltre a esercitarvi «l’onorevol carica di censore» (G.M. Crescimbeni, Comentarii..., 1730), venne qui recitata per la prima volta la tragedia intitolata Il giuramento, overo il Battista santo, e al giudizio e alla revisione dei sodali egli sottopose anche l’argomento e lo scenario di un’altra tragedia, Agrippina la Maggiore, il cui testo, che Tortoletti chiedeva in restituzione con una missiva del 26 marzo 1638 a Camillo Colonna, principe dell’Accademia, venne considerato meritevole di trasposizione drammaturgica (Tortoletti, 2016, Appendice VIII, 5).
Quanto allo pseudonimo accademico di Tortoletti, l’ipotesi che fosse noto come Negletto (Carpanè, 2006, p. 10) si ricava dal frontespizio di un’opera adespota, l’Ad satyram dii vestram fidem antisatyra tyberina, Neglecti academici romani (Francofurti 1630), attribuitagli da Leone Allacci. È invece più sicuro che si facesse chiamare, forse insieme a quello stesso nome, «Filone Romano»: così egli firma l’avvertenza ai lettori che correda l’Agrippina; così egli stesso si nomina nel sonetto LVII della sezione giovanile delle Rime; così compare in uno dei testi dell’antisatyra attribuita per l’appunto al Negletto; così è presente nell’intestazione di due apologeticae epistulae, di cui rimane copia manoscritta a Roma (Biblioteca Vallicelliana, Allacci CLXIII, cc. 264-266); così, infine, risulta dalla seconda parte di un’opera intitolata Rostra sacra (Romae 1645, pp. 80 s.), all’interno di un dialogo inscenato intorno a posizioni che facilmente gli si possono ascrivere. Un’ulteriore, indicativa affermazione si rinviene nell’opera Iuditha vindex et vindicata (Romae 1628, p. 187), in un passo in cui si comprende come la scelta del nome sia un tributo all’omonimo filosofo di Alessandria.
Anche dopo la partenza da Verona Tortoletti dovette rimanere in contatto con gli ambienti culturali della città e con l’editore che per primo lo immise nel mercato librario. L’attività di Girolamo Discepolo, infatti, chiuse nel 1598 per essere successivamente riavviata a Roma, dopo varie altre vicende, nel 1608: in questo anno escono dalla sua nuova officina le Stanze, contenenti una serie di ottave liriche dedicate al cardinale Scipione Borghese, nelle quali si allude altresì allo zio, Paolo V. Inoltre, nel 1612, come attesta, con data 27 febbraio, il ms. 43 dell’Accademia Filarmonica di Verona, c. 26r (Magnabosco, 2015), Tortoletti avrebbe donato all’Accademia Filarmonica una copia degli Intramezzi sul tema tassiano di Erminia, che ampia fortuna ebbe nelle reinvenzioni letterarie, meliche e figurative del tempo (v. Geri, in corso di stampa).
Il mutamento di residenza e il contatto diretto con le più alte sfere di influenza del contesto romano comportarono un ovvio cambiamento dei destinatari cui rivolgere i propri lavori. Ne sono dimostrazione, anche se all’interno di un’ottica pur sempre celebrativa, le ricordate Stanze epitalamiche del 1600 e quelle del 1608, o ancora la Canzone dedicata a Francesco Maria II della Rovere, nel 1602, per i tipi di Luca Bonetti: opere contenenti numerosi riferimenti alle vicende internazionali dell’epoca, dalla vittoriosa impresa di Lepanto alle insurrezioni calviniste nel Belgio, al problema sollevato dalle frequenti incursioni turche nelle coste della penisola (temi anticipati, peraltro, sin dal Carminum liber del 1588). Segnatamente filobarberiniano è poi il libello uscito anonimo, nel 1623, con il titolo di Ossuniana coniuratio, nuovamente attribuito all’autore da Allacci.
Sotto Urbano VIII Tortoletti visse la stagione più intensa della sua attività letteraria, senza però raggiungere l’anelata fortuna sul piano della pubblica carriera. Stando a ciò che si ricava dalla dedica ad Ascanio Pio di Savoia contenuta nelle Rime (1645, pp. 4 s.), almeno sino al 1641 Tortoletti esercitò la professione di segretario presso il fratello maggiore del destinatario, il cardinale Carlo Emanuele, deceduto in quell’anno. A questi impegni deve inoltre aggiungersi la collaborazione con la corte pontificia per ciò che riguarda il vaglio censorio dei libri: ufficio che egli svolse forse saltuariamente, ma che riflette in ogni caso la stima e la fiducia di cui era investito.
I legami con i Savoia sono testimoniati anche dall’epitaffio in memoria di Emanuele Filiberto, mancato il 4 agosto del 1624 (In obitu serenissimi principis Philiberti de Sabaudia, Romae 1624), e dall’ulteriore dedica al cardinale Maurizio, al quale Tortoletti rivolge la sua seconda tragedia in volgare, Gionata (Macerata 1624).
L’opera va segnalata per l’esplicita adesione dell’autore agli orientamenti stilistici e culturali dell’‘oggidismo’ promosso in quegli anni dal trattato di Secondo Ancellotti, come si deduce dalla lettera prefatoria.
Se i legami con Urbano VIII e la sua famiglia sono confermati dalla Canzone per la reale fabrica della chiesa di Sant’Andrea della Valle (Roma 1627), dal Panegirico per le nozze tra il nipote del pontefice, Taddeo, e Anna Colonna (Roma 1627), e dall’imponente Iuditha vindex et vindicata, le relazioni che in questo periodo, e specialmente negli anni Trenta, intercorrono fra Tortoletti e alcune delle maggiori personalità intellettuali del tempo risultano evidenti a un ulteriore spoglio dei documenti manoscritti e a stampa conservati presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma.
L’attività poetica degli anni romani è attestata anche dallo scambio poetico all’interno delle Tre gratie di Antonio Bruni (Roma 1630, p. 567), da alcuni versi nella riedizione del 1635 delle Sacre grotte di Francesco Maria Torrigio, da un carme e una canzone negli Applausi festivi di Luigi Manzini (Roma 1637, pp. 3-7, 53-59), oltre che dagli argomenti ai canti del Tito, overo Gerusalemme desolata di Giambattista Lalli (1635). La sezione ‘eroica’ delle sue Rime contiene, invece, componimenti dedicati a Vincenzo Imperiale per lo Stato rustico, a Girolamo Preti per le Poesie, all’accademico umorista Pier Francesco Paoli in morte di Paolo Savello (di cui fu segretario), a Nicola Villani (che scrisse prevalentemente satire e versi giocosi, e che prese parte alla polemica sull’Adone schierandosi a favore del Marino), al già menzionato Lalli e a Ciro di Pers. Tortoletti morì a Roma nel 1648.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Ott. lat. 1730, parte I; Verona, Biblioteca civica, busta 345; Paris, Bibliothèque nationale de France, Italiene, 585; Roma, Biblioteca Vallicelliana, Allacci XCVII, CLXIII. B. Tortoletti, Intramezzi d’Erminia estratti dalla Gerusalemme del signor Torquato Tasso, Venezia 1629; L. Allacci, Apes Urbanae sive De viris illustribus qui ab anno 1630 per totum 1632, Romae 1633, pp. 59-62; B. Tortoletti, Rime, Roma 1645; L. Allacci, Drammaturgia divisa in sette indici, Roma 1666, pp. 285, 360, 428, 533; G.M. Crescimbeni, Comentarii intorno alla sua Istoria della volgar poesia, III, Venezia 1730, p. 174; Drammaturgia di Leone Allacci accresciuta e continuata fino all’anno MDCCLV, a cura di G. Cedoni - A. Zeno et al., Venezia 1775, pp. 44, 406, 464, 698.
P. Russo, L’Accademia degli Umoristi. Fondazione, strutture e leggi: il primo decennio di attività, in Esperienze letterarie, IV (1979), pp. 47-61; F. Nardi, ‘Letture’ in Accademia: esempi cinque-seicenteschi, in Semestrale di studi (e testi) italiani, IX (2002), pp. 105-122; C. Gigante, Per un’edizione critica della Difesa della Commedia di Dante di Jacopo Mazzoni, in Id., Esperienze di filologia cinquecentesca. Salviati, Mazzoni, Trissino, Costo, il Bargeo, Tasso, Roma 2003, pp. 9-45; L. Carpanè, Da Giuditta a Giuditta. L’epopea dell’eroina sacra nel Barocco, Alessandria 2006, passim; C. Pulsoni, Da Petrarca all’Europa: appunti sulla fortuna della sestina lirica, in Atti e Memoria dell’Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti, CXXIII (2010-2011), pp. 201-217; M. Magnabosco, L’Accademia Filarmonica negli Atti (1605-1634). Dal trasferimento nella nuova sede al «gran contagio», in Atti dell’Accademia filarmonica di Verona, a cura di M. Magnabosco, II, Verona 2015, pp. XI-XXXII (in partic. p. XXII e nota 92), v. anche p. 225; L. Piantoni, «In tragicum theatrum». ‘Intorno’ all’“Agrippina”» di B. T., in Studi secenteschi, LVI (2015), pp. 31-72; B. Tortoletti, Agrippina la Maggiore, tragedia, ed. critica e commentata a cura di L. Piantoni, Lecce 2016; L. Geri, «Cittadina dei boschi e pastorella». Erminia sulle scene tra codice pastorale e riscrittura elegiaca (1600-1637), in Torquato Tasso nel teatro moderno. Riscritture, adattamenti, metamorfosi sceniche tra XVII secolo e primo Ottocento. Atti del Convegno di studi... Cagliari... 2013, in corso di stampa.