BASILIANI
. Denominazione data ai religiosi che osservano la regola di S. Basilio il Grande, arcivescovo di Cesarea di Cappadocia, considerato, al pari di S. Antonio e di S. Benedetto, come fondatore di uno dei principali ordini monastici. Dal sec. XVI fino ad epoca molto recente si è creduto in Occidente che tutti i monaci cosiddetti "greci", cioè di disciplina bizantina, senza differenza di paese e di lingua, fossero basiliani costituiti in un grande ordine, anzi, che quest'ordine fosse l'unico riconosciuto dalla chiesa impropriamente detta "greca". Questa convinzione, diffusa da tutti gli scrittori che hanno trattato degli ordini religiosi fino agli ultimi anni del sec. XIX, è errata. I monaci orientali non vedono in S. Basilio il loro principale ed esclusivo padre o fondatore: egli in realtà non è che uno dei maestri della vita ascetica. La collezione di domande e risposte conosciute sotto il nome di "Regola di S. Basilio" è soltanto uno degli anelli di una tradizione patristica. I monaci orientali, per loro natura, sono monaci di un determinato monastero, e non membri di corporazioni più vaste.
L'idea di un ordine basiliano trae la sua origine da un passo della regola di S. Benedetto (cap. 73), in cui vien citata con encomio la compilazione delle risposte ascetiche del santo arcivescovo di Cesarea. Quando i Normanni conquistarono l'Italia meridionale e la Sicilia, sui primi anni del sec. XI, trovarono in quelle regioni un gran numero di monasteri bizantini, e appunto nei diplomi concessi a questi dai re normanni, nonché nelle bolle contemporanee dei papi, si trova per la prima volta menzionato un "ordine basiliano". Detta denominazione era quindi una mera formula di cancelleria. I primi lineamenti d'una federazione tra i monasteri bizantini dell'Italia meridionale si devono vedere nelle facoltà concesse da Eugenio IV nel 1446 a tre visitatori, scelti in un capitolo generale tenutosi nello stesso anno in Roma, con l'incarico di ricondurre la disciplina nei monasteri greci del Mezzogiorno, che erano in condizioni di grave decadenza disciplinare. Nel novembre 1446, il cardinale Bessarione convocò allo stesso scopo un nuovo capitolo generale in cui furono eletti nove definitori; questo fu il primo passo verso un'organizzazione del tutto occidentale. Nel 1504, un altro capitolo generale radunato nel monastero di S. Nicola di Calamizzi, vicino a Reggio Calabria, nominò ancora due visitatori; ma tutti questi tentativi di riforma non ebbero notevole efficacia
Il cosiddetto ordine basiliano è di origine latina e spagnola. Nei tempi di Paolo IV (1555-1559), alcuni pii cristiani della diocesi di Jaén, nella Spagna meridionale, avendo deciso di abbracciare la vita monastica, adottarono, dietro il consiglio del vescovo Diego Tavera, la cosiddetta regola di S. Basilio, e il loro primo rettore, padre Bernardo de La Cruz, andò nell'archimandria di Grottaferrata presso Roma per farvi la sua professione monastica. Un breve di Pio IV del 18 gennaio 1561 è la vera carta di fondazione dell'ordine basiliano, allora tutto latino. Detto ordine condusse per più secoli in Spagna una vita del tutto indipendente da quella monastica orientale, prescindendo dall'affiliazione spirituale ai monaci di Grottaferrata.
Nel 1579, per riformare in modo definitivo i monasteri bizantini dell'Italia meridionale, Gregorio XIII decise di unirli tutti in una sola congregazione, sull'esempio di quella di S. Giustina di Padova instaurata dai benedettini fin dal 1417. La costituzione da lui emanata a tale effetto, il 1° novembre 1579, diede i natali all'ordine basiliano orientale. Nel corso del sec. XVII i basiliani d'Italia si unirono più strettamente con i basiliani latini della Spagna, di rito occidentale romano. La costituzione dell'ordine frattanto si era trasformata in quella degli ordini monastici latini d'allora; i monaci cambiavano con grande facilità di convento e quindi di rito, anche più volte di seguito. Nello stesso tempo, il rito orientale andava sempre più alterandosi, fino a formare il cosiddetto "rito misto", pieno di ibridismi che sono stati recentemente caratterizzati dalla parola uniatismo. Le cose arrivarono al punto che, nel 1709, il generale Pietro Menniti implorò invano da Clemente XI il transito in massa di tutti i monasteri rimasti più o meno di rito orientale al rito romano; la quale idea venne ripresa nel 1746 dal successore del Menniti, il padre Giuseppe Del Pozzo, e messa in esecuzione nel 1748 in tutti i monasteri di Calabria. Fu necessaria l'autorità di Benedetto XIV per farla più tardi annullare. La fusione inopportuna dell'elemento latino e le soppressioni politiche avvenute nel 1861 e in seguito, portarono la congregazione basiliana d'Italia allo stato ridottissimo in cui è oggi: essa è limitata in sostanza all'unico monastero di Grottaferrata, presso Roma, e al monastero di Mezzojuso in Sicilia.
La seconda congregazione basiliana, per ordine cronologico, è quella dei Ruteni. Al pari di tutti i monasteri orientali, quelli della provincia ecclesiastica di Kiev erano indipendenti l'uno dall'altro. Allorché nel 1595-1596 venne proclamata l'unione ecclesiastica con Roma, s. Jozafat Kuncewicz poteva contare una quindicina di anni. Nel 1604 ricevette l'abito religioso nel monastero della SS. Trinità di Vilna; nel 1607, vi fu raggiunto da Weljamin Rucki, il futuro metropolita di Kiev, e parecchi giovani si radunarono attorno a loro. Man mano si formò una nuova comunità, che nel 1613 fondò monasteri a Byteń e a Żyrowice. Nel 1617 venne radunato a Ruta un capitolo, che organizzò i monasteri riformati nella congregazione detta della SS. Trinità, o anche di Lituania dal nome del granducato, con a capo un generale e sulla base di costituzioni più o meno ispirate da quelle della Compagnia di Gesù. L'imitazione si precisò vieppiù con l'andar del tempo: il capitolo generale di Torokany del 1780, l'ultimo che abbia codificato la legislazione, non fece altro che copiare talvolta pagina per pagina l'Institutum Societatis Iesu.
Più volte divisa in provincie dal 1743 in poi, ma duramente provata dalla spartizione della Polonia e dalle persecuzioni ordinate dal governo russo, la congregazione basiliana era nondimeno sopravvissuta, divisa in due rami, l'uno nella Galizia orientale, l'altro nell'Ungheria settentrionale. Non offriva più che l'ombra del suo passato, quando Leone XIII ne intraprese nel 1882 la riforma, la quale fu affidata ai gesuiti della provincia di Galizia. I basiliani ruteni sono oggi piuttosto chierici regolari che monaci. Tuttavia sui primi anni del sec. XX il metropolita Šeptyckyj diede luogo, sotto il nome di Studiti, ad una specie di restaurazione della vera vita monastica orientale.
Dalla Galizia la riforma di Leone XIII, detta anche "riforma di Dobromil" dal primo monastero in cui ebbe la sua sede, si è diffusa nell'attuale Russia subcarpatica, appartenente oggi alla Cecoslovacchia, e verso l'Ungheria del nord, assorbendovi man mano gli antichi monasteri; ultimamente si è stabilita anche nel Canada, negli Stati Uniti, nel Brasile, per ivi occuparsi degli emigrati ruteni, e nella Rumenia, come si dirà più oltre. Perciò si pensa, adesso che la congregazione è divisa in più provincie, a ristabilire la dignità di protoarchimandrita con casa generalizia in Roma stessa.
Altre tre congregazioni basiliane appartengono ai patriarcati melkiti. Sulla fine del sec. XVII, la vita monastica era ridotta quasi a nulla nel patriarcato di Antiochia. D'altronde, cento anni prima, le relazioni riallacciate con Roma da un legato della Santa Sede avevano iniziato un rifiorimento cattolico in una regione dove lo scisma non aveva mai avuto radici profonde. La venuta in Aleppo di varî ordini latini aveva accelerato il movimento; in seguito alcuni vescovi s'erano dichiarati cattolici. Due monaci del monastero di Balamand, presso Tripoli di Siria, desiderosi di condurre una vita più perfetta, avevano lasciato il loro monastero per rifugiarsi nella borgata di Shuair (ash-Shuwair), sul Monte Libano, nel 1697. Così nacque l'archimandria di S. Giovanni Battista, di Shuair, che ebbe varie ramificazioni, e nel 1756 la congregazione così costituita adottò per suo uso le costituzioni dei monaci maroniti antoniani (v. antoniani), ispirate da costituzioni italiane dell'epoca, non ancora ben identificate. Nel 1829, in seguito a rivalità paesane, la congregazione degli Shuairiti fu divisa in due: Shuairiti indigeni o Baladiti (dall'arabo balad, paese) e Shuairiti aleppini, dalla città di Aleppo, patria dei suoi membri. Ambedue sussistono ancora oggi.
Quasi contemporaneamente agl'inizî degli Shuairiti, il metropolita di Tiro e vescovo di Sidone, Eutimio Ṣaifī, discepolo dei gesuiti e grande ammiratore della loro vita e opere, ideò una società religiosa più o meno sul modello della Compagnia. Non avendo egli i mezzi di realizzare totalmente il suo intento, si limitò a radunare alcuni sacerdoti zelanti, in maggioranza educati da lui stesso; non era questo un vero istituto monastico, ma l'imprecisione della lingua araba, che chiama dair (dēr) ogni casa religiosa, trasformò la congregazione da lui fondata in ordine monastico, detto pure basiliano, sotto l'influsso dell'idea allora comune che tutti i religiosi orientali non potevano essere altro che basiliani. Il convento di S. Salvatore, fondato nel 1716, diede così origine a una nuova congregazione basiliana senza costituzioni proprie, benché in pratica abbia più o meno messo in uso quelle degli Shuairiti.
Per molto tempo queste tre congregazioni furono molto attive e importarono nel clero melkita la pratica del celibato, ma di fatto nel 1831, finite le persecuzioni, i monaci melkiti erano semplicemente sacerdoti secolari riuniti in gruppi. In seguito, col naturale sviluppo del clero secolare, sorsero conflitti, che si fecero man mano più aspri allorché il seminario di S. Anna di Gerusalemme, aperto nel 1882 dai missionarî d'Africa (Padri Bianchi d'Algeri), cominciò a rinnovare tutto il ceto ecclesiastico. D'altronde alcuni elementi monastici, specialmente i più giovani, meglio educati e formati, desideravano una riforma: questa infatti è stata iniziata pochi anni or sono ed ha cominciato a dare qualche frutto, ma non si potrebbe dire ancora se i nuovi basiliani melkiti saranno veri monaci, o soltanto chierici regolari ad esempio dei loro confratelli ruteni.
La più recente delle congregazioni basiliane è quella dei Romeni dell'Ardeal (Transilvania già ungherese). Nel 1747, il vescovo di Făgăraş, Ioan Micu (Klein), eresse il monastero di Blaj sotto l'invocazione della SS. Trinità, proponendogli come principale scopo l'insegnamento. Questa è l'origine delle celebri scuole di Blaj, che hanno fatto tanto per la cultura del popolo romeno pertinente alla corona d'Ungheria. Se non che le riforme dell'imperatore Giuseppe II rovinarono questa fondazione: il mal consigliato sovrano prescrisse che il monastero di Blaj non contasse più di undici monaci; fu quindi necessario ricorrere al clero secolare per occupare tutte le cattedre. Nel 1807, il vescovo Ioan Bob, vedendosi privato dei suoi abituali consiglieri, eresse un capitolo di canonici ad imitazione dei capitoli latini: una tale misura affrettò ancora più la decadenza dell'ordine monastico. Un vecchio monaco è oggi l'unico superstite dell'antica congregazione basiliana romena; ma uno zelante sacerdote, dopo alcune esperienze in più luoghi, è andato da pochi anni a formarsi alla vita religiosa presso i Basiliani ruteni della Galizia, e già è stata eretta una nuova provincia per le esigenze delle leggi romene. La vera vita monastica manca ancora ai Romeni cattolici di rito orientale.
È difficile dare statistiche precise dei basiliani, poiché mancano elenchi aggiornati per la maggior parte delle congregazioni. I basiliani d'Italia nel 1926 contavano 12 ieromonaci, cioè monaci sacerdoti, tra i quali 7 Albanesi delle colonie di Sicilia, 9 semplici monaci (fratelli), tra i quali 3 Ruteni, 4 novizî coristi di cui 2 Albanesi, 12 probandi e 1 fratello novizio. In Sicilia vi erano 13 terziarie basiliane in 3 case: Mezzojuso, Palazzo Adriano e Contessa Entellina, e una dozzina di probande. Secondo l'elenco del 1923, i basiliani ruteni erano in tutto 252, tra i quali 105 sacerdoti, 63 studenti e 84 fratelli laici, in 16 conventi diventati oggi circa 20 con le nuove case di Russia sudcarpatica e di Romania. Vi sono inoltre le basiliane rutene. Per i basiliani melkiti, la statistica più recente che sia stata pubblicata è quella del 1907: gli Shuairiti contavano 96 ieromonaci, quasi tutti dedicati al ministero parrocchiale, e una quarantina di monache di vita prettamente contemplativa; gli Aleppini 50 ieromonaci, di cui la metà circa occupata nel ministero spirituale, con una ventina di novizî o fratelli e 28 monache; i Salvatoriani con 169 ieromonaci, di cui 129 nel ministero attivo, una quindicina di fratelli e 30 monache. Il seminario della congregazione conta una cinquantina di alunni. I basiliani romeni sono pochi, essendo la provincia ancora agl'inizî.
Bibl.: Non vi è alcun'opera che tratti dell'ordine basiliano in generale. La storia dei basiliani latini della Spagna si trova in Alfonso Clavel, Antiguedad de la religión y regla de San Basilio Magno, Madrid 1645, e nella Breve relación de reformación y Constitutiones de los monges de San Basilio camados del Tardon, 1641. - Quella dei basiliani d'Italia è compendiata da Pietro Pompilio Rodotà, nel vol. II della sua opera: Dell'origine, progresso e stato presente del rito greco in Italia, Roma 1760; questo volume tuttavia sarebbe da rifare interamente con l'aiuto del fondo Basiliani, dell'Archivio Vaticano, in cui si trovano gli originali di parecchi capitoli generali. Possono servire le numerose opere che parlano dei monasteri bizantini dell'Italia meridionale prima della loro riunione in congregazione; cfr. inoltre P. Orsi, Le chiese basiliane della Calabria, Firenze 1930. - Per i basiliani ruteni, ancora indispensabile è la Geschichte der Union der ruthenischen Kirche mit Rom, di mons. G. Pelesz, Vienna 1878-1880, voll. 2. Migliori sono le Dzije kósciola unickiego na Litwie i Rusi w XVIII i XIX stoleciu ("Storia della Chiesa unita in Lituania e Russia nei secoli XVIII-XIX") di mons. E. Likowski, 2ª ed., Varsavia 1906, voll. 2, ma non ancora tradotta in una lingua più accessibile del polacco; ottimi elementi in A. Guépin, Un apôtre de l'Union des Églises au XVIIe siècle: saint Josaphat et l'Église ghréco-slave en Pologne et en Russie, 2ª ed., Parigi 1897-1898, voll. 2. In generale, tutti gli autori che hanno trattato della storia ecclesiastica della Polonia nei secoli XVIII-XIX toccano l'argomento in modo più o meno diffuso. Dal 1924, i basiliani del monastero di Żovkva (Žolkiew) pubblicano, sotto il titolo di Zapiski Cina svjatoho Vasilija Velikoho Analecta Ordinis S. Basilii Magni, una raccolta redatta principalmente in ucraino, consacrata alla storia del loro ordine nell'antica Polonia, e di grande valore critico. - Per i basiliani melkiti, non vi sono che articoli di riviste di valore molto relativo, sparsi principalmente nella rivista Échos d'Orient, Parigi 1897 seg.; la statistica particolareggiata del 1907, in C. Korolevskij (Karalevvskij), Histoire des Patriarcats melkites, III, Roma 1911, pp. 330-337. - Per i basiliani romeni, alcuni elementi in I. Raţiu, Blajul, Brasov 1911; N. Brânzeu, Şcoalele din Blaj, Sibiu 1898. Molte lettere dei primi basiliani di Blaj sono conservate nell'archivio di Propaganda in Roma e permetterebbero di illustrare la loro attività.