BAUTTA (ven. baùta)
Nome dato al tipico travestimento con cui i Veneziani nel sec. XVIII amavano mascherarsi: la sua foggia raggiunse la sua forma definitiva nel Settecento. Risultava composto di un mantelletto nero di seta, di velluto o di merletto, provvisto nella parte superiore di una specie di cappuccio, aperto solo sul davanti così da lasciar libero il volto; quest'apertura si ricopriva a piacimento con una mascherina (il volto, come si chiamava a Venezia) di seta o di velluto, o più modestamente, di cartone, verniciata di color bianco o nero, di forma speciale, assai prominente al naso, tagliata in modo da lasciar libera la bocca. Sopra al cappuccio si adattava un cappello floscio, a due o a tre punte, il tricorno, generalmente nero. Per la bautta era usata a Venezia una speciale tolleranza, maggiore che per le altre foggie di maschere, poiché l'uso ne era concesso anche dal 5 ottobre al 16 dicembre, mesi non di carnevale, in cui le altre maschere non erano permesse, e per di più si permetteva l'uso della bautta nei giorni di San Marco e dell'Ascensione, durante il periodo di elezione dei nuovi dogi e dei procuratori di San Marco, e in occasione di altre feste, purché queste non cadessero in quaresima. Tale travestimento, che generalmente s'indossava sopra un tabarro di panno o di seta nero o rosso, finì quindi col divenire a Venezia un abito di moda universale, usato in ogni stagione, portato da uomini e da donne, da patrizî e da borghesi, da ricchi e da poveri.
Assai numerosi sono i dipinti che presentano la forma e la foggia della bautta: il Guardi, il Marieschi, il Canaletto, gli stessi Tiepolo non mancarono di popolare le loro pitture di bautte, ma particolarmente noti a questo proposito sono le tele e i disegni di Pietro Longhi, il pittore della vita veneziana del '700, che di questa tradizionale maschera veneziana lasciò precise e garbate riproduzioni. Il civico museo Correr conserva un'interessante e numerosa serie di tali dipinti e di tali disegni, nonché un gruppo di acquerelli, notevoli solo per la curiosità della figurazione, eseguiti dal pittore Giovanni Grevembroch, appartenenti alla raccolta di codici di provenienza Gradenigo nella biblioteca dello stesso civico museo veneziano. (V. tavv. CXI e CXII).
Bibl.: P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, Bergamo 1908, III, p. 203; Coyer, Voyages d'Italie et de Hollande, Parigi 1775; G. Fogolari, In Tabarro e bautta, in Settecento Veneziano, Strenna dell'Illustrazione Italiana, Milano 1924-25.