BATTESIMO
Il termine b. (dal gr. βαπτίζω, frequentativo di βάπτω 'immergo') si riferisce al sacramento istituito direttamente da Cristo, i cui segni esteriori furono evidenziati nel momento del b. dello stesso Cristo nel Giordano a opera del Battista. Più in generale, il termine si estende a designare i riti di purificazione in uso presso vari popoli, non esclusi gli Ebrei, del mondo così antico come medievale. D'altro canto nelle scene che, all'interno dei cicli iconografici relativi alla prima apparizione pubblica di Gesù, precedono il suo b. - e talvolta nello stesso contesto figurativo di quest'ultimo - è abbastanza diffusa la scena del b. dei neofiti da parte di Giovanni Battista (si veda per es. il fonte battesimale di Saint-Barthélemy a Liegi di Renier de Huy del 1107-1118; Squilbeck, 1966-1967, fig. 20), che illustra le pericopi di Mt. 3, 5-6, Mc. 1, 4-5, Lc. 3, 2-3.Secondo Ambrogio (In Lucam, 2, 83; PL, XV, col. 1665a) e Giovanni Crisostomo (In Mattheum Homilia, 12, 3; PG, LVII, col. 206) nell'atto del b. di Cristo l'acqua, a contatto con la persona divina, ricevette virtù purificatrici e salvifiche e di fatto nella liturgia la festa della benedizione delle acque è strettamente legata al b. (Jerphanion, 1929-1936, II, p. 72). Con la consacrazione dell'acqua e quindi, in seguito, del fonte battesimale - la cui necessità è sottolineata da Ambrogio (De sacramentis, 1, 5, 18; PL, XVI, col. 422) - è da mettere forse in relazione il gesto di benedizione con cui Gesù, immerso nel Giordano, appare spesso raffigurato, soprattutto a partire dal sec. 11° (per es. Parigi, BN, gr. 533, c. 154; lat. 17325, c. 22r). Le origini del b. sono legate tuttavia anche all'ordine di battezzare impartito da Cristo agli apostoli prima dell'ascesa al cielo (Mt. 28, 19; Mc. 16, 15-16): nell'iconografia battesimale l'importanza degli apostoli è evidenziata dalla loro presenza, intorno al b. di Cristo, come nel mosaico del battistero degli Ortodossi a Ravenna (metà del sec. 5°) e in quello degli Ariani (fine sec. 5°-inizi 6°), che da esso deriva; sempre agli apostoli fanno riferimento, come recita l'iscrizione che corre lungo il bordo della vasca, anche i dodici buoi che costituiscono la base e il sostegno del già citato fonte battesimale di Saint-Barthélemy a Liegi.Il tema del b., sia di Gesù sia dei neofiti cristiani, è molto diffuso nell'arte paleocristiana ed è uno dei primi a essere affrontato con grande varietà di soluzioni iconografiche. Nelle più antiche pitture cimiteriali gli artisti distinguono i due filoni (così come distinguono tra questi e le rappresentazioni allegoriche del b.), mediante alcuni particolari di grande rilevanza iconografica: Giovanni Battista è coperto solo da una fascia lombare stretta intorno ai fianchi nel b. di Cristo dipinto nella cappella dei Sacramenti della catacomba di Callisto (seconda metà del sec. 2°; Wilpert, 1903, I, p. 238) o indossa l'esomide di pelo nella volta del cubicolo 54 della catacomba dei Ss. Pietro e Marcellino (metà sec. 3°; ivi), mentre i sacerdoti nel b. dei neofiti vestono tunica e pallio (si veda per es. la volta dell'arcosolio destro della stessa catacomba dei Ss. Pietro e Marcellino, prima metà del sec. 3°; ivi, p. 239) e in alcuni casi stringono in mano un rotolo, allusione alla catechesi coronata dal b.; elemento differenziante è poi in particolare la colomba dello Spirito Santo presente nelle scene del b. di Cristo, analogamente all'impositio manuum da parte del Battista; quest'ultima è però diffusa anche nelle raffigurazioni di officianti ed è legata presumibilmente all'invocazione della benedizione dello Spirito sul battezzando, come scrive per es. Tertulliano ("De hinc manus imponitur per benedictionem advocans et invitans Spiritum Sanctum in aquam arcessere", De bapt., VIII; PL, I, col. 1316) e come registrano i Canoni di Ippolito (Achelis, 1891, p. 93 ss.), piuttosto che alla consignatio (il sacramento della conferma), che veniva impartita subito dopo il b. (sul significato dell'impositio manuum si veda De Bruyne, 1943, pp. 245-247).In realtà nel racconto dei vangeli (Mt. 3, 16-17; Mc. 1, 9-11; Lc. 3, 21-22) i due momenti, del b. di Cristo e della discesa dello Spirito, sembrano apparire separati: Luca pone tra l'uno e l'altro la preghiera di Gesù e al passo evangelico sembra ispirarsi il pittore del cubicolo 54 della catacomba dei Ss. Pietro e Marcellino nel raffigurare Cristo, con le braccia aperte, in atto di preghiera; nel testo di Matteo - seguito quasi alla lettera in una delle più antiche rappresentazioni di b., dipinta nel cubicolo XY dell'ipogeo di Lucina, della prima metà del sec. 2°, dove la colomba vola verso Gesù che, dopo il b., sale sulla riva con l'aiuto di Giovanni (e molti secoli più tardi, verso il 1100, in un capitello del chiostro di Moissac) - il Figlio "appena battezzato [...] uscì dall'acqua: ed ecco si aprirono i cieli ed Egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di Lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto". Il b. appare dunque interpretabile, nel testo evangelico, come manifestazione teofanica trinitaria. Tale carattere è sottolineato anche dai Padri della Chiesa: da Agostino, che lo definisce baptismus Trinitatis (Serm., CCXIX, I, 2; PL, XXXVIII, col. 1235), e da Ambrogio, che esplicitamente lo collega al dogma trinitario: "Ergo descendit in aquam Christus et Spiritus Sanctus sicut columba descendit. Pater quoque Deus e coelo locatus est. Habens presentiam Trinitatis" (De sacramentis, 1, 5, 18; PL, XVI, col. 442).La scena del b. di Gesù segue, quindi, una tradizione iconografica che, delineatasi già nelle prime espressioni dell'arte paleocristiana, si sviluppa e si precisa attraverso tutto il Medioevo, nella duplice valenza di teofania trinitaria e di evento salvifico per eccellenza. Nell'organizzazione spaziale dell'immagine vengono di norma raffigurati su di uno stesso asse verticale Gesù, la colomba dello Spirito - che nel sarcofago di S. Maria Antiqua (Wilpert, 1929-1936, I, tav. III, 1) scende invece in volo obliquo verso Cristo - e, in alto, all'estremità del campo visivo, il simbolo o talora l'effigie del Padre. Effigie e simbolo che, omessi inizialmente, si manifestano più tardi. Il simbolo si individua nella mano protesa dalle sfere celesti (per es. nel riquadro in avorio inserito nella legatura dell'Evangeliario di Bamberga, Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 4451, sec. 9°; Goldschmidt, 1914, tav. XX, nr. 66), oppure nella sola raffigurazione dei cerchi concentrici del cielo (per es. nelle Omelie di Gregorio Nazianzieno; Parigi, BN, gr. 533, c. 533) o dei sette raggi che accompagnano la discesa della colomba, con evidente allusione ai sette doni dello Spirito Santo, per es. nel Codex Egberti realizzato a Reichenau intorno al 960 (Treviri, Stadtbibl. 24, c. 24; Schiel, 1960). Il Padre è rappresentato con sembianze umane solo eccezionalmente e in esempi piuttosto tardi: è il caso della testa dell'Eterno scolpita, in forte scorcio, nel già citato fonte battesimale di Saint-Barthélemy a Liegi o miniata alla metà del sec. 12°, in posizione perfettamente frontale, in un libro di pericopi (Parigi, BN, lat. 17325, c. 22r). Nella cappella degli Scrovegni, a Padova, Giotto rappresenta invece la figura a mezzo busto, quasi affacciata in un tripudio di luce dall'alto dell'Empireo a invadere, con effetti di tridimensionalità, lo spazio fisico del riguardante. Infine in esemplari dove più forte è il debito nei confronti dell'iconografia bizantina viene seguito quasi letteralmente il racconto dei sinottici, ripreso e ampliato da Giovanni Crisostomo (In Mattheum Homilia, 12, 3; PG, LVII, col. 209); vengono così raffigurate le porte del cielo aperte dagli angeli per consentire la discesa dello Spirito sull'epifania del Cristo nell'Hortus deliciarum di Herrada di Hohenbourg (già Strasburgo, Bibl. Mun. c. 100r) e nei tetravangeli di Parigi (BN, gr. 75, c. 95r) e di Roma (BAV, Urb. gr. 2, c. 109v).Ognuno degli esempi che sono stati fin qui proposti evidenzia che la manifestazione trinitaria - donde la derivazione all'acqua di virtù salvifiche, come scrive s. Paolo in Rom. 6, 3 ss. (ma si vedano anche Gregorio di Nissa, In bapt. Christi, PG, XLVI, col. 581, e Origene, Com. in Ep. s. Pauli ad Romanos praefatio, 5, 8, 37, PG, XIV, col. 1039) - è uno degli elementi iconografici fondamentali del b. di Cristo. Altre componenti ineliminabili sono l'acqua - il b., inteso come "lavacrum regenerationis et renovationis" (Gv. 3, 5; Rom. 8, 29), è indicato da Cipriano come il sacramento dell'acqua vitale (Ad Iubarianum ep., XI; PL, III, col. 1116) e Tertulliano esplicitamente pone l'accento sull'azione purificatrice dell'acqua nel b. (De bapt., IV, 4; PL, I, coll. 1311-1312) - nonché la figura del Battista. Alla rappresentazione trinitaria, organizzata come si è visto su di un asse verticale, fanno infatti da contrappunto, disponendosi su di una linea orizzontale, il Battista e le acque del Giordano in cui è immerso Gesù, punto di incontro delle due direttrici spaziali e fulcro della narrazione figurativa; ruolo complementare è svolto invece dagli angeli, in un numero che varia, attraverso i secoli, in rapporto a esigenze narrative e spaziali, ma che tende a stabilizzarsi sulla triade angelica, con riferimento da un lato alla triplice gerarchia celeste e dall'altro ai tre angeli apparsi ad Abramo sotto la quercia di Mamre (Gn. 18, 1 ss.), immagine simbolica essi stessi della Trinità (Ambrogio, De Abraham, 1, 5, 38, PL, XIV, col. 437; Ireneo, Adv. haeres, 4, 6; PG, VII, col. 986), a sottolineare ancora una volta la valenza trinitaria del battesimo.Nelle prime raffigurazioni del b., per es. nell'affresco realizzato sulla parete sinistra della cappella dei Sacramenti nella catacomba di Callisto (seconda metà del sec. 2°), la presenza del fiume è quasi soltanto suggerita e l'acqua lambisce appena i piedi di Gesù, mentre questi è raffigurato imberbe, ancora fanciullo, in contrasto con la tradizione evangelica a proposito dell'età di Cristo al momento della sua prima apparizione pubblica. Già nel sec. 5°, però, nel mosaico della cupola del battistero degli Ortodossi a Ravenna - come pure nel mosaico del battistero degli Ariani, analogo dal punto di vista iconografico - Gesù è immerso fino alla cintola nelle acque trasparenti del Giordano; ha barba rada e lunghi capelli e, in conformità al modello ellenistico, è presentato frontalmente, con le gambe tese e le braccia abbandonate lungo i fianchi (mentre nell'arte bizantina viene raffigurato con le gambe incrociate e leggermente girato verso il Battista), in posa statuaria, al pari di Giovanni che, in piedi sulla riva, lo battezza versando l'acqua da una patena. Quest'ultimo particolare è stato giustamente riferito a un intervento di restauro (Mâle, 1958, p. 47; Squilbeck, 1966-1967, p. 88), dato che tra i primi cristiani (e sicuramente ancora nei secc. 5°-6°) doveva essere in uso esclusivamente il b. per immersione, totale o parziale, accompagnato dall'impositio manuum da parte del celebrante, mentre la doppia forma di immersione-infusione (che si verificherebbe in questo caso) si diffuse più tardi e solo a partire dal sec. 11° fa la sua apparizione nelle raffigurazioni del b. di Cristo: uno dei primi esempi è scolpito infatti sul fonte battesimale di Germigny-les-Prés (Aubert, Pobe, Gantner, 1955, p. 78, tav. 231).Nei due battisteri ravennati il Battista è coperto da un corto mantello di pelo, indossato, come un pallio antico, lasciando scoperta la spalla destra. L'abbigliamento di Giovanni, se osservato nelle varie tradizioni figurative del b., appare un 'accessorio' iconografico variabile e non sempre soggetto alle suggestioni delle fonti testuali: solo il tipo ellenistico infatti, che raffigura il Precursore vestito di un corto mantello o di una leggera tunica di pelo, appare fedele al racconto di Mt. 3, 4, come si osserva nei mosaici di Ravenna o nell'avorio del sec. 10° conservato presso il Mus. Mayer van den Bergh di Anversa (inv. nr. 338) o alle cc. 98v e 100r (b. degli Ebrei e b. di Cristo) dell'Hortus deliciarum. In altri casi Giovanni indossa un corto mantello di pelo sull'esomide: così a c. 186v di un tetravangelo bizantino del sec. 13° (Parigi, BN, gr. 54) e nel mosaico del battistero di S. Marco a Venezia. Il Battista è altrimenti coperto da una semplice fascia lombare (come nel già citato affresco della catacomba di Callisto) o, ancora, porta l'ampio pallio degli officianti, senza tunica, drappeggiato all'antica; veste infine tunica e himátion (come nelle immagini dei profeti e degli apostoli) nel tipo siriano e cappadociano; per es. in un lezionario del 1051, (Athos, Dionisio 587, c. 141v; The Treasures of Mount Athos, 1974-1975, I, fig. 255), o nei mosaici greci di Hosios Loukas (primo terzo del sec. 11°) e di Daphni (1100 ca.; Lafontaine-Dosogne, 1989, figg. 9-10).In alcuni degli esempi citati, a partire dai mosaici ravennati, e soprattuto in area bizantina o in opere influenzate dall'arte bizantina - basti ricordare due codici già citati, i tetravangeli di Parigi (BN, gr. 75) e di Roma (BAV, Urb. gr. 2) - all'immagine del Battista, in piedi sulla riva rocciosa del fiume, si contrappone o si affianca l'allegoria del Giordano, rappresentato sotto forma di genio fluviale, sovente in figura di vecchio barbato, immerso fino alle spalle, seduto o disteso, come le divinità fluviali del mondo classico, che tiene tra le mani la canna palustre e un otre, talvolta a forma di cornucopia, da cui traggono alimento le acque stesse del fiume. Si tratta di una personificazione d'origine antica che caratterizza il tipo ellenistico e che rimane in uso in Oriente attraverso tutto il Medioevo, mentre in Occidente, soprattutto in età carolingia e ottoniana - forse anche sotto la suggestione dei modelli cappadociani diffusi attraverso i codici miniati - tende a scomparire tra il 9° e il 10° secolo. In un momento di transizione, verso l'eliminazione dell'elemento narrativo e allegorico nell'iconografia del b., si collocano la rilegatura in avorio del Sacramentario di Drogone (Parigi, BN, lat. 9428) e il cofanetto in avorio di Gandersheim (Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-Mus.), entrambi databili alla metà del sec. 9°, e il Benedizionale di S. Etelvoldo (Londra, BL, Add. Ms 49598; Warner, Wilson, 1910), miniato a Winchester nella seconda metà del sec. 10°; nei tre esempi il genio fluviale, posto sulla sinistra, quasi al di fuori della scena, versa da un vaso capovolto le acque del fiume che fluiscono verso destra e, assumendo forme rigide e schematiche, coprono il corpo di Cristo fino alla cintola e lambiscono i piedi del Battista.Il processo di schematizzazione e di rarefazione dell'iconografia battesimale, con la rinuncia all'elemento paesistico e naturalistico, processo maturato in Occidente in esempi come il riquadro in avorio dell'Evangeliario di Bamberga o il Codex Egberti, dove il fiume prende la forma di una campana che, segnata dalle linee orizzontali delle onde, rimane come sospesa da terra, sembra giungere a compimento nel già più volte citato libro di pericopi di Parigi (BN, lat. 17325), dove il Giordano sale dai due lati dell'immagine sino a formare una specie di rigido fondale alle spalle di Gesù.In Oriente, al contrario, fatta eccezione per gli esempi che rientrano nel tipo iconografico cappadociano, in cui molto forte è la tendenza alla schematizzazione - il Battista è generalmente sulla destra affrontato da tre angeli, al centro è Cristo verso cui salgono le acque del Giordano sino a formare una specie di cupola ovoidale o una piramide tronca, il genio fluviale è disteso ai suoi piedi (Millet, 1914, p.172ss.) -, l'iconografia del b. conserva ambientazione paesistica e abbondanza di notazioni realistiche, talvolta portatrici di significati allegorici, per es. i pesci che alludono alle anime salvate dal b. ("Sed nos pisciculi [...] in aqua nascimur [...] in aqua permanendo salvi sumus", Tertulliano, De bapt., I; PL, I, coll. 1306-1307). Tale iconografia arriva a includere pittoresche scene di genere (Roma, BAV, Urb. gr. 2, c. 109) e si arricchisce di particolari narrativi, spesso a carattere simbolico: la colonna sormontata da una croce, che ricorda la croce piantata nel Giordano in ricordo del luogo del b. di Gesù (Millet, 1914, p. 206, figg. 131, 136, 140-141, 146; Lafontaine-Dosogne, 1989, p. 52) e che all'interno del discorso iconografico sottolinea il nesso del b., come sacramentum crucis, con la crocifissione di Cristo (Ambrogio, De sacramentis, 2, 7, 23; PL, XVI, col. 449); la scure appoggiata ai piedi di un albero, accanto al Battista (con riferimento a Mt. 3, 10); infine le figure dei discepoli di Giovanni, in numero di due o tre, o dei primi apostoli (in cui si è soliti riconoscere Andrea e Giovanni). Basta ricordare come esempi da un lato i già menzionati mosaici di Hosios Loukas e di Daphni, dall'altro la miniatura dell'Hortus deliciarum e il mosaico di Monreale, che seguono modelli bizantini.Vari elementi figurativi, collegati in qualche modo all'acqua, furono usati nel corso dei secoli per alludere al b., sulla base dell'affermazione di Cipriano: "Quotiescumque autem aqua sola in scripturis sanctis nominatur, baptisma praedicatur" (Ep. LXIII, 8; PL, IV, col. 382). Elencati da Tertulliano (De bapt.; PL, I, coll. 1306-1334) e dallo stesso Cipriano (Ep. LXIII; PL, IV, coll. 381-402), citati anche nel Sacramentarium Gelasianum (PL, LXXIV, coll. 1008-1111), tali simboli vengono spesso adottati nella primitiva arte paleocristiana in luogo della raffigurazione del b.: per es. nel mosaico del battistero di Napoli, al centro della cupola, la croce monogrammatica, affiancata dalle lettere A e Ω, è circondata da otto compartimenti raffiguranti, tra l'altro, le nozze di Cana, Gesù al pozzo con la Samaritana, Gesù che cammina sulle acque, la pesca miracolosa e i cervi che si abbeverano alla fonte. I cervi alla fonte e i quattro fiumi che sgorgano dal monte paradisiaco sono spesso protagonisti delle tematiche figurative dei pavimenti a mosaico dei battisteri paleocristiani o delle vasche battesimali: è il caso dei battisteri di Oued Ramel e di Salona (Stern, 1957, figg. 1, 3-4; Lafontaine-Dosogne, 1989, pp. 47-48), dove un'iscrizione - "Quemadmodum desiderat cervus ad fontes aquam, ita desiderat anima mea ad te Deus" (Sal. 41,2) - commenta l'immagine dei due cervi che si abbeverano a un cantaro. Nelle pitture cimiteriali invece (Wilpert, 1903, I, p. 241ss.) sono diffuse soprattutto - e costituiscono talvolta brevi cicli iconografici battesimali, come nelle cappelle A2 e A3 dell'ipogeo dei Flavi - l'allegoria del pescatore, la guarigione del paralitico e il miracolo della sorgente di Mosè (per es. sull'arco di ingresso della c.d. cappella greca nella catacomba di Priscilla). Il doppio miracolo di Mosè che addolcisce le acque del Marah e che fa sgorgare l'acqua dalla sorgente precede, insieme a una articolata raffigurazione delle nozze di Cana, il b. di Gesù nel Benedizionale realizzato a San Vincenzo a Volturno nel sec. 10° (Roma, Casanat., 724/II, già B.I.13; Avery, 1936, p. 28, tav. 136).Direttamente ispirata, nell'organizzazione del discorso iconografico, al b. di Gesù, dal quale si discosta in generale per l'assenza della colomba dello Spirito, la raffigurazione del b. impartito da Giovanni agli Ebrei nelle acque del Giordano fa la sua apparizione tra 10° e 11° secolo. Agli esempi già citati - il Lezionario del Monte Athos (Dionisio, 587, c. 137) e l'Hortus deliciarum (c. 98v) - si possono aggiungere una miniatura del Tetravangelo di Parigi (BN, gr. 64, c. 64v, sec. 10°; Millet, 1914, fig. 175; Lafontaine-Dosogne, 1989, p. 56) e tre opere del sec. 12°: una delle scene di un codice di Firenze (Laur., Plut. 6.23, cc. 7v-8v), il fonte battesimale di Saint-Barthélemy a Liegi e un'immagine miniata del Salterio mosano di Berlino (Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kupferstichkab., 78.A.6, c. 9v). Solo eccezionalmente - nel Tetravangelo di Parma (Bibl. Palatina, Pal. 5, sec. 12°; Millet, 1914, fig. 176; Lafontaine-Dosogne, 1989, p. 56) - il neofita viene battezzato da Giovanni in un'alta vasca marmorea. La matrice iconografica del manoscritto parmense si discosta dal b. di Gesù, rifacendosi piuttosto alla tradizione figurativa del b. dei cristiani. In uno dei più antichi esempi noti, la miniatura a piena pagina delle Omelie di Gregorio Nazianzieno (Parigi, BN, gr. 510, c. 426v, sec. 9°; Omont, 1929, tav. LVI; Der Nersessian, 1973, I, p. 87; II, fig. 64), sono raffigurati gli apostoli che, inviati a evangelizzare diverse regioni della Terra, battezzano ognuno un fedele immerso in un vasca marmorea o metallica di forma rotonda, cruciforme o polilobata. Ad At. 10, 44-48 si ispira invece l'affresco raffigurante il b. di una fanciulla della casa del centurione Cornelio a opera di s. Pietro, dipinto nella cappella dei Ss. Pietro e Paolo nella Santa Sofia di Kiev (Lafontaine-Dosogne, 1989, p. 56), mentre il b. di s. Paolo da parte di Anania (At. 8, 17-19) è rappresentato, nel sec. 12°, nella Cappella Palatina di Palermo e nel duomo di Monreale (Demus, 1949, figg. 40b, 79).Ci si trova dinanzi, nei casi appena citati, al b. secondo il rito dell'immersione - comune sia alle cerimonie di purificazione del mondo antico sia alla liturgia cristiana dei primi secoli -, accompagnato dall'impositio manuum da parte del celebrante, così come testimonia anche l'affresco dell'oratorio di S. Siro nel duomo di Verona (sec. 12°), raffigurante il santo che amministra il b. alla vedova veronese - come recita l'iscrizione dipinta che accompagna l'immagine - immersa in una grande vasca circolare. Con il graduale passaggio dall'immersione totale a quella parziale, e poi al rito dell'immersione-infusione (testimoniata come si è visto anche in alcune rappresentazioni del b. di Cristo), prima degli adulti e poi, quasi esclusivamente, dei bambini, l'iconografia del b. dei cristiani assume caratteri ben definiti, sia in relazione al corredo figurativo dei codici liturgici - come per es. nel Sacramentario di Varmondo, della fine del sec. 11° (Ivrea, Bibl. Capitolare, 86, c. 61v), dove due bambini vengono tuffati in un grande fonte quadrato, consacrato dal crisma che un diacono, sulla sinistra, tiene tra le mani, o nel già citato Benedizionale della Casanat. di Roma, in cui, a conclusione del lungo rito di consacrazione del fonte (le cui fasi, la benedizione delle acque, l'immersione del cero acceso e l'infusione del sacro crisma, sono rappresentate con grande dovizia di particolari), il b. dei neonati viene amministrato dal vescovo per immersione, alla presenza del clero e del popolo - sia nella narrazione figurata del b. di neonati illustri, per es. il b. di Costantino Porfirogenito, figlio di Leone VI, avvenuto nel 906 e testimoniato da una miniatura di un manoscritto del sec. 12° (Madrid, Bibl. Nac., Vit. 36-2, c. 212v), sia, infine, nella rappresentazione tout court del rito battesimale, nella forma ormai definitiva dell'infusione assunta dal b. alla fine del Medioevo, quale si ritrova in una formella a bassorilievo del campanile del duomo di Firenze (sec. 14°).
Bibl.:
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