Beau Geste
(USA 1939, bianco e nero, 114m); regia: William A. Wellman; produzione: William A. Wellman per Paramount; soggetto: dall'omonimo romanzo di Percival Christopher Wren; sceneggiatura: Robert Carson; fotografia: Theodor Sparkuhl, Archie Stout; montaggio: Thomas Scott; scenografia: Hans Dreier, Robert Odell; costumi: Edith Head; musica: Alfred Newman.
I fratelli Geste (Beau, John e Digby) si arruolano nella Legione Straniera dopo la scomparsa di un prezioso zaffiro di proprietà di Lady Brandon, la donna che li ha adottati da bambini. Ognuno di loro sospetta che il ladro sia uno dei fratelli. Il sergente Markoff e un delinquente di nome Rasinoff vengono a sapere del furto e vogliono impossessarsi dello zaffiro. A questo scopo Markoff adotta la tattica di separare i fratelli: invia Digby in missione insieme ad altri tre legionari e fa in modo che Beau e John vengano destinati a un avamposto, Fort Zinderneuf, dove è in corso una rivolta dei tuareg. Beau perde la vita durante l'assedio e John, con l'aiuto del fratello in punto di morte, uccide Markoff con un colpo di baionetta. Quando Digby arriva con i rinforzi scopre che i legionari di Fort Zinderneuf sono morti per mano degli assalitori. Digby celebra una cerimonia funebre vichinga per Beau e viene a sua volta ucciso da un tuareg. John ritorna infine in Inghilterra per restituire lo zaffiro a Lady Brandon e consegnarle una lettera in cui Beau spiega che, essendosi reso conto che la donna si trovava costretta a vendere la pietra preziosa per necessità di denaro, aveva deciso di sostituirla con un falso perché lo zaffiro autentico continuasse ad appartenere alla famiglia.
Beau Geste è certamente il titolo più celebre del genere 'coloniale', il film che il pubblico adulto di mezzo mondo associa alla grande avventura di stampo romanzesco. L'aura mitologica si estende al cast (il romanticismo taciturno di Gary Cooper, la 'crudeltà' di Brian Donlevy), all'omonimo romanzo di P.C. Wren e anche al regista del film, William A. Wellman, che in trentacinque anni di attività realizzò più di settanta film di vario genere, oscillando tra un verismo a volte quasi documentario e un lirismo molto personale, aperto ai toni tragici. Questa seconda versione di Beau Geste (la prima, interpretata da Ronald Colman e diretta da Herbert Brenon, risaliva al 1926; nel 1966 se ne realizzerà una terza che non merita di essere ricordata, e dieci anni più tardi una parodia a firma Marty Feldman) inizia in modo sorprendente per l'epoca: alcuni legionari scoprono un forte popolato unicamente da cadaveri (idea poi ripresa da Gordon Douglas in Chuka ‒ Vivere da vigliacchi e morire da eroi, 1967). L'audacia di questo incipit di durezza inusitata rispetto ai canoni del genere, con le sue immagini dense, oscure e violente quanto i palpiti dissonanti del migliore cinema noir, non ha perso efficacia negli anni, e apre la strada ad un'ancora impeccabile costruzione narrativa. È proprio il coraggio, anche stilistico, che ha permesso a Beau Geste di resistere alla prova del tempo e di trasformarsi in un grande classico. Dopo il fulminante inizio, un salto temporale all'indietro di quindici anni serve a spiegare gli antefatti della vicenda; tornati di nuovo al presente, l'azione prosegue mescolando alcuni elementi tanto dissimili (e apparentemente tanto restii alla commistione) quanto un funerale vichingo, la ribellione di tribù tuareg, la lotta dei legionari, la soluzione di un intrigo poliziesco, l'amore fraterno, l'arido paesaggio del deserto e un'aristocratica dimora inglese, con l'aggiunta di sostanziose riflessioni sull'ambizione, la crudeltà e l'eroismo.
L'elemento principale di cui Wellman si serve è la crudeltà, estesa al singolo episodio come all'insieme della vicenda, fino a determinare il tono narrativo del film. Descrivere i sogni fantastici di tre bambini di dodici anni, fratelli inseparabili anche nei giochi che emulano le gesta dei cavalieri della Tavola Rotonda, per poi far loro trovare, una volta adulti, una morte oscura in un'altrettanto fosca lotta coloniale, circondati da sadici, ladri e mercenari, dimostra fino a che punto l'idealismo e i sogni eroici non possano sopravvivere all'innocenza dell'infanzia. E Wellmann sa essere feroce: Digby Geste lancia una sbarra di ferro che gli permette di scalare la parete esterna del forte e questa rimane incastrata tra due parapetti dietro la testa di uno dei legionari morti; il sergente Markoff costringe a ridere le truppe assediate nel forte e le loro risate risuonano come lamenti di agonizzanti che fanno istericamente il verso alla propria morte... La brillante mise en scène riesce a superare le stesse intenzioni di P.C. Wren: con un soggetto del genere, Beau Geste avrebbe potuto essere un poema epico fatto di grandi sentimenti, grandi gesta eroiche e grandi amori che attendono; al contrario, Wellman ci mostra la differenza che intercorre fra la teoria e la pratica dell'idealismo cavalleresco, consegnandoci un capolavoro d'avventura in cui convivono sia la retorica abbagliante del genere che le sue ombre.
Interpreti e personaggi: Gary Cooper (Michael 'Beau' Geste), Ray Milland (John Geste), Robert Preston (Digby Geste), Brian Donlevy (sergente Markoff), J. Carrol Naish (Rasinoff), Susan Hayward (Isobel Rivers), Albert Dekker (Schwartz), Broderick Crawford (Hank Miller), Charles Barton (Buddy McMonigal), James Stephenson (maggiore Henri de Beaujolais), Heather Thatcher (Lady Patricia Brandon), James Burke (tenente Dufour), George P. Huntley (Augustus Brandon), Harold Huber (Voision), Donald O'Connor (Beau a dodici anni), Billy Cook (John a dodici anni), Martin Spellman (Digby a dodici anni), Ann Gillis (Isobel a dodici anni), David Holt (Augustus a dodici anni).
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