ZAMBECCARI, Bartolomeo
– Nacque quasi certamente a Bologna sullo scorcio del Trecento, da Carlo e da Caterina di Giacomo di Niccolò drappiere.
Il lignaggio di palese ascendenza popolare (come suggerisce il cognome, riconducibile al mestiere del beccaio) si era recentemente affermato sul piano politico e sociale; il padre (v. la voce in questo Dizionario) fu ‘criptosignore’ di Bologna.
Bartolomeo ebbe due sorelle, Bartolomea e Lucrezia, e diversi fratelli (Bonifacio, Carlo, Cambio, Galeazzo, Tommaso) in larga parte protagonisti della vita politica bolognese, sia pur con un ruolo subordinato rispetto a lui.
È menzionato per la prima volta il 28 settembre 1399, data in cui il padre Carlo fece testamento, designando i figli quali eredi. Non risulta verificabile l’affermazione di Pompeo Scipione Dolfi (1670, p. 723) relativa a una prima attestazione risalente al 1386.
Avviato alla carriera ecclesiastica, Zambeccari risulta nel novero dei canonici della cattedrale di S. Pietro di Bologna già il 24 settembre 1407, data in cui venne ordinato diacono su mandato del cardinale legato di Bologna, Baldassarre Cossa. Diverse spie nelle fonti sembrano denotare una particolare contiguità tra Zambeccari e il futuro antipapa Giovanni XXIII: fu forse su input di quest’ultimo che il suo percorso ecclesiastico subì un deciso mutamento, destinato a segnarne anche in forma antonomastica l’identità. Prima del 12 luglio 1411 abbandonò infatti lo stallo corale (nel quale subentrò un parente, Riccardo di Niccolò) in seguito alla promozione alla carica abbaziale del monastero urbano dei Ss. Nabore e Felice (Archivio di Stato di Bologna, Notarile, Rinaldo Formaglini, 42.8, cc. 151v-152r). Da quel momento in poi le fonti cronachistiche definirono sempre più frequentemente Bartolomeo quale «abate de’ Zambeccari».
Il cenobio benedettino versava allora in un accentuato stato di crisi, tanto che Zambeccari risultò a lungo l’unico professo: ciò, come testimonia la documentazione, non impedì un’intensa attività di gestione patrimoniale di beni appartenenti al monastero.
Meno di due anni più tardi, già prima del 12 gennaio 1413, Zambeccari fu promosso alla carica abbaziale di un altro monastero urbano, quello di S. Procolo, in seguito all’elezione a vescovo di Bologna del precedente abate Giovanni di Michele, altro ecclesiastico vicino a Baldassarre Cossa. Proprio su sollecitazione di Giovanni XXIII, nonostante l’avvenuta deposizione a Costanza, Bartolomeo nella sua nuova veste sottrasse nel 1415 agli scolari del Collegio Avignonese la dotazione fondiaria residua, per devolverla a un familiare del destituito pontefice. Nello stesso anno, nonostante non fosse in possesso dei requisiti necessari, Zambeccari previa dispensa affrontò e superò l’esame privato di diritto canonico, presentato da un parente, Bernardino Zambeccari. L’abate di S. Procolo sostenne l’examen publicum soltanto cinque anni più tardi, il 18 marzo 1420, iniziando l’insegnamento del Decretum di Graziano che svolse per almeno un triennio.
In data imprecisata venne anche aggregato al Collegio dei canonisti, assumendo la carica di priore nel 1426. Alcune fonti sembrerebbero alludere a un perdurante magistero presso lo Studium ancora al principio degli anni Trenta.
Il forte iato cronologico tra le due fasi dell’esame di laurea si spiega con il confino subito l’8 marzo 1416, data in cui Zambeccari, che aveva partecipato a una fallita rivolta contro le alleate fazioni dei Canetoli e dei Bentivoglio (di recente egemonia a Bologna dopo aver rovesciato il governo pontificio), fu soggetto a taglia insieme al fratello Cambio. È verosimile che il rientro in città non sia avvenuto che nel 1420, anno in cui Zambeccari appoggiò Anton Galeazzo Bentivoglio nel suo tentativo di instaurazione di un regime signorile.
Nei primi anni Venti, almeno dal 1421 al 1426, l’abate di S. Procolo risiedette frequentemente presso la Curia romana, ottenendo nel 1424, probabilmente per la contiguità all’entourage pontificio, l’abbaziato commendatario del monastero di S. Bartolo, presso Ferrara. Uno spartiacque decisivo per la sua biografia è tuttavia rappresentato dalla partecipazione (in prima linea) alla rivolta bolognese del 1° agosto 1428, promossa dagli Zambeccari e dai Canetoli: il governo del legato pontificio, Louis Aleman, fu rovesciato e si ripristinò il governo comunale, aprendo una fase di acceso conflitto, anche da un punto di vista militare, con l’autorità papale. L’abate, che era stato incaricato di un’ambasciata a Venezia in rappresentanza del nuovo regime per ottenere l’appoggio della città lagunare in chiave antipontificia, fu privato da Martino V dell’abbazia di S. Bartolo di Ferrara, ora attribuita con la formula della commenda al cardinale Niccolò Albergati, vescovo di Bologna. Per tutta risposta Zambeccari occupò il vescovado, costringendo alla fuga il presule legittimo e facendosi eleggere in sua vece il 10 dicembre, in forma canonicamente irregolare, dal consiglio cittadino dei Seicento.
Durante l’abusiva occupazione della cattedra, Bartolomeo governò la Chiesa bolognese a tutti gli effetti: nominò un vicario generale, convocò un sinodo diocesano, gestì i beni destinati ai pauperes Christi e promosse un’ingente tassazione del clero cittadino non esente. La tradizione storiografica locale attribuisce inoltre a Zambeccari, in verità senza evidenti riscontri, la distrazione e la parziale distruzione dell’archivio diocesano.
L’indebita intrusione si prolungò per diversi mesi, terminando soltanto nel settembre dell’anno successivo: la rinuncia alla pretesa dignità vescovile era stata richiesta quale clausola ineludibile per la pace dal legato ai bolognesi (30 agosto 1429), i quali una settimana più tardi posero come analoga pregiudiziale il reintegro di Bartolomeo alla guida del monastero di S. Bartolo di Ferrara – cosa che successivamente avvenne per intervento del marchese di Ferrara Niccolò III d’Este – e una sorta di sanatoria quanto all’usurpazione della sede episcopale bolognese. La restaurazione del dominio pontificio fu formalizzata il 25 settembre.
L’anno successivo (17 febbraio 1430) Zambeccari rappresentò la sua famiglia nell’ingannevole riappacificazione tra le principali famiglie cittadine; in realtà la pace celava un accordo fra gli Zambeccari e i Canetoli (rappresentati da Battista) contro Antonio Bentivoglio. Il successivo 2 aprile, infatti, l’accordo portò a una strage di rivali politici (e le fonti sottolineano la doppiezza di Zambeccari). Il legato pontificio fu ancora una volta cacciato; e allorché le sue milizie e quelle di Antonio Bentivoglio passarono all’offensiva per rientrare in città, Zambeccari fu costretto alla decisione estrema di mettere a fuoco il convento olivetano di S. Michele in Bosco, con la promessa di ricostruirlo in un secondo momento a spese della Camera del Comune.
Dopo la morte di Martino V (20 febbraio 1431) e l’elezione di Eugenio IV, Zambeccari fece parte del gruppo di ambasciatori inviati dai bolognesi il 7 marzo 1431 al nuovo pontefice, con l’obiettivo di raggiungere la pace su base negoziale. Egli era ormai il leader indiscusso della sua famiglia, e si trovò a fronteggiare le crepe evidenti nell’asse instauratosi con i Canetoli (storicamente vicinissimi a papa Condulmer: una contiguità maturata durante i trascorsi del futuro Eugenio IV come cardinale legato a Bologna).
A un primo dissidio tra l’abate e Ludovico Canetoli, deflagrato e risoltosi nell’aprile del 1431, seguì un anno più tardi una nuova e diretta tensione con l’ex alleato Battista, appianata grazie all’intervento del governatore pontificio. La riappacificazione, avvenuta il 18 marzo 1432, fu in realtà solo di facciata, perché l’abate pochi mesi più tardi radunò in S. Procolo un gruppo di armati, facendo fronte comune con gli antichi rivali della famiglia Bentivoglio in ottica di opposizione ai Canetoli. Il tentato colpo di mano tuttavia fallì: Zambeccari fu costretto alla resa e scelse con i fratelli la via dell’esilio a Vignola dei Conti.
Esattamente un anno più tardi, il 26 agosto 1433, Zambeccari unì le forze con Tommaso Ghisilieri nel vano tentativo di rientrare con la forza a Bologna, prosciugando allo scopo il canale del Reno. Nuovamente respinto, l’abate riparò a Borgo Panigale e cercò, senza riuscirvi, di propiziarsi il controllo di Castelfranco.
A fronte del declino delle proprie fortune politiche, Zambeccari scelse, forse in chiave antieugeniana, di raggiungere Basilea (17 aprile 1434) per farsi incorporare al Concilio (A. Gatari, Diario del Concilio di Basilea, 1904, p. 400). Un duro colpo alle aspirazioni di Zambeccari giunse tuttavia alla vigilia del Natale 1435: il 23 dicembre a Bologna venne giustiziato il fratello Tommaso, a lui assai vicino, e il giorno successivo lui stesso fu catturato a Firenze su mandato papale. Nella primavera successiva, quando Eugenio IV si recò da Firenze a Bologna, Zambeccari fu confinato a Narni, per poi essere liberato prima del 13 ottobre 1438, come si apprende da una lettera spedita in quella data da Francesco Barbaro allo stesso Zambeccari («ego vero gratias Deo tecum habeo, qui te vinclis et carcere, sicut optavi ab initio, liberavit»: F. Barbaro, Epistolario, II, 1999, pp. 250 s., n. 111). Il 6 febbraio 1439 l’abate riuscì a ritornare a Bologna, grazie alla revoca del confino accordata da Battista Canetoli.
La situazione in città era profondamente mutata, a partire dall’affermazione di Niccolò Piccinino, che a capo dell’esercito visconteo era riuscito a rovesciare il governo pontificio e a garantire, non senza palesi ambizioni personali, un efficace sostegno alla fazione bentivolesca.
Tornato protagonista della vita politica cittadina, l’8 febbraio 1440 Zambeccari propose quale nuovo signore Annibale Bentivoglio (che di recente aveva assassinato Raffaello Foscherari); un mese più tardi (8 marzo) fu tra i sei membri dell’oligarchia cittadina aggiunti da Niccolò Piccinino (dal quale l’abate aveva in precedenza ottenuto gli introiti della torre del Verga, nei pressi di Galliera) al collegio di governo dei Dieci riformatori dello stato di libertà, tornati così all’originario numero di Sedici. Questo nuovo incarico fu tuttavia di breve durata; morì infatti, a Bologna, nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1440.
Ritratto a tinte fosche dalla cronachistica, ripetutamente accusato di spregiudicatezza, opportunismo, prepotenza e doppiezza, Bartolomeo Zambeccari fu senza dubbio un assoluto protagonista della vita politica bolognese del primo Quattrocento, senza apparentemente lasciare segno – se non in negativo – sul fronte dell’attività ecclesiastica.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Demaniale, 29/216, n. 26; Notarile, Filippo Cristiani, prot. 62.13, c. 105r; Giacomo Grassi, cart. 226, prott. 1437-1442, c. 114r; prot. 1438-1439, c. 85r; Rinaldo Formaglini, 42.8, cc. 151v-152r. Andrea de Billis, Rerum Mediolanensium historia, in RIS, XIX, Mediolani 1731, col. 114; Pietro di Mattiolo, Cronaca bolognese, a cura di C. Ricci, Bologna 1885, p. 273; A. Gatari, Diario del Concilio di Basilea, in Concilium Basiliense, V, Basel 1904, pp. 377-422 (in partic. p. 400); U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, IV, Bologna 1924, pp. 43-46; Corpus chronicorum Bononiensium, IV, a cura di A. Sorbelli, in RIS, XVIII, 1, Città di Castello 1924, pp. 6, 11, 19, 21, 23, 37, 43-47, 56-58, 61, 65, 84 s.; Giovanni di mastro Pedrino depintore, Cronica del suo tempo, a cura di G. Borghezio - M. Vattasso, I, Roma 1929, pp. 254, 354; Hyeronimus de Bursellis, Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie, a cura di A. Sorbelli, in RIS, XXIII, 2, Città di Castello 1929, pp. 74, 79-83; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, III, a cura di A. Sorbelli, ibid., XXXIII, 1, Città di Castello 1932, pp. 5 s., 8-10, 16, 25, 57, 62; C. Piana, Nuovi documenti sull’Università di Bologna e sul collegio di Spagna, II, Bolonia 1976, ad ind.; F. Barbaro, Epistolario, II, La raccolta canonica delle «Epistole», a cura di C. Griggio, Firenze 1999, pp. 250 s., n. 111; F. Pizolpassi, Summa hover Cronica. 600-1440, a cura di A. Antonelli - R. Pedrini, Bologna 2001, p. 198; P. Ramponi, Memoriale e Cronaca. 1385-1443, a cura di A. Antonelli - R. Pedrini, Bologna 2003, pp. 65, 69-71, 78 s.; Fileno dalla Tuata, Istoria di Bologna. Origini-1521, a cura di B. Fortunato, I, Bologna 2005, ad indicem.
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