BAZACHI (Bazzacchio, Bazzacco, Bazacchi, Bazzacchi)
Famiglia di tipografi e librai, fu attiva a Piacenza nel secc. XVI, XVI e XVIII.
Giovanni figlio di Alessandro e di Chiarastella (v. Necrologio di S. Protaso), si stabilì a Piacenza nell'anno 1575, come egli stesso dichiara in una petizione avanzata all'autorità del ducato nel 1604.
Nel 1576 sposò la sorella del tipografo-editore Anteo Conti, e con lui si associò, l'atto costitutivo di questa società èstato pubblicato da L. Cerri in Primordi della stampa in Piacenza (Piacenza 1894). La collaborazione durò sino al 1581, anno in cui il B. impiantò una sua stamperia ed un suo negozio di libraio sotto i portici del palazzo del Comune (poi palazzo del governatore) "subtus voltas parvas... et sic in capite dictarum. voltaruni versus stratam rectam". Ebbe l'officina tipografica in casa degli Scotti di Agazzano in via del Guasto.
La sua, azienda dovette essere molto modesta, almeno per i primi anni: né in Piacenza le condizioni generali dell'economia e dell'attività commerciale consentivano che grandi imprese editoriali vi potessero prosperare come avveniva in altre piazze più attive, per non dire delle grandiose aziende di Venezia. A riprova defia scarsa importanza dell'azienda del B. ci resta un estimo mercantile da lui presentato l'anno 1610: "Io Giovanni Bazachi delle vicinanze di San Protaso mi trovo aver di capitale nel mio negozio di libraria per lire ottomila e trecento detratto ogni debito". Nello stesso periodo la consistenza patrimoniale dei Giunti di Venezia ammontava ad oltre 200.000 scudi.
Morto Anteo Conti nel 1589, il B. ne rilevò il materiale, le scorte e fin la marca tipografica, che si vede utilizzata ancora dopo un secolo. Da una provvigione del 14 ag. 1617 appare che in quell'anno si ritirò dagli affari, cedendo l'azienda al figlio Alessandro. Visse sino al 1620, ed il Necrologio di S. Protaso attesta che fu sepolto nella chiesa della Madonna della Piazza.
Le sue marche tipografiche furono: un cerbero che latra alle porte di Avemo, col motto "Fida Custodia", e una donna che eccita con una bacchetta un groviglio di serpi, coi motto "Exciti Exiliunt". Usò anche la vecchia marca di Anteo Conti. Nei primi anni di attività produsse stampe popolaresche, libretti ascetici e simili pubblicazioni di scarso rilievo; in seguito migliorò qualitativamente e quantitativamente la sua produzione e stampò anche libri di formato in folio, specialmente giuridici. Oggi particolarmente ricercato è un grazioso libretto di modelli per ricami, quasi tutto xilografico, dal titolo: I più bei ricami che oggidì s'usano... (1594).
Alessandro, unico crede del B., dichiarava di possedere l'azienda già nella provvigione del 1617. Aveva sposato Angela Farina, vedova di Antonio Redolfi da Vigevano, e ne ebbe almeno due figli. Continuò senza innovazioni l'attività patema sino al 1625, quando cedette in fitto al parente - non si sa di qual grado - Girolamo di Antonio Bazachi, il negozio sotto alle volte del palazzo del Comune, accordandogli la facoltà di tenere "aliud banchetuin extra dictas voltas pro exercenda arte libraria et similia".
Girolamo Bazachi aveva già svolto attività libraria a Venezia (1613) e si era da poco trasferito a Piacenza. Quivi anche era giunto da Pavìa Giacomo Ardizzoni, che era stato socio sin dal -1614 di Giovan Battista Rdssi, noto tipografo e librario pavese. Per l'Ardizzoni Alessandro stampò il primo libro con cui quegli iniziò la sua attività di editore in Piacenza, ove subito dopo impiantò una propria stamperia, tentando di sottrarre ad Alessandro incarichi e clienti e ottenendo la provvigione di "stampatore camerale" (1625). Fu probabilmente la concorrenza dell'Ardizzoni a consigliare Alessandro di trasferirsi a Codogno (1628), ove si recò con la moglie ed il figlio Giovanni. A Codogno introdusse la stampa con il libro del conte Marazzani, Pantathlis, ove si legge la sottoscrizione, "Cotonei, apud Alexandrum Bazachium et Ioannem filium. 1628". Pochi altri libri - e di minimaconto - stampò in quella cittadina, ove dimorò appena un biennio, forse per non incorrere nelle pene comminate da un decreto ducale contro coloro che abbandonavano Piacenza per più di un certo tempo. Tornato a Piacenza nel 1630, nel 1632 cessò la sua attività. In quello stesso anno a Giacomo Ardizzoni veniva ritirata la patente di "impressore camerale", concessa invece a Giacomo Bazachi, che la tenne sino alla morte avvenuta nel 1640. In questa data venne restituita all'Ardizzoni.
Di Giovanni, figlio di Alessandro - che accompagnò il padre a Codogno nel 1628 - non si hanno notizie sino al 1647, quando da un "estimo" risulta che possedeva l'azienda tipografica, il negozio di libraio e una casa. Nel 1649 l'incarico di stampatore camerale fu ritolto all'Ardizzoni e trasmesso nuovamente ai Bazachi, finché nel biennio 1656-1658 il privilegio venne concesso congiuntamente ai Bazachi-Ardizzoni. Finalmente, con delibera del 30 marzo 1658, una privativa amplissima "di stampare sotto l'annua pensione di scudi 80 da L. 6 annui" fu accordata al solo Giovanni. Nel 1662 ottenne la, qualifica di stampatore ducale, e con atto del 15 febbr. 1687 gli fu confermato il privilegio, concesso nel 1658, per dodici anni, decorrenti dal 20 ag. 1683. Il duca Ranuccio II Famese decretò che a Giovanni e ai suoi discendenti fosse riservata la facoltà di stampare "nella presente città e stato ogni qualsivoglia sorte di composizioni, tanto volgari quanto latine e qualsivoglia cosa pertinente a stamparia", con divieto a qualsiasi altro di stampare libri, sotto la pena di 100 scudi d'oro, dei quali 50 ai Bazachi e 50 all'erario ducale. Mai era stato concesso da alcun potentato un privilegio così ampio: così i Bazachi, per un secolo, terranno il monopolio di tutta l'industria tipografico-editoriale piacentina. Con Giovanni, la famiglia Bazachi migliorò le condizioni economiche, acquistando beni a Gazzola (1683) ed una casa in Piacenza; ma l'attività tipografica rimase scarsa e legata, più che altro, a pubblicazioni ufficiali. Giovanni morì quasi centenario, nel 1698, essendogli premorto il primogenito Alessandro nel 1695.
Suo erede fu il secondogenito Lealdo. Questi da giovane vestì l'abito talare che dismise nel 1671, ottenendo dispensa piena e sposando una Maria Rughi. Alla morte del padre continuò l'azienda, ed una delle sue prime edizioni fu l'Architettura d'acqua del Baratieri (1699). Rimasto vedovo, nel 1714 rientrò in religione, ma non cessò di occuparsi dell'azienda associandosi il figlio Alessandro. Morì nel 1738 e fu sepolto in S. Protaso.
Per i mutamenti politici sopravvenuti nel ducato di Piacenza, ad Alessandro fu concesso il titolo di stampatore cesareo e regio tipografo, essendogli riconosciuto dagli Austriaci il privilegio del 1683. Ai termini di questo egli concesse (essendo ancor vivo il padre, ed agendo anche per sua procura) ad un Filippo Giacopazzi di aprire una nuova tipografia. Nel 1746 cedette l'azienda ad un giovane poeta arcade di Parma, Luigi Bernardo Salvoni. Col figlio Antonio, morto nel 1810, la famiglia Bazachi si estinse.
Fonti e Bibl.: Piacenza, Arch. di Stato: Registro delle provvigioni, 1578-1746, passim; ibid., Estimi mercantili, 1580-1746, passim; ibid., Necrologio di S. Protaso, 1620-1738; Piacenza, Arch. notarile, Atti Notaio Marco Bianchi, 1625; Notaio Carlo Novati, 1657; Notaio Bartolomeo Chiappini, 1658; Notaio R. Volpini, 1638, 1695; Notaio Antonio Farneti, 1727, Arch. camerale, 1714, ecc.; L. Cerri, I Bazachi, Piacenza 1896; G. Agnelli, La stampa nella provincia di Piacenza, in Tesori delle biblioteche d'Italia, Milano 1932, p. 557; F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina ital., Firenze 1953, p. 56; G. Fumagalli, Lex. tipographicum Italiae, Florence 1905, p. 89.