DE LUCO, Battista
Figlio di Giovanni e di Maria di Giovanni Axerbi, nacque a Genova probabilmente nella prima metà del sec. XV, da antica famiglia di mercanti e di notai.
I De Luco costituivano un clan familiare, che nel corso dei secc. XIV e XV andò emergendo nel tessuto economico-sociale del Commonwealth genovese grazie all'esercizio della mercatura, dell'arte notarile, dell'attività di governo a livello medio. Sotto la forma cognominale di "de Lugo" le fonti ricordano esponenti di tale gruppo familiare come attivi in Liguria e a Genova già nel sec. XII. Una località di Lugo è attestata nel 1158 nella Riviera ligure di Levante, a nord dell'odierna Chiavari; un'altra viene documentata nel 1174-82, nel Savonese; di una terza, sita nei dintorni di Genova, si ha notizia sulla fine del sec. XII. Alcuni "de Lugo", indicati come proprietari terrieri o attivi nel commercio locale, sono presenti a Savona e a Genova tra la fine del sec. XII e l'inizio del sec. XIII.
Col sec. XIV, quando risulta affermata la forma cognominale "de Luco", alcuni membri di questo complesso familiare avevano già imboccato la via degli stabilimenti genovesi del Mediterraneo orientale e del Mar Nero. Un Iacobino De Luco del fu Enrico, "civis lanue", si trovava a Famagosta nel 1309; un Ianoto De Luco era a Caffa nel 1344. A Genova, nel 1352, viveva una Luchina De Luco, figlia di Pietro, la quale nel 1370 è detta vedova di Lodisio Maruffo, membro di una grossa famiglia genovese.
Col sec. XV i centri dove più consistenti risultano la presenza e l'attività dei De Luco nel Levante sono Pera, di fronte a Costantinopoli, e Chio, anche se non mancano attestazioni circa una loro comparsa a Mitilene: a Pera ed a Mitilene, comunque, anteriormente alla conquista turca, avvenuta rispettivamente nel 1453 e nel 1462; a Chio, per tutto il corso del secolo. Dall'attività agraria e dal commercio locple in Genova i De Luco erano dunque passati, da un lato, all'attività economica a lunga distanza con trasferimento, temporaneo o permanente, negli stabilimenti coloniali levantini; dall'altro, alla professione notarile, esercitata sia nella madrepatria, anche con inserimento nella pubblica amministrazione, sia nelle sedi mediterranee orientali. Un Melchione De Luco, notalo, è attestato a Costantinopoli nel 1442, a Pera nel 1444. A Pera, poco prima dell'occupazione turca, vivevano tre De Luco: un Luca (o Luchetto), notaio; un Antonio, "habitator" del borgo; e un Guglielmo, "burgensis" del luogo, il quale risulta già defunto nel 1458. Dopo l'annessione di Pera all'impero di Maometto II, sia Antonio sia Luca sono attestati a Chio, sulla corrente dei profughi che dall'ex colonia sul Corno d'Oro si erano trasferiti nell'isola governata dalla Maona: a Pera Luca rogava infatti nel 1460 e nel 1471, nel 1461 partecipò alla nomina di un notaio per opera del conte palatino Gabriele Giustiniani del fu Gabriele, rendendo testimonianza sulla capacità professionale e sulla rettitudine personale dell'aspirante. A Chio si trovavano anche, nel 1450, un Bartolomeo De Luco, compartecipe della nave "S. Maria e S. Giovanni", ed un Bernardo De Luco, notaio; nel 1471-74 è attestato un Guglielmo De Luco, figlio del Luca sopra citato.
A Genova compare, nel 1424, Giovanni De Luco, padre del D.: ricopriva allora la carica di scriba degli ufficiali preposti all'armamento della flotta per la spedizione contro i Catalani a Napoli. Nel novembre del 1453 partecipò alla sessione dell'ufficio di S. Giorgio, convocata per decidere se accogliere o rifiutare l'offerta dell'amministrazione delle colonie del Mar Nero, avanzata al Banco di S. Giorgio dal governo della Repubblica. Dalla moglie, Maria di Giovanni Axerbi, Giovanni ebbe quattro figli: il D., Antonio, Lorenzo e Lazzaro. Antonio e Lorenzo rimasero in patria, ove esercitarono la professione notarile.
Il D., che si dedicò al commercio, a Genova trascorse la vita ed in Genova svolse gran parte della sua attività, anche se, nel portare avanti quest'ultima, si appoggiò presumibilmente ai membri del proprio clan familiare che si trovavano negli stabilimenti genovesi d'Oltremare. Sebbene non si sia mai qualificato con l'appellativo formale di "mercator", il D. esercitò largamente la mercatura, collocandosi in tal modo in quel ceto economico finanziario di medio livello, che rappresentò una solida base dell'espansionismo economico genovese nel suo tempo. Legato al grande "albergo" dei Giustiniani; imparentato, direttamente o alla lontana, con la famiglia dei Maruffo e, tramite la nipote Maria, figlia del fratello Antonio, a quella dei De Ferrari, il D. fece parte di un giro di conoscenze e di alleanze matrimoniali, che lo collocava in un ceto molto vicino al potere. Come testimonia il Cartularium, il suo libro di conti, la sua preparazione culturale era quella del medio mercante genovese del Quattrocento, di cui egli fu un esempio paradigmatico. Nel Cartularium infatti egli usa, come scrittura, la mercantesca e si esprime con il linguaggio misto di latino e volgare che si riscontra nei registri mercantili del Quattrocento, nel quale ricorrono con frequenza formule stereotipe proprie delle scritture d'azienda, si riscontrano sviste, imprecisioni ed errori nella tenuta della contabilità, mancanza di sistematicità costante.
Unico suo libro di conti, sino a noi pervenuto, il Cartularium comprende il periodo dal 1472 al 1476 e riguarda tanto la sua azienda domestico-patrimoniale quanto quella mercantile, considerate come un tutt'uno. A un libro a partita doppia del tipo classificato in sede storica come opartita doppia incompiuta", non essendovi rispettate tutte le debite condizioni. Potrebbe equipararsi al libro mastro dell'odierno medio o piccolo commerciante: l'uomo d'affari preferiva allora una relativa semplicità alle regole della massima esattezza, tanto più che la situazione era resa ancora più complessa dall'esistenza di diverse monete di conto, di valore fluttuante.
Figura di mercante che per l'ultimo quarto del sec. XV possiamo forse considerare arcaica, il D. nel gennaio del 1454 fu impegnato in un viaggio nel Levante: a Mitilene funge da teste in un atto notarile relativo a Francesco Giustiniani "olim de Campo", il che lo pone indirettamente in rapporto con la Maona di Chio ed i De Luco di quell'isola. Nel 1468 compì un viaggio in Inghilterra: oltre che con quest'ultima, rapporti commerciali intrattenne con la Provenza e con la Spagna, dove le presenze dei mercanti e l'attività degli affari genovesi si erano fatte e si stavano facendo sempre più numerose, soprattutto in conseguenza del movimento d'investimento di capitali dalle piazze orientali a quelle occidentali, di fronte all'avanzata turca sulle terre dell'Est.
Le registrazioni del Cartularium si aprono al 16 genn. 1472 con un conto intestato a Barnaba Giustiniani di Lorenzo, proprietario di una nave della quale il D. era partecipe per un carato del valore di 900 lire genovesi ed al cui armamento egli intervenne con spese effettuate a Marsiglia, Savona e Vado. Segue un gruppo di conti che si riferiscono ad operazioni effettuate dal D. nel corso di un viaggio nei paesi del Mediterraneo centrorientale compiuto fra il 1472 ed il 1473. L'area è quella su cui ancora persisteva una notevole attività economica genovese pure dopo la caduta di Costantinopoli e di Pera, e nonostante il rarefarsi dei rapporti con Caffa, sotto la minaccia turca, sì che questo nuovo viaggio assume un valore esemplificativo delle prospettive sempre aperte per Genova nel mondo levantino.
Non risulta se tale viaggio fosse la prosecuzione di quello che vide la presenza del D. a Savona, Vado e Marsiglia con la nave di Barnaba Giustiniani, oppure se si sia invece trattato di una diversa spedizione. Comunque, il D. era a Tunisi il 16 marzo 1472 e vi rimase almeno sino al 12 maggio successivo. A Tunisi, dove esisteva una colonia genovese già dal sec. XII e dove la frequenza dei Genovesi era notevole nel sec. XV, si trovava un cognato del D., Geronimo de Foo; a questo si appoggiò appunto il D. durante la sua permanenza nella città africana, essendo con lui in rapporto continuo di affari. Il D. fu anche in contatto diretto con mercanti arabi. Vendette il miele comperato a Marsiglia; acquistò cera, coralli e stuoie; trattò un cambio su Alessandria d'Egitto, tramite uno strumento scritto in arabo; effettuò alcune transazioni per cassa.
Il 12 giugno era ad Alessandria d'Egitto, dove rimase almeno fino a settembre. In ottobre si trovava a Chio, estrema meta del suo viaggio. Nell'isola acquistò sangue di drago, orpimento, zibibbo, scappini di lana, probabilmente anche matasse di seta e pezze di tele boccaccine: nel gennaio 1473 la vendita di queste ultime merci è attestata sulla piazza di Tunisi, dove egli sostò nuovamente durante il viaggio di ritorno.
Nel marzo del 1473 era rientrato a Genova, dopo aver compiuto, nel proprio viaggio, una serie di operazioni economiche basate sui diversi livelli di mercato delle merci da una piazza all'altra. A Genova vendette il pepe comperato ad Alessandria d'Egitto e fece vari acquisti, regolarmente registrati nel Cartularium, dove risultano annotate anche molte altre operazioni commerciali di compravendita per grano, vino, olio, formaggio, carne salata, miele, zucchero, noce moscata, chiodi di garofano, panni, stoffe, cuoi, pelli, cera, capi di vestiario, oggetti vari. Sono spese per uso domestico, ma sono anche speculazioni su tutto ciò che si può contrattare senza una specializzazione particolare nel genere delle merci.
Le persone con cui il D. risulta più di frequente in contatto sono i membri della sua cerchia familiare, e quelli di eminenti famiglie genovesi: Giustiniani, Centurione, Grimaldi, Gentile, Adorno, Salvago, Vivaldi. Ciò testimonia che egli era giunto al vertice della sua ascesa economica e sociale.
Morì a Genova il 22 ag. 1476.
Aveva sposato Andriola di Caracosa de Foo, che gli dette una figlia, Claricetta, e che gli sopravvisse almeno sino al 1496.
Fonti e Bibl.: Per il D. cfr. G. Airaldi, Studi e documenti su Genova e l'oltremare, Genova 1974, p. 257; G. Rebora, Libri di conti di mercanti genovesi nel secolo XV, in Atti del III Convegno intern. di studi colombiani (Genova, 7 e 8 ott. 1977), Genova 1979, pp. 208- 18; L. Balletto, B. D. mercante genovese del XV secolo e il suo cartulario, Genova 1979. Per i singoli riferimenti ai membri della famiglia si rinvia alle fonti edite ed inedite, relative a Genova e all'Oltremare, citate nella bibliografia sopra indicata.