BONETTI, Baverio Maghinardo de (Baverius de Baveriis; Baverio Baveri)
Nacque a Imola presumibilmente nel 1405 0 1406; dai documenti contemporanei (anche se regnò in passato incertezza) risulta chiaramente che il cognome è de Bonetti o, alla latina, de Bonittis. La famiglia era benestante: il padre, Maghinardo Baverio, possessore di case e terreni, aveva sposato Gentilina Nordoli "quondam Maximi" da cui ebbe, oltre al B., anche una figlia, Maddalena, andata sposa poi a un notaio di Dozza Imolese, ser Battista de' Balconi.
Dell'infanzia e dei primi studi del B. non si hanno notizie. Maturò la vocazione alla medicina sull'esempio del nonno, Baverio Maghinardo, che aveva esercitato la disciplina non si sa se come "magister" o "artium et medicinae doctor". Nel 1428 il B. compare come vice rettore degli scolari artisti dello Studio bolognese, ove tenne delle letture straordinarie di logica ancor prima di laurearsi. Nel 1430 fu rettore "Universitatis artistarum et medicorum Studii Bononiae". Ottenuta la licenza, si presentò nel medesimo giorno (1º genn. 1430), cosa del tutto insolita, anche all'esame per il dottorato (cfr. Münster, p. 6). Pochi mesi dopo lo vediamo figurare già in qualità di teste e come promotore agli esami di laurea: così il 26 maggio 1430 è teste all'esame di "magister Guelfus de Nanis" di Ravenna (cfr. Arch. di Stato di Bologna, Liber Sapientium, c. 112v). Nel 1435 è presente allo Studio di Firenze. È forse anche da identificare con il "Daveria de Imola, artium doctor" presente a Padova il 17 febbr. 1431 (C. Zonta-I. Brotto, Acta graduumacademicorum Gymnasii Patavini, Patavii 1922, n. 815). Nel 1438-1439 fu a Bologna, lettore di medicinali in nonis, e nel 1440-1441, insegnante, in lezioni festive straordinarie, di filosofia morale. Nelle carte che si riferiscono al primo decennio di insegnamento dopo la laurea egli figura come cittadino imolese. Fu solo nel 1441 che ottenne la cittadinanza bolognese (Fantuzzi, I, 393; ma per una discussione della questione v. Piana, p. 192).
Come lettore, il B. fu coscienzioso e assiduo e le sue lezioni furono sempre frequentatissime. La considerazione di cui godeva è dimostrata dall'alto stipendio che percepiva dallo Studio bolognese e che aumentava gradatamente: nel 1438 era di lire cento bolognesi, nel 1439 di trecento lire, nel 1440 di trecentocinquanta, nel 1459 di ottocento, nel 1460 di mille (2 luglio 1460). Con tale stipendio egli entrò a far parte dei pochi dottori privilegiati il cui salario per nessuna ragione poteva essere diminuito, se si eccettuano le punctationes (ammende per assenze). È da notare tuttavia che il 2 luglio 1460, si deliberò sì di dare al B. tale cifra, ma si aggiunse: "(B.) debeat... stare toto tempore vite sue ad servitii huius comitatus, nec iure alibi conduci et se conducantur talem conducturum non acceptare ut se predicta facturum ac servaturum esse promisit ac se obligat" (Münster, p. 10). Il B. si obbligò quindi a servire lo Studio bolognese vita natural durante. E forse in relazione a tale clausola è da porsi il rifiuto che oppose lo Studio bolognese a una richiesta dello Studio di Padova, ove il B. era stato evidentemente invitato, come risulta da una lettera risentita del doge Nicolò Marcello indirizzata nel 1474 agli Anziani e ai Consoli di Bologna.
Vi è un periodo della vita del B. che si distacca da quello legato allo Studio di Bologna: va dal 1443 al 1454 e si divide in due parti ben distinte. La prima comprende gli anni 1443-1447, durante i quali il B. soggiornò a Siena. Fu infatti il Concistoro senese (cfr. Arch. di Stato di Siena, Deliberazioni, 465, c. 16) in data 30 luglio 1443 a chiamare Baverio "ad lecturam medicine ordinarie" per la durata di due anni con lo stipendio di duecentocinquanta fiorini. Il 16 apr. 1445, prima che terminasse il biennio, fu riproposto per altri due anni. Le registrazioni di alcune rate pagate in conto stipendio per gli anni 1446-1447 si trovano in Bicherna (Arch. di Stato di Siena, vol. 316).
Negli anni 1447-1455 fu a Roma archiatra di Niccolò V, insieme con Bernardo Garzoni, lettore anch'egli nello Studio di Bologna, con cento fiorini d'oro di stipendio ogni trimestre. Benché il Garzoni, padre del medico umanista Giovanni, vantasse un'anzianità di nomina, il posto primario spettò, a quanto pare, al Bonetti. Grande stima dovette avere il pontefice per il medico bolognese verso il quale si sentiva attirato da una certa comunanza di interessi, come stanno a dimostrare i numerosi privilegi in suo favore, tra i quali quello dell'esonero dalle tasse in Imola, per sé e per i suoi (aprile 1454); e non piccola fu l'influenza sul pontefice stesso: al B. Imolesi e Bolognesi si rivolgevano come ad efficace intermediario per le loro richieste. Probabilmente per questo stesso motivo il Consiglio generale della città di Siena concesse il 3 febbr. 1449, in una solenne adunata, al B. ed ai suoi discendenti maschi, la cittadinanza senese (cfr. Münster, pp. 34-35). Dopo la morte di Niccolò V (marzo 1455), il B. conservò intatta la stima e la protezione anche presso i successori di Niccolò, Callisto III e Pio II, dai quali ricevette grazie e favori. Nel 1456 ritornava a Bologna, ove si fissò stabilmente.
Se grande parte dell'attività del B. si svolse in una sfera ufficiale o nell'ambito accademico (Bologna, Siena), o ricoprendo alti incarichi, come quello di archiatra pontificio, egli non trascurò, tuttavia, la sua attività professionale privata, causa di frequenti assenze da Bologna, attività che svolse a beneficio d'una clientela altamente qualificata. I volumi dei Partitorum, ove sono registrati i permessi che il B. era obbligato a chiedere agli Anziani ogni qualvolta s'assentava dallo Studio bolognese, ci permettono di avere un quadro preciso dell'andamento della sua professione. Fra le famiglie principesche di cui fu medico, un posto preminente spetta a quella dei Gonzaga. Egli infatti curò Federico (a Mantova nel 1472), la moglie Margherita (1478), la madre marchesa Barbara. Degli Ordelaffi di Forlì curò Pino (1463), che assistette dal 1474 fino alla morte, avvenuta nel 1479. Altro cliente fu Federico di Montefeltro, duca di Urbino, e ancora Gaspare di Martignano, Virgilio Malvezzi, Taddeo di Mattuglia e molti altri. Una viva testimonianza dei rapporti del B. con i suoi clienti è data dall'interessante epistolario, specie per quanto riguarda i rapporti del B. con i Gonzaga e gli Ordelaffi. L'intensa vita professionale e accademica lo tenne fuori dalle mischie politiche, ma non gli poté evitare di far parte degli Anziani. Le ripetute donazioni papali, la molteplice attività di compere e permute, svolta con intensità nel Bolognese, Imola e Faenza, diedero modo al B. di accumulare un ingente patrimonio (case, boschi, fattorie, mulini, prati, vigneti, stalle, ecc.). Per gli affari di Imola manteneva un procuratore che nel 1454 era Antonio "quondam Vaino", riconfermato più volte in questo ufficio. Mediante salvacondotti, che era riuscito ad ottenere per sé e la famiglia fin dal 1443, poteva muoversi a suo agio nei vari possedimenti di Imola, Bologna e Faenza, nonostante le difficoltà belliche. Gli ultimi anni della vita del B. furono travagliati da preoccupazioni familiari. Sposatosi per procura con Lasia Broccardi di Pietro, di benestante famiglia della piccola nobiltà imolese, l'11 apr. 1435 (l'atto avvenne ad Imola tramite il padre dello sposo), aveva avuto sei figli (Nicolò, Filippo, Baverio, Marcantonio, Giulio, Lodovico) e sei figlie (Gentile, Lucrezia, poi moglie di Gozzadino Gozzadini, Giovanna, moglie di Carlo de Castello, Lasia, Pantasilea, moglie di Fabiano di Albergati, Ippolita, moglie di Alessandro dalla Volta). Dei figli, Nicolò seguì le orme del padre laureandosi in medicina nel 1468; Marcantonio divenne rinomato giureconsulto, Filippo scelse la carriera ecclesiastica, mentre Lodovico fece il commerciante. Fu proprio quest'ultimo figlio che, dedicatosi senza molta fortuna al commercio delle sete, obbligò il B. a intervenire spesso in suo aiuto, ottenendo dagli Anziani di poterne pagare i debiti in più rate (1474, 1477).
Nel 1479 il B. fece passi per ottenere un posto di medico a Cento probabilmente per mettere al sicuro la famiglia da due pericoli: la guerra e la peste. Non sappiamo l'esito di questi tentativi; non molto dopo, il 19 nov. 1480, il B. moriva. Otto giorni prima aveva fatto testamento disponendo dei suoi beni senza dimenticare nessuno della sua famiglia (Münster, p. 101). Fu sepolto in S. Domenico nella parte della cripta che porta il n. 553 (Arch. Convento S. Domenico, Libro delle sepolture, anno 1480).
La posizione occupata dal B. durante la sua vita, specie alla corte papale, lo mise in contatto con poeti, letterati ed umanisti della sua età, tra gli altri il card. Iacopo Ammannati Piccolomini, il Filelfo e Bornio Sala, con i quali fu in corrispondenza epistolare. Fu in rapporti anche con l'umanista Andrea Contrario. Delle sue opere l'unica edita mentr'era vivo fu il Reggimento nel tempodella peste, Bologna 1478 (Gesamtkatalog der Wiegendrucke, III, Leipzig 1928, n. 3740). Seguirono altre edizioni a Brescia (1493: ibid., n. 3741), ancora a Bologna e a Perugia (1523), quest'ultima con il titolo Tractato mirabilecontro de la pestilentia. Si tratta di una serie di norme per coloro i quali, per ragioni professionali o altro, dovevano avere contatti con gli appestati: da esse si può constatare come il B. avesse intuito, naturalmente in forma embrionale, il carattere infettivo della malattia e il suo vero modo di trasmissione; dei vari consigli di carattere profilattico, privi di carattere superstizioso, ma dettati dalla esperienza e dalla logica, pochi anche oggi verrebbero respinti.
Dal punto di vista scientifico e pratico il Reggimento passa in seconda linea davanti all'altra opera del B., considerata il suo capolavoro: Consilia medicinalia, stamp. postuma a Bologna nel 1489 (Gesamtkatalog, n. 3739). Seguirono poi altre edizioni: a Pavia nel 1521, col titolo Consilia Baverii; a Strasburgo nel 1542, Col titolo Consiliorum de remedica sive morborumcurationibus liber elegans; a Strasburgo ancora nel 1543. L'opera è composta di una serie di centodue consulti medici e rappresenta una vasta raccolta casistica di notevole importanza storico-medica, in quanto rispecchia fedelmente i concetti dei tempi sulla patogenesi, sul decorso clinico, sulla prognosi e cura delle malattie. Essa ci permette altresì di penetrare nel pensiero filosofico del maestro e valutarne la profondità culturale. L'inquadramento del libro non è però omogeneo, anzitutto perché, essendo stato pubblicato postumo, fu ordinato dai figli Marcantonio e Lodovico che probabilmente lo completarono assieme all'amico Filippo Beroaldo; in secondo luogo perché si tratta di lettere-consulti inviate ai medici curanti o direttamente ai pazienti quando se ne presentava l'occasione, per le quali non pare che il B. avesse mai pensato ad una pubblicazione.
Nello svolgimento dei singoli consulti il B. dimostra una coerenza assoluta con un logico susseguirsi dei particolari; una perfetta padronanza della materia unita a chiarezza e semplicità di stile. Egli rifugge da ipotesi o disquisizioni, attenendosi a fatti sicuramente acquisiti. Il B. si occupò anche di acque minerali e gli scritti relativi all'argomento furono inseriti nella collezione De balneis, stampata a Venezia nel 1553 dai Giunta.
Bibl.: Lo studio fondamentale sul B. è quello di L. Münster, B.M. de' B., medico imolesedel Quattrocento. La vita,i tempi,il pensiero scientifico, in Atti dell'Associazione per Imolastorico-artistica, VII, Imola 1956 (con bibl. e ricca trascrizione di documenti); cfr. inoltre: I rotuli dei lettori legistie artisti dello Studio Bolognesedal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, Bologna 1888-1924, ad Indicem (s. v. Bonittis [del] Baveria); G. N. Pasquali Alidosi, I dottori bolognesi di teologia,filosofia,medicina, Bologna 1623, p. 29; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittoribolognesi, Bologna 1781, pp. 392, 396; G. L. Marini, Degli archiatripontifici, Roma 1874, I, pp. 145-48; II, pp. 338 s.; L. Gualino, Storia medica dei romani pontefici, Torino 1934, p. 470; A. Simili, Un episodio della carriera clinicae didattica diB. B., in Athena, Roma 1941, estr.; C. Piana, Nuove ricerche su leUniversità di Bologna e di Parma, Quaracchi 1966, pp. 158 s., 167, 192-96, 217 s., 288, 504; P. O. Kristeller, Iter Italicum, London-Leiden 1963-1967, ad Indices (sub v. Baverius).