Bartók, Béla
L'incontro tra musica colta e canto popolare nel Novecento
Compositore, pianista, studioso di musica popolare e insegnante, l'ungherese Bartók è tra le figure più importanti della musica moderna. Il suo linguaggio di compositore si fonda su un originale rapporto tra la tradizione colta e i canti popolari contadini, che egli iniziò a raccogliere in Ungheria in un clima di valorizzazione del patrimonio culturale nazionale
Béla Bartók nacque a Nagyszentmiklós, un paesino della Transilvania ungherese, oggi Romania, il 25 marzo 1881. Iniziò giovanissimo a studiare pianoforte e terminò i suoi studi all'Accademia di musica di Budapest, mettendosi in luce soprattutto come pianista. A questo periodo risale il poema sinfonico Kossuth (1903), ispirato all'eroe nazionale ungherese Lajos Kossuth che aveva guidato i moti rivoluzionari del 1848 contro il governo asburgico. Anche Bartók condivideva le idee politiche nazionaliste e, in campo musicale, sentiva la necessità di un rinnovamento che liberasse l'Ungheria dal dominio culturale austro-tedesco.
Nel 1905 Bartók avviò le prime ricerche sulla musica popolare. La raccolta e lo studio dei canti contadini magiari furono una svolta nel suo cammino di compositore. Interessandosi alle strutture del canto popolare trovò una risposta alla crisi della tonalità iniziata alla fine dell'Ottocento, dopo che la tonalità (musica, grammatica della) era stata alla base della musica colta europea, per oltre due secoli, da circa metà del Seicento.
Nel canto contadino Bartók riconobbe anche le radici culturali nazionali da opporre ai modelli austriaco e tedesco; con i suoi studi, inoltre, diede un importante impulso allo sviluppo della disciplina che si occupa delle musiche di tradizione orale, cioè non scritte, l'etnomusicologia.
Nelle opere di questo periodo si può constatare come il compositore sappia appropriarsi in modo creativo di elementi del repertorio popolare, quali la modalità e il ritmo irregolare. Ne sono un esempio le quattordici Bagattelle per pianoforte op. 6 (1908) o la raccolta Per i bambini (1908-09), che offre 85 elaborazioni per pianoforte di canti popolari ungheresi e slovacchi.
Tra il 19° e il 20° secolo l'arte europea si interessò alle culture delle popolazioni primitive, che venivano riscoperte e apprezzate per la loro diversità. Anche nella musica di Bartók compaiono ritmi selvaggi e sonorità aggressive: l'Allegro barbaro (1911) per pianoforte o il concerto n. 2 per pianoforte e orchestra (1930-31) sono due noti esempi di questo primitivismo musicale bartokiano.
Un altro lavoro importante è la pantomima in un atto Il mandarino meraviglioso (1926), su un soggetto cupo che crea un'allucinata atmosfera espressionistica. In una malfamata periferia di città tre banditi spingono una ragazza ad attrarre uomini per derubarli. Un mandarino cinese, innamoratosi di lei, cade nel tranello ma resiste a tutte le successive torture della banda che lo vuole eliminare. I malviventi tentano di impiccarlo ma egli cade dalla forca. Solo quando la ragazza, impietosita, allontana i banditi e si unisce a lui, il mandarino muore.
Tra gli anni Venti e Trenta Bartók attenuò le sonorità aggressive e dissonanti tipiche della sua produzione precedente, influenzato dalla tendenza neoclassica prevalente in quel periodo nella musica europea. Il neoclassicismo proponeva un ritorno a uno stile più essenziale. Bartók non interpretò tuttavia il neoclassicismo come nostalgia del passato, ma come un'attenzione tutta moderna ai valori della forma, con un richiamo a Ludwig van Beethoven. La ricerca in questo campo è testimoniata dal quarto e dal quinto quartetto per archi (1928 e 1934). Notevole fu inoltre il suo contributo a una nuova didattica del pianoforte con la raccolta di 153 pezzi di difficoltà progressiva intitolata Mikrokosmos (1926-39).
Costretto all'esilio dall'invasione nazista dell'Ungheria, dal 1940 Bartók visse, in una situazione di isolamento umano e culturale, vicino a New York, dove morì il 26 settembre 1945. A questo periodo risalgono importanti opere assai rappresentative del suo ultimo stile, quali il concerto per orchestra (1943) e il concerto n. 3 per pianoforte e orchestra (1945).