battaglia
Poche volte ricorre nel significato proprio di " fatto d'arme ", " scontro di eserciti ": in Cv III X 8 [la] figura che puotesi chiamare ‛ dissimulazione ' ... è simigliante a l'opera di quello savio guerrero che combatte lo castello da uno lato per levare la difesa da l'altro, che non vanno ad una parte la 'ntenzione de l'aiutorio e la battaglia; IV V 18 E non puose Iddio le mani proprie a la battaglia dove li Albani con li Romani, dal principio, per lo capo del regno combattero...?; IX 7 Sono anche operazioni che la nostra [ragione] considera ne l'atto de la volontade, sì come offendere e giovare, sì come star fermo e fuggire a la battaglia; e in Fiore LXIX 4 A te sì non convien far disfidaglia, / se tu vuo' ben civir di questa guerra. / Lasciala far a gran signor di terra, / che posson sofferir oste e battaglia. Come " lotta " o " gara aspra e violenta " b. è in Cv III III 8 E questa battaglia [fra Ercole e Anteo] fu in Africa, e in IV XI 3, ove corrisponde al latino certamen: vi è, infatti, direttamente tradotto un passo di Lucano: " Sanza contenzione periro le leggi; e voi ricchezze, vilissima parte de le cose, moveste battaglia " (Phars. III 118-120 " pereunt discrimine nullo / amissae leges: sed, pars vilissima rerum, / certamen movistis, opes "). Ancora come " scontro ", " lotta ", ma in senso metaforico, si trova in Fiore CCXII 5 Contra lei [Paura] battaglia poco dura; CCXIV 1 Molto durò tra lor quella battaglia; CCXVI 6 Ché non ha guar ched e' fu quasi morto / in una battaglia, in la qual fu' io, cioè " perché non è molto che egli fu quasi ucciso in una b., alla quale io partecipai ".
Nel senso più generico di " difficoltà ", " prova ", " ostacolo ", b. è in If XXIV 53: Virgilio incita D. a non perdersi d'animo, ma a continuare con coraggio l'aspro cammino: E però leva sù; vinci l'ambascia / con l'animo che vince ogne battaglia, / se col suo grave corpo non s'accascia. Genericamente intesa come " affanno ", la parola è adoperata in Fiore CLXIX 3 In pover uom non metter già tu' amore, / ché non è cosa che pover uom vaglia: / di lu' non puo' tu aver se non battaglia / e pena e povertate e gran dolore.
Più spesso b. acquista il significato particolare di " sforzo dei sensi o dell'animo ", " lotta o contrasto interiore ". Così in Pd XXIII 78, dopo che Beatrice lo ha invitato a volgere lo sguardo verso la rosa dei beati, D. usa il termine b. per sottolineare lo sforzo che occorreva alla sua debole vista per poter sostenere il fulgore della luce divina: Così Beatrice; e io, che a' suoi consigli / tutto era pronto, ancora mi rendei / a la battaglia de' debili cigli, cioè " Della mia debole vista rimasta poc'anzi abbarbagliata, cimentando di bel nuovo i miei occhi a rimirare fissamente quella eccessiva luce, che alle mie deboli pupille faceva contrasto... " (Venturi). In Pg XVI 77 Marco Lombardo, spiegando il rapporto tra influssi celesti e libero arbitrio, dice: Lo cielo i vostri movimenti inizia; / non dico tutti, ma, posto ch'i' 'l dica,/ lume v'è dato a bene e a malizia,/ e libero voler; che, se fatica / ne le prime battaglie col ciel dura, / poi vince tutto, se ben si notrica; se, cioè, il vostro libero arbitrio " è sufficiente a resistere ai movimenti celesti che vegnano da le influenze " (Buti ), riesce poi a superarli, purché si sostenga nell'esercizio della virtù.
Più volte b. indica, in senso figurato, il turbamento prodotto nell'animo dall'amore: Vn XIV 1 Appresso la battaglia de li diversi pensieri; due volte in XVI 4 si parla di battaglia d'Amore; in XXXVII 3 questa battaglia che io avea meco, in XXXVIII 4 la battaglia de' pensieri, e in Rime XLVII 14 nulla cosa gli è incontro possente, / volendo prender om con lui battaglia: niente, cioè, può resistere ad Amore, se si vuole entrare in lotta con lui. Cfr. ancora Cv II II 3 convenne... molta battaglia intra lo pensiero del suo nutrimento e quello che li era contraro; II VII 1.
Infine, in Rime dubbie XIX 12, b. assume il senso particolare di " schiera ", " battaglione ", come termine proprio del linguaggio militaresco in uso fino al Cinquecento, ma l'interpretazione del passo in cui il vocabolo appare è controversa (cfr. Pézard, La rotta gonna, Firenze 1967, 107-111): Parmi che di battaglie di signore / veng'a ciascun cui d'Amor cheriraggio, / che d'Amor dica s'ha bene o dolore. Si potrebbe così interpretare: " mi sembra che [il sonetto] si rivolga a chiunque provenga dalle schiere dei nobili, al quale io chiederò di dire se da Amore ottiene gioia o dolore ".