Spinoza, Baruch
Filosofo, di famiglia ebraica emigrata dal Portogallo, nato ad Amsterdam nel 1632 e morto a L’Aia nel 1677.
L’elenco notarile dei libri posseduti da S. al momento della morte testimonia la presenza delle Opere di M. (→ Testina) e di una traduzione latina del Principe, a cura di Silvestro Tegli, verosimilmente edita a Basilea nel 1560 (Morfino 2002, pp. 22-26). Riferimenti significativi a M. in opere presenti nella biblioteca si trovano anche nei Sermones fideles (1641) di Francesco Bacone, in particolare a proposito dell’oblio, della memoria e della contingenza di questa. In De arcanis rerum publicarum libri sex [...] (1641) di Arnoldus Clapmarius (in particolare nell’accluso trattato di Christoph Besold) S. poteva trovare l’intero spettro delle interpretazioni principali di Machiavelli. Baltasar Gracián in El criticón (1650-1653) associa M. a Jean Bodin e li contrappone negativamente ad Aristotele e a Giovanni Botero. Francisco de Quevedo (in Fortuna con seso, y la hora de todos, fantasia moral, in Obras, 2° vol., 1661) svolge un breve riferimento ai marrani, considerati, per la loro doppiezza, discepoli di Machiavelli. Nella corrispondenza di René Descartes con la principessa Cristina viene discusso il nesso forza-diritto e sottolineata l’ambiguità delle dottrine del Segretario fiorentino. In Le visioni politiche (1671) di Gregorio Leti, M. è presentato quale espressione emblematica di una politica anti-cristiana, ispirata a meri rapporti di forza e rivolta alla religione come a strumento di potere. Le due opere dei fratelli van Hove, Consideratien van Staat ofte polityke Weegschaal (1661) e Politieke discoursen (1662), sono manifesti politici della classe dirigente nederlandese, favorevole all’esperienza repubblicana guidata dai fratelli De Witt (1650-72), sostenuta dallo stesso Spinoza. In esse M. viene presentato come antimonarchico e difensore della libertà repubblicana (Haitsma Mulier 1990; Visentin 1998).
Il primo tentativo di studiare la presenza di M. in S. è dovuto ad Adolf Menzel (1902), seguito, tre decenni dopo, dall’intervento più ampio e articolato di Adolfo Ravà (1930). Bisognerà attendere gli anni Settanta per trovare una ripresa significativa delle indagini, a partire dal volume di Carla Gallicet Calvetti (1972), volto in particolare all’esame dell’esperienza effettuale come fondamento della politica, seguito dalle analisi di Paolo Vincieri (1984) sui temi della natura umana e del dominio, per passare ai richiami di Remo Bodei (1991) sulla conoscenza delle cose particolari, ai due interventi di Carlo Altini (1998 e 2000), e alle riflessioni che portano l’attenzione sulle nozioni di tempo e durata nei lavori di Laurent Bove (1999) e Vittorio Morfino (2000 e 2002). Il tema del conflitto è esaminato in particolare da Filippo Del Lucchese (2004), ripreso da Morfino (2010) insieme ai temi dell’oblio e del caso, mentre Federico Zuolo (2005) affronta la questione del repubblicanesimo, già esaminata nei testi di Eco Haitsma Mulier (1990) e di Hans W. Blom (1996) in relazione alla controversa figura di M. nelle Province Unite (→ Paesi Bassi). Si tratta di una letteratura non amplissima, ma significativa, che negli ultimi vent’anni ha cercato di estendere l’analisi relativa alla presenza di M. in S. non soltanto ai luoghi centrali del Tractatus politicus (incompiuto, pubblicato postumo nel 1677, insieme all’Ethica e al Tractatus de intellectus emendatione; d’ora in poi TP), ma anche al Tractatus theologico-politicus (1670; d’ora in poi TTP) e, tendenzialmente, all’intero sistema, esaminando l’influenza esercitata anche su dottrine non espressamente politiche e riconoscendo i primi segni della presenza di M., per es., già nella cesura fra Tractatus de intellectus emendatione, in cui prevale il lessico della series, ed Ethica, in cui prevale quello dell’ordo e della connexio (Morfino 2002).
L’edizione critica francese del TP curata da Omero Proietti (Traité politique, in OEuvres, t. 5, 2005), con il ricchissimo apparato di criptocitazioni tratte dalle fonti antiche e moderne del testo, mostra non soltanto la presenza nel testo spinoziano di quattro opere di M. (oltre al Principe e ai Discorsi, anche l’Arte della guerra e le Istorie fiorentine), ma anche l’intensità dei riferimenti tratti dall’una e dall’altra opera, i temi prevalenti e i contesti di riferimento. Apprendiamo così che, dopo Thomas Hobbes, l’autore politico moderno più presente a S. è M., di cui si registrano circa 92 criptocitazioni, a cui seguono quelle dal Weegschal dei fratelli de la Court (53), dal De imperio summarum potestatum circa sacra di Grozio (23) e, in misura minore, dagli altri autori politici moderni presenti a Spinoza. Tra le opere di M., si registrano 55 criptocitazioni dei Discorsi, 29 del Principe, 5 dell’Arte della guerra e 3 delle Istorie fiorentine.
L’esperienza compiuta con le criptocitazioni machiavelliane presenti nel TP indica che il medesimo lavoro andrebbe svolto anche sulle altre opere, a partire dal TTP e dall’Ethica. Soltanto quando tale riscontro sarà stato compiuto, si potrà dire una parola definitiva sia sulla presenza di M. in S. e sulla sua effettiva influenza, sia sul periodo nel quale il filosofo olandese ha iniziato a discutere serratamente con l’«acutissimo fiorentino».
Il primo riferimento ricorre al termine del capitolo quinto, dedicato a illustrare il fine supremo dello Stato, a conclusione della prima parte del trattato. In questa si discute della scienza politica, delle sue condizioni e dei suoi fini (cap. 1), del diritto naturale (cap. 2), del diritto dei poteri sovrani (cap. 3), del diritto di una società civile (cap. 4). Nel quinto capitolo, allorché distingue lo Stato istituito da una libera moltitudine da quello acquisito per diritto di guerra, l’autore osserva che nel primo i cittadini sono mossi più dalla speranza che dalla paura e sono spinti più a cercare la vita che a evitare la morte. E benché tra queste due forme non vi sia una differenza essenziale, si dà tra esse una grande diversità per quel che concerne i fini da perseguire e i mezzi con i quali conservare lo Stato. Qui s’inserisce il riferimento a M.:
L’acutissimo Machiavelli ha mostrato ampiamente i mezzi di cui si deve avvalere un principe, che sia mosso dalla sola libidine di dominio, per acquistare e conservare uno Stato. Per qual fine lo abbia fatto non sembra risultare con sufficiente chiarezza. Ma se ebbe un buon fine, come si deve credere di un uomo sapiente, esso sembra sia stato di mostrare con quanta imprudenza molti si sforzano di toglier di mezzo un tiranno, mentre le cause per cui un principe è tiranno non possono essere eliminate, ma, al contrario, tanto maggiormente si pongono quanto più si offra al principe ragione di temere. Il che accade quando una moltitudine punisce esemplarmente un principe e si gloria di un parricidio come di un’azione ben fatta. Inoltre ha voluto forse mostrare quanto una moltitudine libera si deve guardare dall’affidare la propria salvezza a un solo e unico individuo, il quale, a meno che non sia un vanesio e creda di piacere a tutti, deve temere congiure ogni giorno; ed è quindi costretto a pensare piuttosto alla propria sicurezza e a insidiare la moltitudine più che a curarla. E sono più incline a credere questo di quell’uomo prudentissimo, perché risulta che fu a favore della libertà, per la cui difesa diede saluberrimi consigli (in Opere, trad. it. di O. Proietti, 2007, pp. 1136-37).
Pur ammettendo un’incertezza sui fini perseguiti dall’autore, S. attribuisce al Fiorentino somma acutezza e prudenza, sintetizzate nella definizione di vir sapiens. Suppone quindi che M. scrisse il Principe con due finalità principali: mostrare l’inutilità, anzi la dannosità del tirannicidio, se non si eliminano le cause strutturali per cui un principe si trasforma in tiranno; e avvertire i popoli liberi a non consegnarsi nelle mani di un solo uomo. In un contesto, come quello dei Paesi Bassi, o anche dell’Europa del tempo, nel quale il giudizio su M. era alquanto controverso, S. si pone decisamente nel solco di coloro che hanno visto nel Fiorentino, a iniziare da Alberico Gentili (De legationibus, 1585), un difensore della libertà.
Il secondo riferimento esplicito occorre all’inizio del capitolo decimo, a proposito delle cause di dissoluzione o trasformazione dello Stato aristocratico:
La causa principale della loro dissoluzione è quella notata dall’acutissimo fiorentino nei Discorsi su Tito Livio (III i), quando scrive che allo Stato, come al corpo umano, ogni giorno si aggiunge qualcosa che talvolta esige una cura. Perciò è necessario – egli soggiunge – che a volte si dia qualche accidente e che esso riconduca lo Stato al principio che lo aveva fondato. Se ciò non avverrà nel tempo dovuto, i vizi cresceranno a tal punto che si toglieranno togliendo tutto lo Stato. Questa riduzione verso il principio – egli osserva – può accadere per caso oppure grazie alla prudenza delle leggi o di un uomo di grande virtù (in Opere, cit., p. 1208).
S. è talmente convinto che la causa di dissoluzione indicata da M. sia di grandissimo peso (maximi ponderis) da dedicare l’intero capitolo decimo alla discussione delle soluzioni più idonee alla cura o rinnovamento periodico dello Stato.
Sulla base delle precedenti considerazioni, i principali nuclei teorici già individuati dalla letteratura critica sopra indicata o suscettibili di ulteriori sviluppi e approfondimenti, rispetto ai quali il dialogo intellettuale di S. con M. sembra essere stato più intenso, appaiono essere i seguenti. In primo luogo, S. fa propria, sin dal primo capitolo del TP, la dottrina machiavelliana della verità effettuale quale regola principale per la costruzione della scienza politica. I filosofi, scrive S. parafrasando M., «concepiscono difatti gli uomini non come sono ma come vorrebbero che fossero» (TP I 1). L’attenzione agli uomini «come sono» pone in primo piano la questione dell’individuo storico concreto nella sua piena naturalità e oggetto d’esperienza (Moreau 1994), la cui essenza individuale, come quella di tutte le altre cose, costituisce per S. il solo vero conoscibile e l’oggetto proprio della filosofia (Bodei 1991). È soltanto a partire dalla nozione di individuo che è possibile discutere di comunità, di società civile e di Stato (Matheron 1969).
Altro tema centrale è il nesso machiavelliano forza-diritto, già presente nel TTP e costituente uno dei cardini teorici del TP. Questo tema s’innesta, in generale, nella spinoziana ontologia della potenza, che trova in TP I 3 un testo fondativo, assente, nella sua dimensione filosofica, in Machiavelli. Degna di essere indagata è anche l’origine della violenza tra gli uomini, indicata da M. nella sproporzione tra infinità dei desideri e limitatezza della loro attuazione. In S. essa sembra istituirsi nell’asimmetria tra potenza pervasiva del conatus, limiti della conoscenza e imperfezione dello Stato. Questione di fondamentale interesse è il rapporto tra religione e politica, in particolare il confronto tra la religione dei Romani, celebrata da M., e la religione o piuttosto la teologia dei cristiani discussa da Spinoza. Comune, anche se diversamente declinato, è il radicale anticristianesimo dei due autori.
Sugli arcani della politica S. fa propria l’accezione forte di M., assumendoli come strumenti tipici di un potere tirannico e liberticida (TP VII 29, VIII 31). Considera invece inutili gli arcani descritti nell’ampia letteratura del suo tempo, perché fondati su presupposti morali estranei alla politica, autonoma rispetto all’etica dei privati cittadini, e perché vengono dal filosofo trasformati in esplicite e trasparenti strutture della macchina giuridico-amministrativa dello Stato. La questione della memoria in M., sulla quale richiamava l’attenzione Bacone, costituisce in S. un termine di riferimento per la critica di una filosofia della storia (Morfino 2002) fondata sulla sostanziale accettazione dell’eternità del mondo. S. considera M. difensore della libertà dei cittadini e, implicitamente, di forme di governo repubblicano, come quella da poco consumata nei Paesi Bassi. Quale che sia la valutazione di questo giudizio, è certo che la libertà di S. non è quella di M., come la politica del filosofo olandese, pur recuperando elementi essenziali della politica di M., non può dirsi, semplicemente, machiavelliana.
Definendo M. «vir sapiens», S. lo sottrae al giudizio comune, soprattutto teologico, che considera i politici più astuti (callidi) che sapienti. E pur ponendolo nella piccola schiera dei grandi spiriti con cui la sera ama ritirarsi e discutere, S. sa bene che, a distinguere la propria politica da quella del Fiorentino, è pur sempre la peculiare fondazione filosofica, assente in Machiavelli.
Bibliografia: Fonti: N. Machiavelli, Tutte le opere [...], 5 voll. in un tomo, s.l. 1550; N. Machiavelli, Princeps, ex Sylvestri Telii Fulginatis traductione [...], Basilea [1560 o 1580]; F. Bacone, Sermones fideles, ethici, politici, oeconomici [...], Lugduni Batavorum 1641; A. Clapmarius, De arcanis rerumpublicarum libri sex [...], Amsterodami 1641; A. Perez, Las obras y relaciones [Genevae] 1644; B. Gracián, El criticón, Madrid 1650-1653; D. de Saavedra Faxardo, Corona gothica castellana, y austriaca, politicamente ilustrada, Amberes 1658; F. de Quevedo, Obras [...], 2 voll., Brusselas 1660-1670; R. Des Cartes, Brieven, trad. di J.H. Grazemaker, 2 voll., t’Amsterdam 1661; [J. van Hove (J. de la Court), P. van Hove (P. de la Court)], Consideratien van Staat ofte Polityke Weegschaal [...], t’Amsterdam 1661; [J. van Hove (J. de la Court), P. van Hove (P. de la Court)], Politieke Discoursen, [Leyden] 1662; G. Leti, Le visioni politiche [...], Germania 1671; B. Spinoza, Traité politique, texte établi par O. Proietti, trad., intr., notes, gloss., index et bibliogr. par C. Ramond, in OEuvres, t. 5, Paris 2005.
Per gli studi critici si vedano: A. Menzel, Machiavelli und Spinoza, «Grünhuts Zeitschrift für das Privat und Öffentliches Recht der Gegenwart», 1902, 29, pp. 566-77; A. Ravà, Un contributo agli studi spinoziani. Spinoza e Machiavelli, in Id., Studi filo-sofico-giuridici dedicati a G. Del Vecchio. Nel 25° anno di insegnamento (1904-1929), t. 2, Modena 1930, pp. 299-313, poi in Id., Studi su Spinoza e Fichte, Milano 1958, pp. 91-113; A. Matheron, Individu et communauté chez Spinoza, Paris 1969; C. Gallicet Calvetti, Spinoza lettore del Machiavelli, Milano 1972; P. Vincieri, Natura umana e dominio. Machiavelli, Spinoza, Hobbes, Ravenna 1984; B. Guige, De Machiavel à Spinoza, l’émergence de l’Etat moderne, «La liberté de l’esprit», 1986, 13, pp. 41-64; E. Haitsma Mulier, A controversial republican. Dutch views of Machiavelli in the seventeenth and eighteenth centuries, in Machiavelli and republicanism, ed. G. Bock, Q. Skinner, M. Viroli, Cambridge 1990, pp. 247-63; R. Bodei, Spinoza e Machiavelli. Della cognizione delle cose particolari, in Id., Geometria delle passioni, Milano 1991, pp. 328-36; P.-F. Moreau, Spinoza. L’expérience et l’éternité, Paris 1994; H.W. Blom, Citizens and the ideology of cit izenship in the Dutch Republic. Machiavellianism, wealth and nation in the mid-seventeenth century, in Machiavelli. Figure reputation, ed. J. Leersen, M. Spiering, Amsterdam 1996, pp. 131-52; C. Altini, Spinoza lettore di Machiavelli (I), «Bollettino della Società di studi fiorentini», 1998, 3, pp. 31-38; J. Bidet, In praise of the principle of free difference. Or from Rawls to Marx, moving very slowly by way of Machiavelli at Spinoza, «Pensée», 1998, 313, pp. 89-97; S. Visentin, Libertà e assolutismo: l’orizzonte repubblicano nel pensiero olandese della seconda metà del XVII secolo, «Filosofia politica», 1998, 1, pp. 67-85; L. Bove, Le réalisme ontologique de la durée chez Spinoza lecteur de Machiavel, in La ‘recta ratio’. Criticiste et spinoziste?, Paris 1999, pp. 47-64; C. Altini, Spinoza lettore di Machiavelli (II), «Bollettino della Società di studi fiorentini», 2000, 6, pp. 55-64; V. Morfino, Temporalità e contingenza. Machiavelli e Spinoza o dell’infrazione dell’antinomia kantiana, «Oltrecorrente», 2000, 1, pp. 177-96; P. Cristofolini, Spinoza e l’acutissimo fiorentino, in Id., Spinoza edonista, Pisa 2002; V. Morfino, Il tempo e l’occasione. L’incontro Spinoza Machiavelli, Milano 2002; F. Del Lucchese, Tumulti e ‘indignatio’. Conflitto, diritto e moltitudine in Machiavelli e Spinoza, Milano 2004 (trad. ingl. London-New York 2009); S. Visentin, Acutissimus o prudentissimus? Intorno alla presenza di Machiavelli nel Trattato Politico di Spinoza, «Etica & Politica/Ethics & Politics», 2004, 1, http://www2.units.it/etica/2004_1/visentin.htm (9 giugno 2014); F. Zuolo, Spinoza, Machiavelli e il Repubblicanesimo, «Il politico», 2005, 70, pp. 143-64; V. Morfino, Memoria, caso e conflitto. Machiavelli nel Tractatus theologico-politicus, «Quaderni materialisti», 2010, 5, pp. 63-83.