COVO, Battista
Figlio di Gerardo, nacque probabilmente nel 1486, poiché è registrato morto a sessanta anni, il 17 nov. 1546 (Bertolotti, 1889, p. 124). Quando nel 1549 verrà nominato prefetto delle fabbriche ducali di Mantova l'architetto G. B. Bertani, il diploma emanato a favore di quest'ultimo ricorderà con alte lodi il valore del C. suo predecessore (D'Arco, 1857, II, p. 132 doc. n. 172).
In un documento del 1577, suofiglio Paolo è detto figlio del defunto Battista "de Lanzeriis" (ibid., p. 291): il nome Covo indicherebbe quindi il paese di provenienza della famiglia, cioè un castello eretto da Bosio da Dovara; tuttavia il nome Lanzeriis non compare altrove.
Il nome del C. compare per la prima volta in documenti mantovani il 30 ottobre del 1522, in relazione alle iniziative architettoniche di Isabella d'Este (Gerola, 1929, p. 268). L'opera architettonica del C. è legata all'appartamento di Corte Vecchia (nel palazzo ducale di Mantova), realizzato tra il 1520 e il 1523 per la marchesa Isabella.
L'appartamento di Corte Vecchia risulta costituito da parecchie stanze comprese in due corpi di costruzione disposti a L; il corpo longitudinale è la parte più intima, formata dallo studiolo e dalla grotta, che si conclude in un giardinetto segreto con colonne ioniche, recante un'iscrizione e la data 1522. Pare che il disegno del portale, realizzato da Tullio Lombardo, fosse del C., così come l'invenzione di tutto l'appartamento destinato a raccogliere preziose collezioni (lettera del 25 febbr. 1523, in Bertolotti, 1890).
Nel 1524 il C. lavorava nel palazzo di Marmirolo (ora distrutto) e anche nel castello di San Giorgio (Carpi, 1920, doc. n. 2).
Nel 1528 Isabella d'Este chiese al figlio Federico di concederle il C. per breve tempo. Nel 1529 il C. era a Mantova quale testimone al testamento di L. Leonbruno (Gualandi, 1843, pp. 81, 86); nel 1530 Federico II non accondiscese alla richiesta, fattagli il 3 gennaio dal vescovo principe di Trento, Bernardo Cles, di concedere al C., che già aveva lavorato per lui, di prestargli ancora i suoi servigi.
La posizione preminente del C. alla corte dei Gonzaga fu scossa nel 1524 dall'arrivo a Mantova di Giulio Romano, di cui il C. divenne un semplice assistente: come tale lo si trova impiegato nei lavori del castello. Non è verificabile un personale contributo del C. al palazzo del Te per la mancanza di documenti e l'impossibilità di individuare costanti formali. Il C., irritato dallo straordinario ruolo svolto dal Pippi, nel 1531 si rese irreperibile: non si esclude che un certo disagio possa essere stato causato non solo dal rapporto subordinato rispetto a Giulio Romano, ma anche dalle innovazioni operative e dalla nuova temperie stilistica introdotta dal Pippi, il cui linguaggio rese desueti i ritmi gentili delle costruzioni del Covo. Tuttavia nel 1532 il C. si recò a Roma con licenza del Gonzaga e utili consigli di Giulio Romano che gli aveva dato una lista dei luoghi da visitare (lettera del 26 marzo 1532, in Bertolotti, 1885, pp. 4 s.). Il 10 maggio dello stesso anno, rispondendo al duca, gli assicurava che in giugno sarebbe tornato a Mantova per prestare la sua opera per una residenza di Isabella a Solarolo (ibid., p. 5).
Tra il 1536 e il 1545 svolse le sue mansioni come aiuto di Giulio Romano. Il 10 marzo 1540 firmò come testimone il contratto di lavori di Giulio Romano per la Steccata di Parma (D'Arco, 1857, II, p. 126 doc. n. 166). Il 31 maggio 1542 fu incaricato con Giulio Romano del rinnovamento della chiesa abbaziale di S. Benedetto in Polirone (Piva, 1975). Il 15 apr. 1545 fu associato a Giulio Romano con una patente di Francesco II Gonzaga per la ricostruzione del duomo di Mantova (D'Arco, 1857, II, p. 129 doc. n. 169). Il 1° nov. 1546, alla morte del Pippi, gli succedette nella carica di prefetto delle fabbriche ducali (Pungileoni, 1818).
Ma, dopo soli 16 giorni, il 17 nov. 1546 il C. morì a Mantova. La sua lapide sepolcrale, già nella chiesa di S. Agnese, e ora nella basilica di S. Andrea, lo definisce "architetto massimo" (D'Arco, 1857, 1, p. 94).
Probabilmente il C. intervenne con lavori di rinnovamento nella duecentesca chiesa di S. Maria di Gradaro a Mantova (Negri, 1954, p. 82). La chiesa si presentava divisa in tre navate mediante ampi archi a tutto sesto. La copertura della navata centrale, a botte, mostrava la propria derivazione dalla basilica albertiana di S. Andrea. Tale veste cinquecentesca è stata sacrificata da un recente restauro (1952), mirante a restituire le linee duecentesche. Rimane nelle navate laterali una successione di archi sorretti da colonne abbinate, di tipico gusto cinquecentesco.
Un'altra architettura del contado mantovano che può ipoteticamente attribuirsi al C. è il santuario di S. Maria della Comuna presso Ostiglia, eretto, come dichiara una lapide, nel 1533: fabbrica estranea allo spirito giuliesco e più consona, nei sereni rapporti di linea e di superficie, alla cultura del C., fatto esperto di ricordi toscani e romani (Mantova. Le arti, II, pp. 215 s.).
Le notizie relative al C. fanno pensare che fosse una figura di primo piano, esponente di una scuola locale nata dall'insegnamento del Fancelli, ingentilita da nuovi apporti lombardi e veneziani. La presenza di Giulio Romano a Mantova dal 1524 sacrificò questa personalità che resta sostanzialmente legata alla cultura raffinata, alle iniziative architettoniche leggiadre e minute di Isabella d'Este.
Dei suoi figli Agostino fu architetto, educato dal padre; il 23 febbraio del 1563 s'impegnò con l'abate di S. Pietro al Po in Cremona per ricostruire la chiesa. Morì a Mantova il 21 febbr. 1568. Paolo fu soprastante e morì dopo il 16 marzo 1582 (Mantova, Le arti, III, pp. 64 s. doc. n. 159).
In documenti del 1573 e 1575 è nominato un Francesco pittore (Gualandi, 1842, 1843, p. 88) che potrebbe essere stato figlio del Covo.
Bibl.: S. Bettinelli, Delle lettere e delle arti mantovane, Mantova 1774, p. 144; P. L. Pungileoni, Memorie istor. di Antonio Allegri detto il Correggio, Parma 1818, II, p. 47; M. Gualandi, Mem. originali ital. risguardanti le belle arti, III, Bologna 1842, p. 21; IV, ibid. 1843, p. 81, 86, 88; C. D'Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, Mantova 1857, I, pp. 93 ss.;II, pp. 103, 108 s., 126, 130, 132 s.; A. Bertolotti, Artisti in relaz. coi Gonzaga, in Atti e mem. d. R. Deputaz. di storia patria per le prov. modenesi e parmensi, s. 3, III (1885), pp. 4 s.; Id., Architetti, ingegneri e matematici in relazione con i Gonzaga, Genova 1889, pp. 31, 34, 57, 124, 264 s.; Id., Figuli, fonditori e scultori in relaz. con la corte di Mantova nei sec. XV, XVI, XVII, Milano 1890, p. 78; A. Patricolo, Mantova: appartamento di Isabella in Corte Vecchia in Rass. d'arte, I (1901), pp. 12 s.; Id., Nuove indagini relative allo studiolo di Isabella d'Este, ibid., pp. 37-40; A. Luzio, La galleria dei Gonzaga venduta all'Inghilterra nel 1627-28, Milano 1913, pp. 241 s.; P. Carpi, Giulio Romano ai servigi di Federico II Gonzaga, in Atti e mem. d. R. Accademia Virgiliana…, n. s., XI-XIII (1920), pp. 39 s., 66, 72. 78; G. Gerola, Trasmigrazioni e vicende dei camerini di Isabella d'Este, ibid., n. s., XXI (1929), pp. 53-90 passim; C. Cottafavi, S. Maria del Gradaro, in Mantus, 1936, n. 6, pp. 1 ss.; L. Negri, G. B. C., l'architetto di Isabella d'Este, In Riv. d'arte, XXIX (1954), pp. 72-82; F. Hartt, GiulioRomano, New Haven 1958, pp. 187, 195, 244; Mantova. Le arti, II, Mantova 1961, ad Indicem; III, ibid. 1965, ad Indicem; C.Perina, La basilica di S. Andrea in Mantova, Mantova 1965, pp. 73, 76; G. Paccagnini, Il palazzo ducale di Mantova, Torino 1969, pp. 124 ss., 128, 164; G. Amadei-E. Marani, I Gonzaga a Mantova, Milano 1975, pp. 198 s.; P. Piva, Giulio Romano e la chiesa abbaziale di Polirone, in Studi su Giulio Romano, San Benedetto Po 1975, p. 59; Le studiolo d'Isabelle d'Este (catal.), Paris 1975, p. 26; A. Belluzzi-W. Capezzali, Il palazzo dei lucidi inganni. Palazzo Te a Mantova (quaderno di Psicon 2), Firenze 1976, pp. 26, 32, 70 s.; N. Rasmo, Il castello del Buonconsiglio a Trento, Milano s. d., pp. 34,38; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 14.