BEATITUDINI
Doni divini concessi alle anime elette, che esprimono la condizione spirituale di perfetta felicità goduta in paradiso, in presenza di ogni bene; la beatitudine infatti è lo "status omnium bonorum aggregatione perfectus" secondo la lezione di Boezio (De cons. phil., III, 2).Il primo a fornire una classificazione delle b. è Anselmo d'Aosta (sec. 11°), elaboratore di un sistema ripreso, senza variazioni di sostanza, dai più grandi teologi dei secoli successivi. Nel Liber de beatitudine coelestis patriae (PL, CLVIII, col. 47; CLIX, coll. 587-600) Anselmo enumera quattordici doni immortali, distinguendone sette relativi al corpo e sette relativi all'animo degli eletti. Il primo gruppo è composto da pulchritudo, velocitas, fortitudo, libertas, impassibilitas, voluptas, vitae aeternitas; all'altro gruppo invece appartengono sapientia, amicitia, concordia, potestas, honor, securitas, gaudium. In paradiso il corpo dei giusti, partecipe della natura dell'anima, diverrà agile, forte e libero come il pensiero e si riconcilierà con l'anima, tornata a essere solo armonia. Secondo l'ampia spiegazione fornita più tardi da Onorio Augustodunense dopo il Giudizio universale il mondo potrà rinnovarsi: tutto ciò che in natura è indomito e disordinato scomparirà, ogni elemento verrà purificato e la terra, rossa del sangue dei martiri, si coprirà di piante sempreverdi e di fiori perenni. Il corpo dei giusti parteciperà a questo rinnovamento universale e l'anima stessa si arricchirà di doni immortali (Elucidarium, III, 15-18, PL, CLXXII, coll. 1168-1171; Speculum ecclesiae, PL, CLXXII, col. 961). Fra i vari autori che affrontano il tema delle b. si distinguono: Bernardo di Chiaravalle (Sermo de villico iniquitatis; PL, CLXXXIV, col. 1025), Tommaso d'Aquino (Summa theol., III, 96, 5), Vincenzo di Beauvais (Speculum morale, II, 4). Fra quanti, pur senza fornire una trattazione organica, parlano di b. vanno ricordati almeno: Origene (Com. in Ioan., I, 116; PG, XIV, col. 49), Cipriano (De zelo et livore, 18; PL, IV, col. 460), Basilio il Grande (Ep., VIII, 7; PG, XXXII, col. 257), Gregorio Nazianzieno (Oratio XXVIII, 17; PG, XXXVI, col. 48), Ilario di Poitiers (In Ps. CXVIII, 58; PL, IX, col. 563), Agostino (Ep., CXLVII, 8; PL, XXXIII, col. 605). Sulla condizione dei beati in paradiso si sofferma Tommaso d'Aquino (Summa theol., suppl., XCVI, 1, 5, 7).Nell'immaginario medievale i quattordici doni sublimi assumono spesso, soprattutto a partire dal sec. 12°, la forma di fanciulle. Sotto questo aspetto sono raffigurate le quattordici b. nel ciclo più ampio loro dedicato, quello nello strombo del portale nord della cattedrale di Chartres (sec. 13°): i bassorilievi rappresentano quattordici vergini coronate e nimbate, con i capelli sciolti e una lunga tunica, impegnate a sorreggere con una mano lo scettro e con l'altra uno scudo ornato di emblemi relativi ai loro specifici attributi. Si trova per es. fortitudo con il leone, pulchritudo con le rose, concordia con le colombe, e così via. In nove casi sono presenti anche le scritte che individuano le b. (libertas, honor, velocitas, fortitudo, concordia, amicitia, potestas, vitae aeternitas, securitas).Ancora discussa è l'individuazione delle b. in uno dei capitelli provenienti dal chiostro dell'abbazia di Cluny, della seconda metà del sec. 12° (Cluny, Mus. Ochier), i cui soggetti sono generalmente identificati con gli otto toni del canto fermo.Sicuramente ispirato alle b. è invece un capitello del chiostro dell'abbazia di Moissac (sec. 12°), che raffigura otto vergini identificate come b. da scritte. Ancora come vergini le b. sono raffigurate in una miniatura dello Speculum Virginum (Londra, BL, Arund. 44, c. 13r): le figure, a mezzobusto, sono nimbate, inserite entro tondi e accompagnate da scritte che ne permettono l'individuazione.In parallelo a questo tipo di raffigurazione si afferma anche un altro tipo di allegoria, presente nel Liber floridus di Lambert de Saint-Omer (Gand, Bibl. van de Rijksuniv., 92, c. 139v, 1120 ca.), dove le b. sono raffigurate come piante, per es. il cedro, il cipresso, la palma e la rosa. Allo stesso modo, sei smalti mosani (Darmstadt, Hessisches Landesmus.) raffigurano sei alberi allegorici con scritte che si riferiscono alle beatitudini. Questa seconda iconografia sembra rimanere peraltro circoscritta ai codici miniati e alle arti minori, contrariamente alla precedente che, affermandosi fra le sculture delle grandi cattedrali, si divulga, quasi incontrastata, nell'immaginario medievale.
Bibl.: M.A. Janvier, Le fondement de la morale, I, La béatitude, Paris 1904; A. Sartori, La visione beatifica. La dottrina e la controversia nella storiografia, Torino 1927; R. Garrigou-Lagrange, La carità perfetta e le beatitudini, Vita Cristiana 10, 1938, pp. 11-27; A. Piolanti, s.v. Visione beatifica, in EC, XII, 1954, pp. 1486-1494; E. Mâle, Religious Art in France. The Thirteenth Century. A Study of Medieval Iconography and its Sources, a cura di H. Bober (Bollingen Series, XC, 2), Princeton 1984, pp. 384-391.M. Chiellini Nari