BARÙMINI
Il comune di B. (in Sardegna, regione della Marmilla, provincia di Cagliari), è noto, da tempo, per la presenza di monumenti antichi e per scoperte archeologiche riferibili a varie civiltà. Si contano una ventina di nuraghi (v.) sia di tipo semplice che di tipo complesso, di struttura ed età differenti. Si hanno notizie di trovamenti e sono stati eseguiti scavi che hanno messo in luce resti di edifici di abitazione e tombe, di epoca punica e romana, in numerose località del territorio che, in passato, fu diffusamente e continuamente frequentato da popolazioni dedite in prevalenza all'economia agricola. Resti di abitati sono apparsi a S. Lussorio, Bàngius, Marfudi, Pranu Amis, Sighillanu, Pranu Ácumas, Riu Picinna, Riu Fanari, Riu Tùvulu, Perdedu; tombe a Pala sa Matta, Siali, S'Anzianu, Su Luaxi, Riu Zirigus, Gùtturu sa Pira, Bau Marcusa ecc. Ma il paese di B. è assurto, di recente, a centro archeologico di prim'ordine, dopo la scoperta e gli scavi, effettuati dal 1951 al 1956, del nuraghe e del villaggio nuragico di Su Nuraxi, che sono situati a circa un chilometro dal moderno abitato, sulla strada provinciale per Tuili.
Il nuraghe è costituito da una torre principale circondata da quattro torri minori, unite da murature rettilinee, racchiudenti un alto cortile. Questo nucleo interno di difesa, che alla torre principale raggiungeva in origine l'altezza di circa 20 m, è protetto tutto attorno da una cerchia esterna, o antemurale, articolata in sette torri raccordate da cortine, con una ridotta a tenaglia sporgente in direzione N-E. Il massiccio e munito fortilizio ha acquistato la figura complessa ed organica, quale oggi si presenta, in tre fasi successive:
a) Nuragico arcaico (circa 1100-1050 a. C.). Torre principale, con tre camere sovrapposte del tipo a thòlos (pseudocupola a filari aggettanti), collegate da rampe di scale a chiocciola internate nel muro, ad altezza dal suolo (tipo primitivo di scala nuragica), con terrazzo a profilo semplice.
b) Nuragico primo inferiore (fine IX o prima metà dell'VIII sec. a. C.). Aggiunta di quattro torri con unica cella munita di feritoie a due ordini sovrapposti, collegate da cortine nella più corta delle quali (S-E) fu aperto l'ingresso a piano terra, difeso da due posti di guardia. Nel cortile, alto poco meno di 15 m, che serviva da spazio per dar luce ed aria ai vani delle torri e per disimpegnare il passaggio fra gli ambienti in piano e in elevato, fu scavato un pozzo, profondo oltre 20 m, che dava la possibilità di resistere a lungo in caso di assedio. In questa fase le parti alte delle murature delle torri, fatte in basso e nel mezzo di blocchi poligonali, furono costruite con massi squadrati, sia per rendere elegante la parete sia, e con intento preminente, per opporre, tenendola liscia, maggior difficoltà alla scalata. Erezione del primo antemurale.
c) Nuragico primo superiore (seconda metà dell'VIII sec. a. C.). Rinforzo delle quattro torri con un rifascio murario di 3 m di spessore (aggiuntosi ai 2 m circa delle strutture anteriori), eseguito per l'intero perimetro e per tutta l'altezza delle murature antiche, con conseguente occlusione esterna delle feritoie nelle celle, e dell'ingresso nella cortina di S-E. Il rinforzo seguì a un cedimento del suolo roccioso, che produsse gravi lesioni e compromise la stabilità di gran parte della compagine muraria; ma forse, in pari tempo, fu concepito anche come espediente di difesa dagli attacchi degli arieti, macchine già allora conosciute ed usate negli assedi di città e fortezze. L'ingresso al fortilizio fu spostato nella cortina di N-E, più nascosta, fu sopraelevato da terra circa 7 m e fu reso accessibile con una scala mobile. I terrazzi, sia della torre principale sia delle torri minori rinforzate, furono fatti sporgere su grandi mensole di basalto inserite nella muratura di blocchi squadrati, e furono pertanto destinati alla difesa col sistema dei piombatoi, cioè col far precipitare dall'alto grosse palle di pietra che furono anche trovate, durante gli scavi, alla base della costruzione. In questa fase fu costruito il nuovo antemurale, più all'esterno, che incorporò due delle torri del vecchio antemurale; il nuovo fu servito da due ingressi sui lati E e O, e munito di una ridotta prominente, con un terzo ingresso sul lato N-E.
Il villaggio si venne sviluppando intorno al nuraghe, più diffusamente dalle parti N, E, S che sono pianeggianti. Vi abitavano le famiglie dei militari che custodivano la fortezza (il nuraghe), la quale era, a quanto pare, la sede del capo o del piccolo re locale. In caso di guerra le famiglie abbandonavano le case e si ritiravano dentro lo spazio dell'antemurale, trovandovi riparo e difesa temporanea. Ciò fino a quando il forte non venne distrutto dalle truppe cartaginesi, verso la fine del VI sec. a. C.; dopo di che il villaggio diventò dimora di gente pacifica e soggetta, in una fase di decadenza che durò fino a circa i tempi di Augusto. Anche il villaggio, come il nuraghe, passò attraverso successive vicende:
a) Nuragico arcaico (XII sec. a. C.): non si ha traccia di villaggio.
b) Nuragico primo inferiore (IX-prima metà VIII sec. a. C.). Si hanno alcune costruzioni, di cui la più interessante consta di uno spazio rettangolare, con pavimento provvisto di pozzetti destinati a deporvi materiali votivi (vasi con resti di uccelli e roditori, con ceneri e carboni; elementi di bronzo ecc.), forse con intento inauguratorio, come rito di fondazione del villaggio di cui, però, non si può ricostruire né l'aspetto né l'estensione.
c) Nuragico primo superiore (seconda metà VIII sec. a. C.-fine VI sec. a. C.). Di questo aggregato si conservano i resti di una sessantina di capanne, disposte per lo più a gruppi intorno ad uno spazio centrale aperto, di uso comune, secondo un ordinamento già conosciuto in altri villaggi nuragici. Le dimore sono rotonde, con zoccoli murari di grosse pietre a coltello nell'interno, foderate, all'esterno, da pareti di medî blocchi poligonali in prevalenza di pietra basaltica. Il tetto era conico, fatto di tronchi e frasche, talvolta forse con un palo nel mezzo per sorreggere meglio il peso della copertura, come nelle capanne dei pastori sardi moderni ("pinnetas"). Nel complesso delle costruzioni si distingue una capanna più ampia (diam. m 7,20), di uso pubblico. Con un sedile all'ingiro alla base del muro, con stipi e con una nicchia più grande alle pareti per deporvi oggetti di cui, taluno, connesso con un rituale, per la presenza di elementi (betilo, vaschetta, bacinella) di chiaro significato religioso, per l'attenzione posta nel situare la capanna entro la protezione della ridotta dell'antemurale, si può riconoscere in essa la Sala del Consiglio dove, dopo lo svolgimento di una cerimonia religiosa, si deliberavano gli atti pubblici della vita civile e militare. Questa e altre capanne hanno restituito numerosi oggetti di carattere domestico, in terracotta, bronzo, ferro, pietra, ambra, ecc., resti di pasto e segni di focolari. Si tratta di manifestazioni d'un vivere semplice, ma vivace e coerente, di natura rurale; di piccole attività industriali casarecce (macine, pestelli); in sostanza l'alternativa civile dell'aspetto guerresco del fortilizio, rivelatosi questo anche attraverso le armi, di pietra, di bronzo e di ferro, rinvenute nei diversi vani. Questa fase del villaggio corrisponde al periodo più evoluto e fiorente della civiltà nuragica, come testimoniano parecchi elementi della suppellettile, i quali, in mezzo alla maggioranza che rivela un gusto locale, mostrano d'essere il risultato di contatti con civiltà più progredite della stessa isola (fenicio-punica) e del continente italiano (Etruria settentrionale). Si allude, in particolare, a oggetti di bronzo e a vasi decorati con ornati geometrici lineari che trovano confronti nei prodotti ceramici delle culture paleogreche e paleoitaliche dall'viii al VI sec. a. C.
d) Nuragico secondo (V-IV sec. a. C.). Restano numerosi vani di circa una ventina di abitazioni, in parte costruite nello spazio dell'antemurale, ma nella maggior parte all'esterno, nel luogo del villaggio precedente. Il nuovo villaggio fu ricostruito dai fuggiaschi scampati alla strage compiuta dall'esercito cartaginese, ritornati dopo un breve periodo di vita raminga. Elevate sulle rovine delle torri e delle vecchie capanne megalitiche, le nuove dimore sono diverse: sia per il tipo di muratura, a medie e piccole pietre legate con malta di fango, sia per le caratteristiche dell'abitazione, che ora è costituita da una forma rotonda, completamente chiusa tranne che all'ingresso, con ambienti convergenti radialmente intorno ad un piccolo atrio scoperto, destinati ciascuno ad un uso diverso (soggiorno, camera da letto, cucina con forno, stanzetta per il pane, ecc.), a differenza delle antiche abitazioni, dove l'unico vano serviva per tutte le faccende. Nonostante parziali influenze della disposizione ambientale del nuraghe e dell'abitazione della fase precedente, il tipo di casa che ora si presenta e che risulta tanto singolare, si riallaccia al tipo di casa mediterranea antichissimo, quale appare, ad esempio, a Chamaezi Siteia, a Creta, con una persistenza secolare che si spiega benissimo con la natura recessiva dell'ambiente e della cultura sarda. Gli elementi culturali (oggetti di bronzo, ferro, pietra, pasta vitrea, soprattutto ceramiche), i resti di vita (avanzi di pasti, tracce di focolari, ecc.), osservati in queste dimore, mantengono, nella sostanza, l'aspetto tradizionale, ma palesano l'impoverimento e la decadenza derivati dal diverso stato sociale ed economico di popolazioni ormai declassate al livello di servi della gleba. Si nota, tuttavia, a differenza della fase precedente, una tendenza a specializzare meglio certe attività. Così si hanno distinti vani per la confezione del pane, dell'olio (probabilmente di lentischio), di oggetti di pietra, in forme d'un semplice, ma spiccato, artigianato agricolo, che denunzia il passare dei tempi e l'immanenza - per quanto scarsamente sentita - di questo piccolo mondo arcaico nella storia.
e) Fase punico-romana (III-I sec. a. C.). Ove la vita non continua nelle abitazioni della fase precedente, queste vengono rifatte nella forma consuetudinaria, talvolta con rozzi adattamenti e restringimenti che segnano un regresso ulteriore. Ma adesso, nelle dimore di vecchio stile, si trovano gli oggetti di importazione (ceramiche etrusco-campane, terrecotte figuline, monete punico-romane repubblicane), in cui, forse, bisogna riconoscere anche il risultato, oltre che di commerci, di commistione degli indigeni con elementi etnici forestieri: se non proprio cartaginesi, libio-punici o iberici mercenarî. Di questo villaggio si conoscono le tombe, mentre dei villaggi delle altre fasi non restano che indizi, come alcuni betili e una stele centinata di probabile "tomba di giganti", riutilizzati, nelle casette più tarde, come materiale da costruzione.
La scoperta del nuraghe e del villaggio di B. ha portato un sostanziale chiarimento allo studio dello sviluppo secolare della civiltà nuragica, determinandone fasi culturali e cronologiche durate per più d'un millennio (da circa il 1100 a. C. al I sec. a. C.); e ha consentito di fornire una integrazione archeologica a ciò che la storia non ci diceva, se non per vaghi (ma non trascurabili) frammenti. Dalle constatazioni stratigrafiche, emerse nel vasto scavo di B., si può ora partire, su basi concrete, per ulteriori e più larghe indagini sulle antichità sarde.
Bibl.: G. Lilliu, in Studi Sardi, III, 1938, p. 148 ss.; IV, 1940, p. 25 ss.; IX, 1950, p. 463; X-XI, 1952, p. 98 ss., figg. 7-10, tavv. IV-VII; XII-XIII, parte i, 1955, pp. 143-469, tavv. XI-LXX (Il nuraghe di B. e la stratigrafia nuragica); id., in Not. Scavi, 1939, p. 370 ss.; 1943, pp. 170, 175, 182 ss.; 1946, p. 175 ss.; 1947, p. 325 ss.; id., in Le Vie d'Italia, LIX, 1953, ottobre, p. 1294-7; id., in L'Illustrazione italiana, Natale 1955 (numero dedicato alla Sardegna), p. 97 ss.; id., in Realtà Nuova, n. 9, XXI, sett. 1956, p. 830; P. Mingazzini, in St. Etr., XXII, 1952-53, p. 369 ss.