BASILIO I, imperatore d'Oriente
Fondatore della dinastia macedonica, che resse l'Impero per oltre un secolo e mezzo. Sebbene i suoi biografi ufficiali gli abbiano fabbricato una magnifica genealogia, egli veniva da famiglia di modesti contadini immigrati dall'Armenia nella Macedonia. Qui egli nacque, presso Adrianopoli, intorno all'812. Bambino ancora, fu tratto schiavo, insieme coi suoi, dai Bulgari, e non riebbe la libertà se non molti anni dopo. Venne alla capitale nella più squallida miseria, forse nell'840. Entrato nella servitù di Teofilize, un parente dell'imperatore, in qualità di staffiere, passò, nell'856, al servizio della corte, e seppe insinuarsi tanto nel favore del giovane e corrotto imperatore Michele III da essere elevato alle più alte cariche dello stato. Nominato gran ciambellano, B. venne in urto con Bardas, zio dell'imperatore, associato al trono col titolo di Cesare e che era, da qualche tempo, il vero capo dello stato. Fra i due uomini s'impegnò una lotta serrata. Nell'aprile dell'866, Bardas cadeva assassinato ai piedi di Michele III, al quale si era fatto credere che lo zio tramasse contro la sua vita. In premio dell'assassinio, B. fu prima elevato alla dignità di magistros e di figlio adottivo, e quindi, il 26 maggio dello stesso anno, associato al trono col titolo e la dignità di Augusto. La sua posizione non era ancora sicura; ma appena Michele volse i suoi favori verso un altro uomo nuovo e manifestò la volontà di averlo compagno al potere, B. decise di sbarazzarsi del suo benefattore e nella notte fra il 23 e il 24 settembre 867 lo fece assassinare. Il giorno dopo s'installava nel palazzo imperiale.
L'avvento di B. al trono segna l'inizio di una restaurazione dello stato bizantino tanto all'interno quanto all'esterno. Il "contadino macedone", pur non avendo ricevuto nessuna educazione, né letteraria né giuridica, si mostrò un uomo di governo di capacità eccezionali. Nell'amministrazione, fattasi rapace e venale negli ultimi anni, ristabilì la disciplina eliminando gli abusi e destituendo funzionarî prevaricatori. Ai molti bisogni dello stato fece fronte con una savia e intelligente parsimonia e con un severo e continuo controllo sull'opera dei funzionarî: merito che tutti i contemporanei gli riconoscono e che è confermato dal fatto che nessuna nuova imposta fu creata durante il suo regno mentre alcune delle esistenti furono mitigate. Un altro dei suoi meriti fu la revisione di tutte le norme di diritto, da Giustiniano in poi: frutto della quale furono il Πρόχειπος νομος o manuale di diritto e l'Epanagoge ('Επαναγωγή). Rompendo la tradizione giustinianea, B. adoperò anche nella legislazione la lingua greca, poiché la latina ormai non era più compresa in Oriente. Volle intervenire nel conflitto tra la Chiesa Romana e Fozio, allontanando questi, nell'867, dal seggio episcopale di Costantinopoli (v. Fozio). All'esterno, lo sforzo costante di B. fu diretto a dare un nuovo e vigoroso impulso alla lotta contro il mondo musulmano. In questo campo, la sua azione non fu dovunque egualmente fortunata; ma essa indubbiamente segna l'inizio di quella formidabile controffensiva dell'Impero contro gli Arabi che doveva poi culminare nelle vittorie dei suoi immediati successori. Nell'Occidente, contro gli Arabi, padroni di una parte della Sicilia, di Bari, di Otranto e di altre città della Puglia, e diventati il terrore delle città costiere dell'Italia, B. non s'impegnò a fondo, sia perché non era possibile, con le scarse risorse militari dell'Impero, spingere l'offensiva a un tempo in Oriente e in Occidente, sia perché la sua azione era resa difficile dalla situazione politica dell'Italia meridionale. Ad ogni modo, B. non si disinteressò delle sorti d'Italia. Nell'868, inviò una flotta nell'Adriatico in soccorso di Ragusa che da più di un anno era stretta d'assedio dai musulmani, riuscendo a liberare la città. L'anno seguente s'accordò con Lodovico II per una comune azione contro gli Arabi di Bari: ciò che rese possibile al re franco l'espugnazione di questa importante città (2 febbraio 871). La guerra d'Oriente distrasse per qualche anno B. dalle cose d'Italia; ma nell'873, approfittando dei contrasti sorti fra Lodovico II e il principe di Benevento, egli riuscì a occupare Bari, che divenne il centro della nuova preponderante attività bizantina nell'Italia meridionale. A questo successo seguì la caduta di Siracusa, 21 marzo 878, in potere degli Arabi. L'anno seguente, anche perché sollecitatone dal papa Giovanni VIII, B. fece un serio tentativo per metter fine alle continue incursioni dei musulmani contro le città dell'Italia meridionale e per soppiantarli nella Calabria. Mentre una forte armata navale, al comando di Nasar, respingeva i musulmani dalle isole Ionie e, passata nel Tirreno, riportava due notevoli vittorie, una presso le isole di Lipari, l'altra nel golfo di Napoli, un esercito bizantino, sbarcato nella Calabria, espugnava Taranto e gradatamente procedeva alla conquista della Lucania e della Puglia.
Nell'Oriente la guerra non ebbe, durante il regno di B., se non brevi tregue. La prima e la più fortunata impresa fu quella contro i Pauliciani che, dai confini della Mesopotamia, facevano continue incursioni sul territorio imperiale. All'avvento di B. essi erano guidati dal prode Crisochiro, il quale spinse la sua audacia fino a saccheggiare Nicea e Nicomedia e a reclamare il possesso di tutta l'Asia Minore. Nell'869, B. iniziò la lotta mettendosi egli stesso a capo dell'esercito bizantino. Ma i suoi sforzi si ruppero contro Tefriche, centro della potenza pauliciana. Costretto a ritirarsi, egli preparò un nuovo esercito che nell'872 affidò al suo genero Cristoforo; e finalmente i Bizantini riportarono un successo definitivo. Tefriche fu espugnata e distrutta; Crisochiro, inseguito, fu disfatto a Zogoloenos e ucciso. Per questa vittoria, alla quale non aveva preso parte, B. volle celebrare in Costantinopoli la cerimonia del trionfo. Eliminati i Pauliciani, la guerra si svolse contro gli Arabi senza vittorie decisive né dall'una né dall'altra parte, ma con vantaggio dell'Impero.
Quando, il 29 agosto 886, B. morì, vittima di un incidente di caccia, lasciando il trono al suo secondogenito Leone (il primogenito, Costantino, era morto nell'879), lo stato era assai solido, in virtù della savia politica interna e dei successi militari che ne avevano accresciuto il prestigio all'estero.
Bibl.: La vita di Basilio fu narrata da suo nipote, l'imperatore Costantino VII Porfirogenito: ‛Ιστορικὴ διήγησις τοῦ βίου καί τῶν πράξεων Βασιλείου βασιλέως, in Migne, Patrol. Graeca, CXII. Lo scritto di Costantino però è da consultare e adoperare con molta cautela (cfr. Krumbacher, Gesch. der byz. Litt., 2ª ed., p. 253). Fra i moderni: A. Vogt, Basile I Empereur de Byzance, Parigi 1908; Ch. Diehl, Les romanesques aventures de Basile le Macédonien, in Figures byzantines, I, pp. 157-180; Anderson, The Campaign of Basil I against the Paulicians in 872, in The Classical Rev., (1896); Hertzberg, Storia dei Bizantini e dell'Impero ottomano, in Oncken, Storia universale, trad. it., Milano 1894, pp. 187-200. Per le questioni d'Italia, cfr. M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Firenze 1854-1872; J. Gay, L'Italie méridionale et l'Empire byz., Parigi 1904; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, III, ii, Gotha 1909; G. Romano, Le dominazioni barbariche in Italia, Milano (1910).