SACCHI, Beatrice
– Nacque a Mantova il 12 agosto 1878, ultimogenita di Achille e di Elena Casati.
La storia della sua famiglia si inscrive in quella del Risorgimento italiano. Il padre, medico, partecipò alla rivoluzione lombarda del 1848, combatté in difesa della Repubblica Romana e si arruolò nei cacciatori delle Alpi. La madre era a sua volta figlia di una patriota mazziniana, Luisa Riva; dopo il 1848 Elena Casati trascorse anni di esilio in Svizzera, nel 1855 si trasferì a Como e poi a Genova, dove cominciò a vivere da sola ed entrò a far parte delle organizzazioni femminili mazziniane. Fu amica e stretta collaboratrice della suffragista e militante filoitaliana Jessie White Mario. A Genova ritrovò Achille Sacchi, già conosciuto a Zurigo, che sposò nel 1858. La loro unione, un esempio di quell’osmosi tra politica e vita familiare che si realizzò nell’esperienza risorgimentale, trasmise ai figli (che Elena non volle battezzare) i comuni valori laici e libertari, una concezione paritaria del rapporto tra i sessi e un forte sentimento sociale e patriottico. Nel 1866 i Sacchi si trasferirono definitivamente a Mantova.
Beatrice (Bice), di carattere vivace, intraprendente e veloce nell’apprendere, fu consapevole di avere ricevuto un’educazione eccezionale, che le aveva insegnato a non temere nulla fuorché i rimproveri della propria coscienza. A sei anni, a scuola, sentì per la prima volta parlare di un «essere onnipotente»: «mi decisi in quell’istante spontaneamente per incredulità e in tale disposizione di spirito mi sono sempre mantenuta» (Sega, 2007, p. 57). Fu studentessa del liceo classico e si laureò in matematica a Bologna, dopo aver frequentato anche a Genova e a Roma. Fu presto attiva nei movimenti emancipazionisti insieme alla sorella Ada.
Nel 1906 si iscrisse nelle liste elettorali per le elezioni politiche a Mantova, sulla base della legge vigente che, contrariamente a quella in vigore per le elezioni amministrative, non conteneva un divieto esplicito al voto femminile, mentre l’articolo 24 dello Statuto riconosceva l’uguaglianza davanti alla legge a «tutti i regnicoli». Il suo gesto aprì una vasta campagna suffragista di cui lei fu il caso esemplare, divulgato innanzitutto da Olga Lodi sul quotidiano repubblicano La Vita; alla sua azione dimostrativa seguirono iscrizioni di donne in molte città italiane, accolte dalle commissioni elettorali, ma rigettate dalle sentenze delle corti d’appello con l’eccezione di quella di Ancona, presieduta da Lodovico Mortara, poi annullata dalla Cassazione. Fu tra le firmatarie della Petizione delle donne italiane (a sensi dell’art. 57 dello Statuto fondamentale del Regno) per il voto politico e amministrativo (Roma 1906), che riaprì in Parlamento la discussione sul voto alle donne.
Nel 1906 vinse una cattedra di matematica alla Scuola normale di Roma, dove frequentò l’ambiente repubblicano e radicale e svolse un’intensa attività come militante dell’Associazione per la donna, alla quale aderivano tra le altre Anna Maria Mozzoni, Maria Montessori e Teresa Labriola; fu anche vicepresidente del Comitato pro suffragio e del Comitato per la ricerca della paternità. Divise l’abitazione con Anita Pagliari, militante emancipazionista, e prese una seconda laurea in scienze. Collaborò a diversi periodici, tra i quali l’Avanti!, l’Unione femminile nazionale, Vita femminile italiana, La Vita, Il Giornale per la donna, L’Alleanza.
Accanto all’impegno suffragista si dispiegavano quelli per l’uguaglianza giuridica e per l’educazione delle donne lavoratrici, che Bice ritenne un passaggio necessario per avvicinarle gradualmente ai valori femministi. Il rapporto con i socialisti, più lineare nella sorella Ada, fu di vicinanza, ma anche di critica per l’incoerenza tra la predicazione e la pratica politica. In generale, ritenne la questione sociale distinta da quella di genere e considerò fondamentale la lotta per i diritti civili, con una propaganda capace di scuotere l’opinione pubblica. L’esercizio della dialettica e del confronto tra opinioni diverse dentro ai movimenti fu un altro tema delle sue riflessioni; quando nel 1908, in preparazione del primo Congresso nazionale delle donne italiane, una parte del movimento volle accantonare le questioni del divorzio e dell’insegnamento religioso nelle scuole per non rompere con la componente cattolica, osservò che «una tale ripugnanza delle signore alle lotte del pensiero [...] non fa molto onore [...] al coraggio mentale delle donne, o per essere più benevoli e più equi, alla loro preparazione alla vita sociale» (Risveglio muliebre, in Avanti!, 23 aprile 1908). La varietà dei linguaggi e delle culture, il «trovarsi tra persone di orientazione sentimentale e intellettuale diversa dalla propria», vennero considerate tra le più preziose opportunità insite nello svolgimento della vita associativa (Che è e ciò che vuole il Comitato nazionale pro suffragio femminile, in Unione femminile nazionale, III (1910), 2, cit. in Buttafuoco, 1988, p. 182).
Nel 1911 entrò a far parte del comitato direttivo della biblioteca fondata nel 1907 dall’Associazione per la donna. Nello stesso anno sposò con rito civile Alberto Ducceschi, dal quale si separò nel 1914.
Alcune sue lettere ad Ada mostrano il fermo proposito di interrompere una relazione opprimente, mentre il marito continuava a cercarla, costringendola a cambiare ripetutamente residenza: «una specie di persecuzione», scrisse alla sorella il 4 aprile 1914 (Istituto mantovano di storia contemporanea, Archivio Simonetta, disco 39, b. 25, f. 1).
Allo scoppio della prima guerra mondiale fu interprete dell’interventismo democratico e sostenne la legittimità di una guerra giusta e di difesa contro l’aggressività degli imperi centrali, in forte polemica con il neutralismo socialista e con il Vaticano. La sua fu una presa di posizione politica prima ancora che femminista, distinguendosi da chi nel movimento accentuava innanzitutto i contributi delle donne nell’organizzazione del fronte interno, che avrebbero dovuto portare al riconoscimento della piena cittadinanza. Fece parte della commissione esecutiva del Comitato nazionale femminile per l’intervento italiano e nel 1916 divenne direttrice del suo organo di stampa L’Unità d’Italia (1915-19), che ebbe tratti fortemente antitedeschi. Nei suoi interventi ribadì l’importanza di tenere aperto un confronto politicamente connotato, per esempio ritenendo giusto ospitare prese di posizioni neutraliste, ma rifiutando spazio al «neutralismo pacifista», a un umanitarismo vago e «antipolitico» che faceva «della missione femminile e materna un dogma cieco di protezione della vita umana» (Ancora sul convegno suffragista, in L’Unità d’Italia, 1° gennaio 1917). Fu favorevole, dissociandosi con ciò da Teresa Labriola, alla costituzione della Società delle Nazioni e aderì all’Unione socialista italiana, fondata nel 1918 da Alceste De Ambris, partito che coniugava il principio della lotta di classe a quello della patria-nazione.
Nel 1923 partecipò all’organizzazione del IX congresso dell’IWSA (International Women Suffrage Alliance), tenuto a Roma nel mese di maggio e inaugurato da Benito Mussolini con la promessa del suffragio amministrativo alle donne. Dopo il congresso, a segnalare un passaggio che coincise con l’affermazione del fascismo e la dispersione della tradizione suffragista, con Regina Teruzzi e Valeria Benetti Brunelli si ritirò dagli organi direttivi del Comitato nazionale donne italiane. Mantenendo un rapporto interlocutorio con il regime, si impegnò per la riforma del codice civile. Con Benetti Brunelli scrisse un memoriale dove si raccomandava l’innalzamento dell’età del consenso nei casi di seduzione, il rifiuto della regolamentazione di Stato della prostituzione, la riduzione delle disparità tra uomo e donna in caso di adulterio, la non penalizzazione dell’aborto dovuto a stupro.
Negli anni Venti ebbe contatti con Giorgio Quartara, intellettuale radicale, europeista e sostenitore della cancellazione di ogni disparità giuridica e di un rinnovamento totale nel rapporto tra i sessi. In seguito a una recensione critica del libro di Quartara sulle Leggi del libero amore (Torino 1930) apparsa sull’organo dell’IWSA, che lo accusava di anteporre la libertà sessuale a quella economica, prese posizione in difesa delle tesi di Quartara argomentando circa l’importanza di realizzare una giustizia concreta tra uomini e donne all’interno del matrimonio e ancora sostenendo la battaglia per il divorzio.
Morì a Torino il 13 febbraio 1931.
Fonti e Bibl.: Mantova, Istituto mantovano di storia contemporanea, Archivio della famiglia Sacchi di proprietà di Alberto Simonetta, riproduzione digitale, disco 39; Archivio della famiglia Sacchi di proprietà di Giacomo Cattaneo, riproduzione digitale, disco 10; necr., The International Women’s News (Jus Suffragii), 6 marzo 1931, p. 87.
F. Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892, Torino 1963, ad ind.; M. Bigaran, Progetti e dibattiti parlamentari sul suffragio femminile: da Peruzzi a Giolitti, in Rivista di storia contemporanea, XIV (1985), 1, pp. 50-82; Ead., Il voto alle donne in Italia dal 1912 al fascismo, ibid., XVI (1987), 2, pp. 240-265; A. Buttafuoco, Cronache femminili. Temi e momenti della stampa emancipazionista in Italia dall’Unità al Fascismo, Arezzo 1988, ad ind.; Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968, a cura di R. Farina, Milano 1995, ad vocem; M.T. Sega, Ada e B. S., le sorelle del suffragismo italiano, in La nazione dipinta. Storia di una famiglia tra Mazzini e Garibaldi, a cura di M. Bertolotti con la collaborazione di D. Sogliani, Milano 2007, pp. 57-65; Vivere la guerra: percorsi biografici e ruoli di genere tra Risorgimento e primo conflitto mondiale, a cura di L. Guidi, Napoli 2007, ad ind.; L. Passerini, Storie d’amore e d’Europa, Napoli-Roma 2008, p. 328; R. Romanelli, Circa l’ammissibilità delle donne al suffragio politico nell’Italia liberale. Le sentenze della magistratura nel 1905-1907, in Id., Importare la democrazia. Sulla costituzione liberale italiana, Soveria Mannelli 2009, pp. 161-176; Politica e amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915), a cura di E. Scaramuzza, Milano 2010, ad ind.; S. Moroni, Giovanni Zibordi. Biografia di un riformista intransigente, Milano 2012, pp. 37 s.; M.T. Sega, B. S., la suffragista italiana, in La repubblica, la scienza, l’uguaglianza. Una famiglia del Risorgimento tra mazzinianesimo ed emancipazionismo, a cura di C. Bertolotti, Milano 2012, pp. 79-94; E. Schiavon, Interventiste nella Grande Guerra. Assistenza, propaganda, lotta per i diritti a Milano e in Italia (1911-1919), Firenze 2015, pp. 4, 26 s., 237, 242, 295, 334 s., 340; S. Bartoloni, Donne di fronte alla guerra. Pace, diritti e democrazia (1878-1918), Bari-Roma 2017, pp. 117-119, 131-134, 140 s., 160, 167-170, 179, 199, 221 s.