BASTONE
(fr. baton; sp. bastión; ted. Stock; ingl. stick). L'uso del bastone è stato ed è assai vario presso i differenti popoli e a seconda del loro grado di civiltà. Possono qui esserne ricordati, anche nel loro sviluppo, alcuni tra gli aspetti più caratteristici.
In Occidente. - Nell'ambiente della civiltà classica il bastone, quando non è insegna di comando (v. scettro) o distintivo di una speciale qualità (ad es. per i pastori il bastone ricurvo, v. pedum), è adoperato come strumento di aiuto nel camminare o come oggetto di lusso. Nel primo caso lo vediamo in mano a vecchi, a infermi e a viaggiatori: è di solito ricurvo alla sua estremità superiore o fatto a gruccia, e ha il fusto nodoso e rozzo come quello di un ramo d 'albero.
L'uso del bastone quale oggetto di lusso ha origine orientale: e dall'Oriente, dai Babilonesi e dai Persiani, lo presero i Greci; il bastone ha allora il fusto liscio, diritto anche in cima, dove termina talvolta con un pomo od altro ornamento riportato, che naturalmente doveva essere in metallo o altra materia preziosa.
Presso i Romani questo secondo uso del bastone è sconosciuto: le rappresentazioni figurate non ci dànno l'oggetto che come mezzo di appoggio per coloro cui è fatica il camminare.
Nel Medioevo i contadini non ebbero, sembra, altra arma che il bastone, al più ferrato, come nella descrizione che ci dà il Froissart dei villani ribelli nel 1358 (jacquerie). I pastori usavano un bastone col manico ricurvo per lanciare zolle di terra alle pecore allontanantisi dal gregge. Il bastone come simbolo di potere si mutò in verga taumaturgica per Mosè, o per il Cristo, qual'è rappresentato nella primitiva arte cristiana; diventò scettro per i regnanti già nell'antichità orientale, come poi nell'età medievale e moderna in Occidente. La chiesa cristiana ne fece segno d'autorità del pontefice, del vescovo - in forma di pastorale (v.), - dell'abate - in forma di gruccia - e di altri minori ufficiali ecclesiastici. Ufficiali civili, araldi, corrieri, paggi nel basso Medioevo usarono portare bastoncini d'avorio o di legno prezioso, decorati di stemmi e divise dei loro principi; così i messi della corte francese avevano bastoni ornati dei Gigli d'oro. Il bastone come sostegno, o reale, o pretestato, seguitò ad essere nell'uso medievale. Famoso è il bastone di Carlo Magno, descritto dal monaco di San Gallo: "era di melo, a nodi simmetrici, diritto, terribile, con un pomo d'oro, cesellato". Pare che già nel sec. XI le dame usassero recare una canna in mano, se nel 1022 la regina di Francia, Costanza, assistendo al rogo di alcuni eretici, vedendo fra di essi anche il suo confessore, adirata, gli ficcò il bastone nell'occhio. L'uso del bastoncino è abbastanza comune nel sec. XV: Filippo il Buono, duca di Borgogna, aveva un bastoncino d'avorio, specie di scettro, il cui pomo raffigurava un orso; la regina di Francia nel 1455 regalava a una sua dama un bastoncino d'avorio tornito, lungo un piede e mezzo. Nel sec. XVI si usava anche la canna leggiera come quella che recava abitualmente Enrico IV; comparve allora anche il bastone insidioso, a stocco. Nel sec. XVI il bastone da passeggio fu portato da uomini e donne, da personaggi civili e militari. Anzi, si può dire che facesse parte dell'uniforme militare fino al sec. XVIII. Specialmente nell'età di Luigi XIV le dame usarono il bastone per appoggiarsi nel camminare, reso difficile dall'uso di scarpette a tacco alto. Si usavano canne assai lunghe, ornate di nastri annodati, o qualche volta coi nodi pendenti. Luigi XIII usava una canna d'ebano; Luigi XIV diffuse l'uso delle canne di bambù, col pomo in agata. Famosi sono alcuni episodî della vita del Re Sole: un giorno ruppe la canna sulla schiena di un valletto che si era messo in tasca un confetto; e un'altra volta, adirato per l'audacia del Lauzun, gettò la canna dalla finestra per non cedere alla tentazione di battere il duca. Luigi XIV come dimostrazione di stima permise al Colbert e a qualche altro ministro di portare la canna in sua presenza. Nel sec. XVIII il bastone da passeggio finì per sostituire quasi completamente la spada. Da Parigi veniva la canna di moda, ora lunga e solenne con pomo d'oro, ora leggiera e flessibile con pomo d'avorio; i pomi furono di molti tipi, spesso con qualche astuccio per profumi, per orologio od altro. Si stabilirono delle vere regole di galateo per portar la canna: si disapprovava il giocar con la canna per via, il far saltare pietre o il toccar persone con la canna; non era bello tenerla sotto il braccio o trascinarla nel fango; era dignitoso il tener la canna a terra, accompagnando il passo, ma senza appoggiarvisi soverchiamente. Si deridevano le dame che tenevano la canna verso la metà. Il damerino del sec. XVIII era caratterizzato secondo il Dotti dall'avere "Bel bastone, buon anello, spada lustra, guanti bianchi". La rivoluzione della fine del secolo rinnova la moda: nel 1793 si usò il bastone nodoso alla giacobina; già Voltaire aveva negli ultimi anni abbandonato il bastone dignitoso a pomo d'oro per un bastone dal manico ricurvo. L'impero riportò la moda dei bastoni eleganti: per i suoi marescialli Napoleone adottò dei bastoni di comando solenni e sfarzosi, mentre un tempo, come si vede nel monumento del Gattamelata, erano del tutto semplici. Caratteristica è ancora la canna usata verso il 1830-40: alta, sottile, col pomo ridotto a una specie di coperchietto d'oro; poi la vita moderna lentamente ha dimenticato il bastone, o lo ha ripreso per fuggevoli mode.
In Oriente. - I religiosi buddisti mendicanti, dapprima in India e ancor oggi nel Tibet, in Cina, in Giappone, portano un bastone (in sanscrito khakkharam); in origine, una bacchetta di metallo per battere alle porte delle case. Questo bastone, adoperato in funzioni religiose o in viaggio, è sormontato da una testa di stagno, formata da un anello in forma di foglia, alla quale sono appesi sei anelli, che risuonano per avvisare i piccoli animali che il pellegrino incontra sulla sua via, di non farsi calpestare (cfr. C. Puini, Enciclop. sinico-giapponese, 1877, p. 76; L.A. Waddell, The Buddhism of Tibet, Londra 1895, p. 211; L. Wieger, Bouddhisme chinois, Hien-hien, t.1, pp. 161,165). Gli antichi Cinesi adoperavano il bastone come simbolo d'autorità e aiuto per camminare. Il Li chi (cap. VI) dà minuziose regole per il suo uso. Singolare l'uso di bastoni speciali nei funerali (descritti nel I Li, trad. Couvreur, 1916, p. 385) come simbolo della prostrazione fisica prodotta dal dolore (cfr. altresì De Groot, The religious System of China, vol. II, Leida 1894, p. 494). Notevoli gli atteggiamenti delle figure di persone portanti un bastone. Caratteristico l'uso di portare appese all'estremità del bastone monete infilate a una cordicella, da cui il detto proverbiale bastone dalla cima vuota, per significare mancanza di danaro (cfr. R. Petrucci, Encyclopédie de la peinture chinoise, Parigi 1918, p. 180). Secondo il Hou Han-shu, a mezzo autunno i vecchi di 70 anni ricevevano un bastone di giada lungo un piede, ornato con un piccione a un estremo, esprimente l'augurio di poter mangiare con la stessa facilità dei piccioni (cfr. Lun Heng, trad. A. Forke, Berlino 1911, II, p. 84).
Lo sport del bastone. - Gli esercizî ginnastici col bastone ebbero inizio in Europa nel sec. XVII e furono generalmente adottati negli eserciti e nelle palestre. Presero un certo vigore nel secolo scorso, dopo la decadenza della scherma di bastone (v. scherma), specialmente ad opera dello Jäger, il quale introdusse un metodo ginnico fondato sull'uso del bastone di ferro. Oggi però questo sistema è pressoché abbandonato e, specialmente in Italia, sostituito dall'impiego di leggiere aste di legno facilmente maneggevoli, che servono a rendere più ritmati ed armonici i movimenti muscolari, senza sottoporre l'organismo a sforzi eccessivi (v. ginnastica).
I bastoni armati. - Fin dagli stadî più primitivi di civiltà il bastone fu usato come arma, e da tale suo uso derivarono poi i bastoni ferrati (che i cavalieri portavano appesi all'arcione) e le mazze. In seguito si ebbero diverse forme di bastoni armati. Tra queste, il b. animato, o armato, è un bastone nell'interno del quale è posto uno stocco o pugnale o spada o spiedo, o altra simile arma alla quale il bastone serve da custodia e nascondiglio. È perciò un'arma insidiosa che presso alcune nazioni fu qualche volta arma proibita. Nell'interno di alcuni bastoni è talora nascosto un corto e flessibile nervo di bue o una robusta molla a spirale d'acciaio, che si sfilano staccando con energia il manico dal bastone-custodia. Un'arma di tal genere è usata dalle guardie di città, e popolarmente è chiamata "sfollagente". Il bastone-archibugio, o bastone-fucile, è un'arma di curiosità, nella quale con artificio si cerca di nascondere la forma dell'arma da fuoco sotto quella più innocua del bastone. Ve ne erano a vento, a molla e simili; più raramente a polvere; e ne sono ricchi i musei, ove sono raccolti i migliori esemplari, essendo usciti dall'uso comune.
I bastoni di comando. - Furono di varia qualità e specie secondo i tempi e i popoli. Presso alcune nazioni il bastone di comando era in forma di canna, con pomo in cima e puntale in basso; ed era usato da alcuni ufficiali come insegna di grado. Talvolta serviva anche per battere i soldati, il che, però, suonava infamia per i battuti; tanto che per temperare quell'usanza, togliendovi il carattere infamante, ai bastoni si aggiunse alcunché di metallico (di ferro) la cui presenza dava caratteristica di arma togliendo l'apparenza di odiosità. In alcune nazioni il bastone di comando assunse forme, qualità e dignità di prim'ordine; e si fece di legno prezioso o di avorio, e riccamente ornato di oro; valse, per i capitani che lo portavano, a indicare la dignità suprema nell'esercito.
L'origine del bastone come insegna di comando è remota, e se ne trova traccia nei monumenti dell'antico Egitto e nelle istituzioni greche e romane. Il bastone di comando gettato in mezzo ai nemici fu, in altri tempi, segno d'inizio della battaglia.
In Francia compete al maresciallo - dignità suprema dell'esercito - un bastone breve, ricco, contornato di velluto azzurro, con pomo dorato.
Come esempi di bastoni di comando si riportano quello di Ascanio Maria Sforza conservato nella R. Armeria di Torino, e quello che fu recentemente donato a S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia, duca d'Aosta, maresciallo d'Italia, comandante della 3ª armata durante la guerra del 1915-1918. Analoghe insegne onorifiche furono offerte anche agli altri marescialli d'Italia, grado supremo, di recente istituzione, nella gerarchia dell'esercito italiano.
I cosiddetti "bastoni di comando" preistorici. - Si chiamano così, convenzionalmente, dai paletnologi alcuni oggetti di problematica destinazione, appartenenti al Quaternario superiore, soprattutto diffusi nella civiltà magdaléniana, dovunque si sono rintracciate reliquie industriali di questo importante periodo di civiltà pleistocenica, dalla regione pirenaica al Belgio, alla Moravia e alla Polonia. Sono pezzi di modeste dimensioni, di corno di renna, tagliati un poco sotto e sopra il punto di biforcazione dei rami, in modo da assumere la forma vaga e irregolare di un T; nel punto di convergenza delle tre parti generalmente sono muniti di un foro, ma spesso anche di più fori, tre, quattro, perfino sette; sono per lo più decorati con incisioni riproducenti figure di animali (renne, cavalli, pesci, ecc.), e scene di caccia, o con semplici motivi ornamentali.
La denominazione corrente è quella escogitata da Ed. Lartet, il quale, ritenendoli insegne di dignità, spiegava il vario numero dei fori facendoli corrispondere ai gradi di una gerarchia sociale, con l'approvazione di G. de Mortillet, di P. Broca e di altri. Ma, non troppo soddisfacendo tale ipotesi, da diversi studiosi di preistoria si è cercato di spiegarli altrimenti. S. Reinach, accostandoli ai corni di urus adoperati dagli antichi Germani, li ritenne trofei di caccia; L. Pigorini, paragonandoli a cavezze in corno cervino usate modernamente in Sardegna, suppose che servissero ad uso analogo, sia per cavalli sia per renne, purché fosse ammesso l'addomesticamento dei quadrupedi; A.L. Des Ormeaux seguì questa interpretazione, corroborata anche da Ed. Piette, che riconobbe in figurazioni incise dell'epoca magdaléniana teste di cavallo munite di cavezza. O. Schoetensack suppose che servissero a fermare il vestiario, basandosi sul sistema praticato dagli Eschimesi; e l'idea di cosiffatte "fibule" primitive fu accettata in parte dal Piette, e da molti. Altri autori pensarono a ornamenti della testa, a rompi-teste, a utensili atti al trasporto di pesi, o per raddrizzare le frecce, perfino a picchetti da tenda, ecc.
Il Déchelette, data per certa la pratica di cerimonie magiche dopo la scoperta di tante pitture ed incisioni pleistoceniche, ravvicinò i problematici bastoni forati alle bacchette misteriose degli stregoni, tenendo presente quella magica di Circe. Più recentemente G. Vinaccia, basandosi sul giudizio già espresso da altri, secondo cui i bastoni di comando decorati dovevano avere una funzione totemica in stretta relazione con le figure ch'essi portavano, si è domandato se non sia il caso di pensare a strumenti che, fatti roteare come i churinga australiani, riproducessero il suono degli animali raffigurati. L'idea di una specie di "rombo" è dunque l'ultima affacciatasi. In conclusione, questi cosiddetti bastoni di comando, che qualche autore preferisce chiamare semplicemente "bastoni a T", rimangono problematici. Di sicuro può affermarsi: che i più antichi sono spogli d'ornamento e muniti d'un solo foro; che, più diffusi nell'epoca magdaleniana, sono fra gli oggetti più decorati del periodo; che variano nella dimensione, da un minimo di otto cm. a un massimo di quaranta circa; che sono più o meno forati; che talvolta i fori praticati hanno mutilato le figure incise prima; che, osservati attentamente in serie numerosa, si può stabilire che andarono soggetti a lungo uso; che raramente si trovano completi o intatti, ma per lo più presentano rotte le estremità.
Per il bastone da messaggio e mnemonico dei primitivi, v. Scrittura; per il bastone da getto, v. armi.
Bibl.: G. Chauvet, Os ivoires et bois de Renne ouvrés de la Charente, Angoulême [1910], pp. 101-113 (estr. da Bulletin de la Soc. arch. et hist. de la Ch., 1910; con bibliografia); J. Déchelette, Manuel d'Archéol. préhist., I, Parigi 1908, pp. 157-161; H. Obermaier, Kommandostab, in Ebert Reallex. d. Vorgesch., VII, p. 15; L. Pigorini, in Matériaux pour servir à l'hist. de l'homme, XII, Tolosa 1877, p. 53; S. Reinach, in Description rais. du Musée de Saint Germain-en-L., I, Alluvions et Cavernes, Parigi 1899, pp. 232-234 (con bibliogr.); O. Schoetensack, in Congrès intern. d'Anthrop. et d'Arch. préhist., 12ª sessione, Parigi 1900, pp. 123-127; G. Vinaccia, in Bullett. Paletnologia ital., XLV (1925), pp. 143-147.