Vedi BASILICA dell'anno: 1959 - 1994
BASILICA (basilĭca)
B. civile. - Edificio pubblico destinato, nelle città romane, a sede dei tribunali ed a luogo di ritrovo dei cittadini che vi trattavano gli affari. Nella sua forma più sviluppata e tradizionale, la b. è una costruzione a pianta rettangolare, chiusa od aperta nel perimetro esterno, divisa in più navate da colonne o pilastri che reggevano la copertura; sovente a sede del tribunale (tribunal) erano destinati una abside od un avancorpo, situati su un lato corto o al centro di uno dei lati lunghi. Il tipo di b. descritto da Vitruvio (v, 1, 4) aveva una ampiezza non inferiore ad un terzo né superiore a metà della lunghezza "salvo che la natura del luogo lo impedisca od altra causa costringa a mutare le proporzioni". L'altezza delle colonne corrispondeva all'ampiezza delle navate; la navata centrale, sopraelevata, aveva un duplice ordine di colonne, ed il colonnato superiore aveva un'altezza minore di un quarto. Altri dati si ricavano dalla minuta descrizione di Vitruvio della b. di Fano, da lui costruita (v, 1, 6; ma, secondo alcuni filologi, il passo sarebbe interpolato): la navata centrale aveva un'ampiezza (60 piedi = m 17,76) tre volte maggiore delle navate laterali ed una lunghezza interna (120 piedi = m 35,52) doppia della larghezza. Le b. venute in luce nei vari centri dell'Impero romano presentano però numerose varianti nelle proporzioni e nei particolari della struttura, pur mantenendosi fedeli a talune caratteristiche (ad esempio, la pianta rettangolare) dipendenti dalla specifica funzione dell'edificio.
L'origine della costruzione è stata molto discussa e il problema non è ancora definitivamente risolto. La ricerca di uno schema attorno al quale si potessero raggruppare le costruzioni basilicali finora scoperte, l'eccessivo teorizzare su taluni dati, come la pianta e l'origine del nome, hanno fatto sovente perdere di vista ciò che gli scavi pongono continuamente in risalto: la b., cioè, poneva come presupposto della funzione cui era destinata - lo svolgimento della vita civica nelle comunità romane - la creazione di una grande sala coperta; ma tale tema era poi svolto con una certa libertà dagli architetti che ne curavano l'esecuzione. Si potrebbe dedurne che la parola "basilica" designasse, presso i Latini, piuttosto la funzione che non il tipo di quel particolare edificio di cui, restando fissi i dati fondamentali, i particolari variavano da luogo a luogo, a seconda delle esigenze. L'origine greca, denunciata dal nome stesso, è stata accettata da molti studiosi: la b. non sarebbe altro che la trasposizione, in ambiente romano, del "portico del re" (stoà basìleios) di Atene, che aveva funzione giudiziaria poiché era sede del tribunale. Gli scavi dell'agorà di Atene non hanno ancora fatto identificare con sicurezza questa costruzione. Pausania (vi, 24, 2), descrivendo l'agorà di Elide, parla di un portico diviso in tre parti da colonne, nel quale solevano passare la giornata i giudici dei giuochi. Il progredire della conoscenza del mondo greco-romano non ha finora convalidato la tesi di una pura e semplice derivazione dal "portico del re" di Atene, e neppure l'Oriente ellenistico ha dato ancora una risposta soddisfacente al quesito; cosicché alcuni studiosi (come il von Gerkan) si orientano attualmente verso un'origine italica, derivata dalle colonie greche dell'Italia meridionale. Soltanto quando gli scavi avranno fatto conoscere la pianta e le caratteristiche delle più antiche b. costruite in Roma, si potrà dare un più chiaro indirizzo alle ricerche; è logico tuttavia pensare che i Romani - i quali, quando costruirono le prime b., avevano già intessuto stretti rapporti con l'ambiente ellenistico dell'Italia meridionale - trovassero in questo ambiente il tipo di edificio che soddisfaceva le loro esigenze. Le ricerche condotte in tal senso hanno avuto come caposaldo la b. di Pompei: anteriore alla colonizzazione romana della città (risale alla fine del II sec. a. C.), essa è la più antica e la meglio conservata. Le discussioni sulla soluzione architettonica interna dell'edificio, se esso fosse, cioè, scoperto (ipetrale) nello spazio centrale, oppure coperto (l'originale ipotesi del Krischen - spazio centrale coperto, navate laterali scoperte - è poco convincente per evidenti ragioni di funzionalità dell'edificio), sono state ravvivate recentemente dal risultato degli scavi del Maiuri, i quali hanno recato nuovi e, sembra, definitivi apporti alla tesi della copertura centrale. Ciò ha reso ancor più evidenti i legami esistenti tra il tipo più comune di b. romana e la b. di Pompei. Quest'ultima, a pianta rettangolare (m 55 × 24), è divisa in tre navate da due file di colonne laterizie; l'ingresso principale è sull'asse longitudinale, attraverso il porticato del Foro (col quale è strutturalmente connesso), mentre il tribunal, concepito come un loggiato a due ordini di colonne, è addossato alla parete di fondo.
Non si ha notizia che a Roma siano esistite b. prima del II sec. a. C. Dopo la fine della seconda guerra punica e la vittoria di Flaminino in Grecia (197 a. C.), si svolse in Roma una notevole attività edilizia: in soli 14 anni, tra il 184 ed il 170 a. C., sorsero attorno alla piazza principale della città - il Foro Romano - tre basiliche: la b. Porcia, la b. Fulvia (poi rifatta dalla gens Aemilia), la b. Sempronia. Il numero, notevole per una città che fino allora non aveva sentito la necessità di tali edifici, indica un improvviso aumento del ritmo della vita cittadina concentrata nella piazza centrale, e la conseguente necessità di creare - in sostituzione dei lunghi porticati che le città ellenistiche avevano attorno alle loro piazze - un ambiente coperto in cui, non soltanto i tribunali (per i quali in origine non esistevano sedi fisse), ma anche i numerosi mercanti, uomini d'affari e venditori al minuto che convenivano nel Foro, si potessero riparare dalle inclemenze stagionali; una piazza coperta, cioè, a fianco di quella scoperta. Non è da escludere che prima della costruzione delle b. servissero a tale scopo, in Roma, sale o cortili coperti (atria) messi a disposizione del pubblico dalla munificenza di alcuni cittadini.
Due di tali atria furono infatti demoliti nel 184 a. C. nella zona nord-occidentale del Foro per la costruzione della b. Porcia, eretta da M. Porcio Catone durante la sua censura, primo edificio di tal genere sorto in Roma; era una costruzione con colonne, ed era sede dei tribuni (Liv., xxxix, 44; Plut., Cato minor, v). Segue, nel 179 a. C., la b. Fulvia sul lato settentrionale del Foro, ad opera del censore M. Fulvio Nobiliore (Liv., xl, 51). Rifatta in seguito dalla gens Aemilia, prenderà nome da essa; i resti dell'edificio primitivo sono venuti in luce recentemente sotto il pavimento imperiale della b. Aemilia. Sul lato opposto della piazza sorge, nel 170 a. C., a cura del censore Ti. Sempronio, la b. Sempronia, nel luogo dove erano la casa di Scipione l'Africano ed un gruppo di botteghe (Liv., xliv, 16); il sito corrisponde alla parte sud-orientale della b. Iulia. Nel 121 a. C. - ultima della serie delle b. repubblicane del Foro - viene costruita, dal console L. Opimio, la b. Opimia, che pare fosse nei pressi del Tempio della Concordia; anzi taluni topografi, in considerazione della forma inusitata del tempio stesso, pensano che formasse un tutto unico con esso. Nella sistemazione edilizia del Foro intrapresa da Giulio Cesare, venne inclusa anche la costruzione di una nuova, vasta b., la Iulia (46 a. C.) per sostituire la Sempronia e le botteghe (tabernae veteres) che fronteggiavano la piazza e che, evidentemente, non erano più consone al nuovo aspetto monumentale del Foro. L'edificio, condotto a termine da Augusto, bruciò quasi subito; Augusto lo rifece integralmente, dedicandolo ai nipoti Gaio e Lucio Cesare (Resgestae d. Aug., iv, 13 ss.). Il nuovo edificio (un grande rettangolo dim 105 × 46 che rispecchiava le proporzioni vitruviane) si presentava ora con un grande porticato a pilastri con semicolonne doriche, sopraelevato sul piano della piazza ed aperto per tre lati, mentre il lato di fondo era chiuso da una serie di botteghe (probabilmente le tabernae veteres che erano state allontanate dalla piazza). L'aula basilicale vera e propria, sopraelevata di due gradini sul portico perimetrale, era costituita da un'ampia navata centrale (m 76,50 × 17,50) pavimentata con marmi colorati, circondata da un porticato a pilastri, più che da vere navate laterali. La pianta che ne risulta si allontana dallo schema consueto, rispondendo, probabilmente, a particolari esigenze funzionali; la navata centrale, separata mediante transenne marmoree dalle navate laterali, era infatti la sede del tribunale centumvirale, affollato di persone (180 giudici divisi in quattro sezioni). Incerta è la ricostruzione dell'elevato; pare tuttavia che la navata centrale fosse sopraelevata, con gallerie accessibili al pubblico. ("Attorno a questo tribunale stipato di persone s'assiepava, anche nelle parti superiori della b., una folla di donne e di uomini, desiderosi di udire - ma era difficile - e di vedere, cosa più facile", Plin., Epist., vi, 33, 3). La b. funzionò fino al tardo Impero ed ebbe l'ultimo restauro nel 416, a cura del prefetto della città Gabinio Vettio Probiano. Sul lato opposto della piazza la b. Aemilia, incorporate le tabernae novae, aveva in età imperiale un aspetto simile alla Iulia: un vasto porticato frontale di ordine dorico, lungo un centinaio di metri, nascondeva le retrostanti botteghe addossate al muro della b.; tre ingressi ad arco davano accesso all'interno, originariamente diviso in tre navate da colonnati di marmo africano, cui venne aggiunto poi un colonnato di cipollino, creando una navatella ampia m 1,8o sul lato lungo settentrionale. I resti rinvenuti nello scavo consentono una ricostruzione dell'interno abbastanza completa: mentre le navate laterali, ampie m 4,60, erano coperte con vòlte in muratura, la navata centrale (m 80,50 × 12) si sopraelevava con un secondo ordine, corinzio (l'inferiore era probabilmente ionico), di colonne di marmo africano. Tra i due ordini era collocato il fregio scolpito con le leggende delle origini, ora in parte ricomposto (v. romana, arte). Incerta è invece la collocazione delle magnifiche "candeliere" d'età augustea con ornati vegetali a rilievo. L'edificio - il cui restauro più notevole avvenne all'inizio dell'età imperiale - venne incendiato nel V sec. d. C. probabilmente durante l'invasione gotica (410 d. C.).
Nella zona forense (Foro Romano e Fori imperiali) non vennero costruite altre b. fino a Traiano, il quale comprese nel monumentale progetto del suo Foro (113 d. C.) la b. Ulpia, grande edificio (m 159 × 55) diviso internamente in cinque navate da colonnati di granito bigio e cipollino. Tre ingressi ornati con propilei s'aprivano nel lato lungo prospiciente il Foro, mentre ingressi secondari s'affacciavano sul cortile dove è la colonna istoriata. La pianta della b. è completata, per le parti non visibili attualmente, dai frammenti della forma Urbis severiana; una novità strutturale - già applicata in ambiente provinciale - sono le due grandi absidi sui lati corti, una delle quali sarebbe da identificarsi, secondo la forma Urbis, con l'atrium Libertatis. Architetto del complesso monumentale e quindi anche della b. fu Apollodoros di Damasco.
A distanza di due secoli sorge l'ultima grande b. forense, quella costruita da Massenzio sull'altura della Velia al principio del IV sec. d. C. (b. Nova). Monumento colossale per proporzioni e per ardimento tecnico, essa testimonia quale attività nel campo dell'architettura, stimolata da una intensa vita urbana, sussistesse ancora a Roma in un periodo che comunemente viene definito già di decadenza. È una delle espressioni più notevoli dell'edilizia romana e delle possibilità della struttura in opera cementizia: l'ignoto architetto, abbandonato il tradizionale schema basilicale a colonnati, mantiene però la pianta tripartita e su questa innalza, con ardito gioco di masse, le vòlte che, nella navata centrale (m 80 × 25), giungevano a 35 m di altezza. Dei colonnati rimane soltanto un ricordo nelle colonne addossate ai pilastri della navata centrale, alte m 14,50, le quali reggevano i pennacchi delle tre grandi vòlte a crociera che la coprivano. Le navate laterali sono trasformate in ampi nicchioni (tre per ciascun lato) coperti con vòlte a botte, più basse della navata centrale. Una colonna superstite è quella eretta da Paolo V dinanzi alla facciata della b. di Santa Maria Maggiore. L'enorme massa di muratura è movimentata dalle nicchie delle pareti, dal cassettonato delle vòlte e dai grandi finestroni che si aprono nelle pareti esterne, disposti in duplice ordine (sei per ciascun nicchione). La facciata con l'ingresso, preceduta da un porticato, è sul lato corto prospiciente il tempio di Venere e Roma; sul lato opposto all'ingresso si apre una vasta abside. L'ingresso sul lato breve, il portico che lo precede e l'abside terminale della navata centrale preludono allo schema basilicale paleocristiano; lo spostamento dell'asse principale dell'edificio (fatto coincidere con quello longitudinale) segna l'abbandono di un tipo architettonico al quale si erano uniformate finora le b. di Roma. Costantino apportò modifiche alla costruzione aprendo un ingresso, preceduto da un portico, al centro del lato lungo prospiciente la via Sacra; con l'aggiunta di una abside, decorata da un duplice ordine di nicchie, al centro del lato opposto, l'asse principale venne riportato sull'asse trasversale. Nella primitiva abside venne eretta una colossale statua di Costantino i cui frammenti sono ora esposti nel Palazzo dei Conservatori, in Campidoglio. Nel Medioevo, forse in seguito a cedimento del terreno provocato da terremoti, caddero la navata centrale e quella di sinistra.
Altre b. sorsero in Roma durante l'Impero, soprattutto nella zona monumentale del Campo Marzio che, per il suo carattere pianeggiante e la vicinanza al centro cittadino, fu prescelta, da Agrippa in poi, per i grandi edifici pubblici.
Verso il 120 d. C., Adriano eresse in onore della sorella e della nipote, la b. Matidies Marcianes, ricordata dai Cataloghi Regionarî nella reg. IX (Campo Marzio); pare fosse ubicata nella zona a N-E del Pantheon (p. Capranica). Nella stessa regione è ricordata la b. Neptuni, già esistente nel I sec. dell'Impero poiché venne restaurata da Adriano. L'Historia Augusta (Sev. Alex., 26) dà pure notizia di una grandiosa costruzione,. la b. Alexandrina, iniziata nel III sec. d. C. da Alessandro Severo nella stessa zona della precedente; interamente costruita su colonne, avrebbe misurato 1000 piedi di lunghezza su 100 di ampiezza (m 296 per m 29,60), ma l'edificio rimase interrotto alla morte dell'imperatore. Le caratteristiche della costruzione, le proporzioni inconsuete per una b. (rapporto. di 1 : 10 fra gli assi) ed i rinvenimenti dei resti di un portico del III sec. a E della fronte del Pantheon, hanno indotto i topografi a ritenere che si tratti, invece, di un portico fronteggiante le terme Alessandrine sulla piazza antistante il Pantheon. Dubbia è pure l'altra notizia della Hist. Aug. (Gord., iii, 32), riguardante la b. di Gordiano III, che questo imperatore avrebbe progettato nel complesso monumentale di portici, giardini e terme da costruire nel Campo Marzio. La b. argentaria, ricordata dai Regionarî tra gli edifici della reg. VIII, è identificata con un'aula porticata a pilastri, nel Foro di Cesare, a fianco del tempio di Venere e adiacente al "clivo argentario". Ignota è l'ubicazione della b. Antoniarum duarum, eretta in onore delle due figlie di Ottavia e M. Antonio; è ricordata in una lapide funeraria di una coppia di commercianti di ninnoli che avevano nella b. il loro banco (C. I. L., vi, 5536). I Regionarî elencano altre b. di cui si ignora l'ubicazione e l'epoca della costruzione; esse prendevano nome dal genere di merci che vi si trattavano (vestilia, vascularia, floscellaria) ed erano piuttosto edifici di carattere commerciale, grandi magazzini dove si raccoglievano i venditori dei singoli tipi di merce.
Una categoria a parte è costituita dalle b. costruite da privati cittadini, dei quali prendevano generalmente il nome. La b. Iulia Aquiliana, la cui ubicazione è ignota, è ricordata da Vitruvio (v, 1, 4) perché, a causa della sua eccessiva lunghezza, vi erano stati aggiunti, alle estremità, porticati (chalcidica); venne probabilmente fatta costruire da un Aquilio in età cesariana od augustea. Sull'Esquilino, presso S. Maria Maggiore, sorgeva la b. di Giunio Basso (in seguito trasformata nella chiesa di S. Andrea Catabarbara), console nel 331 d. C., che la costruì interamente a proprie spese. Interessante esempio di architettura tardo-imperiale, era decorata all'interno con un fastoso opus sectile di marmi colorati; era ad unica navata rettangolare, absidata, preceduta da un portico frontale. Gli imperatori ebbero nei loro palazzi sale basilicali dove amministravano la giustizia, tenevano riunioni o ricevevano ambascerie. Tipico esempio, la b. della domus Flavia: sala rettangolare (m 23,54 × 20,60) con ampia abside addossata ad un lato corto. Secondo il Giovannoni era coperta da una grande vòlta a botte riposante su due colonnati (alti circa 10 m) che correvano a breve distanza dai lati lunghi; errato sarebbe perciò il restauro del Rosa, che presuppone un duplice ordine di colonne troppo esili per le proporzioni della sala. Pur non essendo ancora ultimati gli studî sulla villa di Piazza Armerina (v.), in Sicilia, sarà forse da interpretarsi come una b. l'ambiente accessibile mediante gradini dall'"ambulacro della caccia", al quale si perviene, attraverso il peristilio, con una successione identica a quella che sarà nella b. cristiana di Nikopolis (Actium) di età giustinianea.
In Roma sono noti due esempi di b. utilizzate in età imperiale come luoghi di riunione per appartenenti a sette religiose: la b. Hilariana, fatta costruire sul Celio da M. Publicio Ilaro, mercante di pietre preziose e quinquennale del collegio dei dendrofori di Cibele. La sala (parzialmente scavata) era preceduta da un vestibolo con mosaico pavimentale figurato nel quale è una scritta propiziatoria col nome della basilica. La b. di Porta Maggiore è una sala rettangolare (m 12 × 9) absidata, divisa in tre navate da arcate sostenute da pilastri; sotterranea, riceveva luce da un lucernario situato nel piccolo vestibolo. Costruita verso la metà del I sec. d. C., dovette servire come luogo di riunione di una setta pitagorica; in tal senso infatti sono stati interpretati i soggetti di mitologia classica dei bellissimi stucchi che ornano le pareti e la vòlta.
La b. era una costruzione pubblica che - come il teatro, l'anfiteatro, l'acquedotto - già dall'età augustea difficilmente mancava nei municipî e nelle colonie romane. Quando il corpo di Augusto venne portato da Nola a Roma, il funerale sostò in basilica cuiusque oppidi (Suet., Aug., 100). Oltre Pompei, in Italia sono stati identificati resti di b. in molte altre località.
Resti di b. identificati in Italia:
Alba Fucens: costruzione in opus incertum su un terrazzo artificiale elevato 3 m sul livello del Foro. Misura m 53 × 22, ed ha tre ingressi su un lato lungo prospiciente il Foro; sotto il lato opposto sono ricavate, nel basamento, quattro botteghe. Del porticato interno rimane soltanto la fondazione (Not. Scavi, 1951, p. 265 ss.).
Ardea: rettangolare (interno: m 45,80 × 23,80) in opera quasi reticolata, con tre ingressi su un lato lungo ed un portico davanti al lato corto orientale. Colonnato interno di tufo rivestito di stucco, pavimento in opus signinum. È una delle più antiche b. (inizio del I sec. a. C.) (E. Wikén, in Boll. St. Med., v, 1934, p. 7 ss.).
Augusta Bagiennorum: costruzione (m 75 × 26) annessa al Foro di cui occupa un lato corto; divisa in tre navate, con tre ambienti aggiunti su ciascun lato corto (R. Schultze, Basilica, 1928, p. 40).
Centumcellae: lunga circa 8o m, a tre navate divise da pilastri (S. Bastianell, Centumcellae, 1954, p. 44).
Cosa: rettangolare (lungh. m 35,52), sul lato N-E del Foro. Navate divise da pilastri, tribunal sporgente su uno dei lati lunghi (Fr. E. Brown, in Mem. Am. Ac., xx, 1951, p. 75 ss.).
Forum Iulii (Cividale): lunga e stretta (m 37,40 × 7,85), a navata unica con colonnato centrale (S. Stucchi, in Not. Scavi, 1950, p. 22 ss.; id., Forum Iulii, 1951, p. 55).
Forum Iulium Carnicum: tipo e dimensioni (oltre m 30 per m 7,85) simili alla precedente (C. G. Mor, in Atti V Congr. St. Rom., ii, pp. 28-29).
Ocriculum: scavata nel sec. XVIII, ora non più visibile. Una pianta del Pannini riproduce una sala quasi quadrata, divisa in tre navate da colonnati di travertino; abside con due colonne nella parete di fronte all'ingresso (C. Pietrangeli, Ocriculum, 1943, p. 53 ss.).
Ostia: rettangolare (m 47 × 29), disposta su un lato lungo del Foro, verso il quale (come verso il decumano) era aperta con doppio porticato ad arcate marmoree. Aula interna circondata da un colonnato di marmo bigio (probabilmente a due ordini) con pilastri agli angoli e strette navate sui fianchi (G. Calza, Ostia, ed. 1928, p. 165 ss.).
Saepinum: aveva un colonnato interno, ed un tribunal columnatum, ricordato in un'epigrafe come opera di un Fabio Massimo (Not. Scavi, 1877, p. 280; 1880, p 179).
Tergeste: vasta sala (m 88 × 23,50) divisa in tre navate da colonnati ionici, con abside semicircolare su un lato corto e rettangolare sul lato opposto. Accesso dal lato lungo prospiciente il Foro. Probabile l'esistenza di un secondo piano (V. Scrinari, Tergeste, 1951, p. 70 ss.).
Tibur: donata da un Orbius, è probabilmente da identificarsi con resti di un edificio absidato in opus reticulatum sotto il duomo (C. I. L., x, 3671; C. Carducci, Tibur, 1940, pp. 50-51).
Velleia: rettangolare (m 35 × 12), su un lato del Foro, coi portici del quale comunica per mezzo di due ingressi situati alle estremità di un lato lungo. È ad una sola navata. Opera del duumviro Gn. Antonio Sabino (C. I. L., xi, 1185-6; S. Aurigemma, Velleia, itin. 73, p. 17 ss.).
Località le cui b. sono attestate da iscrizioni:
Abella (C. I. L., x, 1208), Abellinum (C. I. L., x, 1120: opera di M. Antonio Rufino), Aletrium (C. I. L., x, 5807: opera di L. Betilieno Varo, età sillana), Altinum (C. I. L., v, 2157), Beneventum (C. I. L., ix, 166: b. Longini, restaurata - forse all'epoca di Narsete - dai danni subiti durante un'invasione barbarica), Caere (C. I. L., xi, 3614: in età traianea gli Augustali tenevano le loro riunioni nella b. Sulpiciana), Carseoli (C. I. L., ix, 4063: restaurata dai quattuorviri Q. Avillieno Felice e M. Olio Secondo), Caudium (C. I. L., ix, 2174: dono del patrono L. Scribonio), Cingulum (C. I. L., ix, 5688), Corfinium (C. I. L., ix, 3162: basilicae forse da intendere nel significato di aule porticate - aggiunte al macellum Lucceium), Cubulteria (C. I. L., x, 4622), Fagifulae (C. I. L., ix, 2557: è ricordato un portico davanti alla basilica), Ferentinum (C. I. L., x, 5902: dubbia, perché l'epigrafe è di età cristiana), Herculaneum (C. I. L., x, 1425: dono di M. Nonio Balbo, non è stata ancora sicuramente identificata), Iguvium (C. I. L., xi, 2, 5820: Gn. Satrio Rufo sublaqueavit basilicas unite al teatro: può trattarsi di aule porticate), Iuvanum (C. I. L., ix, 2961: l'epigrafe, repubblicana, ricorda anche il tribunal), Nola (C. I. L., x, 8164), Puteoli (C. I. L., x, 1782-3; 1693-1694: sono ricordate due b., la b. Augusti Anniana e la b. Alexandriana), Septempeda (C. I. L., ix, 5576), Setia (C: I. L., x, 6462), Sora (C. I. L., x, 5670: basilica Caes[aris], epigrafe del 107 d. C.), Spoletium (C. I. L., xi, 2, 4819: dono del quattuorviro Sesto Volusio Meliore; non è da identificarsi con l'edificio comunemente detto "basilica": cfr. C. Pietrangeli, Spoletium, 1939, p. 63), Telesia (C. I. L., ix, 2259), Thurii (C. I. L., x, 123: opera dei censori P. Magio e Q. Minucio, in età repubblicana), Turris Libisonis (C. I. L., x, 7946: è ricordato il tribunal, in un restauro del III sec. d. C.), Velitrae (C. I. L., x, 6588), Verona (C. I. L., v, 3446).
Nelle province dell'Impero la b. è parte integrante dell'architettura forense, e gli scavi dei varî centri abitati ne accrescono via via il numero. Dai Romani essa viene introdotta anche in quelle città della Grecia e di Asia Minore che avevano già un centro urbano con fisonomia propria.
Avanzi di b. sono stati riconosciuti a:
Alesia: sala (m 33,50 × 13) con absidi sui lati corti, fronte decorata con colonne su un lato lungo; sul lato opposto un ambiente absidato (tribunal?) fra altri ambienti minori (R. Schultze, Basilica, pp. 51-52).
Arelate: alla b., ricordata anche in un'epigrafe, sono stati attribuiti resti di doppie colonne e semicolonne (F. Benoît, in Rev. Arch., 1938, p. 212 ss.).
Aspendos: b. a tre navate, con navata centrale sopraelevata e coperta a vòlta (G. Giovannoni, Tecn. d. costr., tav. iv).
Augusta Raurica: b. a tre navate (m 50 × 23) con absidi semicircolari sui lati corti. Sul lato N-E del Foro (F. Stähelin, Die Schweiz in röm. Zeit, 1948, pp. 6oo-601).
Bagacum: b. a tre navate, annessa ad un grandioso criptoportico (J. Heurgon, in Ant. Class., xviii, 1949, p. 138).
Berytus: resti di una b. sono stati scoperti nel 1946 (Fasti Arch., i, 1946, n. 1433).
Calleva Atrebatum (Silchester): b. a tre navate (metri 71 × 17,70) con absidi semicircolari sui lati corti, colonnato corinzio e due ingressi su un lato lungo, tribunal sul lato opposto (Schultze, op. cit., pp. 45-46).
Cambodunum: b. a tre navate (m 40 × 23,60) con absidi semicircolari sui lati corti (Schultze, op. cit., p. 45).
Carnuntum: sala lunga e stretta (m 134 × 28,75) con due piccole absidi sui lati corti (Schultze, op. cit., pp. 52-53).
Castra Vetera: grande sala a tre navate (m 62,30 per 24,65), nel pretorio, con ambienti rettangolari (decorati con colonne e pitture) sui lati corti. Pianta simile alla b. di Venta Silurum (Schultze, in Bonn. Jahrb., 126, 1921, p. 5 ss.).
Cirene: aula a colonne, absidata, sul lato N-E del grandioso Cesareo (P. Romanelli, in Enc. It., App. ii, 1938-48, s. v. Cirenaica; cfr. J. W. Perkins, in Jour. Rom. Stud., 1948, p. 59 ss.).
Civitas Ulpia Sueborum (Lopodunum): b. con ampia navata centrale (m 55 × 13,70) divisa dalle navate laterali mediante pilastri con arcate. I lati corti terminano con navatelle trasversali sopraelevate (chalcidica?); ampio tribunal absidato su un lato lungo, ingressi sul lato opposto (H. Gropengiesser, Inter. Kongr. Arch., 1939, p. 555; Schultze, op. cit., p. 55 ss.; H. Mylius, in Germania, xxx, 1952, p. 56 ss.).
Corinium: b. a tre navate, divise da colonnati d'ordine corinzio, con abside semicircolare su un lato corto (F. Haverfield, in Archaeologia, lxix, 1917-8, pp. 168-169).
Corinto: 1) b. a tre navate a N dell'agorà (spazio centrale m 36 × 11, circondato da un portico a colonne o pilastri); tre ingressi sul lato corto verso la piazza e tre ambienti sul lato opposto. Secondo il Carpenter è della fine del I sec. a. C.; 2) b. Iulia, edificio rettangolare ellenistico rifatto in età romana, con ingresso preceduto da propileo su uno dei lati lunghi prospiciente il lato E della piazza; altro edificio (metà del I sec. a. C.), simile per tipo e dimensioni, sul lato S della piazza. Nel basamento era ricavato un criptoportico (R. Stillwell, Corinth, i, 1932, p. 139 ss.; R. Carpenter, Guide, 1936, p. 76 ss.).
Cuicul: 1) b. Iulia, a navata unica (m 38 × 14) sul lato O del Foro vecchio, fatta costruire da C. Giulio Crescenziano (169 d. C.); 2) b. vestiaria, a navata unica (m 24 × 12) absidata, fatta costruire da P. Ceionio Cecina Albino nel Foro severiano; 3) b. (m 36 × 14) preceduta da un vestibolo, costruita nello stesso Foro da Cecina Albino tra il 364 e il 367 sulle rovine del tempio del dio Frugifero (C. I. L., viii, 8318-9; 8324; 20156; Y. Allais, Djemila, pp. 37 e 52; E. Albertini, in Compt. Rend. Ac. Inscr., 1943, p. 376 ss.).
Doclea: sala (m 48 × 14) con navatelle trasversali e ambiente absidato su un lato corto (Schultze, op. cit., pp. 48-49).
Forum Claudii Vallense: b. (m 65 × 33,70) con fronte, preceduta da un porticato, su un lato lungo (Schultze, op. cit., p. 53).
Gigthis: b. a tre navate, con tribuna sopraelevata, sul lato E del Foro (Schultze, op. cit., p. 51).
Histria: sala rettangolare (lungh. oltre 31 m), absidata. Età probabile: IV sec. d. C. (S. Lambrino, in Dacia, III-IV, 1927-32, p. 384 ss.).
Leptis Magna: 1) b. vetus rifatta da Costantino; aula rettangolare, con colonnato interno e tre esedre su uno dei lati corti; 2) b. Severiana, sul lato E del Foro omonimo. Ottimamente conservata, con splendidi rilievi di età severiana. Sala di forma allungata (m 70,30 × 36,60) ad absidi contrapposte e tre navate divise da un doppio ordine di colonne. Ingressi sui due lati lunghi (tre per parte). Trasformata poi in chiesa bizantina (J. W. Perkins, in Fasti Arch., iv, 1951, n. 4021; B. M. Apollonj Ghetti, Foro e b. sev. di L. M., Mon. Ital., viii-ix).
Londinium: resti di una grande b. (m 130 di lungh.) sono stati individuati nel centro di Londra (G. Home, Roman London, 1948, p. 179 ss.).
Madaura: piccola sala (m 14,60 × 8,20) ad unica navata, a N del Foro (Gsell-Joly, Khamissa, ecc., ii, p. 62).
Sabratha: b. rettangolare (m 50 × 28) secondo lo schema vitruviano (tribunal al centro di un lato lungo); rifatta con diverso orientamento sul tipo della b. Severiana di Leptis, infine trasformata in chiesa cristiana (G. Caputo, in Reports Dept. Antiq. Tripol., ii, 1949, p. 16; J. W. Perkins-R. G. Goodchild, in Archaeologia, xcv, 1953, p. 7 ss.).
Shaqqa: sala (m 18,30 × 19,80) di tipo particolare, con navata centrale coperta a vòlta. Usata forse come palestra delle truppe (G. Leroux, Édif. hypost., pp. 296-297).
Sigus: b. a tre navate (m 27,75 × 19,60) divise da pilastri, con facciata preceduta da una galleria (Gsell, Mon. Alg., i, p. 129 s.).
Thamugadi: b. forense (m 38 × 15) riccamente ornata, con pilastri sui lati lunghi (su uno dei quali sono gli ingressi). Tribunal su podio con nicchia, fronteggiato da una abside sull'opposto lato corto (Schultze, op. cit., pp. 49-50).
Thibilis: sala absidata con spazio centrale scoperto (Gsell-Joly, Khamissa, ecc., iii, p. 73 55., tav. xvii).
Thubursicum: sala (m 39,10 × 28,40) sul lato E del Foro. Pianta non comune: simile a un peristilio colonnato, senza tribunal (Schultze, op. cit., p. 51).
Tipasa: b. a tre navate (m 17 × 10,75) con semicolonne nella navata centrale (Leroux, op. cit., pp. 259-260).
Treviri: b. di forma assai allungata (m 56,13, senza abside, per m 27,54) con ingresso, preceduto da porticato, su un lato corto, e abside sul lato opposto. Trasformata in chiesa (D. Krencker, Trier, p. 40 ss.; H. Koethe, in Tr. Z., 12, 1937, p. 151 ss.).
Tropaeum Traiani: b. forense, costruita in età costantiniana (Radu Vulpe, La Dobroudja, Ac. Roum., iv, 1938, p. 294).
Uriconium: b. a tre navate, priva di absidi (Schultze, op. cit., p. 46).
Venta Silurum: b. a tre navate (m 39 × 18,30) con absidi rettangolari (una, con ipocausto) sui lati corti (Schultze, op. cit., pp. 44-45).
Verulamium: una piccola b. è forse l'edificio nell'angolo S della città. Rettangolare, con due absidi rettangolari sui lati corti (R. E. M. Wheeler, Verulamium, 1936, pp. 122-123).
Virunum: scarse tracce di due absidi distanti m 58 fra loro (Schultze, op. cit., p. 54).
Volubilis: resti della b. a E del Foro (Compt. Rend. Ac. Inscr., 1916, pp. 360-361; 1929, p. 259).
Xanten: sala (m 67 × 19) con piccolo annesso (Schultze, op. cit., p. 53).
Resti di b. funerarie sono stati scoperti a: Lugdunum (W. Seston-Ch. Perrat, in Rev. Et. Anc., xlix, 1947, p. 139 ss.) ed a Mactar: costruzione a tre navate (m 17 × 8) con esedra absidata e fronte porticata prospiciente una piccola piazza (G. Picard, in Compt. Rend. Ac. Inscr., 1946, p. 185 ss.; id., in Fasti Arch., i, 1946, n. 2076).
Si ha inoltre ricordo dell'esistenza di b. a:
Abdera (C. I. L., ii, 1979: b. cum hypaetro), Annecy le Vieux (C. I. L., xii, 2533), Antiochia (Kaisarion), fatta costruire da Cesare nel 47 a. C., e le b. di età costantiniana e teodosiana: b. Roufinou, Anatoliou; cfr. Io. Malala, ed. 1831, pp. 287, 318, 360), Aquae Sextiae (C. I. L., xii, 530), Caesarodunum (J. Boussard, in Rev. Ét. Anc., l, 1948, p. 324 s.), Cirta (C. I. L., viii, 7017; 7037-8: b. Costantiniana), Civitas Araditana (C. I. L., viii, 794), Civitas Vazitana (C. I. L., viii, 11999; 12006), Cremna (di Pisidia: C. I. L., iii, 6874), Efeso (Falkener, Eph., p. 98; Wood, Eph., p. 6o), Gerusalemme (la basiliké stoà costruita da Erode sul lato S del tempio: cfr. Ios. Fl., Ant., xv, 411), Iliberris (C. I. L., ii, 2083), Lancaster (C. I. L., vii, 287), Lanchester (C. I. L., vii, 445), Narbo Martius (C. I. L., xii, 4342: basilicae annesse alle terme), Nemausus (b. dedicata da Adriano a Plotina: Hist. Aug., Hadr., 12; T. Flavio Ermete, amministratore della b.: C. I. L., xii, 3070), Netherby (C. I. L., vii, 965), Nicaea (Plin., Ep., x, 48: basilicae attorno al teatro), Philadelphia (C. I. G., 3419), St. Pierre d'Albigny (C. I. L., xii, 2332), Septimia Vaga (C. I. L., viii, 1219; 14398), Smirne (C. I. G., 3148), Syene (C. I. L., iii, 6025). Due stazioni di posta, in Africa, portavano il nome di: ad basilicam (Mauret. Sitif.), ad basilicam Diadumeni (Num.).
In ambiente provinciale il nucleo più folto di b. è compreso tra il I ed il II sec. d. c.; in minor numero sono quelle dell'ultimo periodo repubblicano e del III sec. d. C. Una notevole ripresa edilizia si ha in età costantiniana, con restauri e nuove costruzioni. La b. forense è normalmente del tipo vitruviano, cioè a tre navate, con tribunal (cui sono spesso aggiunti altri ambienti) al centro di uno dei lati lunghi: l'edificio di solito è disposto in modo che un lato lungo (nel quale sono gli ingressi) coincida con un lato del Foro. Spesso gli ingressi sono preceduti da un portico che può essere lo stesso porticato del Foro. Un tipo particolare di b., con absidi rettangolari sui lati corti, compare già nel I sec. d. C. in edifici di spiccato carattere militare (Castra Vetera) e - con absidi anche semicircolari - nelle colonie della Britannia e della Gallia; l'esemplare più ricco e monumentale di questo tipo sarà, nel secolo seguente, la b. Ulpia di Roma. Non insoliti, in ambiente provinciale, sono gli edifici a navata unica (Treviri, Thamugadi, Cuicul); rari, invece, quelli a due navate, con un filare di colonne o pilastri al centro della sala (Forum Iulium Carn., Forum Iulii). Il tribunal spesso manca nelle b. che - come la Aemilia di Roma - non hanno specifica funzione giudiziaria; anzi, in un recente studio (del Velin), si nega che le b. siano state, almeno in età repubblicana, sede di tribunali. Nella funzionalità dell'edificio l'aspetto commerciale è posto in evidenza dallo stesso Vitruvio (v, 1, 4); ma si è notato che vi sono anche b. annesse - come luoghi di ritrovo o di passeggio coperto - a terme, teatri e templi.
Bibl.: Vitruvio, De architectura (ed. Krohn, Lipsia 1913), V, i, 4 ss.; K. Lange, Haus u. Halle, 1885; A. Mau, in Pauly-Wissowa, III, 1897, c. 83 ss., s. v. Basilica; id., Suppl. I, 1903, c. 243; E. De Ruggiero, Diz., s. v. Problema delle origini dell'edificio: G. Leroux, Les origines de l'édif. hypostyle, in Bibl. Ath. R., 108, 1913; A. von Gerkan, Griech. Städteanlagen, 1924, p. 139; id., in Kunstchronik, VI, 1953, p. 237; Gl. Downey, in Am. Journ. Arch., XLI, 1937, p. 194 ss.; W. Muller, The R. Basilica, in Am. Journ. Arch., XLI, 1937, p. 250 ss.; L. Banti, in Enc. It., Append. II, 1948, s. v. Atene (per la stoà basìleios dell'agorà di Atene). B. di Pompei: F. Krischen, in Architectura, 1933, p. 46 ss.; A. Maiuri, in Not. scavi, 1951, p. 225 ss. B. di Roma; E. De Ruggiero, Foro Romano, 1913, p. 389 ss.; G. Lugli, Roma Antica. Il centro monumentale, Roma 1946, passim; id., Monumenti antichi di Roma e Sub., III, 1938 e Suppl., 1940; G. Carettoni, in Not. Scavi, 1948, p. 111 ss.; E. Velin, Studien z. Topogr. d. Forum Rom., 1953, p. 111 ss.; F. Castagnoli, in Mem. Lincei, 1946, p. 182 ss. (b. Alexandrina); G. Giovannoni, in Atti III Conv. St. Arch., 1940, p. 85 ss. (b. della Domus Flavia). Ambiente provinciale e rapporti della b. con l'architettura tardo-imperiale e medioevale (oltre la bibl. particolare): R. Schultze, B.-Untersuch. z. ant. u. frühmittelalt. Baukunst, 1928. Si veda la sezione A della voce B., in Klauser, Reallexikon f. Antike u. Christentum, 1950, c. 1225 ss., figg. 25-34, di E. Langlotz.
(G. Carettoni)
B. cristiana. - All'epoca cristiana, il termine b. pare avesse un senso molto ampio, che non si riferiva solo agli edifici a pianta basilicale. Si ha infatti la sorpresa di incontrare tale vocabolo nell'iscrizione relativa alla consacrazione di S. Vitale a Ravenna, chiesa a pianta centrale (C. I. L., ii, 1, 288). E ancora, un pellegrino del IV sec. chiama Basilica Anastasis l'edificio rotondo che si trova sul Santo Sepolcro (Corp. Script. Eccl. Lat., xxxix, 48, 1). Le fonti letterarie non possono quindi, in questo caso, essere di molto aiuto, e bisogna prendere in considerazione solo gli indizi di carattere archeologico.
Dopo che Leon Battista Alberti (De architectura, 1451) propose di far derivare la b. cristiana dalla b. pagana privata (affermazione accettata fino al xix sec.), molte teorie sono state affacciate per spiegare le origini della b., ma il problema è tuttora aperto, dato che nessuna soluzione è stata accettata unanimemente. La tesi secondo la quale la b. cristiana non è derivata da monumenti pagani, tesi che ha trovato i suoi difensori, non è più sostenibile, e si è oggi d'accordo nel riferire l'origine della b. cristiana a modelli pagani. Ma quali? L'antica casa privata, con la b. propria, non è più presa dagli studiosi come punto di partenza (salvo casi particolari, che si riferiscono soprattutto alla Siria); alcuni autori cercano l'origine della b. negli edifici sacri pagani, quali gli Heroa, i Praetoria, ecc. (Dyggve, Boehringer), altri invece pensano di poterla far risalire alle b. pubbliche pagane, a quelle che servivano come luogo di passeggio e di ritrovo (Krautheimer), oppure ne attribuiscono l'origine ad un'iniziativa costantiniana ispirata alle sale delle udienze comuni nei palazzi degli imperatori romani (W. Perkins). Non avendo alcuna prova dell'esistenza di b. cristiane in epoca precostantiniana, si può iniziarne l'esame dal trionfo della Chiesa, e cioè dal principio del IV sec. (anche la chiesa di Dura Europos, infatti, che risale alla metà del III sec., è ancora una sala di casa privata adattata alle necessità liturgiche).
I Cristiani, dopo la pace della Chiesa, non potevano riprendere per i loro edifici di culto la tradizione architettonica dei templi; oltre al fatto che questi ultimi non si prestavano alle riunioni di fedeli, non essendo stati concepiti a tale scopo, vi si opponevano ovvie ragioni morali, e si voleva inoltre rinnegare tutto ciò che apparteneva alla religione nemica, non escluse le sue apparenze e le sue forme. Era dunque logico che si cercasse ispirazione altrove: negli edifici pubblici di carattere profano. Data però la vastità dell' Impero, bisogna tener conto delle particolarità locali: in Siria, per esempio, le chiese-case (del tipo di Dura) persistono fino al IV sec. e le b. stesse partecipano di questo carattere, come ha fatto notare J. Lassus, poiché formavano un unico corpo architettonico con varî altri edifici a cui erano annesse. A Costantinopoli, al contrario, la b., pur adottando la pianta romana, presenta una minore elevazione e le tre navate di S. Giovanni Stoudios sono coperte da un unico tetto. Il modello costantiniano, d'altra parte, non durerà molto a Costantinopoli, e l'Oriente cristiano abbandonerà la pianta basilicale che avrà invece un così duraturo successo in Occidente e ispirerà il modello della maggior parte delle chiese posteriori. Nonostante che a Roma stessa e soprattutto nell'Impero in generale, la b. non sia l'unico tipo di chiesa adottato nel IV sec., a Roma e nelle principali città dell'epoca costantiniana, sarà proprio quel tipo che verrà adottato per i santuari più celebri; questo modello, che Costantino il Grande scelse per S. Pietro e S. Giovanni in Laterano a Roma, per il Santo Sepolcro a Gerusalemme e per la chiesa della Natività a Betlemme, per non citare che i principali, eserciterà un'influenza considerevole e verrà imitato un po' dovunque.
Nelle loro linee generali, queste b. derivano gli elementi essenziali del loro modello dai monumenti pagani; navata rettangolare con doppio o quadruplo colonnato, maggiore elevazione al centro rispetto alle ali laterali più basse, tetto a doppio spiovente, essendo le navate laterali coperte da un piano inclinato, abside semicircolare all'estremità della navata, entrata situata in corrispondenza dell'asse principale. Vi si introduce però un elemento nuovo: la presenza, specialmente a S. Pietro in Vaticano, d'un transetto disposto tra l'abside e l'estremità del colonnato, che sporge dall'una e dall'altra parte della navata e che, all'interno, è da questa separato dall'arcus maior, o arco trionfale. Inoltre esse hanno in genere un atrio e spesso, quando si tratta di una b. destinata ad esaltare il ricordo di un luogo santo o di una tomba da venerare, una costruzione al di là dell'abside, arrotondata su un lato, oppure circolare che, nel Santo Sepolcro, secondo quanto sostiene il Dyggve, all'epoca di Costantino avrebbe avuto l'aspetto d'un porticato aperto. Queste nuove parti annesse alla b., per quanto importanti su un piano spirituale, qui possono essere solo menzionate, poiché non sono tra le parti essenziali della pianta basilicale; spesso infatti mancano del tutto. Talvolta l'ambiente destinato a contenere le reliquie o il luogo santo, si integra in una delle parti stesse della b., come a Betlemme, dove il luogo supposto della Nascita è circondato da un edificio circolare con funzione di abside. Così, nonostante queste varianti abbastanza notevoli, ma che rispettano sempre le linee essenziali, fin dalle prime costruzioni di Costantino (quelle del Laterano, per esempio) si affermò il tipo di b. cristiana, così chiamata dallo stesso Costantino, e fissata in modo trionfale nelle sue costruzioni successive (S. Pietro a Roma, il Santo Sepolcro e la chiesa della Natività a Gerusalemme e Betlemme), e in seguito accettata come il modello principale, se non unico, di chiesa paleocristiana. Questi dati così importanti sugli inizi e sull'evoluzione architettonica del santuario cristiano, sembrano ormai cosa acquisita, mentre è tuttora oggetto di discussione, come si è visto, la questione delle origini.
Nella fase evolutiva della b. cristiana all'epoca di Costantino bisogna ancora precisare che il cerimoniale cristiano rimane ancora legato ai fasti imperiali e che, per esempio, se il Concilio di Nicea si riunisce nella chiesa principale della città, la seduta di chiusura ha luogo nella sala delle udienze del palazzo imperiale (Euseb., Vita Costantini, ed. Heikel, 1902, iii, 10). Per quanto imperiosa sia stata la personalità di Costantino, non possono essere attribuite a lui tutte le innovazioni che notiamo nelle sue grandi b.; l'illuminazione per mezzo di finestre poste nella parte sopraelevata della navata centrale, così come il transetto, possono aver appartenuto anche ad edifici immediatamente precedenti al suo regno, o essere state introdotte (come è verosimile per quel che riguarda il transetto) per ragioni pratiche o liturgiche. In quest'ultimo caso, responsabili di queste innovazioni sarebbero i capomastri cristiani. Al contrario, nell'ipotesi che alcune necessità del culto avessero imposto particolari modifiche in un tempo anteriore alle grandi b. costantiniane, si è pensato a possibili derivazioni di alcuni particolari dai mithraea e dalle sinagoghe, edifici che spesso comportano diverse navate, e in cui l'affluenza del pubblico poteva portare a certe soluzioni analoghe, e forse anteriori, a quelle adottate dai Cristiani: così il fatto di riservare alla folla dei fedeli le navate laterali, particolare molto in evidenza in numerose b. nord-africane, è comune a certi mithraea e a talune sinagoghe; in questi casi la navata centrale sarebbe stata utilizzata per riti più solenni e, in modo generale, allo svolgimento del culto. Queste probabilità non contrastano affatto col simbolismo cosmico che nei primi tempi era legato alla b. (v. specialmente A. Alföldi, in Röm. Mitt., l, 1935, p. 132 ss.; E. Dyggve, Ravennatum Palatium, p. 30 ss.; H. P. L'Orange, Iconography of Cosmic Kingship, Oslo 1953). Fin dalla seconda metà del IV sec., e durante il V, si nota una certa evoluzione, che sembra cristallizzarsi invece verso gli inizi del VI sec., nonostante nel frattempo non si arresti l'erezione di b. in Oriente e soprattutto in Occidente. Inoltre, questa evoluzione presenta caratteri differenti da regione a regione. A. Prandi ritiene che l'influenza del papa S. Damaso (366-384) abbia potuto avere molto peso nello sviluppo dell'architettura religiosa. Questo studioso vede, nella b. dei SS. Giovanni e Paolo a Roma, un esempio di quella ch'egli chiama basilica aperta, specie di b. classica, per quel che riguarda la pianta, ma con pareti così aperte che veniva quasi a mancare una vera divisione tra esterno e interno. Questa particolarità, si noterebbe, oltreché nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, nella basilica di S. Maria Maggiore a Roma e risalirebbe al pontificato di Damaso; pare inoltre che fosse presente in diverse basiliche siciliane (Palermo, Siracusa). Questa concezione è in contrasto con quella del Dyggve, secondo il quale nella b. di Marusinac (Salona) la navata era, nel V sec., una specie di portico aperto su un cortile interno, fiancheggiato da due grandi arcate chiuse (iwān, nel termine persiano) e terminante con un'abside; Dyggve chiama quest'edificio basilica discoperta. Queste ipotesi relativamente recenti (soprattutto quella del Prandi) sono ancora dibattute. Un tratto invece più sicuro nell'evoluzione della b. è la generazione del transetto nel V secolo.
Bibl.: M. de Vogüé, Syrie centrale. Architecture civile et religieuse, Parigi 1865-1877; Les églises de Terre Sainte, Parigi 1860; K. Lange, Haus u. Halle. Studien z. Gsch. d. antik. Wohnhauses u. der B., 1885; G. Dehio-F. v. Bezold, Die kirchliche Baukunst des Abendlandes, Stoccarda 1884-1901; S. Gsell, Les Monuments antiques de l'Algérie, Parigi 1893; R. Krautheimer, Corpus Basilicarum Romae, I vol., apparso in quattro fascicoli dal 1937 al 1954; E. Dyggve-R. Egger, Der altchristl. Friedhof von Marusinac; Forschungen in Salona, Vienna 1939; S. Schuckert, S. Maria Maggiore zu Rom (Studi di Ant. Crist., 15), Roma 1939; U. Monneret de Villard, Le chiese della Mesopotamia, Roma 1940; C. Cecchelli, Il problema della b. crist. precostantiniana, in Palladio, VII, 1943; A. Grabar, Martyrium, I, Architecture, Parigi 1946; J. Lassus, Sanctuaires chrétiens de Syrie, Parigi 1947; F. W. Deichmann, Frühchristliche Kirchen in Rom, Basilea 1948; E. Langlotz, Der architektonische Ursprung d. christl. B., in Festschrift f. H. Jantzen, Berlino 1951, pp. 30-36; J. G. Davies, The Origin and Development of Early Christian Church, Londra 1952; A. Prandi, Il complesso della b. celimontana dei SS. Giovanni e Paolo, Roma 1953; per la questione sulla b. discoperta e aperta, cfr. P. Lemerle, in Bull. Acad. Belge, V, 34, 1948, p. 306 ss. e Revue des études bibliques, XIII, 1955, p. 242 ss.; J. B. W. Perkins, Constantine and the Origin of the Christian B., in Pap. of the British School at Rome, XXII, 1954, pp. 69-90. Sul carattere di b. aperta che aveva S. Maria Maggiore, v. A. Prandi, in Atti del I Congr. Naz. di Arch. Crist., 1950, pp. 237-249. Si veda anche la sezione B della voce B., in Klauser, Reallexikon f. Antike u. Christentum, 1950, c. 1249 ss., figg. 35-37, di Fr. W. Deichmann e, dello stesso: Dach u. Decke der B. in Charites, Bonn 1957, p. 249 ss.
(É. Coche de la Ferté)