BELBELLO da Pavia
Questo miniatore era in relazione con i Gonzaga già nel 1448, anno in cui per essi lavorava un messale. Nel 1451 il marchese Lodovico possedeva di lui un volume "molto bello e ornatissimo" che il re d'Aragona agognava di avere in regalo. Una decina d'anni più tardi Francesco Gonzaga spediva da Milano alla madre Barbara di Brandeburgo parte di un messale che Belbello aveva cominciato a miniare l'anno prima, e prometteva di mandare alla corte di Mantova l'artista perché terminasse il lavoro. Ma Barbara rispondeva di non inviare Belbello perché aveva deciso di far terminare il codice a "un zovene di questa terra el quale minia molto bene" e che avrebbe condotto l'opera in accordo col Mantegna. La critica recente è riuscita a ricostruire la fisionomia artistica di questo miniatore, che ci appare oggi come uno dei più notevoli della metà del sec. XV. Nei minî del messale del duomo di Mantova, e in una Bibbia della Biblioteca Vaticana (Barb. lat. 613), per tacere di opere minori, la decorazione è tanto grandiosa e squisita da varcare i limiti angusti della miniatura per raggiungere contrasti ed effetti pittorici del tutto nuovi.
Bibl.: P. Toesca, La pittura e la miniatura nella Lombardia, Milano 1912; G. Pacchioni, Belbello da Pavia e Gerolamo da Cremona miniatori, in L'Arte, XVIII (1915), pp. 241-343; P. D'Ancona, La miniature italienne, Parigi e Bruxelles 1925; P. Toesca, Studi e monumenti per la storia della miniatura italiana, I, Milano 1930, pp. 105-106.