VALDRIGHI, Bartolomeo
– Nacque a Castelnuovo di Garfagnana il 14 ottobre 1739, figlio di Giacomo Filippo, capitano della fortezza di Montalfonso, e di Anna Caterina Pieracchi, figlia del fattore camerale Cristoforo.
Rimasto orfano in giovanissima età e preso quindi in carico dallo zio Pietro Paolo, militare e medico, nel 1750 si trasferì a Reggio Emilia per studiare nel locale collegio, dove rimase per sette anni, segnalandosi per l’ottimo profitto.
Nel 1759 sposò a Castelnuovo Maria Apollonia Grisanti: dall’unione nacquero cinque figli, due femmine e tre maschi, tra i quali vanno ricordati il secondogenito Francesco e il terzogenito Luigi, entrambi giuristi. Nel frattempo, approfittando dell’apertura dei corsi giuridici presso il seminario-collegio di Reggio, che dal 1753 al 1772, anno della sua soppressione, costituì un centro di formazione autonomo, il 22 aprile 1761 Valdrighi poté conseguire, presso l’ateneo di Modena, il titolo di doctor in utroque iure.
Pochi mesi dopo la laurea, il duca Francesco III gli conferì il titolo di avvocato con facoltà di patrocinio presso tutti i tribunali del Ducato. L’anno seguente, con chirografo del 19 giugno, Valdrighi fu nominato segretario del Supremo Consiglio di giustizia, il più alto tribunale estense, istituito l’anno prima. Seguirono, nel 1763, la nomina a uditore presso il Magistrato di giurisdizione e l’iscrizione al ruolo dei nobili modenesi di corte. La grande considerazione di cui godeva presso il duca non gli evitò qualche screzio con gli organi di governo, che si lamentarono del ventiquattrenne Valdrighi per essersi «un po’ troppo invanito della propria veloce elevazione per effetto di gioventù e d’inesperienza» (Tavilla, 2000, p. 69).
Forse fu anche per questo che l’anno successivo Valdrighi fu inviato all’estero per un periodo di studio, apparendo «desiderabile che in questo suo viaggio apprenda di sistemare un po’ meglio la sua testa» (ibid.). L’occasione si profilò alla morte del segretario di Stato Giuseppe Maria Bondigli, deceduto nel novembre del 1763, che con apposito legato provvide al finanziamento del nuovo insegnamento universitario di diritto pubblico che, come aveva a suo tempo sottolineato Ludovico Antonio Muratori nel saggio Della pubblica felicità (1749), era «ampiamente trattato e insegnato nella Germania e ne’ Paesi bassi, ma trascurato per lo più da i giurisconsulti italiani» (Muratori, 2016, p. 26). La scelta ricadde sulla sede universitaria di Lipsia, dove Valdrighi soggiornò poco meno di due anni, tra l’ottobre del 1764 e il maggio del 1766, seguendo i corsi di Johannes Theophilus Seger e di Johann Gottlob Bohemius, rispettivamente docenti di diritto pubblico e di storia del diritto pubblico tedesco, e concludendo i corsi con una dissertazione sul trattato di Londra del 1718 (Libellus de foedere londinensi). Al termine del periodo di studio, Valdrighi visitò probabilmente alcune capitali europee (Vienna, Berlino, Dresda).
Nel maggio del 1766 fu di ritorno a Modena, dove, l’anno successivo, inaugurò il primo corso di diritto pubblico universale che, negli anni a seguire, cambiò più volte intitolazione (diritto pubblico dal 1768-69, diritto pubblico e feudale dal 1771-72 al 1774-75 e poi ancora nel 1776-77 e nel 1778-79, diritto naturale e delle genti nel 1775-76, diritto naturale e feudale nel 1777-78).
Da questo momento in poi Valdrighi rivestì sempre ruoli di primo piano. Nell’aprile del 1767 fu chiamato a operare nella Camera ducale in veste di ‘aggiunto’, con lo specifico incarico di vigilare sulle esecuzioni forzate operate dalla Ferma generale nella riscossione dei tributi. Nel settembre dello stesso anno fu designato come componente della commissione per la codificazione, affidata alla guida dell’avvocato siciliano Antonino Crescimanno, elevato contemporaneamente alla presidenza del Supremo Consiglio di giustizia. I rapporti si rivelarono però difficili e Valdrighi si dimostrò tutt’altro che collaborativo. Nel contesto della riforma del 18 maggio 1768, che creò due sezioni (civile e penale) all’interno del Supremo tribunale ducale, Valdrighi fu promosso al ruolo di consigliere giudicante dell’«aula civile».
Nell’ottobre del 1769 Crescimanno fu licenziato e la direzione dei lavori per il codice venne affidata a Gian Pietro Cagnoli. Nell’aprile e nel novembre del 1771 furono finalmente pubblicati i cinque libri del Codice di leggi e costituzioni per gli Stati di sua altezza serenissima: dei primi tre Valdrighi risulta essere il principale estensore (I, ordinamento giudiziario e processo civile; II, diritto privato: tutela, minori, servitù e usufrutto, donazione, matrimonio, dote, società, compravendita, contratti agrari, successioni; III, materie varie: feudi, immunità fiscale, titolo dottorale e notarile, enti locali, zecca, israeliti).
Nel 1772, su iniziativa ducale, Valdrighi pose mano a un’importante riforma dell’università, che venne sottratta al controllo dei gesuiti e al finanziamento del Comune e sottoposta a controllo statale, anche sul piano dei contenuti didattici (Costituzioni per l’università di Modena ed altri studi negli stati di sua altezza serenissima, sanzionate con chirografo del 13 settembre 1772). L’ateneo avrebbe dovuto promuovere una nuova classe dirigente, emancipata dalla supremazia nobiliare nel governo dello Stato e fidelizzata attraverso incarichi di alto livello, sull’esempio di altre università europee (Torino, Vienna, Parma, Padova), toccate anch’esse da profonde riforme di carattere organizzativo e curriculare. La rinnovata università vide Valdrighi, oltre a continuare nella docenza, assumere la carica di presidente della ‘classe legale’, nonché di componente del Magistrato sopra gli studi. Nell’orazione inaugurale tenuta nel 1773, ricca di rimandi muratoriani, Valdrighi, pur ribadendo la centralità della «sapienza della romana legislazione», poneva in connessione la codificazione del 1771 con la riforma universitaria del 1772, viste entrambe come frutti di un unico disegno di accentramento delle prerogative sovrane.
La pubblicazione dell’orazione venne respinta per motivi non chiari dal dicastero dei riformatori degli studi, composto dal canonico Camillo Tori e dai nobili Gherardo Rangone e Alessandro Frosini. Il manoscritto venne quindi consegnato al presidente del Supremo Consiglio di giustizia Cagnoli, il cui figlio, Luigi, lo fece avere a Mario Valdrighi, figlio di Bartolomeo, il quale ne curò finalmente la pubblicazione insieme alla biografia del padre (Valdrighi, 1835).
Si tratta del momento più alto e proficuo della carriera di Valdrighi e del suo legame con il sovrano: esimio consigliere giudicante presso il Supremo Consiglio di giustizia, sotto la lente del quale passavano le più importanti cause civili e penali del Ducato, e in più rispettato docente universitario con il ruolo di presidente della classe degli studi giuridici.
Nel frattempo, oltre al profilo professionale, Valdrighi curò anche la posizione sociale: nell’agosto del 1768 investì 3000 lire per l’acquisto del minuscolo feudo di Deusi, grazie al quale poté ottenere il titolo di conte. Nel novembre dello stesso anno ottenne l’iscrizione al ‘libro d’oro’ per l’abilitazione al grado elettivo di ‘conservatore’ della città di Modena. Nel 1775, Deusi sarebbe stato retroceduto per ottenere in cambio il più cospicuo feudo comitale di Carpineti, acquisito al prezzo, ben più esoso, di 150.000 lire, di cui solo 75.000 versate in prima tranche. Tra gli altri compiti di fiducia che il duca gli affidò vanno ricordati quello di commissario nella deputazione per il vaglio dei privilegi e delle esenzioni fiscali risalente al 1768; quello di redazione degli statuti del Monte dei pegni e quello analogo per l’Opera pia generale dei poveri, nel 1771; quello ricevuto nel 1776 di giudice ad hoc per le pendenze civili e penali connesse con gli ammanchi dolosi registratisi presso il Monte dei pegni.
Nel luglio del 1779, l’improvviso rovescio: per aver diffuso un parere giuridico non gradito al duca, Valdrighi fu sospeso da tutti gli incarichi e dai relativi emolumenti.
Nel 1776 era defunto senza eredi Giberto Pio di Savoia, quarto principe di San Gregorio e settimo marchese di Castel Rodrigo, circostanza che incoraggiò le aspirazioni di Francesco III a una successione nel ramo spagnolo dei Savoia. Tre anni dopo, il Supremo Consiglio di giustizia fu interpellato dal sovrano per un parere circa la fondatezza giuridica delle sue pretese su certi possedimenti romani ascrivibili ai Pio-Savoia. Valdrighi, che in quella sede si era espresso negativamente, a quanto pare ebbe la sventatezza di violare il carattere riservato di quel parere e il duca, già contrariato dalle difficoltà incontrate presso la Curia pontificia, assunse il provvedimento di sospensione.
Valdrighi non ebbe altra scelta che dimettersi e, dopo un periodo di pausa in Garfagnana, si trasferì a Genova. Qui, dal febbraio del 1783 esercitò l’avvocatura fiscale presso la rota criminale, pur senza rinunciare al progetto di riprendere l’insegnamento: si hanno notizie di contatti in tal senso per Pavia tra il 1784 e il 1785, e per Ferrara nel 1786, nessuno dei quali ebbe sbocchi concreti.
Neppure l’intento di dare alle stampe i suoi corsi di diritto pubblico ebbe seguito. Presso la Biblioteca Estense universitaria di Modena sono conservate tre copie di un corso di Jus publicum universale, di cui una stilata in calligrafia. L’opera avrebbe dovuto comprendere una introductio, divisa in due capitoli, e due parti di jus publico universale, a loro volta articolate rispettivamente in 6 e in 8 capitoli. Tutte e tre le copie manoscritte giungono sino al V capitolo della prima parte, per cui possiamo ritenere che il testo pervenutoci, destinato alla stampa, non fosse stato completato.
Morì a Genova il 16 dicembre 1787.
Font e Bibl.: Modena, Biblioteca Estense universitaria, Raccolta Valdrighi I, α.M.3.4, ms. ITA.1411.
M. Valdrighi, Del conte B. V. di Castelnuovo della Garfagnana notizie biografiche, con Appendice, in Notizie biografiche in continuazione della Biblioteca Modonese..., IV, Reggio 1835, pp. 165-204; E. Cottafavi, I seminari della diocesi di Reggio nell’Emilia. L’Università reggiana nel secolo XVIII, Reggio Emilia 1900, pp. 247-251; B. Donati, Codificazione e scienza giuridica in una orazione inaugurale di B. V. tenuta in Modena il 25 novembre 1773, in Id., Lodovico Antonio Muratori e la giurisprudenza del suo tempo, Modena 1935, pp. 59-85; C.G. Mor - P. Di Pietro, Storia dell’Università di Modena, I-II, Firenze 1975, I, pp. 73, 75, 90, 98 nota 10, 102, 318 s., II, pp. 361-369; G. Santini, Lo Stato estense tra riforme e rivoluzione. Lezioni di storia del diritto italiano, Milano 1987, pp. 93 s., 104-106, 132 s., 169; C.E. Tavilla, Riforme e giustizia nel Settecento estense. Il Supremo Consiglio di giustizia (1761-1796), Milano 2000, pp. 64-70, 113 s., 132, 207, 260, 277, 295, 298, 317 s., 327-329, 389-393; Id., Guerra, assoggettamento, consenso: temi settecenteschi di Ius publicum universale tra Italia e Germania, in Guerra e diritto. Il problema della guerra nell’esperienza giuridica occidentale tra medioevo ed età contemporanea, a cura di A.A. Cassi, Soveria Mannelli 2009, pp. 85-103; Id., V., B., in Dizionario biografico dei giuristi italiani, a cura di I. Birocchi et al., II, Bologna 2013, pp. 2009 s.; Id., La «classe legale» dell’Università di Modena negli anni del riformismo settecentesco, in Università e formazione dei ceti dirigenti. Per Gian Paolo Brizzi, pellegrino dei saperi, a cura di G. Angelozzi - M.T. Guerrini - G. Olmi, Bologna 2015, pp. 337-339; L.A. Muratori, Della pubblica felicità, oggetto de’ buoni principi, a cura di M. Al Kalak, Roma 2016, p. 26.