BASILICA
Il termine b. per qualificare l'edificio di culto cristiano si trova menzionato a partire dal sec. 3° (Recognitiones pseudo-clementinae, X, 71, PG, I, col. 1453; pseudo-Giustino, Cohartatio ad Graecos, XXXVII, a cura di M. Marcovich, BerlinNew York 1880; si veda anche Agostino, Ep., CXC, 5, PL, XXXIII, col. 863) insieme all'altro di ecclesia con un'analoga accezione; posto subito, il primo termine, in relazione con l'edificio che accoglie e ospita l'assemblea dei cristiani; legato, il secondo, all'inizio, al concetto di assemblea e solo in un ulteriore momento passato a indicare il luogo dove si tengono le riunioni liturgiche.Etimologicamente il vocabolo, di origine greca, allude a un edificio regale e, verso la fine dell'età repubblicana, fu impiegato per la denominazione dei vasti ambienti, presso il foro, ove avevano principalmente luogo le udienze giudiziarie. Per i cristiani, invece, b. significò principalmente 'casa del Signore'; indipendentemente dall'importanza delle costruzioni, ogni edificio poteva infatti essere designato come basilica. La presenza e immanenza in esso della divinità lo rendeva regale e grandioso, pur in assenza degli attributi materiali e dello sfarzo necessari per riconoscere una simile importanza (si veda come interpreta il termine Isidoro di Siviglia, Etym., XXX; PL, LXXXII, col. 545). Anche per questo non bisogna confondere il termine b. con l'aggettivo moderno basilicale, che si riferisce solo all'articolazione strutturale dell'edificio classico, legato alla tipologia dell'aula giudiziaria romana e alla pluralità delle navate e a volte anche delle absidi che lo costituivano.Le denominazioni di ecclesia e di b. sono quindi tra loro indipendenti, anche se l'uso distinto dei termini può servire a designare alcune varianti nella specifica destinazione dell'edificio di culto, in relazione ai particolari tipi di funzione che in esso si svolgevano (per es. in Francia, dove il termine b. indica un edificio di culto a carattere martiriale).Se alla designazione di b. come aula di culto corrispose, molto precisamente, il termine latino di dominicum e quello di aula (Regis coelestis) o di aedes, precedentemente erano state impiegate, con lo stesso significato, anche le denominazioni di óikos e proseuché da un lato e domus dall'altro.Fino al sec. 4°, comunque, l'edilizia basilicale non trovò riscontro in edifici tipologicamente definiti, ma si limitò a usufruire di impianti privati (domus, terme, ecc.), che per convenzione vengono definiti domus ecclesiae (o domus ecclesia) per indicarne il significato e la destinazione d'uso.Le prime domus ecclesiae nell'area dell'orbe cristiano non sono oggi molto facilmente individuabili; molto spesso bisogna infatti contentarsi di testimonianze letterarie, non sempre attendibili, specie quando risultano molto più tarde rispetto agli edifici menzionati. È poi chiaro che le trasformazioni successive hanno quasi sempre cancellato le tracce delle strutture originarie. Inoltre bisogna considerare che il nascere e l'accrescersi graduale delle varie comunità cristiane, la loro progressiva organizzazione, unitamente alle differenti ripercussioni che le situazioni storiche ebbero su di esse, non favorì uno sviluppo contemporaneo di edifici a specifica valenza cultuale. Per questo situazioni che sembrerebbero doversi accomunare a quelle più antiche si debbono invece assumere come attardamenti, anche se ibridi, nelle regioni che non risentirono dell'iniziale diffusione del cristianesimo e in cui le esigenze monumentali non si adeguarono a quelle altrove ormai definite (per es. in Gran Bretagna). Inoltre le domus ecclesiae non sono spesso facilmente riconoscibili anche perché, all'inizio, esse non furono provviste di connotati che le distinguessero per la loro utilizzazione religiosa.Dalle numerose citazioni letterarie relative all'edificio cristiano delle origini, a partire da quelle paoline (1 Cor. 11, 18, 20, 22), risulta che una casa o un ambiente destinato alla liturgia e alle necessità di una comunità cristiana poteva, almeno in principio, continuare a fungere anche da abitazione di colui che ospitava l'assemblea dei cristiani, purché allestisse in maniera adeguata gli spazi della sua dimora quando vi si stabiliva un'adunanza. In un secondo momento, però, con il progressivo sviluppo dell'organizzazione ecclesiastica, anche relativamente all'accrescersi numerico delle varie comunità, si moltiplicarono le sedi prescelte per l'insediamento di istituzioni liturgiche predisposte anche per un servizio assistenziale completo. Esse si stabilirono, allora, secondo un criterio preciso e con una destinazione d'uso che non ammetteva più, in contemporanea, utilizzazioni diverse da quella religiosa. Un simile passaggio avvenne certo solo gradualmente e comportò in ogni modo una serie di modifiche nell'allestimento dei luoghi destinati al culto e alle funzioni a esso connesse. Di questi cambiamenti, anche per la deperibilità dei materiali impiegati, ridotti frequentemente solo all'arredo di alcuni ambienti e al corredo destinato alla liturgia, non è quasi mai possibile rinvenire traccia. Risulta comunque chiaro che il significato del termine b. non si lega solamente all'area destinata al culto, ma deve essere sempre inteso come complesso di locali, variamente numeroso e articolato, la cui connotazione precisa è siglata dalla presenza e dall'accezione dell'ambiente destinato alla liturgia che ne costituisce il fulcro.Oltre alle necessità liturgiche proprie di ciascuna regione, è molto probabile che le varie esperienze, maturate nel periodo dell'insediamento di postazioni cristiane entro edifici con diversa destinazione d'uso originaria, abbiano favorito le scelte concernenti le esigenze costruttive specifiche della basilica. Queste potrebbero aver comportato anche tentativi molto ridotti di interventi edilizi, che a volte è possibile ancora individuare e che si rilevano anche in alcune b. di tipo maturo, nelle quali sono sopravvissute le tracce di importanti sistemazioni di impianti precedenti. Si possono ricordare infatti esempi come la casa-b. di Dura Europos sull'Eufrate (sec. 3°), le chiese di S. Clemente e Ss. Giovanni e Paolo a Roma (fine sec. 4°-prima metà del 5°) e quella di Qirqbīze nella Siria del Nord (sec. 4°). Essi riflettono articolate tipologie relative a edifici civili del sec. 3°, che possono giustamente supportare tali considerazioni e richiamano i méghistoi óikoi di un inciso porfiriano (Adv. Christ., fr. 76). Anche questi fenomeni non dovettero avere carattere di omogeneità né di contemporaneità poiché erano sempre in relazione con lo sviluppo delle comunità. Inoltre, per quanto riguarda la chiesa da accorpare alla residenza vescovile o alla sede della centrale organizzazione ecclesiastica locale, questa dovette risultare sempre diversificata dalle altre di una stessa comunità, quale fulcro propulsore della vita comunitaria che da essa si dipartiva. Quindi l'episcopio o la chiesa dei presbiteri a capo della gerarchia di ogni località furono necessariamente più importanti e completi per la complessità delle mansioni che quivi si dovevano svolgere o che da esse dovevano ricevere impulso.Dopo la pace della Chiesa, le grandi costruzioni costantiniane o dei costantinidi offrono articolate sperimentazioni di una tipologia matura che deve essere però considerata di carattere eccezionale. Infatti durante tutto il sec. 4° non si deve intendere affatto la b. sempre come un edificio a pianta longitudinale, diviso in navate e munito di abside o di absidi, secondo uno schema proprio della b. forense e che troverebbe piena rispondenza nell'edificio di culto di Orléansville in Algeria (324) e in numerosissime b. dell'Africa del Nord. A Roma e altrove questo non accade, o comunque non si può dimostrarlo altro che per l'esempio lateranense, la cui pianta, in ogni modo, presenta peculiarità che la fanno considerare un unicum (per es. l'area del c.d. transetto). Proprio a Roma dunque non si individua una linea parallela a quella africana, nonostante che peculiarità dell'edilizia traianea ritornino nel sec. 4° tanto in area africana quanto in ambito romano. A questo proposito è da notare che l'articolazione della b. civile del sec. 2° si riscontra con precisione nelle b. cristiane dell'Africa, ma non in quelle dell'Urbe.In ogni caso, nelle b. del sec. 4° non domina affatto l'esigenza di un modello uniforme. Per es., per la b. di Tiro, sfarzoso esempio anteriore al 320, noto attraverso la descrizione di Eusebio di Cesarea (Historia ecclesiastica, X, 4; a cura di G. Del Ton, Roma 1964, pp. 752-757), non si ha menzione dell'esistenza di un'abside. Nella quasi totalità dei casi, quest'elemento si affermò posteriormente e non rispettando sempre la forma semicircolare. Le absidi mancano in alcuni casi, forse, anche a Roma, a S. Clemente e a S. Crisogono, nelle fasi di 4° secolo. Va detto inoltre che non si conosce la pianta della maggior parte delle chiese romane dei secc. 3° e 4°, domus ecclesiae di designazione stabile alle quali furono connesse una serie di mansioni, da quelle catechetiche a quelle assistenziali, oltre all'espletamento delle funzioni liturgiche. Tale tipo di edifici di culto venne contraddistinto, nell'Urbe, forse intorno alla metà del sec. 4°, con il nome di titulus, per il ricordo del benefattore, talvolta lo stesso papa, che ne aveva permesso l'allestimento o la costruzione e ne era stato, spesso anche per un lungo periodo di tempo, il titolare. La loro planimetria, per ovvie ragioni strutturali, dovette risultare molto varia e tali diversificazioni, nella maggior parte dei casi, furono sostanzialmente mantenute fino alle ricostruzioni altomedievali.La funzione primaria della b. cristiana, o meglio del complesso che la costituisce, è dunque composita e articolata e non deve essere presa in considerazione solo limitatamente all'aula della liturgia, ma anche negli annessi di servizio, nell'abitazione del corpo dei presbiteri, negli annessi adibiti all'espletamento del catecumenato e al battesimo o alla cresima, anche se questi ultimi non sono sempre presenti e riconoscibili. Fin dai primi secoli della Chiesa i locali destinati alla conduzione di un compito assistenziale e della vita comunitaria sono molto importanti, anche se non facilmente identificabili archeologicamente. Sebbene come complesso basilicale si intenda principalmente l'aula di culto, non bisogna dimenticarne mai la complessa accezione, alla quale corrisponde, sul piano edilizio, un insieme di ambienti spesso ricco e articolato.Con il progredire numerico di ciascuna comunità cristiana e la conseguente organizzazione ecclesiastica, anche le funzioni di ogni complesso cultuale poterono essere programmate secondo specifiche necessità: così, accanto alle b. di tipo parrocchiale, ne sorsero altre per la sola devozione. Anche in ambito monastico, a partire dal sec. 4° si costruirono b. per la devozione dei monaci e dei fedeli, secondo tipologie proprie a ciascuna regola, unitamente a oratori destinati alla vita più intima della comunità conventuale. Allo stesso tempo le residenze episcopali acquistarono sempre maggior risalto e definizione, con la proliferazione delle sedi vescovili. A esse sedi fu sempre unito un battistero - che risulta anche il punto di riferimento per la conclusione del catecumenato - almeno fino a tutto il sec. 4°, quando complessi battesimali furono pure annessi a b. non episcopali.Nel sec. 4° si assiste, specie in Occidente, anche alla creazione delle grandi b. martiriali, celebrative di un culto che apparenta Cristo al martire, poiché questi viene considerato l'espressione più vera della testimonianza della di lui dottrina. In tali luoghi si accolsero i pellegrini, anche in occasione di particolari celebrazioni liturgiche legate al culto dei martiri e confessori venerati. Con il tempo, queste b. comportarono, in alcuni casi, manifestazioni grandiose di edilizia cristiana, fino ad alimentare la creazione di vere e proprie città sante (S. Menna in Egitto, S. Simeone in Siria) o la ristrutturazione di agglomerati urbani precedenti in esclusiva funzione del culto martiriale (Ruṣāfa/Sergiopolis in Siria).Infine si trovano b. relate a complessi gestiti dalla Chiesa per l'espletamento di compiti materiali. Si tratta delle chiese sorte nell'ambito delle diaconie ovvero delle principali tra le varie istituzioni a carattere assistenziale organizzate dalla Chiesa, spesso con ampia e importante compartecipazione laica.La planimetria e gli alzati, nonché le strutturazioni delle aule di culto, ricevettero nel tempo grande varietà di formulazioni. I risultati di questa ricchezza espressiva furono legati a molteplici fattori, sia storici sia ambientali oltreché a specifiche funzioni dell'edificio di culto e alle varianti che la codificazione liturgica aveva acquisito nelle diverse regioni dell'orbe cristiano.Nelle prime b. insediate in edifici nei quali la comunità cristiana si raccoglieva, all'inizio, senza un riferimento costante, le variabili potevano anche riguardare la mancanza di elementi quali l'abside, che poi risultarono caratteristici e fondamentali dell'architettura cristiana. Dopo la pace della Chiesa, l'edilizia religiosa godette di speciale favore e di importanti committenti, spesso imperiali. I lasciti per questo tipo di imprese architettoniche furono sempre più consistenti e ciò permise realizzazioni di notevole rilievo e anche singolarità di risultati. Inoltre, in particolare con la caduta dell'Impero romano d'Occidente, non vennero meno gli stimoli per nuove formulazioni architettoniche e neppure la carenza dei materiali o le precarie condizioni di vita costituirono un freno per l'affermazione di un'edilizia cristiana.Accanto agli edifici di culto ufficiali - che proprio per questa caratteristica andrebbero studiati a sé, nel loro complesso, indipendentemente anche dalle località in cui sorsero, come espressione coerente seppur varia del panorama artistico di diversi periodi - si ha una proliferazione di b. con caratteristiche propriamente regionali, ma non per questo di minor interesse e importanza o di minore validità artistica.La ricchezza tipologica delle forme della b. è dunque notevole quanto stilisticamente differenziata a causa anche del ruolo importante che giocò l'impiego di materiali locali e il conseguente condizionamento a tecniche e sperimentazioni architettoniche. Molti edifici, creati a solo, furono costruiti con alzati, anche perimetrali o portanti, costituiti di materiali quasi totalmente di spoglio, ma sostenuti da efficaci sistemi di contraffortature. Tetti e cupole, i primi con l'adozione della capriata, le seconde con l'impiego di materiali fittili leggeri, risolsero il problema di pesi eccessivi. Le stesse cupole, inoltre, acquisirono maggiore slancio quando furono librate sul tamburo, alta parete di raccordo tra la cupola vera e propria e l'imposta, che risultava spesso finestrata, consentendo di usufruire di una nuova e generosa fonte di luce nella zona più significativa dell'aula cultuale. Trombe angolari, nicchie, ma soprattutto il nuovo impiego del pennacchio, elemento semisferico a forma di cuffia, risolsero ingegnosamente i problemi del raccordo tra la massa poligonale dell'edificio e l'arcuazione delle cupole e dei tamburi.Le soluzioni architettoniche legate alla creazione delle diverse b. vanno tenute però presenti anche in rapporto a una notevole discronia del loro manifestarsi. In questo senso è opportuno connettere le diverse parti della b. alle loro caratteristiche in funzione del servizio liturgico. Di base, va tenuto presente che, all'interno degli edifici di culto, due partizioni ebbero sempre un preciso riscontro: lo spazio per la liturgia e quello destinato ai fedeli. Queste, tuttavia, si possono trovare diversamente articolate. Per es. l'area liturgica può coinvolgere gran parte della navata centrale della b. a pianta longitudinale o della zona mediana di quella a pianta centrale; di conseguenza la parte destinata ai fedeli appare ridotta alle sole navate laterali o, nell'edificio a pianta centrale, al peribolo esterno; in altri casi essi si dispongono, pur rispettando una serie di scansioni, nell'ambito della navata centrale stessa (per es. nelle chiese greche e copte). Naturalmente, rispetto a un elenco di tutti i possibili elementi costitutivi di un complesso basilicale, anche una costruzione completa in ogni sua parte potrebbe risultare mancante di alcuni di essi.L'aula di culto doveva, innanzitutto, essere orientata in modo che il popolo durante la celebrazione avesse di fronte l'emiciclo absidale, rivolto a Oriente. Questa norma, comunque, può avere infinite eccezioni, per le più svariate contingenze: conformazione del terreno, rapporto con la disposizione originaria della tomba di un martire, condizionamento inerente il riutilizzo di edifici preesistenti.Una serie di avancorpi poteva precedere la basilica. Era frequente l'atrio, di pianta più o meno quadrata, contiguo alla facciata o anche a uno dei suoi lati lunghi (per es. in Egitto). All'interno esso ha quasi sempre un portico, sostenuto da colonne lungo i suoi quattro lati, e può avere una o più fontane per le abluzioni. Altre volte la b. era dotata di un semplice avancorpo colonnato sulla facciata (portico), anche a forma di forcipe. Il portico, sia come elemento indipendente sia come braccio di un quadriportico, quando è delimitato da cancella ha funzione di nartece. Si identifica invece come endonartece quando è collocato all'interno dell'edificio di culto, adiacente alla parete di controfacciata. In quest'ultimo caso esso esiste solo in presenza di matronei di cui può ospitare le scale di accesso. A volte (per es. nelle b. greche) si trova anche una forma di ulteriore monumentalizzazione degli ingressi alla b., con l'adozione di un elemento del tutto simile ai propilei degli antichi templi. Va ricordato poi che alcuni annessi possono talvolta essere ubicati in stretta connessione con gli avancorpi; tra questi il battistero, un ambiente di culto di tipo martiriale o una struttura utilizzata come diaconico (per es. nelle b. egiziane, greche, dell'arco adriatico).Dalla facciata della b. a corpo longitudinale si accede all'interno mediante una o più porte, in corrispondenza delle navate. La parete d'ingresso ha sovente una o più finestre per l'illuminazione (per es. S. Pietro e S. Sabina a Roma).L'edificio di culto si componeva di un'aula rettangolare, suddivisa in una o più navate (fino a sette e nove nelle b. africane) mediante colonne o pilastri. La nave centrale, nelle chiese paleocristiane di impianto romano, tende a essere larga il doppio rispetto a quelle laterali; altrove, ma anche a Roma stessa, queste proporzioni, con il passar del tempo, non sono rispettate. Il risultato è una dilatazione ulteriore del corpo centrale e una riduzione a volte esagerata dell'ampiezza delle navate laterali, fino ad annullarne la funzionalità liturgica; questo poté avvenire anche per esigenze statiche, come in alcuni esempi egiziani. L'altezza della navata mediana è di norma superiore a quella delle altre; ciò permette di aprire, lungo le pareti soprelevate di questa, una serie di finestre destinate all'illuminazione dello spazio sottostante. Infine, possono esistere finestre anche lungo le pareti estreme delle navatelle (per es. S. Paolo f.l.m. a Roma, seconda metà del sec. 4°).La funzione delle navate nell'ambito dell'edificio di culto non è sempre definibile in modo assoluto. Esse potevano servire per la sistemazione dei fedeli, suddivisi secondo il sesso (le donne in genere a sinistra e nella parte nord, se la costruzione risulta orientata), in particolare quando il corpo centrale è quasi tutto adibito per il cerimoniale liturgico (per es. nelle chiese greche). Nel caso di più di tre navate, sarebbe stato difficile seguire le celebrazioni dalle posizioni estreme; per questo è possibile che tali settori fossero utilizzati per l'esercizio della meditazione o della preghiera individuale. Si deve comunque considerare che le b. a sette o nove navate, in particolare quelle dell'Africa del Nord, erano di carattere martiriale e cimiteriale e risultavano, in effetti, più che grandi b., enormi aree di sepoltura coperte, dove erano allestiti anche centri per l'espletamento della liturgia. Sopra le navate laterali si trovavano spesso basse navatelle: esse costituivano il c.d. matroneo, termine che individua il luogo ove le donne potevano assistere alle cerimonie liturgiche. Comunque, oltre che struttura con funzione di controspinta rispetto alla navata mediana e alla sua copertura, specie se si trattava di volte, il matroneo non fu unicamente un ambiente riservato alle donne; nei martyria semipogei di Roma, per es., esso costituiva un vero e proprio sistema di accesso alla b. direttamente dal piano di campagna (S. Lorenzo f.l.m., sec. 6°; S. Agnese f.l.m., sec. 7°).Nelle chiese a pianta longitudinale poteva esistere una navata trasversa, sporgente o meno dal perimetro esterno dell'edificio. Questo elemento, il transetto, era posto all'altezza dello spazio tra le navate e la zona absidale e a sua volta poteva non avere alcuna partizione o essere suddiviso nel senso della larghezza. In tal caso la sua zona centrale diveniva parte del presbiterio, che in questo modo non aveva bisogno di occupare necessariamente la navata centrale. Se la scansione in navate non presenta soluzioni di continuità all'altezza del transetto e prosegue entro il suo ambito, il transetto si definisce a navate avvolgenti, come per es. nella basilica di S. Menna in Egitto.L'abside concludeva lo spazio presbiteriale. All'esterno della b. essa poteva sporgere in forma semianulare o poligonale oppure essere inglobata in una parete rettilinea. All'interno, lungo il semicerchio absidale, spesso trovavano posto i banchi dei presbiteri, disposti ad anfiteatro. In Siria i presbiteri si collocavano nel bema (v.), recinto più o meno rettangolare che presentava verso la nave centrale un lato absidato. Non frequentemente l'abside aveva una forma quadrangolare, specie in Egitto, ma anche in Italia (per es. a S. Maria della Croce di Casaranello in Puglia). Di fianco all'abside molto spesso si trovavano due ambienti quadrati, con la funzione di sacrestie: a sinistra la protesi, a destra il diaconico. In alcune chiese orientali al posto del diaconico poteva essere collocata una zona di particolare venerazione martiriale (Siria), mentre l'ambiente battesimale occupava talvolta il luogo del diaconico o della protesi (Grecia del Nord). Piccole absidi potevano essere sistemate alla terminazione delle navate laterali, del transetto tripartito o dei due ambienti-sacrestia; si tratta in genere di elementi altomedievali, legati alla proliferazione dei centri liturgici nell'ambito degli edifici di culto. Con le nuove disposizioni nei riguardi del canto liturgico, connesse in particolare alla riforma gregoriana, la schola cantorum occupò, ampliandolo, lo spazio rettangolare della navata centrale prima riservato alla solea, stretto corridoio di accesso al presbiterio. Presso la schola si trovava in genere anche l'ambone (v.).Nelle b. a pianta centrale la zona presbiteriale era posta nell'area di contro alla porta di facciata, delimitata da una nicchia terminante in un'abside e da cancella, mentre il restante corpo dell'edificio era riservato ai fedeli. Un particolare tipo di edificio di culto a pianta centrale ha la forma di una croce greca. Questa non è sempre libera nei suoi bracci, che possono risultare inscritti in un cerchio, in un quadrato o in altra forma poligonale.Tra gli annessi che spesso si trovavano inclusi entro l'ambito della b. va enumerato anche il battistero (v.), quando non era a sé stante. La sua collocazione poteva variare: accanto all'abside, afferente al portico o a una navatella e più tardi, nelle b. medievali, anche in una delle navate laterali, con la conseguente totale esclusione di quest'ultima dalle proprie funzioni.Una rassegna analitica geograficamente organizzata delle b. può iniziare dalle zone orientali dell'impero, ma non è da porsi in relazione con un'assoluta precocità cronologica del fenomeno in queste regioni, ove in numerosi casi sono pervenute tipologie molto antiche. È da considerare inoltre che fin dall'origine la diffusione del cristianesimo fu subito ampia e in stretta connessione con l'espansione dell'elemento giudaico, che in seguito ai fenomeni della diaspora permeò ben presto molti territori del mondo romano.In Siria l'evento storico della distruzione della città di Dura Europos sull'Eufrate, operata dai Parti nel 256, ha permesso la conservazione di una domus ecclesiae perfettamente riconoscibile, ambientata, come area liturgica, al piano terreno di una casa romana di almeno due piani. La sua definizione cronologica nell'ambito della prima metà del sec. 3° ne fa un unicum, poiché altrove in nessun caso si sono conservate testimonianze evidenti di un simile organismo. Comunque, anche in questo caso, se non fosse parzialmente pervenuta la decorazione pittorica dell'ambiente battesimale con un repertorio figurativo cristiano chiaramente riconoscibile, nonostante la presenza nello stesso ambiente della vasca, non si sarebbe potuto individuare l'importante cambiamento di destinazione d'uso che si verificò in questo edificio, così come non sarebbe stato possibile individuare il luogo della sinassi in un grande ambiente ricavato dall'unione di due vani precedenti. Nella Siria del Nord, inoltre, è possibile ricordare nel complesso di Qirqbīze una domus, degli inizi del sec. 4°, nella quale venne impiantato un edificio cultuale a tre navate.I caratteri fisici di questa regione furono tra le cause primarie di una varietà tipologica riscontrabile nell'edilizia cristiana. Infatti, mentre nella Siria del Sud il legno scarseggia ma abbonda il basalto e l'altopiano interno è argilloso e lavico, quella del Nord, con il suo massiccio calcareo, è ricca di pietra da taglio e di legno. Così in questa zona la b. si presenta in genere a pianta longitudinale, a tre navate, con abside affiancata da pastofori, interamente costruita in grossi conci ben squadrati. Nel sec. 4° gli edifici non hanno né slancio né grazia (per es. Ruwayha e Kharāb-Shams), ma tra il sec. 4° e il 5° viene formulato un modello maturo di b. al quale si attennero anche architetti di cui si è tramandato il nome, come Giuliano e Marciano Kyris; di quest'ultimo sono le chiese di Bābisqā, Kseijbé, Qaṣr al-Banāt, e la b. nord di Dār Qītā; a Giuliano si deve la cattedrale di Brād. Nei secoli successivi quest'architettura si affina ulteriormente, con lo sviluppo della decorazione scultorea negli interni e negli esterni, unificata dal c.d. nastro siriaco, piatto e plurisolcato, che percorre tutto l'edificio, con l'aumento del numero delle aperture, da cui si ottengono nuove fonti di luce, con il diffondersi dell'uso del pilastro rispetto a quello della colonna e la corrispondente riduzione del numero dei supporti. Esempi molto noti di questa tipologia sono il santuario cruciforme di Qal῾at Sim῾an (ca. 480), o la b. di Qalb Lōze (seconda metà del sec. 5°), con basse torri in facciata, presenti pure nel monastero di Turmānīn.Segno di differenziazioni liturgiche particolari di questa parte della Siria, nella regione di Antiochia, sono la collocazione nella b. di questo periodo della memoria martyrium nell'ambiente sud presso l'abside (diaconico).Ad Antiochia tra i monumenti urbani va segnalata la grande chiesa ottagona del sec. 4°, posta sull'isola dell'Oronte e vicina al palazzo imperiale, nella città nuova. La prima chiesa era invece nella città vecchia, dove erano altri numerosi edifici di culto, compreso quello della Theotokos, voluto da Giustiniano. Fuori della città si trovava il celebre martyrium di S. Babila, situato a Kaussié presso l'Oronte, a pianta cruciforme, costruito dal vescovo Melezio nel 381. A esso si aggiunse l'altro celebre martyrium di S. Simeone il Vecchio (Qal῾at Sim῾an) sulla strada tra Antiochia e Aleppo, pure a pianta cruciforme con i bracci suddivisi in navate, situato in un ampio complesso munito di battistero indipendente. A Seleucia Pieria - di cui vanno ricordate anche le chiese fuori le mura, quali S. Giuliano, S. Marta, S. Michele, S. Giovanni, con battistero, o l'edificio fuori porta S. Paolo in area cimiteriale, trinave con nartece - un imponente tetraconco documentava l'esistenza in Siria, a partire dalla fine del sec. 5°, di un certo numero di edifici di culto a pianta centrale, quali quelli di Esra῾, Bosra, Ruṣāfa e Apamea.Nella stessa regione si riscontra pure il notevole avanzamento del santuario nella navata centrale con una struttura a ferro di cavallo, il bema, contrapposta all'abside. Esso ospitava non solo il clero ma anche l'altare, prima confinato nel semicerchio absidale, e l'insieme del cerimoniale liturgico.Nella regione di Apamea manca il bema ed è più diffusa la b. a pianta longitudinale, con quadriportico, doppio nartece, porticati esterni a N e a S (al-Bāra, nr. 1), tribune (Dayr Ṣulayb), cappelle annesse (al-Bāra, nr. 3). Le b. dell'altopiano centrale sono caratterizzate soprattutto dalla muratura a piccoli blocchi di basalto ben legati dalla malta; per il resto esse presentano invece i caratteri della regione settentrionale con una decorazione più povera, terrazza o cupola d'argilla al posto della copertura a doppio spiovente. Le tribune si trovano a Ruṣāfa, in quella che si è supposta la cattedrale del sec. 6°, o nella chiesa di Qasr ibn Wardān (metà sec. 6°), che per altro presenta affinità notevoli con le costruzioni giustinianee, per le volte, la cupola e il raro paramento a fasce alternate di pietra e mattoni.Nella Siria del Sud l'abbondanza del basalto, impiegato anche in lastre per le coperture, sostenute da arconi e delimitanti lungo le pareti perimetrali spazi simili a campate, indusse a costruire strette mononavi, con abside sporgente e poche aperture: Umm al-Jamāl (primi del sec. 5°), b. di Giuliano; vi si ritrovano anche b. a tre navate, sempre strette, e b. di tipo ellenistico con coperture lignee, nel sec. 6°, non più legate alle caratteristiche indigene.In Siria sono presenti pure le b. a pianta centrale, impiegate dapprincipio solo per i martyria extraurbani e poi anche per le b. urbane, sempre di carattere martiriale: per es. il martyrium cruciforme di S. Babila, a Kaussié presso Antiochia, l'ottagono libero di Mi῾rāye, l'ottagono inscritto in un quadrato di S. Giorgio di Esra῾, la b. a croce inscritta di Seqra (sec. 6°) e i tetraconchi di Seleucia, Apamea, Aleppo, Bosra, Ruṣāfa.Alcune particolarità si rinvengono nell'edilizia cimiteriale monastica, dove non è raro riscontrare esempi di b. mononave, create propriamente per circonscrivere un insieme di tombe al di sotto della costruzione (Dayr Sim῾an, convento di S-O, al Dayr, al-Bāra).Nella Mesopotamia, legata artisticamente tanto alla Siria quanto alla penisola anatolica, si trovano per altro alcune peculiarità architettoniche, in parte desunte dalla Persia sasanide. La regione, inoltre, se non fosse giudicata falsa la cronaca di Arbela, già datata al sec. 2°, potrebbe vantare le chiese più antiche dell'orbe cristiano. Dei pochi centri esplorati significativa è Ctesifonte, dove, delle due b. sovrapposte, la superiore ha pianta longitudinale, con ingressi laterali e un'ampia navata unica con abside rettangolare comunicante con due ambienti contigui pure rettangolari, e volta a botte sostenuta da pilastri accostati alle pareti perimetrali lunghe. Da ricordare, oltre ad al-Ḥīra, con edifici a tre navate divise da colonne, anche la zona del Ṭūr ῾Abdīn, con chiese dagli ingressi laterali, dalla volta in pietra sostenuta da arconi e dall'abside semicircolare, inglobata in pareti rettilinee e nascosta da ambienti retrostanti.Anche l'Armenia presenta caratteristiche costruttive che in parte legano la regione a esperienze siriache, in parte riflettono modi di costruire autoctoni (urartei). I grandi blocchi impiegati per le costruzioni ne limitano l'ampiezza e per questo sono più frequenti i pilastri che le colonne. Si conoscono edifici a navata unica, del sec. 4°, probabilmente con funzione martiriale. Nel sec. 5° si hanno interessanti esempi a tre navate (Tekor, K῾asal/Aparan, Ereruk῾), mentre del 6° restano b. a cupola, prima su trombe, poi su pennacchi e infine con la mediazione del tamburo (per es. a Ojun, fine sec. 6°-inizi 7°), soluzione per altro già presente nella cattedrale di Ecmiadzin (fine sec. 5°). Nella regione è attestato anche un considerevole numero di tetraconchi, presenti, ancora nel sec. 7° (Zvart῾noc῾), il periodo più splendido per l'architettura cultuale armena, insieme a triconchi, edifici a croce greca e a pianta polilobata, tipologie che sigleranno l'architettura armena anche in età medievale. Esperienze simili si possono segnalare anche in Georgia, dove però le più importanti iniziano solo nel tardo sec. 5° (Sion di Bolnisi) e dove nel 6° sono numerosi gli esempi di edifici di culto a pianta centrale (tetraconco di Santa Croce a Mcheta, sec. 6°-7°). Solo nel sec. 7° comparve un tipo di b. a tre unità distinte, sperimentata anche in ambito monastico (Kvelazminda, sec. 9°) e realizzata con la separazione delle navate mediante murature continue, caratteristica della sola Georgia (b. di Zegani, sec. 5°).La Palestina offre una vasta panoramica di edifici cultuali, ma i più diffusi sono b. a pianta longitudinale, con una o anche tre absidi a partire dal sec. 6°, e a pianta centrale, molto spesso destinate alle celebrazioni dei c.d. martyria teofanici. La maggior parte di questi ultimi edifici fece capo a una committenza imperiale e costituisce ancora oggi un gruppo a sé stante, con caratteristiche architettoniche studiate per la valorizzazione delle più significative tappe bibliche, connesse al Nuovo ma anche al Vecchio Testamento. Per questa ragione essi sono contrassegnati da una serie di soluzioni edilizie per lo più estranee a una codificazione tipologica, ma peculiari di ciascun insieme monumentale. Per altro una tale varietà di risultati e di tecniche costruttive si offrì quale esempio per la creazione di molti complessi cristiani che, specie in questa regione, ma anche nella vasta area del dominio bizantino, ne riproposero i risultati. Inoltre le committenze imperiali implicavano spessissimo importazione di maestranze collaudate, la cui esperienza aveva così agio di diffondersi per le varie parti dell'impero e costituirvi una sorta di codice edificatorio. In genere però le fasi più antiche di questi edifici di culto non sono ancora state quasi mai definitivamente precisate e le collocazioni cronologiche più sicure attengono al 6° secolo. Prima della pace della Chiesa, comunque, anche le sinagoghe (per es. quella di Cafarnao) possono aver ospitato l'assemblea dei giudeo-cristiani e aver quindi avuto la destinazione d'uso basilicale. Anche a Gerusalemme si è pensato che la prima chiesa cristiana sia stata accolta nella sinagoga, per poi essere trasferita nell'ambiente del Cenacolo, una semplice stanza, al piano 'superiore' di un edificio di abitazione civile, le cui peculiarità, se mai ce ne furono, non sono oggi più percepibili dopo la sistemazione in stile gotico. Esempio di committenza imperiale costantiniana e monumento principe di tutta la cristianità rimane poi il complesso basilicale del Santo Sepolcro, martyrium teofanico e chiesa episcopale della comunità gerosolimitana. L'assetto costantiniano conferì a questo edificio caratteristiche precise che una moderna rilettura, in seguito a complessi sondaggi di scavo, ha restituito secondo le linee della sua originale planimetria. L'insieme costituisce un unicum architettonico, pur se molti altri santuari eretti sulla tomba di martiri ne derivarono l'ispirazione, per l'articolazione delle varie parti del complesso edilizio e il loro significato. L'aula per la celebrazione liturgica, preceduta da un ampio avancorpo e da propilei, ebbe cinque navate ed era legata, tramite un atrio porticato che inglobava la zona del Golgota, al mausoleo con la tomba del Signore, dalla forma semicircolare, arricchita da tre absidiole e conclusa in facciata da un colonnato rettilineo. Questi tre ambienti, fulcro di tutto l'insieme monumentale, erano serviti da numerosi annessi, tra cui un battistero e ogni altro locale utile per la sistemazione del clero e per la funzionalità dei servizi liturgici. Ancora un importante centro fu Betlemme, dove la Sacra grotta della Natività fu inserita in una fondazione cultuale costantiniana con un corpo a cinque navate, su cui si innestava a E un ottagono. La chiesa fu poi allargata forse da Giustiniano e corredata da un transetto, elemento molto raro nella regione, incluso in una terminazione a tricora al posto del presbiterio ottagonale dell'edificio precedente, elemento che è presente anche in altre chiese palestinesi quali quella di S. Giovanni Battista a Gerusalemme o della Tomba di Mosè a Ras Siaga sul monte Nebo.Tra gli esempi meno frequenti, ma oltremodo significativi, di b. a pianta centrale, si contano quelle a schema cruciforme (prima fase della chiesa del Pozzo di Giacobbe presso Sichem, a croce libera del sec. 4°), a croce inscritta (per es. la b. dei Profeti, Apostoli e Martiri a Gerasa del sec. 5°), a pianta ottagonale (chiesa del monte Garizim, seconda metà del sec. 5°) e circolare (martyrium di Beth Alfa).L'Asia Minore, con le sue numerose province geograficamente ben circoscritte e dalle peculiarità proprie, si distinse anch'essa per la precoce penetrazione del cristianesimo. Molto è stato esplorato, ma moltissimo lavoro è ancora da fare: a tutt'oggi sembra che gli edifici cultuali non abbiano, eccezioni a parte, omogenea documentazione prima del 5° secolo. Le grandi aree cimiteriali che costellano il paese non sembra possano risalire oltre il sec. 4° e le chiese cimiteriali sono attribuite al 5° e al 6° secolo. Questi estremi cronologici si ripropongono anche per uno dei più celebri santuari di Efeso, quello dei Sette dormienti, dove difficilmente si distingue lo spazio per le celebrazioni, disarticolato dall'impressionante affastellamento delle tombe e probabilmente rappresentato da un nucleo quadrato cupolato, il cui lato ovest si dilata in un'ampia zona presbiteriale absidata e il cui lato est confluisce in una sorta di nartece.Cappadocia e Licaonia offrono il gruppo più nutrito di chiese. La Licaonia ha la sua massima espressione nella chiesa nr. 32 di Binbirkilise, dove l'atrio è affiancato forse da due torri e l'abside è a ferro di cavallo. In Cappadocia la soluzione a tre navate è comunque la preferita, anche se a volte si trova adottata l'aula trasversa, probabilmente ispirata a esempi mesopotamici - presente anche nella chiesa cimiteriale di Korikos (sec. 6°) -, che però sembra piuttosto legata a un'esigenza tecnica locale, specie quando l'ambiente di culto è ricavato nella roccia. Posteriori al sec. 6° sono gli esempi a croce libera o inscritta. Nonostante il quasi costante impiego dei grossi conci squadrati, gli edifici di culto delle zone litoranee a S e a O ripropongono, con numerose soluzioni, le esperienze mediterranee: si trovano così absidi libere o inscritte, con vani indipendenti e tripartiti e anche matronei (celebri quelli della chiesa orientale di Alahan Monastir). Diffuso pure lo schema cruciforme, che in Crimea presenta forse gli esempi più antichi e che ha la sua più nota espressione nel martyrium efesino di S. Giovanni. Piante accentrate complesse non mancano e sono sperimentate inizialmente in Anatolia per essere riprese in Armenia non prima del sec. 7°, coronate da cupole su elevati tamburi, raccordate mediante il pennacchio alla base quadrata. Delle b. del sec. 4° a Costantinopoli non sono conservate più testimonianze, ma sappiamo che quella dei Ss. Apostoli era a croce libera. Nel sec. 5° gli esempi di S. Giovanni di Studio o del Topkapı Sarayı a tre navate, con transetto la seconda, non mostrano ancora quella originalità di soluzioni che sarebbero state espresse soltanto dagli architetti del tempo di Giustiniano, pur se rappresentano edifici la cui tipologia ebbe sicuramente numerose applicazioni.Le b. della Grecia, soprattutto le grandi costruzioni del sec. 5°, risentono delle influenze dell'architettura dell'Asia Minore, specie quella della sua parte occidentale, di quella costantinopolitana e anche dell'Italia del Nord e di Milano. Questo fatto si può riscontrare sia nella b. di Epidauro sia ad Atene nella chiesa della biblioteca di Adriano, un superbo tetraconco paragonabile al S. Lorenzo di Milano. Nelle b. della Grecia tuttavia esistono quasi sempre caratteristiche, varianti e decorazione autoctone, che ne fanno un gruppo a sé stante (per es. alti stilobati che sostengono i colonnati). Con il tempo però le grandi costruzioni divennero più ricche e numerose, distinguendosi per il considerevole numero degli annessi, per la presenza di strutture molto simili agli antichi propilei per monumentalizzarne gli accessi, per il diaconico spesso sistemato in connessione con l'atrio o con il nartece, per la frequente soluzione a tribélon dell'ingresso principale o di quello tra l'endonartece e la navata centrale e gli ingressi alle navate laterali. L'aula poteva comportare anche la presenza di un transetto tripartito e di sontuosi matronei, mentre l'intera navata centrale era riservata alle funzioni liturgiche e per questo una serie di transenne la isolava dalle laterali e ne limitava il numero degli accessi, con funzione simile a quella degli stilobati. La decorazione musiva era poi ampiamente diffusa, e raffinata era quella scultorea. In centri come Anfipoli, Filippi, Salonicco, Corinto, Nea-Anchialos, Nicopoli, sono noti numerosi esempi che illustrano questi aspetti, fino al grandioso complesso di S. Leonida al porto di Lecheo (Corinto). A loro volta le b. greche servirono spesso da modello a quelle della Pannonia, dove per altro si conoscono ancora pochi edifici di culto cristiani, tra i quali i martyria di Sirmio (uno a pianta trilobata) e le chiese di Kekkut, presso il Balaton, che attestano anche la tipologia triabsidata. Influssi notevoli si riscontrano in Macedonia (ricostruzione della b. episcopale di Stobi) e nei Balcani (Perustica, chiesa Rossa). Così a esperienze greche e bizantine si ispirano le b. dell'od. Romania (Suceava, Histria Ibida, Tropaeum Traiani) e in ispecie quelle della Scytia Minor (od. Dobrugia), dove sono da segnalare gli edifici forse più antichi di Dinogetia, di Tomis e di Callatis, e dove sono numerosi gli esempi di cripte, anche di ridotte dimensioni, ma importanti per la casistica degli organismi confessionali paleocristiani del 5° e 6° secolo.L'Egitto altresì presenta caratteri autoctoni, espressi nella c.d. architettura copta, e caratteri ellenistici che si richiamano in genere all'arte aulica del periodo a essi contemporaneo. Le testimonianze più antiche che sono state conservate, sovente non nella loro versione originaria, riguardano però quasi esclusivamente b. monastiche, che si costruirono dapprincipio intorno alla memoria del santo, monaco o eremita, fondatore delle varie comunità. Del resto è ben nota l'importanza e la precocità del fenomeno monastico egiziano, l'influenza che i monaci esercitarono sulla vita del paese, sovraintendendo anche all'espletamento dei compiti delle diaconie, già fin dalla seconda metà del 4° secolo. Inoltre la separazione della Chiesa locale dalla koinè cattolica, dopo il concilio di Calcedonia (451), portò a sviluppare maggiormente tendenze autoctone, alle quali non fu estranea l'esperienza faraonica. Perciò si trovano chiese con spessi muri perimetrali, praticamente inglobate in una costruzione rettangolare con ingressi laterali al nartece, a sua volta suddiviso in numerosi ambienti i quali lasciano poco spazio libero coperto, contiguo al vero e proprio accesso all'aula di culto. Questa aveva numerose nicchie lungo le pareti, decorate da sculture fittissime, profondamente intagliate e dipinte, absidi semplici o a trifoglio, quasi sempre inscritte e spesso con pastofori ai lati; a volte esistono anche controabsidi, come nelle numerose b. simili dell'Africa settentrionale. Le navate laterali sono talora strette e oscure per i numerosi pilastri o per la selva di colonne che le separano dalla navata centrale. Tali caratteristiche si possono riscontrare, per es., nelle chiese di Dendera, di Sōhāj, di Luxor, di Madīnat Habu, di Dayr Habu Hennis, a Bāwōt e a Ṣaqqāra, con prevalente collocazione cronologica nell'ambito del 5° secolo. Intorno all'area della tomba di S. Menna, a poca distanza da Alessandria, oltre alla grande basilica di committenza imperiale si sviluppò una città santa (Karm Abū Mina) con un'enorme varietà di chiese e con stanziamenti monastici.Tutto il resto dell'Africa cristiana, fino all'epoca delle invasioni, tranne la Lybia Superior (od. Cirenaica), compresa nella prefettura d'Oriente, dipese strettamente da Roma e dall'Italia, ma le relazioni e i traffici con l'Oriente influenzarono altresì l'edilizia locale. Qui si sfruttarono ampiamente, specie nel sec. 5°, edifici precedenti per adattarli a destinazione cultuale (Mactar). In seguito la dominazione bizantina lasciò la sua impronta anche sulle determinazioni architettoniche, pur se le espressioni monumentali risultarono notevolmente impoverite per una tecnica scadente, dovuta a condizioni di vita molto precarie. In genere comunque in Tunisia e Algeria la b., in materiale di spoglio, ha sviluppo rettangolare, con abside a E e facciata a O, ed è munita di atrio quasi sempre contiguo alla facciata. Si hanno esempi di chiese mononavi, molte b. a tre, ma anche a cinque, a sette e addirittura a nove navate separate da colonne o da pilastri, anche alternati a colonne. L'abside è libera o inscritta. In genere le controabsidi, piuttosto numerose, non sembrano a queste contemporanee, ma costruite in un secondo momento con un'inversione di orientamento nell'edificio di culto e anche con la sistemazione, nel loro ambito, di una tomba venerata. Altra particolarità è legata alle precoci espressioni relative agli organismi confessionali che, almeno dal sec. 5°, hanno in questo territorio numerose e significative testimonianze: complesso e articolato è il sistema di cripte di Djemila, presenti pure a Dugga, Mactar a Orléansville (od. El Asnam) e a Castiglione, dove esiste una suddivisione in tre ambienti dei quali il mediano accolse la vasca battesimale.La Cirenaica sembra maggiormente legata al limitrofo Egitto (Apollonia e Tolemaide), mentre la Tripolitania è più vicina alle espressioni nordafricane e fu segnata dai caratteri del dominio bizantino. A Sabratha e a Leptis Magna si trovano perciò esempi di b. a sviluppo longitudinale, coperta a volta o a capriate, con abside a O soprelevata e santuario distinto gravitante verso la navata centrale e contornato da cancelli. Nel periodo della riconquista bizantina (dopo il 534) l'abside viene costruita a E, con i pastofori e spesso con un ricco contorno di annessi con il battistero in posizione arretrata rispetto all'abside.La Spagna, il più occidentale dei territori mediterranei, si presenta non isolata in contesti architettonici peculiari, bensì strettamente connessa soprattutto alle esperienze dell'edilizia nordafricana. Tali relazioni riguardano principalmente l'articolazione della zona presbiteriale, dove l'abside può essere circolare o talvolta rettangolare anche all'interno, e i pastofori sono inquadrati insieme da una struttura piana ('Son Bou' a Minorca, Elche e Játiva); l'abside inoltre è talora anche libera con pastofori addirittura aggettanti (San Fructuoso a Tarragona) e irregolari di forma. Esempi di abside a ferro di cavallo, come a Cabeza del Grieco (metà sec. 5°), vennero ripresi poi nell'architettura del periodo visigoto. Il presbiterio, specie nelle chiese a terminazione piana, è rigidamente tripartito, senza comunicazione tra le parti. Altro elemento in comune con le basiliche africane si riscontra nella presenza della controabside opposta a quella principale (Vega del Mar). Atrio e nartece sono presenti pur se spesso non rispondono a una struttura costante e avrebbero la singolarità di ospitare vasche battesimali a cielo aperto (b. delle Baleari). I battisteri sono anche collocati in uno degli ambienti adiacenti all'abside e costituiscono, anche se molto raramente, complessi autonomi, come nella prov. Tarraconensis. Comunque anche molte particolarità dell'edilizia romana confluirono in quella della penisola iberica, così come l'esperienza africana è mediatrice a sua volta di soluzioni adottate nel Vicino Oriente siriaco e palestinese e in generale nella koinè artistica bizantina. Da segnalare è il cospicuo numero di b. cimiteriali, fulcro di importanti aree di sepolture sviluppatesi tra i secc. 4° e 5°, tra cui quella di Mérida, Tarragona, San Cugat del Vallès, Egara, Ampurias e Vega del Mar, oltre quelle delle Baleari come Son Pereto e la b. del porto di Manacor, nonché il martyrium di La Alberca (Murcia), del 4° secolo.La prima testimonianza dello sviluppo di comunità cristiane nella Gallia riguarda Lione e risale agli anni 175-180, tuttavia molti dubbi rimangono sull'esistenza di sedi vescovili nella regione fin dalla metà del sec. 2°; la diffusione del culto dei martiri invece penetra nella regione a partire dalla fine del 4° secolo. In effetti la chiesa gallica del sec. 3° si organizzò solo nell'area narbonense, nella valle del Rodano e nella Germania, mentre uno sviluppo più capillare si raggiunse solo con l'età costantiniana. Da quel momento si può anche rilevare una numerosa consistenza delle sedi vescovili. L'area gallica è comunque aperta a molteplici influssi, cosicché anche soluzioni edilizie cultuali riflettono influssi dell'Italia del Nord, della penisola iberica, nonché dell'Oriente.Nei territori a E del Reno e a N del Danubio, fino al Norico, la città più importante fu senza dubbio Augusta Treverorum (od. Treviri), che fu sede imperiale. Sotto il duomo si rinvennero le testimonianze di un complesso cultuale, a b. doppia trinave priva di abside, di fondazione costantiniana, con battistero e altro ambiente a tre navate. La mancanza di absidi si riscontra anche nelle aule cimiteriali del sec. 4° di Xanten, di Spira e di Bonn, nonostante che in questi esempi si tratti di piccoli ambienti memoriali, non propriamente paragonabili all'impianto di Treviri. Altri edifici cultuali dell'area germanica sfuggono alle tipologie più frequenti: si tratta di esempi quale il St. Severin di Colonia, del sec. 4°, al cui unico corpo, verso la fine dello stesso secolo, vennero aggiunte due navate laterali, tali da privilegiare la latitudine e non la longitudine dell'ambiente; altra pianta singolare è quella ovale del St. Gereon di Colonia, contornata da nicchie radiali e preceduta da un atrio a forcipe.Nell'area delle Isole Britanniche i primi edifici di culto cristiani non sono anteriori al 4° secolo. Esempi di questo periodo si trovano nelle b. urbane a Silchester (lat. Calleva) e a Lincoln (lat. Lindum), mentre b. suburbane cimiteriali erano segnalate nell'area presso Canterbury a Colchester di Londra, di Icklingham Suffok e di St Albans. In genere si riscontra la forma basilicale a tre navate, ma talora invece di navate si eressero portici laterali. Non si sono sinora rinvenuti complessi di grandi dimensioni, mentre la presenza cristiana sembra molto più qualificata nelle ville tardoimperiali, tanto che l'inserimento di chiese o di ambienti cristiani per un culto più o meno regolare ambientati nelle ville diviene in questa regione un fenomeno oltremodo interessante. Esempi di tali sistemazioni si sono rinvenuti a Lullingstone, nel Kent, a Hinton St Mary e a Frampton, nel Dorset. L'ambientazione nelle ville di questi centri cristiani risulta senza dubbio più sontuosa e importante di quella che si può riscontrare nei contesti urbani, dove in effetti è attestato un tono di vita non propriamente elevato. Certo è che nelle campagne, ancora nel sec. 5°, si adottarono criteri che riportano alle soluzioni delle domus ecclesiae (Lullingstone) e che possono considerarsi come interessante attardamento di questo fenomeno in una regione così decentrata.Le chiese del periodo anglosassone erano a una navata, in legno, pietra e mattoni, spesso con tecnica mista; tuttavia quelle più antiche, integralmente in legno, non sono pervenute. Di quest'epoca rimane solo quella di Greensted (Essex), dell'11° secolo. Tra le più interessanti, risalenti ai primi del sec. 7°, va ricordata quella dei Sts Peter and Paul a Canterbury. Le più antiche chiese irlandesi erano anch'esse in legno e sono oggi perdute, mentre gli esempi più antichi di quelle in pietra (Kells) risalgono al 9° secolo. Esse sono molto semplici, come anche le altre dei complessi monastici, che non risalgono a prima del 7° secolo.In Italia la b., nonostante alcune varianti nella realizzazione, nell'impiego dei materiali o anche nella facies decorativa degli interni, predilige la pianta longitudinale - con nartece o atrio in forma di quadriportico come avancorpi - spesso con transetto, sporgente o meno dal perimetro delle navatelle. Si trova comunque anche la pianta a croce, a volte commissa, e non mancano esempi, alcuni notevoli, di edifici a pianta centrale. Roma e Milano sono i centri cui si fa sempre riferimento per l'edilizia cultuale e che, in genere, servirono da modello per i complessi chiesastici soprattutto del 4° e 5° secolo. Per altro non si deve dimenticare che numerosi esempi primitivi romani adottarono l'aula a navata unica, sovente ricavata utilizzando in tutto o in parte edifici preesistenti. A Roma, entro le mura, soprattutto nel sec. 4°, non furono numerose le b. edificate; di queste certamente la più significativa e importante fu quella episcopale voluta da Costantino. Sebbene siano necessari nuovi studi sul complesso episcopale lateranense per chiarire i problemi ancora numerosi inerenti le soluzioni edilizie originarie della b. e del battistero, la cattedrale romana divenne il modello per numerosi edifici di culto della penisola, rappresentando altresì un esempio da considerare in relazione ad analoghi complessi episcopali sparsi per l'orbe cristiano, sostenuti da committenza imperiale. Nelle chiese, per altro non numerose, che si fondarono entro Roma nel sec. 4° e poi nel 5° si devono segnalare soluzioni di adattamento e ristrutturazioni di edifici precedenti, a volte con modifiche non molto rilevanti (S. Marco, S. Anastasia, S. Clemente, Ss. Giovanni e Paolo). La grande edilizia romana del sec. 4° è soprattutto quella di carattere martiriale con la varietà delle sue soluzioni, in gran parte anch'essa commissionata da Costantino o dai suoi immediati successori, e fu questa a imporsi, divenendo - soprattutto tramite la mediazione dei pellegrini - un modello cui ispirarsi. Solo nel sec. 5° nell'Urbe si cominciò a costruire ex novo (S. Vitale, S. Maria Maggiore, S. Sabina, S. Lorenzo in Lucina, S. Stefano Rotondo), con una felicità di progettazioni da cui emerge soprattutto la predilezione per la b. a pianta longitudinale, in cui è stata giustamente riconosciuta una sorta di rinascita architettonica. Innovazioni di uguale portata, seppur con risultati notevolmente diversi, si possono segnalare solo alcuni secoli dopo, in età carolingia, soprattutto a partire dal pontificato di Leone III (795-816). In questo periodo si costruì o ricostruì totalmente gran parte delle b. romane, osservando sempre l'antico schema a pianta longitudinale, con oratori attigui, avancorpi e annesse istituzioni monastiche (Ss. Nereo e Achilleo, S. Susanna, S. Prassede, S. Maria in Domnica, S. Marco, S. Martino ai Monti, S. Cecilia). In molti casi, inoltre, i lavori condotti per la sistemazione dei corpi santi traslati in città sovvertirono l'aspetto di numerose b. già esistenti. Se nella Roma tardoantica erano state soprattutto le b. dell'anello martiriale del suburbio a rappresentare i prototipi per l'orbe cristiano, in età carolingia furono gli edifici della nuova Roma martiriale intramuranea a imporsi nuovamente come modelli.L'Italia centrale e meridionale non fu esente da influssi africani, anche se non si trovano b. con molteplici navate o non è documentata la controabside, così frequente soprattutto nelle regioni corrispondenti all'od. Algeria e Tunisia. Nell'Italia settentrionale, oltre al ruolo esemplare svolto dall'architettura cristiana milanese, vanno segnalate anche le sperimentazioni mediate dall'architettura greca ed egea. Rintracciabili lungo tutto l'arco altoadriatico, sono ampiamente documentate nei complessi martiriale, monastico ed episcopale di Salona (od. Solin). Così i centri italici che gravitano verso la costa presentano per es. avancorpi con nartece sporgente ed edifici addossati, come ad Aquileia, dove si riscontrano notevoli affinità con le soluzioni greco-egee. Esse sono individuabili altresì nelle b. delle diocesi settentrionali (per es. nel Norico), dove esiste un bema caratteristico, concluso da una forma absidata, e raramente è presente una vera e propria abside. Anche Ravenna, prima di sviluppare varianti proprie nelle espressioni architettoniche e decorative perfettamente bilanciate del sec. 6°, riflette le medesime esperienze (Santa Croce, S. Giovanni Evangelista). Sempre nell'Italia settentrionale è frequente la costruzione di cattedrali doppie, di cui un esempio, oltre quello di Milano, si trovava forse anche nel primitivo complesso torinese.
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