VANNI, Bartolomeo
Nacque a Firenze il 15 ottobre 1662 da Giovanni di Francesco e da Anna di Bartolomeo Bandini. La notizia si deve a Luigi Zangheri (1977, p. 71), che rettifica quella tradizionale, che lo voleva nato a Pontassieve, secondo quanto Giovanni Poleni (1748) affermava sulla base di una lettera di Bernardo Sansone Sgrilli del 26 gennaio 1745 (Di Teodoro, 2011, p. 167, doc. XIV).
Come scrisse lo stesso Vanni dedicando il suo trattato Pareri di B.V. intorno alle fabbriche degli archi, de’ voltami e delle cupole al gran principe di Toscana Gian Gastone (Firenze, Biblioteca Riccardiana, da ora BRFi, Ricc. 2141, c. 64: Zangheri, 1977, p. 83), il fratello Francesco (1654-1723) fu canonico di S. Lorenzo a Firenze e professore di teologia morale dal 1679 al 1700 nello Studio fiorentino (di lui scrive Cerracchini, 1738: Di Teodoro, 2011). Un secondo fratello, Giovanni o Giovanni Francesco, morto nel 1719 a Innsbruck mentre rientrava in Toscana da un viaggio in Polonia, fu abate lettore di matematiche presso l’Accademia dei Nobili.
Non vi sono notizie documentabili di un alunnato di Vanni presso il matematico e ingegnere Vincenzo Viviani (1622-1703), allievo diretto di Galileo, né presso l’architetto Alessandro Cecchini (circa 1645-1715) o i matematici Alessandro Marchetti (1633-1714) e Guido Grandi (1671-1742), quest’ultimo, come noto, studioso significativo di idraulica, disciplina di cui Vanni fu cultore. Certamente l’opera sua maggiore, i Pareri di B.V. intorno alle fabbriche degli archi..., ancora inedita, ricevette il giudizio positivo di Anton Maria Salvini (1653-1729), Marcantonio Mozzi, Carlo Taglini, Giovan Battista Foggini (1652-1725), Antonio Ferri (1651-1716), Cecchini, Marchetti e Grandi (Firenze, Biblioteca nazionale centrale, da ora BNCFi, ms. II-I-325, n. 7; Zangheri, 1977, pp. 79-82). Di Grandi si conserva, a tal proposito, lo scritto Riflessioni sopra li scritti d’architettura civile del sig. B.V., rimasto inedito (Firenze, Accademia di belle arti, Mss., E.2.1.30). I commenti di padre Grandi, che contestava le affermazioni di Vanni circa la curvatura delle arcate del ponte a S. Trìnita (Di Teodoro et al., 1981) – ritenuta da questi formata da più porzioni di archi di cerchio e dal matematico camaldolese quale arco di parabola – erano noti già a Pietro Ferroni (1809). Vanni si occupò del ponte fiorentino (restauri e conservazione), opera di Bartolomeo Ammannati, anche in uno scritto specifico, tuttora inedito (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Cicognara, V, 3849, n. 7). Sgrilli fa sapere che Vanni frequentò gli studi dello scultore Foggini e dell’architetto Ferdinando Ruggieri, mentre molto stretti dovettero essere i suoi rapporti con l’architetto Cecchini, dal momento che alla sua morte, l’erede, tale Maffii, maestro di casa dei duchi Salviati, ricevette anche scritti e disegni del Cecchini che erano di proprietà del Vanni. Il matematico Marchetti dovette affidare a Vanni incarichi di rilevare delle proprietà terriere (Di Teodoro, 2011, p. 168, doc. XIX).
«Desideroso d’impiego», nel 1707 Vanni presentò una supplica per essere assunto quale aiuto ingegnere nella magistratura dei capitani di Parte guelfa che, sorta nel XIII secolo con scopi politici, si era trasformata, nel tempo, in specie in periodo granducale, in ufficio preposto ai lavori pubblici dello Stato. La richiesta di Vanni venne accolta il 17 febbraio 1706 ab Incarnatione (1707 stile comune; Archivio di Stato di Firenze, da ora ASFi, Capitani di Parte, numeri neri, f. 885, c. 150; Zangheri, 1977, p. 77), mettendo il neoassunto in condizione di godere di un introito fisso (solo dal 1645 gli aiuti ingegneri godevano di una provvisione mensile). Ciò vuol dire che Vanni, sino ai 45 anni di età, aveva svolto solo lavori saltuari o mansioni poco remunerative. Bernardo Sgrilli ricorda che Vanni «campava onoratamente delle sue entrate lasciategli da’ suoi fratelli» (Di Teodoro, 2011, p. 167, doc. XIV). Luigi Zangheri (1977) ritiene che Vanni fosse eletto anche accademico del disegno, dal momento che egli stesso si dice «Professore di Architettura».
Intervenne in qualità di tecnico nel condotto reale di Montereggi di Fiesole, che conduceva acqua a Firenze passando dalle mura del Maglio, e in quelli che alimentavano le fontane dei giardini della villa medicea di Lappeggi e di Boboli (Palazzo Pitti). Proprio delle incrostazioni nei condotti e dei modi per purificare l’acqua Vanni si occupò negli ultimi anni di vita (BRFi, ms. 2409, n. 14, cc. 236r-241r). Sgrilli affermò, infatti, che «desisté allora il Vanni di scrivere in causa cupola e si messe a scrivere in causa condotto, con fare ancora di esso e farsi fare diversi disegni e modelli, e quando morì stava scrivendo su tal particolare» (Di Teodoro, 2011, p. 167, doc. XIV).
Nei Pareri di B.V. intorno alle fabbriche degli archi, de’ voltami e delle cupole, opera conclusa tra il 1713 e il 1714, Vanni tratta a lungo della cupola di S. Maria del Fiore, cercando di spiegarne le fratture e la non necessità di incatenarla, a favore di questo intervento, invece, già dal 1695, si era espressa la commissione granducale presieduta da Viviani e manovrata dal provveditore dell’Opera di S. Maria del Fiore, il senatore Giovan Battista Nelli. Le catene non furono mai messe in opera, benché una delle quattro previste fosse stata già realizzata (Di Teodoro, 2011), parrebbe a motivo dei pamphlet anonimi fatti circolare da Alessandro Cecchini, come afferma Vanni (Zangheri, 1977, p. 63; Di Teodoro, 2011). Verosimilmente riproposte attorno al 1720, fu per l’opposizione con «ostinata insistenza» di Vanni, «in voce e in scritto», come fa sapere Giovanni Gaetano Bottari (1754, dialogo II, pp. 82 s., composto almeno vent’anni prima) che non ebbero seguito. Inoltre, con il riferirsi alle nuove teorie di Galileo e all’uso del termine «momento», così come il grande scienziato l’aveva definito nelle Meccaniche (la cui redazione era iniziata nel 1593), Vanni tenta di comprendere il comportamento statico delle cupole e degli archi di differente sesto. A tal fine l’intero cap. XVIII del suo trattato maggiore è dedicato alla «scienza de’ momenti de’ gravi sui piani declivi» (Barbi, 1987).
Gli Avvertimenti (BNCFi, II-I-325) e il Discorso sopra i difetti e vizi delle fabbriche (ASFi, ms. 212) sono stati pubblicati da Zangheri nel 1977. Nel secondo scritto, databile al 1719-20, Vanni si sofferma a lungo sulla cupola di S. Pietro in Vaticano e su quella di S. Maria del Fiore, nonché sui ponti di Firenze, sulle lastricature e, soprattutto, sull’imperizia di coloro che di tali fabbriche si occupavano, traendone benefici personali a scapito delle esigenze della conservazione. La denuncia del malaffare nell’attività pubblica è una costante negli scritti di Vanni.
La sua opera più conosciuta resta, tuttavia, l’ancora per gran parte inedito (ma v. Di Teodoro, in c.d.s.) Discorso sopra la stabilità della cupola di Santa Maria del Fiore contro le false voci sparse in Firenze. Infatti un Articolo estratto dalla prima parte venne pubblicato in Scritture concernenti i danni della cupola di S. Pietro in Roma e i loro rimedi, opera stampata a Firenze per i torchi di Giovanni Lami (ma con la «maschera» dell’editore Simone Occhi di Venezia) il 29 agosto 1744. Come riferisce l’inquisitore Paolo Antonio Agelli a Giovanni Poleni (Di Teodoro, 2011, p. 165, doc. III), «mi vien detto in un orecchio, che le premure di questa stampa siano de’ due cardinali Albani San Clemente e Corsini», cioè di Annibale Albani, cardinale prete di S. Clemente, e di Neri Corsini. Al Corsini il Lami aveva dedicato il De eruditione Apostolorum nel 1738.
Le Scritture si inserivano nella polemica romana inerente alle lesioni della cupola di S. Pietro, tant’è che si aprivano con il Parere dei tre matematici del 1742 (Tommaso Le Seur, Francesco Jacquier e Ruggiero Giuseppe Boscovich), cui faceva seguito l’Articolo di Vanni, rammentato in nota anche da Giovan Battista Favre, che, nello stesso volume, pubblicava anonimo il suo scritto Sentimenti d’un filosofo sopra i danni della cupola di San Pietro e le loro cause.
Il Discorso di Vanni venne rammentato, infine, da Poleni nelle sue Memorie istoriche della gran cupola del Tempio Vaticano, e de’ danni di essa, e de’ restoramenti loro, pubblicato a Padova nel 1748.
La figura di Vanni s’inserisce perfettamente in quella zona di cultura tecnica, intermedia tra la manodopera e la ricerca teorica, della Firenze di Cosimo III e, soprattutto, dell’ultimo granduca, Gian Gastone, rivelando gli interessi e la formazione di un 'ingegnere' dedito alla manutenzione delle opere pubbliche, ma, allo stesso tempo, fortemente legato alle sorti dei capolavori architettonici della città in cui visse (cupola di S. Maria del Fiore, ponte a S. Trìnita, giardini storici).
Come scriveva Sgrilli a Poleni, «la sua morte fu un accidente di apoplesia, avendo solo di male tre o quattro giorni, di dove, poi, con tutta rassegnazione, avendo vissuto cristianamente, si dispose a santamente morire» (Di Teodoro, 2011, p. 167, doc. XIV).
Morì a Firenze nel 1732 e fu sepolto nella chiesa di S. Margherita il 27 dicembre di quell’anno (Zangheri, 1977).
Firenze, Biblioteca nazionale centrale, ms. II-I-325, cc. 212r-223r; Biblioteca Riccardiana, Ricc. 2141, c. 64, 2409, n. 14, cc. 236r-241r; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cicognara, V, 3849, n. 7; L.G. Cerracchini, Fasti teologali, ovvero notizie istoriche del Collegio de’ teologi della sacra università fiorentina, dalla sua fondazione fino all’anno 1738, Firenze 1738, p. 567; Scritture concernenti i danni della cupola di S. Pietro in Roma e i loro rimedi, Venezia, Simone Occhi s.d. [ma Firenze 1744], pp. 40-46, 98 s., 158 s.; G. Poleni, Memorie istoriche della gran cupola del Tempio Vaticano, e de’ danni di essa, e de’ ristoramenti loro, II, Padova 1748, coll. 105-110; G. Bottari, Dialoghi sopra le tre arti del disegno, Lucca 1754, pp. 82 s.; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, II, Firenze, 1805; P. Ferroni, Della vera curva degli archi del Ponte a Santa Trinita di Firenze, discorso geometrico-storico, in Memorie di matematica e di fisica della Società Italiana delle Scienze, s. 1, XIV (1809), sez. Memorie di matematica, pp. 8-47; P. Galluzzi, Le colonne ‘fesse’ degli Uffizi e gli ‘screpoli’ della cupola, il contributo di Vincenzo Viviani al dibattito sulla stabilità della cupola del Brunelleschi (1694-1697), in Annali dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, II (1977), 1, pp. 71-111; L. Zangheri, Avverimenti e discorsi di B. V. ingegnere mediceo (1662-1732), Firenze 1977; H. Saalman, Filippo Brunelleschi. The Cupola of Santa Maria del Fiore, London 1980; F.P. Di Teodoro et alii, Un’ipotesi sui rapporti dimensionali del Ponte a Santa Trinita, Firenze 1981; L. Barbi - F.P. Di Teodoro, Le lesioni della cupola di Santa Maria del Fiore: una proposta di datazione, in Bollettino degli ingegneri, XXXI (1983), 9, pp. 13-18; L. Barbi, B.V. e la scienza de’ momenti de’ gravi, in Fondazione Callisto Pontello. Annali, I (1987), pp. 13-39; L. Barbi - F.P. Di Teodoro, 1695-1698: i rilievi di Giovan Battista Nelli per la cupola di Santa Maria del Fiore, in Rivista d’Arte, XLI (1889), 1989, pp. 57-111; F.P. Di Teodoro, Giovanni Poleni, Domenico Maria Manni e le catene per la cupola di Santa Maria del Fiore: per la storia delle fratture e dei previsti risarcimenti alla “grande macchina” di Filippo Brunelleschi, in Annali di architettura, XXIII (2011), pp. 151-176; Id., Nelli, Giovan Battista, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXVIII, Roma 2013, ad vocem; Id., Il “Discorso sopra la stabilità della cupola di Santa Maria del Fiore contro le false voci sparse in Firenze” di B.V. (ca 1720), in Ananke, in c.d.s.