BASILIO (Βασίλειος, Basilius) di Cesarea, detto il Grande, santo
Nacque a Cesarea di Cappadocia nel 329. Trascorse l'infanzia presso la nonna Macrina a Neocesarea del Ponto. A Cesarea frequentò il corso di retorica e di filosofia, quindi, si recò a Costantinopoli e ad Atene per perfezionare gli studî. Ritornò in patria quando la situazione familiare era cambiata per la morte del padre, ed egli dovette assumersi la responsabilità d'un gran patrimonio e la direzione di una famiglia numerosissima. A Cesarea occupò una cattedra di retorica. Ricevette il battesimo dal vescovo di Cesarea, Dianeo; e, dopo un lungo viaggio (357-58) per l'Egitto e la Palestina, si ritirò nel suo possedimento sulle rive dell'Iris a raggiungere il primo nucleo di asceti che si era formato intorno alla madre e alla sorella, assumendone la direzione per cinque anni.
Gregorio di Nazianzo (Orat. XLIII, 34), Girolamo (De vir. illus., 116), Rufino (Hist. Eccles., II, 9), Cassiano (Inst., praef.) non esitano nel riconoscere B. come l'autore di regole monastiche mentre Sozomeno (Hist. Eccl., III, 14) al contrario afferma che le regole comunemente attribuite a Basilio sono opera di Eustazio di Sebaste, l'organizzatore del movimento ascetico condannato nel concilio di Gangra. Ma, anche se le opere ascetiche attribuite a B. (v. Patrol. Graeca, XXIX) non sono tutte autentiche, non si può revocare in dubbio l'autenticità delle Regole longiori e breviori ("Οροι κατὰ πλάτος, e κατ'ἐπιτομήν), che tradiscono affinità di concetti con le lettere da lui già scritte sullo stesso argomento al suo amico Gregorio di Nazianzo.
La prima di queste due raccolte consta di 55 regole, compilate nella solitudine d'Annesi, mentre la soconda sembra appartenere ad un periodo posteriore, forse all'epoca del suo sacerdozio a Cesarea. Le due raccolte, che sono il risultato delle esperienze e dei viaggi di B., ci dànno un'idea esatta del tipo di comunità da lui diretta e ci offrono ragguagli sui movimenti ascetici contemporanei dell'Asia Minore, dei quali certo le regole di B. risentono.
All'episcopato di Cesarea intanto succedeva nel 362, dopo lunga lotta, Eusebio, che si affrettava ad ordinare sacerdote B. e a sceglierlo anche come cooperatore nella lotta che ebbe a sostenere contro l'imperatore Giuliano. L'amicizia del nuovo vescovo con B. fu di breve durata; una reciproca gelosia venne a turbare i loro rapporti, e B., per evitare malumori, si ritirò nella solitudine di Annesi; ma fu per breve tempo, poiché presto egli ritornò a Cesarea per le insistenze di Gregorio di Nazianzo. Gli eventi politici infatti precipitavano. Dopo l'impero brevissimo di Gioviano la chiesa sotto Valente rimpiombava nelle lotte ariane momentaneamente sopite, e le persecuzioni contro la chiesa di Cappadocia, che fin allora aveva opposto maggiore resistenza, divenivano più serie e preoccupanti. L'attività di B. in questo periodo fu varia e complessa. Possiamo ascrivere a tale epoca 9 omelie sull'Hexaemeron (in Patrol. Graeca, XXIX, coll. 2-208) e 13 omelie sui Salmi. Le prime, pronunziate durante una settimana di quaresima, costituiscono un commento al racconto dei primi cinque giorni della creazione nel Genesi (s'ignora perché egli non abbia pronunziato l'omelia sull'opera del sesto giorno, la creazione dell'uomo) e la confutazione dei sistemi filosofici che interpretavano allegoricamente la Sacra Scrittura. Dai Salmi invece Basilio trasse argomento per applicazioni morali. Scrisse ancora in quest'epoca un libro di preghiere (Εὐχῶν διατάξεις), a quanto ci dice Gregorio di Nazianzo (Orat. XLIII, 34), e la liturgia che ancora oggi sotto il suo nome è in uso nelle chiese orientali.
Ma B. non si dedicò solo all'esegesi. Le questioni trinitarie agitavano senza posa la Chiesa, e B. non poteva rimanere inerte ed estraneo ad esse. Delle opere che, al dire di Gregorio di Nazianzo, B. scrisse per confutare alcune dottrine eretiche possediamo solo il libro contro Eunomio, mentre l'opera contro i Manichei, di cui parla Agostino nel Contra Julianum (I, 16), non ci è pervenuta. Il libro contro Eunomio (Confutazione dell'Apologetico dell'empio Eunomio, 'Ανατρεπτικὸς τοῦ 'Απολογητικοῦ τοῦ δυσσεβοῦς Εὐνομίου, in Patrol. Graeca, XXIX, coll. 497-773), fu scritto, come B. stesso dichiara (Ep. XX), nel 364, ed è una confutazione della dottrina trinitaria dell'eresiarca, compagno di Aezio (v.). Inoltre, quando, dopo la morte di Eusebio (370), la metropoli ecclesiastica della Cappadocia elesse vescovo B., i vescovi contrarî alla sua elezione diffusero qualche dubbio sull'ortodossia di lui. Egli allora dovette difendersi nel trattato sullo Spirito Santo (Περὶ τοῦ ἁγίου Πνεύματος, in Patrol. Graeca, XXXII, coll. 87-218) per avere, in un discorso del 371, parlato in termini equivoci della divinità dello Spirito Santo: dopo aver dimostrato come sia difficile la scelta e l'uso dei vocaboli nelle questioni teologiche e filosofiche, B. espone la teologia dello Spirito Santo, e, nello stesso tempo, ci dà un quadro della grave situazione della Chiesa d'allora.
Basilio morì nel 379, quando la pace religiosa si poteva dire almeno momentaneamente ristabilita nella Chiesa. Si spegneva con lui una delle più importanti e complesse figure di vescovo del quarto secolo, la cui attività interessata a tanti problemi è difficile ricostruire. Senza entrare in un'esposizione sistematica dell'insegnamento dogmatico basiliano, possiamo concludere che Basilio occupava nella Chiesa una posizione di battaglia: mentre, da un lato, doveva difendere la dottrina cattolica dagli errori sabelliani, ariani, macedoniani, dall'altro, pur ammettendo la consustanzialità del Verbo (Ep. CXV, Ep. LII, Ep. VIII), per non ostacolare il movimento dei semiariani verso la fede di Nicea accettava la sostituzione del vocabolo "consustanziale" (ὁμοουσιος) con l'espressione "immutabilmente simile quanto all'essenza" (ὅμοιον κατ' οὐτὸν ἀπαραλλάκτως) che a lui pareva equivalente alla prima (ὡς εἰς ταὐτὸν τῷ ὁμοουσίῳ ϕέρονσαν, Epist. IX), benché ricordasse una delle formule di fede dell'arianesimo (v.). Anche nella dottrina sullo Spirito Santo, B. fu conciliativo, e questo gli fu spesso rimproverato (Gregorio di Nazianzo, Epist. LVIII; Basilio, Ep. LXXI).
Numerosa corrispondenza di vario argomento possediamo di lui. Un esame accurato e imparziale di tali documenti (specie della corrispondenza di B. con Apollinare) dà luce su alcuni lati del pensiero basiliano, alquanto oscuri e controversi.
La migliore edizione degli scritti è quella dei benedettini (Parigi 1721-1730) che è riprodotta con qualche aggiunta nella Patrologia Graeca del Migne, XXIX-XXXII, Parigi 1857. Le principali fonti per la ricostruzione storica sono le sue opere; varî discorsi e lettere di Gregorio di Nazianzo (in Patrol. Graeca, XXXV-XXXVII); il discorso di Gregorio di Nissa, In laudem fratris Basilii; il cap. CXVI del De viris illustribus di S. Girolamo (in Patrol. Lat., XXIII); qualche capitolo della Storia ecclesiastica di Filostorgio (in Patrol. Graeca, LXV, VII, 11,13); Socrate (ibidem, LXVIII, coll. 528-536); Sozomeno (ibidem, LXVII, col. 1329 segg.).
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