BOCCANEGRA, Battista
Nacque intorno al 1359 da Simone, primo doge di Genova, e da Costanza Visconti. A soli quattro anni, nel 1363, venne creato cavaliere dal re di Cipro Pietro I di Lusignano, durante la visita di quest'ultimo a Genova. Dopo la morte del padre, avvenuta proprio in occasione della visita del re, la famiglia del B. dovette sopportare l'ostilità degli Adorno, di Gabriele prima e di Antoniotto più tardi. L'opposizione alla politica filofrancese e filoviscontea di Antoniotto Adorno sarà poi la costante dell'azione politica del Boccanegra.
Appena uscito dall'adolescenza ricercò l'appoggio di un gruppo familiare nemico degli Adorno e il 27 apr. 1380 sposò Benedetta figlia del doge Niccolò Guarco, anche se l'alleanza con i Guarco contraddiceva al carattere popolare del governo del padre: il gesto più importante dell'azione politica del doge Guarco era stato, infatti, la riammissione dei nobili ai pubblici uffici.
Il B. cominciò a prendere parte attiva ai tumultuosi avvenimenti politici della Repubblica genovese solo nell'ultimo decennio del secolo. Nell'aprile del 1391 Antoniotto Adorno venne eletto doge per la terza volta, sorretto dalle truppe di Giangaleazzo Visconti, ma l'anno dopo, tra il 19 e il 21 aprile, si verificò una serie di violente manifestazioni di piazza dirette a deporlo. A capo degli insorti che tentavano di invadere il palazzo ducale si trovò il B., insieme con Luigi Guarco e il vescovo di Savona Antonio Viale. Ma dopo aspri scontri le truppe viscontee, mandate dal signore di Milano a protezione del doge, riuscirono a riprendere in mano la situazione. Il B. fu costretto ad arrendersi a Martino da Montaldo dopo aver ricevuto la promessa che nessun danno gli sarebbe stato arrecato.
La rinunzia al dogato dell'Adorno nel giugno dello stesso anno permise al B. di riprendere liberamente la sua attività politica, e tre anni più tardi, durante il quarto e ultimo dogato del suo nemico, lo troviamo investito di cariche pubbliche. Nel giugno del 1395 infatti venne incaricato, insieme con Domenico Daria, di una spedizione contro la ribelle Savona che si era data in signoria al duca d'Orléans. Ma gli sforzi compiuti per riconquistare Savona fallirono e l'Adorno, per contrastare la potenza dell'Orléans e di Giangaleazzo Visconti suo alleato, intavolò trattative con Carlo VI di Francia per consegnargli la signoria di Genova. L'8 luglio 1396 il doge convocò un consiglio per discutere gli articoli del trattato di dedizione alla Francia.
Il B. non appare tra coloro che si opponevano radicalmente al trattato, ma si mostrò contrario ad attribuire alla dedizione un carattere perpetuo. Analogamente a quanto era stato stipulato nel trattato di dedizione a Roberto d'Angiò, la signoria avrebbe dovuto essere concessa a Carlo VI per un periodo di sei anni. Chiese inoltre garanzie per ciò che concerneva il riacquisto degli uffici già posseduti dagli appartenenti al partito ghibellino, del quale egli era uno degli esponenti più in vista; in caso di inadempienza agli obblighi assunti, il doge avrebbe dovuto essere dichiarato automaticamente decaduto e il potere consegnato ai ghibellini. In un altro consiglio tenuto dal doge il 19 ott. 1396, il B., forse con l'intenzione di temporeggiare, propose la nomina di magistrati incaricati di verificare la volontà popolare, perché solo dopo aver compiuto tali sondaggi si sarebbero dovuti inviare dei plenipotenziari in Francia per concludere il trattato con il re. In ogni caso la clausola della restituzione di Savona doveva considerarsi come irrinunciabile.
Nonostante le riserve del B., il 4 nov. 1396 la signoria di Genova fu conferita al re di Francia. Tuttavia neanche il nuovo regime riuscì a placare la lotta incessante tra le fazioni e i gruppi familiari. Le agitazioni finirono col rivolgersi contro lo stesso governo francese, e soprattutto i popolari accusarono i Francesi di favorire i nobili. Il governatore Colart de Colleville era personalmente impopolare perché accusato di eccessiva galanteria. Una congiura tramata da Cosimo Castellione venne scoperta nel dicembre del 1399 e il governatore Colart minacciò di farlo giustiziare. La risposta fu una rivolta organizzata da Raffaele Carpaneto nella Val Polcevara, e il 12 genn. 1400 gli insorti penetrarono in Genova da Porta S. Tommaso al grido di "viva il popolo". La città cadde rapidamente nelle loro mani; Cosimo Castellione fu liberato, mentre Colart de Colleville si rifugiò nelle torri di Sant'Andrea.
L'immediata ripresa delle faide familiari dimostrava la necessità di dare alla città un governo provvisorio. Il 17 gennaio il suono della campana chiamò a raccolta i cittadini per la nomina di un rettore. La scelta cadde sul B. sostenuto dai popolari, che in quel momento avevano l'iniziativa politica e che speravano di ottenere con la sua elezione una ripresa della loro egemonia. Il B. si preoccupò subito di sottolineare il carattere provvisorio del suo governo e di riaffermare, nonostante l'usurpazione, la continuità della signoria francese in linea di diritto. Assunse infatti il titolo di "capitaneus custodiae Regis Francorum".
Il governo francese non riconobbe però il fatto compiuto. Il Colleville si ritirò a Savona e i messi inviati dal B. in Francia non furono neanche ricevuti. Colart de Colleville ricevette invece istruzioni di accordarsi con il Visconti e i Del Carretto. Il B. si rivolse allora a Firenze e il fiorentino Antonio degli Ubaldini fu chiamato a ricoprire la carica di podestà. Ma Firenze, timorosa di urtare il re di Francia, dichiarò la propria neutralità e lasciò così il B. privo di ogni appoggio esterno. Anche all'interno i suoi avversari ripresero le ostilità: Adornino Adorno si fortificò in Castelletto e inutilmente il B. cercò di scacciarlo occupando San Nicola e facendo interrompere l'acquedotto di Castelletto. Il 19 marzo gli Adorno passarono al contrattacco e assalirono il B. nello stesso palazzo ducale. Questi convocò il popolo a consiglio, e venne decretata l'elezione di otto pacificatori, guelfi e ghibellini, che assunsero il nome di Otto di Balia; ma quando il giorno successivo gli Adorno riattaccarono, il B. abbandonò spontaneamente il potere ritirandosi nel suo domicilio privato. Il suo governo era durato solo sessantatré giorni.
Con la caduta del B. la situazione si fece ancora più caotica. Gli Otto di Balla nominarono quindici anziani popolari, sei guelfi, sei ghibellini e tre in rappresentanza della popolazione vivente fuori delle mura. Ma neppure questa soluzione portò alla pacificazione della città e così pure fallì un secondo capitanato affidato a Battista de Franchi. Maturavano le condizioni per un ritorno della effettiva signoria francese. Carlo VI, che non aveva mai riconosciuto le successive usurpazioni, nominò un nuovo energico governatore nella persona del maresciallo di Francia Jean le Maingre de Boucicault.
Quando nell'ottobre del 1401 il Boucicault si dispose a fare il suo ingresso in Genova, il B. fu alla testa dell'ambasceria inviatagli dai Genovesi per assicurargli la sottomissione della città; evidentemente egli non si rendeva conto della gravità dell'usurpazione compiuta. Del resto le lotte tra le fazioni negli anni precedenti, anche durante il governo dei precedenti governatori francesi, raramente si erano concluse con la punizione dei responsabili e il B. poteva sperare che tale tradizione di tolleranza continuasse anche in suo favore; inoltre egli riteneva forse che nessuno avrebbe maltrattato il figlio di Simone Boccanegra, la cui memoria era ancora molto viva nel popolo genovese. Ma il Boucicault era deciso a stroncare l'anarchia e ad affermare di fatto la signoria del re di Francia.
Pochi giorni dopo l'ingresso del Boucicault in Genova il B. e Battista de Franchi furono arrestati e condannati a morte per aver violato la maestà del re usurpando il suo governo. Invano il B. cercò di difendersi, affermando di aver assunto il governo in nome del re di Francia nella carenza dei pubblici poteri. Il Boucicault fu irremovibile. Il B., tra lo stupore del popolo abituato alle continue amnistie, venne decapitato la sera del 6 nov. 1401.
Fonti e Bibl.: Georgii Stellae Annales genuenses, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XVII, Mediolani 1730, cor. 1133, 1139, 1142 s., 1177-1188; A. Giustiniani, Ann. della Rep. di Genova, a cura di G. B. Spotorno, II, Genova 1854, pp. 173, 220; L. T. Belgrano, Tumulti in Genova nell'aprile 1392, in Giorn. ligustico di arch., storia e lett., XIX (1892), pp. 142 ss.; E. Jarry, Doc. diplom. et politiques. Les origines de la domination française à Gênes, Paris 1896, ad Indicem; U. Assereto, Genova e la Corsica (1358-1378), in Giorn. stor. lett. della Liguria, I (1900), p. 290.