BELGIO
(A. T., 44; fiamm. België; fr. Belgique).
Sommario. - Geografia: Nome ed estensione (p. 505); Geologia e morfologia (p. 505); Clima (p. 507); Idrografia (p. 507); Flora (p. 508); Suddivisioni naturali (p. 508); Dati sulla popolazione e cenni etnografici (p. 508); case e villaggi (p. 510); Circoscrizioni amministrative (p. 511); Condizioni economiche (p. 511); Comunicazioni (p. 514); Distribuzione della popolazione (p. 515). - Ordinamento dello stato: Costituzione ed amministrazione (p. 516); Organizzazione ecclesiastica (p. 517); Forze armate (p. 517); Finanze (p. 518). - Cultura: Organizzazione scolastica (p. 519); Istituti culturali (p. 519); Biblioteche (p. 520). - Storia: Le terre dell'odierno Belgio fino al sec. XVI (p. 520); Storia moderna del Belgio (p. 521); Il Belgio dalla rivoluzione (1830), in poi (p. 523). - Letteratura (p. 528). - Arti figurative (p. 530). - Musica (p. 535).
Geografia.
Nome ed estensione. - Il nome di Belgio attribuito ad una certa estensione territoriale si riscontra per la prima volta in Tacito nella forma Belgica, derivante dal nome dei Belgi, un ramo celtico abitante questa contrada prima della conquista romana. Non corrispondeva però allora il nome territoriale, e neppure corrisponde oggi (mentre è adoperato a designare un'unità politica), a una delle divisioni naturali che possono ravvisarsi nel disegno geografico dell'Europa. La porzione occidentale e settentrionale dello stato belga non è infatti che parte del gran bassopiano, che per tanta estensione si allarga dal Mare del Nord a E. verso il cuore dell'Europa centrale; la porzione rimanente è terra di mediocri elevazioni, che per la loro formazione geologica e per la giacitura e le forme orografiche non possono essere considerate separatamente dal complesso di elevazioni che occupa la parte settentrionale della Francia e si continua per tutto il mezzo della Germania. Ragioni storiche dunque e non ragioni geografiche hanno determinato quivi la formazione dello stato, che nel suo attuale assetto indipendente data soltanto dal 1830, modificato appena lievemente nei suoi confini nel 1918.
Si estende lo stato belga in forma approssimativamente ellittica limitato a O. dal Mare del Nord, a N. dall'Olanda, a E. dalla Repubblica Germanica e dal Granducato di Lussemburgo, a S. dalla Repubblica Francese. Punti estremi: long. 2° 32' 38'' e 6° 24' 28'' E., lat. 49°29' 52'' e 51°30' 20'' N. La lunghezza del confine politico è di km. 1444, dei quali 66 soltanto sono di mare: 449 di confine con l'Olanda, 161 con la Germania, 148 col Lussemburgo, 620 con la Francia; il confine a S. è a un dipresso quale fu raggiunto dalla Francia sotto Luigi XIV, a N. quale approssimativamente ottennero, uscendo vittoriose nel sec. XVI dalla guerra d'indipendenza, le Provincie Unite (divenute poi regno dei Paesi Bassi), ad E. quale fu fissato dai trattati del 1839 che crearono l'indipendema del Belgio, con le modificazioni recate dal trattato di Versailles nel 1919. Entro questi limiti, che possono solo in minima parte dirsi limiti naturali (la linea di confine con la Francia nel piano fiammingo taglia addirittura a casaccio serie intiere di abitati che si stendono ininterrotti da ambe le parti), la superficie del regno belga è di kmq. 30.444, appena un migliaio di kmq. più del nostro Piemonte (superficie d'anteguerra kmq. 29.452, essendosi poi aggiunti i due distretti di Eupen e Malmédy, prima appartenenti alla Germania).
Geologia e morfologia. - Il paese, come s'è accennato, digrada dalle mediocri elevazioni che occupano il SE. (altezza massima, il dosso Botrange, 692 m.) alle basse pianure alluvionali del NO.
Diverse geologicamente le due parti. Quella che possiamo dire la parte elevata (oltre i 100 m.) è formata di terreni i quali rientrano complessivamente nelle serie primaria e secondaria che sono così largamente rappresentate a partire dalla Francia settentrionale, fin nel cuore della Germania. Difatti il massiccio, che per la parte belga, come per quella francese immediatamente contigua, si suole chiamare massiccio delle Ardenne, non è altro che la continuazione occidentale del massiccio scistoso renano, ed è, come questo, il residuo in gran parte consunto d'un antico blocco di catene corrugate, nel quale sono rappresentate poco o molto quasi tutte le assise dell'età primaria, dal Silurico ai varî piani del Devonico e del Carbonico. Quest'ultimo in particolare s'inserisce in strisce sottili nei pendii settentrionali delle Ardenne scendenti verso la Sambre e la Mosa, poiché il calcare carbonico poggia, in basso, sugli scisti devonici e alla sua volta è dominato dalla formazione produttiva del carbon fossile coi due grandi giacimenti di Mons (Sambre) e di Liegi (Mosa). Sopra il Carbonico poi compaiono, ma soltanto nell'estremo SE. del paese belga, il Triassico e il Giurassico, mentre nella restante zona ardennese, rimasta a lungo emersa dopo il Carbonico, l'età secondaria è rappresentata soltanto dal Cretacico. A tali periodi dunque appartengono i terreni componenti la parte alta del Belgio (fin poco a N. della Mosa), i quali, avendo da lungo tempo perduto nelle forme esterne ogni traccia del corrugamento originario, si presentano superficialmente come una serie di vaste estensioni uniformi, appena variate da larghe depressioni lievemente accennate, dove spesso putriscono senza scolo le acque. Terre generalmente sterili e tristi, vestite di foreste o di monotone lande: particolarmente squallida la zona, tutta torbiere e stagni, delle Hautes Fagnes (prolungate nel Hohe Venn) a confine con la terra tedesca dell'Eifel. Soltanto l'ineguale resistenza delle rocce dà luogo qua e là superficialmente all'alternarsi di lunghe zone diversamente elevate o depresse; ma vera interruzione all'uniforme regolarità del paesaggio si ha soltanto negli avvallamenti profondi che i fiumi maggiori si sono scavati attraverso l'altipiano (la Mosa 87 m. d'alt. a Dinant, 55 a Liegi), avvallamenti che l'incontro dei calcari carbonici rende particolarmente accidentati e pittoreschi. Qua e là nei calcari (sia in questi del Carbonico, sia nei devonici medî) si sviluppa il fenomeno carsico: migliaia di chamoirs, di aiguigeois, di bétoires aprono i loro meati superficiali, mentre foibe e grotte di superba bellezza forano nel profondo la roccia.
Con aspetti diversi dalla monotona piattaforma ardennese si presenta auche la zona delle "coste" triassiche e giurassiche al confine del Lussemburgo (nella cosiddetta Lorena belga), assai più rotta e varia grazie alle frequenti alternanze delle arenarie calcari con le zone di marne e di sabbie.
A partire approssimativamente dalla linea isoipsa di m. 100 corrente a N. del gran solco Sambre-Mosa, la superficie dell'altipiano belga muta carattere declinando con lentissime ondulazioni collinose verso la zona delle bassure. Il mutato carattere dipende dal fatto che qui il suolo superficiale non è più formato dalle rocce antiche, che solo appaiono ancora allo scoperto in qualche incisione valliva, bensì su tutto il paese (Hesbaye, Brabante, Hainaut settentrionale) si distende una gran coltre uniforme di argille e di sabbie: argille terziarie passanti spesso a marne, ad arenarie, a macigno, sabbie quaternarie che, accumulate qui per azione eolica al finire della grande espansione glaciale, si presentano cementate in un limo fecondo. Questo limo (limon), sovrapposto alle altre assise, forma un terreno pesante e viscido dopo la pioggia, secco e crepacciato col tempo asciutto, di eccezionale valore agricolo, alternato a zone di boschi, là dove il terreno è meno propizio.
Ai piedi di questa zona collinosa, centro e cuore del paese belga, succede la zona delle bassure. Tale, a N., fra i corsi inferiori della Schelda e della Mosa, a trapasso fra il Belgio e l'Olanda, l'ingrata terra della Campine, un frammento della primitiva terrazza deltizia renana tutto alluvioni sabbiose e ghiaiose, disgraziatamente riposanti su un conglomerato ferrigno impermeabile. L'incapacità del terreno ad alimentare piante di radici profonde e ad assorbire le acque nel sottosuolo fa sì che il paesaggio sia per la massima parte di aride dune, di brughiere, di immobili acquitrini.
Pure nella zona delle bassure, ma ad occidente verso il mare, si stende il paese delle Fiandre, anch'esso tutto formato di alluvioni recenti e disteso in una pianura che, fatta eccezione per le superstiti collinette sabbiose da Cassel al Mont des Cats (m. 175), si presenta quant'è possibile piatta e livellata: suolo di sabbie anche questo, naturalmente sterile, ma ridotto a produttività dall'opera dell'uomo, che ha mescolato con le sabbie superficiali le sottogiacenti argille e le ha in ogni modo arricchite e fecondate.
Ultimo lembo del piano è finalmente la zona litorale, risultante dalle deiezioni fluviali, dai depositi delle torbe, dalle argille marine: instabile transizione fra terra e mare, sempre in via di avanzare ricacciando il mare, sempre in via di deprimersi offrendo adito alle incursioni marine. Fa da orlo estremo a questa zona la cintura naturalmente rilevata delle dune, alte a Coxyde fino a 30 m., larghe a Knocke fino a 1500, inframmezzate dalle piccole depressioni delle pannes umide e fitte d'arbusti. Dietro ad esse e protette da esse (le dune della costa belga sono un bastione ben più continuo che non siano quelle dell'Olanda) s'incavano le bassure inferiori al livello delle alte maree, che solo per opera assidua dell'uomo si sono venute liberando dal diffuso stagnare delle acque.
Clima. - Come si differenziano col discendere dalle più interne ed elevate parti del paese sino al mare i caratteri geognostici e le forme superficiali, così si differenziano, benché su piccola scala, le caratteristiche del clima. Tutto il Belgio in verità partecipa, al pari degli altri paesi dell'Europa occidentale, dei caratteri del clima oceanico (resi ancor più sensibili dallo spiccatissimo predominio dei venti marini di SO. e O.): moderata variazione stagionale delle temperature, copiosa umidità, frequenti piogge e burrasche, cielo quasi sempre avvolto di veli leggieri o di brume; ma vi sono tra parte e parte del paese differenze notevoli in rapporto alle diverse altitudini e alla minore o maggiore distanza dal mare. Si confrontino, ad es., le medie minime del gennaio e le medie massime del luglio per tre località: Ostenda sul Mare del Nord (7 m.) -0,9, +20,7, Uccle (Bruxelles, 100 m.) −0,8, 22,4, Carlsbourg (Ardenne, 396 m.) -2,9, +21. Ancora da una lunga serie di medie risulta ad Ostenda primo giorno di gelo il 16 novembre, ultimo il 23 marzo, a Bruxelles rispettivamente il 10 novembre e il 4 aprile, a Bastogne (Ardenne, 503 m.) il 5 ottobre e l'11 maggio. A Eastogne, nelle Hautes Fagnes, i giorni di gelo sono 145 in media ogni anno, e il freddo è in tutta la contrada reso più penoso dal lungo durare delle nevi e dalla violenza dei venti. Quanto alle precipitazioni, la quantità media lungo il litorale si ragguaglia a poco più di 800 mm., nelle pianure interne da 700 a 800, poi, accentuandosi il rilievo, oltre Mosa, con rapida progressione da 800 a 1000, infine sulle massime alture delle Ardenne intorno a 1500. Il numero medio dei giorni piovosi per l'insieme del paese è 198. La piovosità è copiosa in ogni mese; stagione di massima piovosità l'autunno, ma con un già sensibile pronunziarsi di massime estive; difatti i mesi più copiosi di pioggia sono ottobre e agosto.
In relazione a queste caratteristiche del clima è da rilevare come nella zona coltivata litoranea non si possa generalmente mietere, a causa dei moderati calori, avanti il 15 agosto, laddove nell'interna pianura fiamminga il caldo già sensibile permette la mietitura dieci giorni prima; d'altra parte, per la più favorevole temperie invernale, la pianura litorale offre miglior albergo che non i paesi interni alle piante che più temono il freddo e che meno potrebbero resistere alle gelate prolungate in piena primavera.
Idrografia. - Le acque irriganti il Belgio si raccolgono tutte nei due bacini della Schelda e della Mosa, oltre che nel piccolo bacino litoraneo dell'Yser. Nessuno però di questi tre fiumi ha il suo corso per intero nel Belgio: l'Yser corre nel paese per 50 km. su 73, la Schelda per 233 su 430, la Mosa per 183 su 925, tutti e tre con l'alto corso in Francia, e Schelda e Mosa col più basso corso in Olanda. Così questi fiumi come gli afluenti loro hanno certi caratteri comuni riflettenti le comuni condizioni climatiche; derivano cioè il loro alimento in massima parte dalle piogge, larghe del loro tributo in ogni stagione dell'anno; sono quindi fiumi a regime regolare, salvo che questa regolarità non sia turbata da peculiari condizioni dei terreni del bacino.
Fiume regolarissimo l'Yser, assai breve ma scorrente con ricche acque in piatta pianura, quindi facilmente incanalato, insieme coi piccoli affluenti, fino alla foce. Deve le ricche acque, oltre che alle molte precipitazioni, all'impermeabilità del piano argilloso.
Fiume in complesso regolare anche la Schelda (fr. Escaut), che però, dato il suo corso su suolo impermeabile e la lentezza del deflusso causata dalla scarsissima pendenza, può talora per un'eccezionale caduta di piogge aumentare pericolosamente il proprio volume. Benché francese per un quarto del corso e olandese in tutta la parte inferiore, la Schelda è veramente il fiume belga per eccellenza, drenando essa con le sue acque, interamente incanalate, e con quelle dei suoi affluenti, tutta la parte centrale - quasi metà - dell'intero paese. Dal Lys, che rappresenta l'affluente più occidentale, alla Demer e alla Nethe, che rappresentano riunite insieme nella Rupel i tributarî più orientali, è tutto un ventaglio di riviere che, convergendo insieme da ogni parte del Belgio in un sol punto, 13 km. a S. di Anversa, si uniscono nella Schelda inferiore. Tutti gli affluenti poi partecipano del privilegio della Schelda stessa di essere risaliti e vivificati dal flusso marino, diventando così almeno per qualche ora ogni giorno vive arterie marittime: sulla Schelda il flusso si risente fino a Gand, 92 km. a monte di Anversa, a 172 km. dalla foce marina.
La Mosa (fr. Meuse, fiamm. Maas), scorrente in Belgio per solo una quinta parte del proprio corso, ha qui anch'essa pendenza da fiume di pianura, benché il suo cammino, lungi dallo svolgersi in un piano aperto come quello della Schelda, s'apra in un avvallamento profondo tra alte pareti rupestri. La scarsa pendenza ha permesso l'incanalamento del fiume, reso con ciò ben navigabile a barconi e piroscafi per tutto il percorso belga; ma il tratto che segue a valle in territorio olandese non essendo sistemato, ne risulta limitato d'assai il valore del fiume nella parte incanalata. Il regime soffre di brusche e frequenti irregolarità, e specialmente pericolose sono le improvvise piene estive, quando insieme col fiume principale siano gonfî gli affluenti ardennesi, scorrenti con acque torrentizie su terre in gran parte impermeabili. Soli si comportano con regolarità gli affluenti alimentati dai calcari del Devonico e del Carbonico, tra i quali è particolarmente notevole per il suo regime carsico la Lesse. Sono le acque copiose nascoste nelle viscere di questi calcari che dànno le provvide linfe potabili a non poche città del Brabante e delle Fiandre. Maggiori affluenti che non la Lesse sono la Sambre, originaria dal territorio francese e confluente con corso navigabile a Namur, e l'Ourthe, pur navigabile, scendente dalle Ardenne e confluente a Liegi, anch'essi con letti profondamente avvallati nelle assise rocciose dell'altipiano. Il gran solco rettilineo diretto da O. a E., costituito dal prolungamento unico Sambre-Mosa, spicca come uno dei lineamenti maestri del paese belga, via nettissimamente incisa e arteria pulsante d'industrie, in diretta prosecuzione del solco francese dell'Oise-Senna.
Flora. - Ben pochi tratti sono rimasti alla vegetazione spontanea nel Belgio che è un paese così densamente popolato, e nel quale la plastica del terreno, piatto ed uniforme, tranne che nelle Ardenne, è stata quanto mai favorevole alla valorizzazione agraria, resa possibile dalla sistemazione idraulica dei fiumi che lo percorrono. Non più, dunque, le fitte foreste e le vaste paludi dei tempi in cui Cesare conduceva colà le sue legioni, ma quelle abbattute o sostituite da boschi che nulla hanno di naturale, e queste prosciugate e trasformate in campi ubertosi ed estese praterie. Si aggiunga l'emersione dei distretti litoranei, geologicamente recente, e la distruzione dell'antica flora ardennica durante il periodo glaciale: tutto ciò, insieme con l'influenza esercitata dall'uomo, spiega la povertà ed uniformità della vegetazione spontanea nel Belgio, la quale si ricollega a quella del sud-ovest della Francia e si continua nella zona baltica. Una sola specie è endemica, il Bromus arduennensis Dum., poiché altre descritte dai botanici del paese, come ad esso speciali, non sono che forme di adattamento, non ereditarie, di tipi ubiquitarî.
La flora dei distretti litoranei risulta però indubbiamente abbastanza ricca e varia; essa trovò un geniale e originale investigatore in Giovanni Massart. Comprende le psammofite della spiaggia, viventi nelle dune mobili impennacchiate dall'Ammophila arenaria e nelle dune fissate, nelle quali, come nelle pannes, depressioni intercedenti fra i monticoli di sabbia, ci sono grandi distese di due arbusti - il Salix repens e l'Hippophaë rhamnoides -; sono pure discretamente rappresentate le piante dei terreni umidi e salati, le slikkes e le schorres, sotto la dipendenza della marea allo sbocco dei fiumi (Atropis maritima, Glaux maritima, Plantago maritima, Artemisia maritima, Asier tripolium), le piante lacustri e palustri insediate lungo le alluvioni fluviali, negli stagni e nelle paludi dei polders argillosi, che sono quelle porzioni delle alluvioni marine e fluviali difese contro le maree da dighe artificiali. Piante le quali sono le stesse e dànno luogo alle identiche consociazioni dei litorali sabbiosi e degli apparati lagunari del resto dell'Europa. Nel resto del paese, oltre le limitate zone boschive e le praterie ora secche, ora umide, ora acide, il consorzio più esteso dal limite delle dune all'interno è la landa o brughiera a Calluna vulgaris; dove il suolo diventa umido, vi si sostituiscono numerosi sfagni e un'altra Ericacea sociale, l'Erica tetralix; dove esso si avvia a diventare palude gli sfagni prendono il predominio e vi si associa la Myrica gale. Le stazioni palustri e gli sfagneti hanno intrattenuto numerose specie nordiche o montanine che le glaciazioni hanno sospinto sino nei distretti litoranei (Parnassia, Drosera, Vaccinium, Andromeda, Narthecium, ecc.), ma naturalmente il carattere boreale si accentua, nonostante la debole elevazione, nelle Ardenne: in esse vegetano Lycopodium alpinum, Corallorrhyza innata, Vaccinium uliginosum, Trientalis europaea, Empetrum nigrum, Arnica montana, et:c. Quivi pure, e in quello che fu chiamato distretto calcareo, ma che ha svariata costituzione litologica, si annidano specie rupicole ora di terreni calcarei, ora di suoli silicei, e specie termofile che rappresentano un'irradiazione da distretti francesi. Ulteriori notizie si trovano nelle due poderose opere, alle quali si rimanda, che G. Massart ha dedicato all'illustrazione della flora belga ed all'ecologia delle sue associazioni, e cioè: Essai de géogr. bot. des districts littoraux et alluviaux de la Belgique, in Rec. Inst. bot. L. Errera, VII (1908); Esquisse de la géogr. bot. de la Belgique, ibid., suppl. VII bis, 1910.
Per le piante alimentari di più estesa coltura v. più sotto. Le essenze forestali adoperate per il rimboschimento sono il faggio, il pino di Scozia, l'abete rosso, il larice, la farnia e la rovere, il castagno, il nocciolo, ecc. A. Bé.
Suddivisioni naturali. - L'uso secolare consacra, indipendentemente dalle odierne divisioni amministrative, una divisione del Belgio in regioni, alcune delle quali si distinguono veramente per certi caratteri naturali, altre invece hanno la sola ragion d'essere tradizionale in antiche partizioni politiche da gran tempo scomparse. Tra queste divisioni si registra anzitutto la regione dell'Ardenne, non corrispondente nei suoi limiti ad alcun confine politico o amministrativo, anzi variamente intesa nell'uso stesso degli abitanti, estesa in ogni modo a O. anche oltre le frontiere dello stato belga: è l'alta regione arida dei terreni antichi, cinta all'ingiro, come già si è detto, dagli assai più varî affioramenti delle rocce calcaree. A S. delle Ardenne è il piccolo paese della Lorena belga o basso Lussemburgo, chiuso a cuneo tra le frontiere della Francia e del Lussemburgo, nettamente distinto dalle Ardenne per la minore altitudine (media 300 m.), per l'esposizione e il clima più favorevoli, per le varie e pittoresche forme dovute all'alternare dei calcari e delle marne giurassiche. A N. delle Ardenne si distende quasi in lunga striscia il Condroz, contrada di passaggio tra le Ardenne e il solco profondo della Mosa, più bassa (200 m. in media) dell'altipiano ardennese, rotta da valli e valloni frequenti, non molto fertile e ancora asprigna e fredda, -ma varia e pittoresca soprattutto per la frequente inframettenza dei calcari; del Condroz sono prolungamento, a NE. il Pays de Herve tra Mosa, Vesdre e la frontiera, dolce paese tutto praterie e verzieri, a SO. l'Entre-Sambreet-Meuse, che introduce al Hainaut. Il paese attraversato dalla Sambre è appunto il Hainaut, esteso anche oltre frontiera ad un lembo di paese francese: nella parte meridionale tocca ancora le Ardenne con l'ingrata zona delle Fagnes, mentre nella parte fra Sambre e Schelda, più bassa e unita, è paese tra i più vivaci del Belgio per la riunione delle ricchezze agricole con quelle minerarie e industriali. A NE. del Hainaut (a E. del Brabante, a O. di Liegi), tra la Mosa e la Demer, si distende in molli ondulazioni ad altitudini che arrivano ancora a 200 m. la fecondissima terra agricola risultante dal grasso limo giallastro, spesso fino a 20 m., della Hesbaye. A O. della Hesbaye e limitato a E. dalla Geete e a O. dalla Dendre (Dender) è il Brabante, contrada centrale del Belgio, basso e piatto nella parte settentrionale corsa dalla grondaia trasversale della Demer-Rupel, più alto e mosso a S. e qua e là accentuatamente inciso dai solchi fluviali paralleli della Dendre, della Senne, della Dyle, tutti affluenti alla stessa grondaia. Con carattere nettamente spiccato si distende a N. della Demer, trapassando al vicino territorio olandese, l'ingrata Campine, un lembo relativamente elevato di pianura terrazzata, resto, come abbiamo già detto, di un deposito deltizio prequaternario di Mosa e Reno. Fiandra è finalmente il paese tutto fra la Dendre e il mare, esteso anche ad O. fin dentro ai confini francesi: fertilissima terra per natura e per arte umana, dai terreni lungo la Schelda alle bassure dei polders, che, protetti dalle dighe, traversati da strade rialzate, nudi d'alberi, s'avvallano dietro alla linea delle dune costiere. Quella parte della Fiandra finalmente che si estende a valle di Gand fra la sponda sinistra della Schelda e il confine olandese è il cosiddetto Pays de Waes.
Dati sulla popolazione e cenni etnografici. - La popolazione totale del Belgio, calcolata alla fine del 1927 in 7.932.000 ab., ammontava al 31 dicembre 1920 (ultimo censimento) a 7.405.569 ab. sull'area di anteguerra di 29.452 kmq., a 7.465.782 sull'area di dopoguerra di 30.444 kmq. Se si risalga indietro di poco meno che un secolo, si trova al 31 dicembre 1831, appena costituito il regno sulla stessa area durata poi fino alla guerra mondiale, un totale di 3.785.814 ab.: il che vuol dire nei 90 anni un aumento della popolazione del 96 per cento (e sarebbe stato senza la guerra oltre il 100 per 100). Tale rapidità di aumento (che in certi periodi assume proporzioni eccezionali, come nell'intervallo 1900-1916 in cui la popolazione crebbe del 10,9 per cento) deriva principalmente dall'eccesso delle nascite sulle morti, che è in media di circa 1 per cento all'anno. Nei tempi recenti però la progrediente tendenza alla diminuzione della natalità avrebbe portato come conseguenza a un rallentamento nel modulo d'aumento della popolazione, se parallelamente alla natalità non fosse diminuita anche la mortalità: dal 1831 al 1926, infatti, il quoziente dei decessi è sceso da 2,5 a 1,3 per 100; quello delle nascite da 3,2 a 1,9. Notevole l7erò il diverso comportarsi della parte fiamminga del paese in confronto di quella vallone, risultando dalla metà del secolo scorso, e soprattutto dal 1870, costantemente più alto in quella che non in questa il quoziente di natalità e maggiore l'eccedenza delle nascite sulle morti.
Dal punto di vista etnico la popolazione belga rivela ancor oggi nettamente due diverse origini, le quali, benché più di un millennio sia trascorso dacché le due stirpi coabitano frammiste o contigue, legate anche, in tempi recenti, da un comune destino politico, si appalesano nel diverso linguaggio come nella diversità dei caratteri fisici e morali. I Belgi infatti, che, estrema avanguardia settentrionale dei Celti, occupavano in numero scarso quest'ultimo termine delle terre abitate di contro all'Oceano e all'anfibio delta renano, dovettero sul finire dell'età antica far luogo sul loro territorio - già profondamente romanizzato - a grossi gruppi di Franchi Salî, che l'onda delle invasioni spingeva dalle medie rive del Reno fino all'estremo bassopiano della Mosa e della Schelda. Ai nuovi venuti resistettero, difesi in buona parte da una protettrice cortina di foreste, i vecchi abitatori, salvando, grazie anche all'immediata contiguità con la Francia, l'appreso linguaggio latino; mentre dal canto loro i venuti dal Reno mantenevano nella nuova patria di poco mutato l'idioma germanico originario. Per questo il Eelgio è spartito anche oggi linguisticamente in due territorî, divisi l'uno dall'altro mediante una linea abbastanza regolare, quasi invariata da secoli, che corre da E. ad O. partendo dalla Mosa poco a valle di Liegi, passando a S. di Bruxelles e raggiungendo lungo l'alto corso della Lys il territorio francese: parlante fiammingo (un dialetto germanico, plattdeutsch, non distinto dall'olandese se non per differenze dialettali) è il territorio posto a N. della linea divisoria, parlante vallone (un dialetto francese continuazione della parlata di Picardia) il territorio posto a S. Per superficie i due territorî può dirsi si agguaglino, risultando di alcun poco maggiore l'area vallone; per il numero sono invece inferiori, benché di poco, i valloni, nella cui zona sono per l'appunto compresi i territorî montani di popolazione più rada.
Precisando i dati (esclusi gl'infanti), il censimento del 1920 registrava parlanti il solo francese ab. 2.855.835 e bilingui preferenti il francese 407.334; parlanti il solo fiammingo 3.187.073 e bilingui preferenti il fiammingo 609.636: il che vuol dire insomma il 46 per cento di valloni, il 53,4 per cento di fiamminghi. Oltre di che è pur da ricordare la piccolissima minoranza tedesca, cioè i 41.543 belgi parlanti il solo tedesco (o preferibilmente il tedesco), cittadini in grandissima parte della provincia di Liegi o del Lussemburgo belga, i quali, anche se si aggiungano a loro i 45.000 pur tedeschi del cantone di Eupen annesso dopo la guerra, arrivano a formare poco più dell'uno per cento della popolazione dello stato.
Oltre che nella parlata, del resto, la diversità tra le due stirpi dominanti si manifesta anche, fino a un certo punto, nel tipo fisico e nel morale. Tra i fiamminghi infatti - almeno fra quelli della Fiandra marittima - prevalgono gl'individui di testa allungata, alti e massicci, biondi, chiari di carnagione, taciturni, lenti e duri lavoratori; tra i valloni prevalgono tipi più bassi e tarchiati, di testa rotonda, bruni di capelli e di colorito e, quanto al carattere, più mobili, più leggieri, più pronti di spirito e di parola. Differenze che non tendono in alcun modo ad abolirsi, ché in complesso anche le alleanze di sangue fra le due stirpi non sono frequenti.
Non è da dire poi, che l'una o l'altra stirpe prevalga nella cultura, nell'attività economica, nel governo della pubblica cosa. La lingua di Francia ha sì da lunga data il primato come lingua della cultura, essendosi essa diffusa come strumento di un'intelligente e raffinata civiltà anche tra i Fiamminghi fin dal sec. XIII, e dominando pur oggi, mediante le lettere, i giornali, i teatri, in ogni manifestazione culturale; ma il sentimento nazionale fiammingo, forte del numero e delle antiche gloriose tradizioni regionali, ha ripreso vigore negli ultimi decennî, e il cosiddetto "mouvement flamingant" ha ottenuto l'abolizione delle disposizioni che facevano lingua ufficiale unica il francese nello stato, nelle leggi, nella giustizia, nell'esercito, ha riconquistato per intero le scuole nelle provincie fiamminghe, ha voluto un'università fiamminga a Gand, ha ottenuto che le leggi riconoscessero piena parità alle due lingue (quindi bilingue la moneta, bilingui i francobolli, bilingui i nomi delle strade, ecc.), ha fatto sì che, intero dominio rimanendo negli uffici pubblici al francese in territorio vallone, intero dominio fosse pure riconosciuto al fiammingo in terra fiamminga. La capitale, quasi a compendiare in sé stessa questo stato di cose, è sì città fiamminga sorta in territorio fiammingo, ma ha a S. appena fuori delle sue porte le terre vallone e, pur conservando intatto sia nell'aspetto esterno sia nella fisionomia spirituale della città vecchia il nocciolo paesano, è in verità soprattutto francese per il resto che a quel nocciolo si è venuto aggiungendo da secoli, tanto da poter essere vantata quasi una minore Parigi.
Comunque importa rilevare che il dualismo di stirpe, così sensibile in tutta la vita dello stato belga, non toglie che la popolazione nel suo insieme possa dirsi composta oggi in una sicura unità nazionale, che non sembra poter essere spezzata da alcuna contingenza politica. Infatti l'unione fra Valloni e Fiamminghi, formatasi già nel sec. XV, poi mantenutasi, fuor della volontà dei popoli stessi, sotto i dominî stranieri della Spagna, dell'Austria, della Francia rivoluzionaria, può dirsi consolidata definitivamente ormai da cento anni, grazie a un'indipendenza statale che Valloni e Fiamminghi hanno ben mostrato di volere e saper difendere insieme ad ogni costo. Né si diminuisce il valore di questo fatto, riconoscendo che l'unione e l'indipendenza furono rese a tutti i Belgi più care, grazie allo splendido fiorire economico, la cui radice prima risiede appunto nella reciproca comunione di risorse della Vallonia mineraria e della Fiandra agricola e nel connubio, così vantaggioso alle sorti della piccola nazione, delle doti di energia e di solidità, di vivacità e di tenacia dei due elementi etnici affratellati. Di fronte tuttavia a talune perduranti vivacità o asprezze di manifestazioni, è pur d'uopo constatare che Valloni e Fiamminghi non sembrano ancora aver trovato il giusto equilibrio reciproco in questa loro convivenza in un medesimo stato.
Contribuì certamente a creare la situazione attuale la fede religiosa che, mentre unì insieme le due stirpi in una comune resistenza alla riforma (sec. XVI-XVII), impedì ai Fiamminghi del Belgio cattolico di stringersi insieme coi Fiamminghi d'Olanda, passati al protestantesimo; anzi staccò del tutto le sorti politiche e nazionali degli uni da quelle degli altri. Così il Belgio è durato e dura tuttora compattamente cattolico, non contandosi in esso altre minoranze religiose se non da 20 a 30.000 protestanti, e forse 3000 ebrei. Suprema autorità cattolica l'arcivescovo di Malines (Mechelen), sedi vescovili Bruges, Gand, Tournai, Liegi, Namur.
Case e villaggi. - Nel Belgio non vi sono, propriamente parlando, tipi di case esclusivamente fiamminghe o vallone. La piccola casa agricola, come la grande fattoria delle Fiandre e della Vallonia, si collegano a tipi di case che s'incontrano nei paesi vicini. Tuttavia alcune forme d'abitazione sono confinate nelle provincie del N., mentre altre sono proprie delle regioni del S.
Quello che colpisce di più il viaggiatore straniero che visita il Belgio è la straordinaria densità di abitazioni nelle campagne. A S. del parallelo Bruxelles-Lovanio le case sono raggruppate, e i villaggi si seguono a tre o quattro km. appena di distanza. Ma nelle pianure del N. il fatto è ancora più rilevante. Fino al sec. XIX la piccola industria domestica, industria tessile nelle provincie fiamminghe, lavorazione del legno e del ferro nelle contrade vallone, faceva vivere una numerosa popolazione semi-agricola e semi-industriale. Oggi l'esodo giornaliero degli operai verso i centri industriali su una rete ferroviaria molto fitta ha contribuito notevolmente a mantenere nelle campagne un forte contingente di operai che non hanno più alcun vincolo con la terra. L'attività agricola è tuttavia nel Belgio ancora importantissima. Sui polders (terreni bonificati) e sul tavoliere argilloso del Belgio medio sono molto frequenti grandi fattorie. La fattoria dei polders è un'azienda che comprende fino a 7 e 8 edifici separati gli uni dagli altri, raggruppati intorno a una corte spaziosa, selciata, avvallata nel mezzo per il concime. L'insieme degli edifici è generalmente circondato da un fossato pieno d'acqua, che in tempi torbidi era un mezzo di difesa molto diffuso nei paesi di pianura. In faccia all'entrata della fattoria, chiusa spesso da una porta monumentale che attraversa il fossato, si trova l'abitazione, dall'aspetto attraente per la fresca e ridente bianchezza dei suoi muri, i colori gai delle tegole rosse e il verde delle porte e delle intelaiature delle finestre. Un tetto a gradini, a tre sezioni, che termina su frontoni pure a gradini, conferisce all'edificio molta originalità. Intorno all'abitazione si seguono senz'ordine alcuno le stalle, il granaio, il forno, la rimessa, ecc. Anche il granaio, sormontato da un enorme tetto piramidale ricoperto di paglia, è una caratteristica delle fattorie della pianura costiera. Un altro tipo di fattoria molto comune nell'interno delle Fiandre è la hofstede, composta di tre edifici distinti: al centro l'abitazione e perpendicolarmente ad essa da una parte la stalla, dall'altra il granaio.
Molte delle fattorie delle Fiandre, distrutte durante la guerra, sono state ricostruite secondo il loro piano primitivo, alcune migliorate e soprattutto adattate ad un concetto più moderno dell'industria agricola, basato sull'applicazione delle macchine e dell'elettricità nei lavori agrarî. Sui terreni argillosi del Brabante, della Hesbaye e del Condroz la grande fattoria a forma di quadrilatero chiuso è di tipo comune e viene chiamata nel paese cense wallonne, per quanto essa non sia speciale della Vallonia. Si trova anche in tutti i paesi vicini: in Francia, in Olanda, in Germania. Queste costruzioni dai muri spessi senza finestre interne, dalle pesanti porte solidamente serrate, hanno tutto l'aspetto di fortezze. Ed è appunto a scopo difensivo che nelle epoche inquiete dei secoli XVI e XVII molte grandi fattorie si sono come ripiegate su sé stesse, concentrando la loro attività in un cortile interno in modo da poter togliere con il di fuori tutte le comunicazioni.
Sebbene non manchino le grandi aziende, il Belgio è soprattutto un paese di piccola coltura; le fattorie di dimensioni modeste sono sparse uniformemente e differiscono da una località all'altra per le loro forme caratteristiche e per la varietà dei materiali, che dànno loro un'espressiva fisionomia regionale.
Nel NE. della zona fiamminga, nella Campine, gli edifici sono disposti nel senso della lunghezza: l'abitazione, la stalla e il granaio si seguono sulla facciata sotto un tetto unico. Fino ad una cinquantina di anni fa la casa della Campine era un vero prodotto della terra: costruita in terra battuta ricoperta da uno spesso tetto di paglia che scendeva fino ad un metro dal suolo. Bassa, allungata con le sue tre parti di seguito, essa è riparata dietro una cortina di betulle con la facciata rivolta verso gli orizzonti soleggiati del S e del SE. Una porta bassa e piccole finestre munite d'imposte denotano l'abitazione. Un'altra porta più piccola dà accesso alla stalla nella quale si entra pure dall'interno della casa; la porta del granaio prende tutta l'altezza della facciata e qualche volta oltrepassa anche la gronda rialzando in corrispondenza il tetto a centina. Due abbaini appena visibili sotto la paglia dànno luce al granaio.
Il villaggio delle Ardenne e la casa isolata degli altipiani hanno aspetto meno ridente, più adattato ai rigori di un clima eccessivo. Le parti dell'abitazione si distendono in profondità dando alla casa la forma quadrata: essa appare come schiacciata sotto il massiccio tetto di lastre di pietra. Il sottosuolo fornisce tutti i materiali da costruzione: arenaria, calcare, quarzo-fillite per i muri, scisti per il tetto. Con il suo colore della tonalità della terra, il villaggio ardennese si confonde attraverso la nebbia con il suolo stesso, del quale non sembra che una protuberanza. Esso si ripara dai rigori del clima dietro un baluardo di colline, nelle leggiere depressioni del suolo o al piede dei versanti in vallate poco incavate. Sull'altipiano, dove il vento soffia a volte con impeto, ogni casa è protetta da una cortina di alberi che a volte la contornano completamente, lasciando un'apertura ad arco per il passaggio degli uomini e dei carri.
Ma tutti questi simpatici caratteri regionali spariscono innanzi all'invasione vittoriosa dei materiali industriali, e la simpatia dei contadini per i prodotti urbani avrà ben presto distrutta l'attrattiva che secoli d'eredità avevano dato ai centri rurali.
Circoscrizioni amministrative. - L'attuale divisione amministrativa del Belgio (v. oltre) è in nove provincie: tutte fiamminghe la provincia di Anversa, cap. Anversa (Antwerpen), la Fiandra Occidentale, cap. Bruges (Brugge), la Fiandra Orientale, cap. Gand (Gent), il Limburgo, cap. Hasselt; tutte vallone le provincie di Hainaut (cap. Mons), di Liegi (cap. Liegi), di Namur (cap. Namur), di Lussemburgo (quest'ultima con l'estremo angolo a SE. tedesco, cap. Arlon); a cavaliere del confine linguistico la centrale provincia del Brabante, nella quale appunto, e più nella capitale, si mescolano i due elementi che dappertutto altrove sono così nettamente partiti. La divisione delle provincie attuali non è del resto in alcun modo, tranne che per la provincia d'Anversa, un artificio amministrativo escogitato dallo stato belga; bensì essa mantiene quasi invariate le vecchie divisioni storiche risalenti al Medioevo, la contea di Fiandra, il ducato di Brabante, la contea di Hainaut, la contea di Namur, il principato ecclesiastico di Liegi, la contea di Lussemburgo, il ducato di Limburgo. E non soltanto le divisioni e i nomi si mantengono così, ma anche si mantengono vivi con radici profonde nella vita delle singole provincie caratteri e tradizioni peculiari di assai vecchia data e diritti e autonomie, che ognuna di codeste antiche unità conserva gelosamente di fronte allo stato.
Condizioni economiche. - Il benessere economico, che è fattore di tanta importanza nell'assicurare la compagine morale e materiale dello stato belga, ha la sua radice principale nei tesori del suolo agricolo e minerario. Non già che alle condizioni complessivamente favorevoli del clima e all'abbondanza e alla felice distribuzione delle acque corrisponda altrettanto favore del terreno, potendosi dire che non più d'un terzo del paese è costituito di terre buone; ma anche nelle plaghe meno propizie l'opera umana è riuscita a correggere in modo ammirevole il disfavore della natura. Sullo stesso suolo delle Ardenne, dove quarziti, filladi, arenarie e scisti poveri di calcare si coprono appena d'un velo di sottile terriccio, e dove l'originaria estensione forestale di querce e di faggi non s'è diradata che per cedere il luogo a magre pasture e a scarse coltivazioni di segala, avena e patate, si vede oggi l'agricoltura procedere a rapide conquiste, grazie al largo impiego delle materie fertilizzanti e al conseguente sviluppo delle colture foraggere. Lo stesso suolo della Campine, ingrato sopra tutti, si copre oggi di estesissime piantate di pini, s'irriga e si converte in pascoli lungo gli orli vallivi, si trasforma in prati artificiali e terre arabili a forza d'ingrassi forniti dai detriti delle grandi città. La Fiandra, dal canto suo, originariamente del tutto sterile, è divenuta un vero fiorente giardino, grazie alla dura arte dell'agricoltore, che ha saputo meravigliosamente correggere l'ingrato terreno superficiale. Il suolo finalmente della zona litorale, posto nella parte più bassa al disotto del livello dell'alta marea, soggetto ai ristagni delle acque piovane e delle fluviali straripate, è diventato anch'esso terra di campi e di pascoli ammirabili, grazie all'opera secolare che ha sostituito per 100.000 ettari i polders alle paludi e li ha mantenuti liberi da ogni ritorno delle acque.
Nel Belgio tutto intero il terreno produttivo, tra boschi, terre a coltura e terre incolte, ascendeva nel 1910 a kmq. 25.842, equivalenti a (l'87,7% della superficie dello stato: di cui kmq. 19.565 (66,4%) terre coltivate, 5198 (17,6%) foreste, 1080 incolti (3,7%). Nei terreni a coltura ha grandissima prevalenza la coltura intensiva, essendo riuscita la popolazione belga a render produttiva la propria terra tanto da non aver quasi altra che l'agguagli: la Fiandra in special modo ha il vanto di avere introdotto per prima da secoli l'arte (che assai più tardi apprese il rimanente Belgio) di far produrre la terra senza riposo, grazie all'uso quanto mai ingegnoso d'ogni sorta di materie fertilizzanti. Dell'area coltivata (dati del 1926), kmq. 3891 sono a foraggi, 6964 a cereali (avena su 2703 kmq., segala su 2257, frumento su 1434, quest'ultimo con una produzione media che già nel 1926 quasi raggiungeva la ragguardevolissima cifra di 25 q. per ettaro), 1605 a patate, 1832 a ramolacci (coltivati sotterra dopo la mietitura), 640 a barbabietole da zucchero, 785 a barbabietole da foraggio, 2437 a praterie da falciare.
Si noti però che i cereali, che nel 1913 occupavano ancora il 41 ,6% dell'area coltivata, nel 1923 arrivavano appena al 39, mentre le piante industriali da 5,05 erano passate a 5,8, i foraggi da 33,5 a 41, le barbabietole da ettari 52.419 a 81.152: la tendenza all'aumento delle colture industriali e più ancora a quello delle colture favorenti lo sviluppo degli allevamenti è evidente in queste cifre, come del resto in tutta l'evoluzione dell'economia agricola del paese. Provincie cerealicole per eccellenza il Brabante, le due Fiandre, il Hainaut; nelle leguminose prevale la Fiandra Occidentale, nelle piante industriali il Hainaut e le Fiandre, nella barbabietola da zucchero la Hesbaye, nei foraggi le provincie vallone. Talune colture sono particolarmente localizzate: così tre quarti della produzione del lino viene dalla plaga lungo la Lys nella parte meridionale delle Fiandre, la cicoria è tutta coltivata intorno a Roulers (o Roussellaere, Fiandra Occidentale), il luppolo intorno ad Alost (Aalst, Fiandra Orientale) e a Poperighe (Fiandra Occidentale), le ortaglie più celebrate dintorno alla capitale (cavolini di Bruxelles), le ricercatissime uve di serra soprattutto a Hoeylaert nel Brabante (esportazione 24.000 q. all'anno), i fiori e le piante di lusso nei meravigliosi giardini dintorno a Gand.
Stimandosi avanti guerra la ricchezza nazionale del Belgio da 45 a 60 miliardi di franchi, l'agricoltura avrebbe rappresentato la quarta o quinta parte di tale cifra.
L'allevamento del bestiame è fra le cure principalissime degli abitanti ed è in continuo incremento, se ne togli la crisi subita durante la guerra la quale si può ritenere oggi quasi del tutto sanata. Curato con passione e con molto profitto l'allevamento dei cavalli, specie nel Brabante e nella Hesbaye, famosi per la loro razza robusta e possente (nel 1926 capi 250.287); ricchissimo quello dei bovini per latte e per lavoro (1.711.702) e dei suini (1.143.860); gli ovini, già nel 1910 ridotti a 185.373, non si riscontrano più numerosi fuor che nell'arida Campine. Bovini e suini sono oggi rispettivamente 92 e 64 per ogni 100 ettari di terra coltivata; la produzione dei latticinî è fortissima e di altissimo pregio, ma di essi, come delle carni, è insufficiente il prodotto ai consumi della popolazione. Notevolissimo lo sviluppo dell'avicoltura, che si ritiene contare oggi più di 18 milioni di capi, con una produzione annua stimata a 1 miliardo e mezzo d'uova.
Alla pesca si dedicavano nel 1924, 388 navi con un tonnellaggio di 8882 tonn. e con 1920 uomini di equipaggio. La pesca del merluzzo nell'Atlantico, per la quale s'armava ancora numeroso naviglio cinquant'anni fa, ora è cessata del tutto; dura ancora con un numero esiguo di navi la pesca delle aringhe, e assai più numerosa la pesca litorale, che ha suo centro a Ostenda e, secondariamente, a Heyst, Nieuport, La Panne e Blankenberghe. Ostenda, fornita anche dai paesi vicini, è uno dei mercati di pesce più ricchi d'Europa ed ha rinomatissimi allevamenti di crostacei e di ostriche.
È fortuna del Belgio la copia dei tesori minerarî ch'esso offre ad ogni industria: carbone, ferro, piriti, manganese, magnesia, allume, zolfo, pietre da costruzione, marmi, ecc. Primo per importanza il carbone, del quale il Belgio dà più che ogni altro paese al mondo se il prodotto si ragguaglia alla superficie dello stato. Due sono le zone produttive, quella da gran tempo fruttifera della Sambre e Mosa, e quella sfruttata soltanto dal 1917 della Campine. La prima si distende dal confine francese a O. di Mons, attraverso le province di Hainaut e di Liegi lungo la Haine affluente della Schelda, indi lungo Sambre e Mosa, in due tratti separati da un brevissimo intervallo, lunghi insieme 170 km. e con una larghezza da 3 a 17; dei due tratti il più orientale, che ha per centro Liegi, ha importanza alquanto minore; il più occidentale, dal distretto del Borinage a O. di Mons fino a Charleroi e Namur, dà i tre quarti dell'intero prodotto e ha i pozzi più profondi, taluno anche fino a 1200 m. L'altra zona carbonifera, quella della Campine, distesa su una lunghezza di 75 km., e una larghezza da 14 a 16, è sfruttata da assai minor tempo, perché il minerale v'è nascosto a grande profondità. In tutto il Belgio il prodotto ascende oggi (1926) a 25.260.000 tonn., scarseggiando però nel complesso - fuorché nella zona di Charleroi e nella Campine - i carboni da gas e quelli da coke; del totale fornisce 7 milioni e mezzo di tonn. la zona di Charleroi, più di 5 milioni Liegi, quasi 5 milioni Mons, quasi 5 Namur, quasi 2 la Campine. Il tesoro tutto intero del carbone celato nel sottosuolo si valuta a 11.000 milioni di tonn., 8000 dei quali nella Campine. Anche la torba abbonda nella bassa regione dei polders.
Il ferro, prodotto ancora in copia pochi lustri or sono dai paesi lungo la Sambre e la Mosa, e lo zinco, dato già abbondantemente lungo la Mosa dalle miniere della Vieille Montagne presso Moresnet, non escono ormai più che in assai piccola quantità dai giacimenti quasi esauriti, onde l'industria siderurgica e quella dello zinco continuano a fiorire nella stessa zona della Mosa con minerale importato di fuori. Minore importanza hanno le escavazioni d'altri metalli, delle quali è in progresso solo quella del manganese. Marmi sono dati da parecchie località, specialmente il cosiddetto marmo belga - un bel calcare azzurro cupo - che si trova nei pendii settentrionali delle Ardenne; il più celebrato è a Dinant e dintorni; ricercatissimo, anche in Francia e in Inghilterra, è il porfido rosso di Lessines, adattissimo per lastricati; cave di pietra da taglio sono anche lungo le valli della Dendre e della Senne. Le migliori pietre da arrotare d'Europa sono nel Liegese e nel Lussemburgo (Vielsalm).
L'abbondanza di minerali fondamentali per la vita industriale - insieme con l'altro fattore della posizione geografica in una zona terrestre e marittima di facili scambî tra paesi di attività economica intensissima e, d'altro canto, la possibilità di produrre a prezzo relativamente basso grazie all'abbondanza e al buon mercato della mano d'opera, alla lunghezza della giornata lavorativa, alla copia dei capitali disponibili -, tutti questi fattori insieme spiegano lo slancio con cui il Belgio ha tratto suo pro' dalle fortunate industrie estrattive, sviluppando e portando ad altissimo punto la metallurgia e accanto a questa numerose altre attività industriali d'ogni genere. Così dentro e accanto ai numerosi centri del "paese nero" si sono innalzati gli altiforni, alimentati nei primi tempi dal ferro belga, oggi per il 98% da minerale straniero (il primo altoforno a coke Cockerill sorse nel 1823 a Seraing presso Liegi, indi gli altri specialmente dintorno a Liegi e nella zona di Charleroi: produzione di ghisa nel 1926 tonn. 3.368.000, di acciaio grezzo quasi altrettanto). La metallurgia s'è quindi rivolta a ogni più varia industria trasformatrice del ferro, specialmente a Charleroi e più a Liegi: materiale ferroviario, macchine, motori, apparecchi d'ogni genere, e le armi, lavorazione celebre di Liegi già dal '700, divenute poi di fama e di dominio assolutamente universali (ma gravemente colpite nel loro commercio dalla guerra e dal dopoguerra). Lo zinco, anch'esso oggi - come il ferro - quasi interamente importato dall'estero, è lavorato nel Belgio, soprattutto a Liegi, in tale quantità da contare per un terzo di tutta la produzione mondiale, della quale la società della Vieille Montagne ha veramente il dominio (produzione di zinco greggio dalle 15 fonderie, tonn. 189.000 nel 1926, anteguerra 205.000 nel 1913). Fiorenti pure le industrie chimiche, essendo sorta presso Charleroi nel 1865 la prima officina Solvay per la produzione della soda, indi tutte le altre lavorazioni - ammoniaca, acido solforico, concimi chimici - legate alla distillazione del carbone. Di gran fama l'industria vetraria, regina delle industrie belghe, servita da maestranze che sono forse le prime del mondo, accentrata intorno a Charleroi, con 56 stabilimenti produttori di vetri e specchi, e a Liegi con una raffinata produzione di cristalleria (nel 1925 esportate 212.000 tonn. di vetro in lastre). Attivissime pure le industrie dei materiali refrattarî e quella delle ceramiche.
Oltre a tutta questa magnifica serie d'industrie, che dietro al richiamo del tesoro fossile si sono annidate quasi per intero dentro al pervio corridoio la Haine-Sambre-Mosa, si sviluppano con altre condizioni e in altro ambiente le industrie tessili, antichissima gloria del Belgio. Le famose fabbriche di panni, che fecero la gloria e la ricchezza di Bruges, di Gand, di Ypres (Yperen) nei sec. XII-XV, sono oggi soltanto un ricordo, ma l'industria laniera moderna ha pur oggi nel Belgio uno dei suoi più famosi centri di produzione, poiché Verviers e la contrada circostante, giovandosi delle felici proprietà delle acque della Gileppe (affluente della Vesdre), particolarmente adatte alla lavatura delle lane, accentrano più di metà della lavorazione laniera belga, trattando annualmente più di 40 milioni di kg. di lana greggia. Le provincie fiamminghe, dal canto loro, alla perduta gloria del lanificio sostituivano dopo il sec. XVI quella del linificio, concentrandosi ancora oggi l'industria dei filati e dei tessuti, merletti, batiste, veli di lino intorno a Courtrai (Kortrijk), centro della coltivazione liniera, e più a Gand, dove si lavora, oltre al lino belga macerato nelle acque adattissime della Lys, nove volte più di lino importato. L'industria del cotone finalmente trionfa dal sec. XIX a Gand, divenuta in breve la Manchester del Belgio (28 filature con 1 milione di fusi, 67 tessiture con 19.000 telai). L'industria casalinga dei merletti continua tuttora nelle campagne di Fiandra e nella contrada intorno a Bruxelles. Riassumendo, le industrie tessili belghe mantengono alta l'antica fama, ma tendono però a una produzione di quantità piuttosto che di qualità, specializzandosi più che altro negli articoli semioperati.
Merita un cenno anche l'industria aeronautica, la quale mentre in passato dipendeva direttamente dall'estero, ha ricevuto un grande impulso negli ultimi anni. Le principali fabbriche per la costruzione di apparecchi sono: la Società anonima belga di costruzioni aeronautiche (S.A.B.C.A.), che è la più importante fabbrica per apparecchi militari e da trasporto, con sede a Bruxelles: ha un capitale di 10 milioni di franchi; la Stampe et Vertongen, con officina a Deurne Sud, Anversa: specializzata nella costruzione di apparecchi da scuola e allenamento; la Zacco, di Zeebrugge, con officine a Bruxelles. L'unica fabbrica belga per la costruzione di motori per velivoli è la Renard, impiantata nel 1927, con officine a Bruxelles.
Nel totale l'inchiesta sulla situazione dell'industria belga eseġuita nel 1926 ha dato 190.000 persone come occupate nelle industrie delle miniere, 227.000 nelle industrie dei metalli, 172.000 nelle tessili (con notevole diminuzione dall'anteguerra), 30.000 nella ceramica, 37.000 nella vetraria, 145.000 nei trasporti, ecc. Il censimento del 1920 fa ascendere il numero delle persone occupate nelle industrie al 470 per mille della popolazione (bambini esclusi), nel commercio al 180 per mille, nell'agricoltura al 152; due terzi dunque della popolazione attiva pratica l'industria o il commercio. Solo le provincie del Limburgo e del Lussemburgo dànno il più dei loro abitanti al lavoro dei campi.
È facile comprendere come a un tale sviluppo industriale debba corrispondere uno sviluppo commerciale di pari importanza. L'industria belga non potrebbe infatti vivere senza una grandiosa importazione di tutte le materie prime che il paese non produce (minerali di ferro e di zinco, lana, cotone, lino, legname, caucciù e via dicendo), e nemmeno potrebbe vivere senza poi esportare i prodotti lavorati che il mercato paesano non può assorbire: un terzo dei prodotti dell'industria belga è infatti esportato, e più di metà dei loro prodotti esportano le industrie tessili, i due terzi le metallurgiche, i nove decimi le vetrarie. D'altra parte le importazioni non soltanto sono indispensabili a mantenere in vita le industrie, ma occorrono anche in grandissima parte all'alimentazione quotidiana della popolazione fittissima: malgrado infatti l'intensa produzione agricola, il Belgio ha di frumento appena un quinto di quanto occorre al proprio nutrimento annuo, e in varia misura mancano alle più urgenti necessità gli altri cereali, le carni, i latticinî, le uova, e via dicendo. Per tutte queste ragioni si spiega come, nonostante la sua piccolezza, il Belgio figuri tra le più grandi nazioni trafficanti: il suo commercio con l'estero rappresentava nel 1910 una somma di 520 franchi per abitante, poco al disotto della Gran Bretagna, molto al disopra della Germania (240) e della Francia (230); le cifre totali del commercio estero erano nell'anteguerra notevolmente superiori anche a quelle dell'Italia, cinque volte più popolata, e sono oggi più alte di quelle della Spagna, della Polonia e d'altri tra i più cospicui stati europei. Nel 1926 s'importarono circa 23 miliardi, se ne esportarono circa 20 (dai totali però va tolta la parte che spetta al Granducato di Lussemburgo, legato in unione doganale col Belgio: da 1/2 a 2 miliardi). Principali paesi importatori: Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Paesi Bassi, Germania; principali esportatori: Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi, Germania, mentre l'Italia non figura che con percentuali assai basse (da 1 a 2 per cento).
Di primaria importanza è anche il commercio di transito (nel 1925, franchi 14 miliardi), poiché, grazie alla sua posizione geografica, il Belgio serve di sbocco al mare alle industriosissime contrade renane e sul suo suolo s'intrecciano gli scambî della Gran Bretagna e dei paesi d'oltre oceano con una gran parte dell'Europa di mezzo. Nel che entra come fattore di decisiva importanza la situazione eccezionalmente favorevole del porto d'Anversa, che concentra nove decimi di tutto il commercio dello stato.
Comunicazioni. - Uno dei fattori più potenti del grande sviluppo economico del Belgio, uno anche dei più validi elementi della sistemazione sociale di tutto il paese, è nel sistema di comunicazioni di cui esso venne modernamente dotato. Primo sul continente europeo a piantare sul proprio suolo la ferrovia, il Belgio possedeva alla fine del 1926, km. 5102 di ferrovie (statali 4781), alle quali sono da aggiungere ben 496 km. di ferrovie vicinali, linee economiche cioè, a scartamento ridotto, generalmente seguenti le strade rotabili e mettenti fin le campagne più remote in contatto con la circolazione generale del paese. Con un tale sviluppo il Belgio si trova, e non da pochi anni, alla testa di tutti gli stati del mondo come densità di rete: 31 km. di ferrovia per ogni 100 kmq. di territorio, mentre la Gran Bretagna non ne ha che 13, la Francia 10, l'Italia 7. Quando si aggiunga l'altro fattore dell'estrema modicità delle tariffe, si comprende come una rete così abbondante, oltre a facilitare in modo straordinario col rapido ed economico trasporto delle derrate lo sviluppo agricolo e industriale, abbia servito immensamente a decentrare le industrie evitando il loro affollarsi in pochi centri urbani congestionati, e abbia salvato le campagne dallo spopolamento a pro' delle città: gli abitanti della campagna sono infatti divenuti operai delle grandi industrie senza per questo abbandonare la vita agreste e il podere famigliare, le grandi agglomerazioni urbane sono cresciute di attività e d'opere senza per questo raggiungere le proporzioni pletoriche delle "città tentacolari" d'altri paesi. Naturalmente il movimento dei cittadini sale a cifre significative: viaggiatori trasportati nel 1925 dalle sole ferrovie normali 245 milioni, dalle vicinali 201 milioni: vale a dire 31 viaggi in media per ogni abitante sulle sole linee normali, 26 sulle economiche.
Poco minore importanza rivestono, almeno per quanto riguarda il movimento delle merci, le vie d'acqua, comprendenti, oltre alla rete fluviale per tanta parte navigabile, una vasta rete di canali iniziata già nei secoli passati secondo che suggeriva la pianezza del territorio. Canali mettenti in comunicazione i grandi centri fiamminghi esistevano già nel sec. XIII: oggi il beneficio si è esteso anche alla parte meno bassa del paese, nonostante la difficoltà dei dislivelli che taluni canali (Charleroi-Mons, Charleroi-Bruxelles) devono superare mediante cospicue opere artificiali. In totale la rete, non mancante certo d'imperfezioni, abbraccia tra fiumi e canali 1674 km., inclusi 114 km. di canali praticabili alle navi marittime, che da Anversa possono risalire a Lovanio e Bruxelles, da Zeebrugge a Bruges, da Ostenda a Gand. Per ogni 100 kmq. si hanno km. 7,5 di vie d'acqua, con una proporzione superiore a quella di quasi tutti gli stati europei; la maggior quantità delle merci è però sempre trasportata dalle ferrovie, rimanendo affidato alle vie d'acqua normalmente soltanto il 45 per cento del totale. Le comunicazioni acquee sono eccellenti anche con la Francia, grazie alla via della Schelda e della Mosa e ai canali derivati, meno buone con la Germania, mancando una diretta comunicazione col basso Reno, che dovrebbe attraversare di necessità (quando lo stato vicino lo permettesse) il territorio olandese.
Come la natura ha concesso facili al Belgio le comunicazioni per le vie terrestri e per le acque interne, così essa gli è stata benefica aprendogli nel modo più favorevole le vie del mare. In verità i 66 km. del litorale non sono che un pericoloso rettifilo di sabbie, con bassissime acque, dove, cancellate dalle vicende dei tempi le insenature antiche, soltanto costosissime opere artificiali di moli e gettate hanno creato e mantengono approdi a Ostenda e a Zeebrugge (Ostenda, testa di linea per il trasporto rapido di viaggiatori con l'Inghilterra: 307.000 passeggeri nel 1926). Ma questa infelicità del litorale è largamente compensata dalla presenza del magnifico estuario della Schelda, il quale, benché apra la sua foce in territorio olandese, ha però in territorio belga, a 88 km. dal mare, il suo vertice interno, dove siede il fortunatissimo porto di Anversa: e ad Anversa naturalmente, sia per questo felice addentrarsi del mare fin nel cuore di una zona di tanta importanza europea, sia perché quivi sono garantiti gli ampî fondali (8 m. a marea bassa, 12 e più ad alta) e la perfetta tranquillità di mare che mancano a tutta la costa esterna belga e olandese, sia perché ad Anversa convergono per l'appunto anche la massima parte delle vie navigabili interne del Belgio e contrade limitrofe, sia finalmente perché una serie di provvidenze e d'opere grandiose ha fatto del porto anversese uno dei più capaci e dei meglio attrezzati del mondo, per tutto questo si raccoglie ad Anversa un movimento di navigazione e di traffici dall'esterno e dall'interno tale da porre questo porto oggi alla testa di tutti i porti dell'Europa continentale (nel 1927, navi entrate 12.718 con un tonnellaggio di tonn. 23.750.000, con un'enorme prevalenza del movimento delle merci su quello dei viaggiatori). Le linee di navigazione qui approdanti sono 190: di bandiera belga però soltanto il 6 per cento, mantenendosi i Belgi singolarmente alieni dalle attività marittime. Un terzo delle importazioni anversesi e due terzi delle esportazioni, sono commercio di transito. Gand, che segue come movimento ad Anversa, arriva appena a un sesto di essa come numero di navi approdanti.
Il Belgio dispone d'una flotta mercantile di 200 unità (delle quali 150 a vapore) per un carico di 492.000 tonn.; vi sono 37 compagnie belghe di navigazione. Inoltre sul corso superiore del Congo fanno servizio 20 piroscafi e 12 sul corso inferiore.
Aviazione civile. - L'aviazione civile dipende provvisoriamente dal Ministero dei trasporti e delle comunicazioni e provvede a tutto quanto si riferisce al traffico aereo.
Società di navigazione aerea. - L'unica società che ha il monopolio dei trasporti aerei nella nazione e in colonia è la S.A.B.E.N.A. (Società anonima per l'esercizio della navigazione aerea). Fondata nel 1922, dopo il fallimento della società precedente, ha raggiunto un capitale di 20 milioni di franchi. La compagnia è sovvenzionata dal governo per 6 milioni di franchi all'anno; ha degli accordi con alcune compagnie estere per la gestione delle linee aeree verso l'Inghilterra, la Germania e la Francia; dispone di 10 piloti e 18 apparecchi, dei quali 7 Handley-Page trimotori, 2 H.P. bimotori, 2 Goliath, 3 D.H., 2 Rumplers e 1 Junkers.
Le compagnie straniere che gestiscono linee aeree attraverso il territorio belga sono: la Imperial Airways, la Farman e la Compagnie Royale des transports aériens.
Le linee aeree gestite esclusivamente dalla società belga sono: la Bruxelles-Anversa-Düsseldorf km. 200, ore 2, servizio giornaliero; la Bruxelles-Ostenda, km. 120, ore 1, servizio giornaliero.
Le linee aeree internazionali gestite da società estere in cooperazione con la società belga sono: la Londra-Ostenda-Bruxelles-Colonia, gestita dalla Imperial Airways in cooperazione con la S.A.B.E.N.A.: servizio giornaliero, il percorso di km. 490 viene effettuato in ore 4,30; la Parigi-Bruxelles-Anversa-Rotterdam-Amsterdam, gestita dalla Farman in cooperazione con la S.A.B.E.N.A.: giornaliera, km. 470, ore 4,30.
Le linee internazionali gestite esclusivamente da società estere sono: la Parigi-Bruxelles-Amsterdam: servizio giornaliero, gestita dalla compagnia Farman, km. 420, ore 3,30; la Amsterdam-Rotterdam-Bruxelles-Basilea-Zurigo: servizio giornaliero, gestita dalla compagnie Royale des transports aériens, km. 550, ore 6.
Basi aeree. - Sono principalmente le seguenti:
Anversa, aeroporto civile, a 4 km. E. dalla città; misura m. 1000 per 800; ha un hangar e un'officina riparazioni;
Asch, aeroporto militare, a 1 km. S. da Asch; misura m. 1100 per 800; ha 5 hangar metallici e una piccola officina riparazioni;
Bierset-Awans, aeroporto militare, ad 8 km. O. da Liegi; misura m. 700 per 600; ha 4 hangar, un magazzino, un'officina;
Bruxelles, aeroporto civile e doganale, a circa 5 km. NE. dal centro della città; misura m. 1000 per 850; ha 5 hangar metallici e un'officina;
Courtrai, aeroporto militare, a circa 4 km. O.-SO. da Courtrai; misura m. 800 per 400; ha 5 hangar e una piccola officina;
Ostenda, aeroporto doganale, a km. 2,5 S. dalla stazione; Inisura m. 550 per 480; ha 2 hangar metallici;
Nivelles, aeroporto militare e doganale, a 2 km. E. dalla città; misura m. 850 per 800; ha 3 hangar;
Schaffen, aeroporto militare, a 2 km. N.-NE. dal centro della città di Diest; misura m. 650 per 600; ha 4 hangar metallici;
Saint-Hubert, aeroporto civile, a km. 2,5 E.-NE. dalla città; misura m. 810 per 811; ha 3 hangar, un'officina riparazioni, una stazione radiotelegrafica;
Tirlemont, aeroporto militare, a 3 km. S.-SE. dalla città; misura m. 750 per 600; ha 7 hangar e un'officina.
Aeroporti minori sono a Beverloo, Brasschaet, Elsenborn (militari), Charleroi (privato).
Distribuzione della popolazione. - Tutti i fattori che abbiamo illustrato della prosperità belga dànno ragione della densità della popolazione raccolta sull'area del piccolo stato: densità determinata, in base al censimento del 31 dicembre 1920, in 245 abitanti per kmq. (nel 1926, valutazione provvisoria, 259). Tale densità, superiore di parecchio a quella di tutti gli altri stati europei (escluso il minuscolo Monaco), non si presenta naturalmente uguale in tutto il paese, come si può scorgere dal seguente quadro della distribuzione per provincie.
Risulta evidente dal confronto delle cifre la superiore densità delle provincie più favorite dalla natura in confronto di quelle estese nelle zone più ingrate della Campine (Limburgo) e delle Ardenne (Lussemburgo e Namur); e anche più evidentemente parlano, se messe a confronto, le densità delle minori aree degli arrondissements, figurando in testa i circondarî dove sono i grandi centri e le più fitte plaghe agricole e industriali (Bruxelles 973, Charleroi 765, Liegi 685, Anversa 656, ecc.), in coda i più derelitti della Campine (Maeseyck 78) e delle Ardenne (Philippeville 59, Dinant 55, Bastogne 49, Marche 46, Neufchâteau 39). Non molto più popolati di questi i territorî dei polders dal clima umido e greve (arrondissement di Dixmude 113).
Se della popolazione così distribuita si voglia poi fare il confronto coi primi tempi della costituzione del regno, si vede che (limitandoci alle provincie) la provincia d'Anversa, ov'è il massimo emporio del regno, è aumentata nel novantennio dal 1831 al 1920 del 191 per cento, quella del Brabante contenente la capitale del 171, le provincie industriali di Liegi e del Hainaut rispettivamente del 130 e del 99, mentre per le altre provincie l'aumento rimane al disotto della media complessiva del regno (91), specialmente basso per quelle essenzialmente agricole: Lussemburgo 39%, Fiandra occidentale 32%. Così, se confrontiamo gli aumenti per le minori circoscrizioni ammmistrative, vediamo dal 1831 al 1920 l'arrondissement di Anversa cresciuto del 301%, quello di Bruxelles del 274, quello di Charleroi del 341, quello di Liegi del 200, aumenti tutti dei quali s'intendono facilmente le cause.
Particolarmente notevole è il fatto che, in generale, le provincie più fitte di popolazione non devono già questa fittezza soltanto alla presenza di qualche centro cittadino congestionato di moltitudini urbane, bensì veramente alla pienezza demografica di estesissime zone rurali, che non cedono che per un certo numero d'ore della giornata parte dei loro abitanti a profitto dei centri operai. Più di 500.000 individui si ritiene migrino quotidianamente alla città rimanendo tuttavia abitanti della campagna: la sola Seraing (Liegi) riceve i suoi lavoratori giornalieri da 271 comuni diversi, distanti fin 80 km. Questa pienezza di vita della campagna nulla toglie al fatto che il Belgio è da molti secoli e si conserva paese di vita cittadina attivissima. Già nel Medioevo lo sviluppo dei centri cittadini manifatturieri è assolutamente eccezionale; il sec. XIX ridà ai vecchi centri con le industrie meccaniche uno slancio economico del tutto nuovo ed aggiunge alle antiche città gloriose quelle nate pur ieri. Così, mentre nel 1856 nei comuni al di sotto di 5000 abitanti trovava ancor luogo il 65% della popolazione, oggi tali comuni non accolgono che il 42% del numero totale, indizio sensibilissimo del maggior soverchiare dei centri cittadini: in particolare il 22% dell'intera gente belga è assorbito dalle quattro agglomerazioni maggiori, di Anversa, Bruxelles, Liegi e Gand. Rimane quindi caratteristica singolare di gran parte del Belgio un diffusissimo pullulare di case nella campagna e nel contempo un disseminarsi per tutto di piccoli e grandi centri cittadini.
Non molta importanza hanno nella demografia odierna del Belgio i movimenti di emigrazione o d'immigrazione. Negli ultimi lustri quelli in complesso sono sempre rimasti inferiori a questi, fuorché negli anni che hanno più sentito il contraccolpo della guerra. L'emigrazione si dirige soprattutto verso la Francia, dove per il richiamo vicinissimo dell'industria e dell'agricoltura assetate di mano d'opera, si sono un po' alla volta accumulate masse considerevoli di Belgi: il censimento francese del 1921 ne registrava 415.000, la massima parte dei quali nel dipartimento del nord (molti come fittavoli od anche proprietarî nelle campagne), senza contare tutti quelli chiesti giornalmente dal richiamo locale delle officine e i 50 o 60.000 che costituiscono la migrazione stagionale estiva per i lavori dei campi.
Oltre oceano, gli Stati Uniti non registravano invece nel 1920 che 63.000 Belgi; la colonia stessa che il Belgio s'è creato nell'Africa non ne novera che 7770. Stranieri nel Belgio, d'altro canto, non albergano in grande numero: nel 1920 vi erano 67.000 Francesi, 39.000 Olandesi, 8000 Tedeschi (assai più numerosi nell'anteguerra, soprattutto in Anversa), 6200 Inglesi, 3700 Italiani, il cui numero è notevolmente cresciuto negli anni successivi.
Le relazioni del Belgio con l'estero sono però sviluppatissime, non soltanto per l'entità degli scambî commerciali, ma anche per la diffusione delle imprese assunte in ogni più lontano paese, per l'attività vivacissima dei capitali, per l'influenza economica superiore di tanto all'importanza politica del piccolo stato. Capitali belgi si trovano investiti ovunque, soprattutto in imprese ferroviarie e tramviarie (in Italia, in Spagna, in Francia, in Cina, nell'America Meridionale, ecc.), in imprese di illuminazione a gas ed elettriche, in ricerche minerarie, in società di sfruttamento coloniale; e, come l'esportazione dei capitali, così è larga quella del personale dirigente.
Nelle imprese coloniali ha naturalmente il primo posto la colonia che unica il Belgio possiede, complemento sempre più importante della sua potenza politica ed economica. Il grandissimo territorio del Congo (v.), procurato con iniziativa personale ed ostinata volontà da re Leopoldo II, che, dopo averne disegnata e creata la prima organizzazione, volle ed ottenne che esso passasse in dominio dello stato belga, se fu accolto dapprima dai Belgi quasi come un fastidioso e mal gradito gravame, è ora riconosciuto da essi come una magnifica e ormai indispensabile integrazione del territorio patrio. A questa colonia infatti si rivolge oggi gran parte dello sforzo economico della nazione, certa dei vantaggi offerti dalle magnifiche vie d'acqua ormai largamente aperte e sfruttate, dalle inesauribili ricchezze vegetali, dalle miniere ricchissime. E il Congo è veramente oggi la più ricca e progredita fra le colonie tropicali d'Africa, legittimo vanto dello stato belga.
Bibl.: Min. de l'Intérieur, Annuaire statistique de la Belgique, Bruxelles 1925; Patria Belgica, Encycl. nationale, diretta da E. van Bemmel, Bruxelles 1873-1875; E. van Bemmel, La Belgique illustrée, Bruxelles s. a.; Dumont-Wilden, La Belgique illustrée, Parigi 1910; C. Lemonnier, La Belgique, Bruxelles 1905; F. Kraentzel, Géographie de la Belgique, Bruxelles 1909; I. Halkin, Géographie de la Belgique, Namur 1923; A. Demangeon, Belgique, Pays-Bas, Luxembourg (in Géographie Universelle, II), Parigi 1927; G. Dewalque, Prodrome d'une description géologique de la Belgique, 2ª ed. 1880; M. Mourlon, Géologie de la Belgique 1880-81, voll. 2; F. Kaisin, Esquisse sommaire d'une déscript. géologique de la Belgique, Lovanio-Parigi 1919; M. Leriche, Les régions naturelles de la Belgique, in Revue de l'Univ. de Bruxelles, XIX (1913); H. Baulig, Le relief de la Haute Belgique, in Annales de Géographie, XXXV (1926), p. 206; J. Massart, Esquisse de la géographie botanique de la Belgique, Bruxelles 1910; Min. de l'Agr. de Belgique, Monographies agricoles (Ardenne, Condroz, Région jurassique); E. Prost, La Belgique agricole, industrielle et commerciale, Parigi 1904; H. Chabriant, La Belgique moderne, Parigi 1910; K. Brämer, Nationalität und Sprache in Belgien, in Forschungen zur deutschen Landes-und Volkskunde, Stoccarda 1887; Th. Denecke, Sprachverhältnisse und Sprachgrenze in Belgien, Amburgo 1915; J. Destrée, Wallons et Flamands, Parigi 1923; G. Rutten, La population belge depuis 1830, Lovanio 1985.
Per le carte del Belgio, vedere l'eccellente carta topografica dello stato in scala 1 : 40.000 (in 226 fogli), e la carta geologica in eguale scala; anche la carta geologica 1 : 160.000 in 12 fogli.
Per la parte etnografica v. specialmente: M. Schweissthal, Histoire de la maison rurale en Belgique et dans les contrées voisines, in Ann. de la Soc. d'Arch. de Bruxelles, XIX e XX, Bruxelles 1900 (v. anche Mitt. Anthrop. Gesell. Vienna 1908); M. A. Lefèvre, L'habitat rural en Belgique, Liegi 1925.
Ordinamento dello Stato.
Costituzione e amministrazione. - Il Belgio che, in virtù del trattato di Londra del 19 maggio 1815 sino al 1830 aveva fatto parte del regno dei Paesi Bassi, il 4 ottobre 1830, in seguito alla rivoluzione dell'agosto, proclamò la propria indipendenza e costituitosi in monarchia, chiamò al trono (4 giugno 1831) il principe Leopoldo di Sassonia-Coburgo. Col trattato di Londra del 15 novembre 1831 l'Austria, la Russia, la Gran Bretagna e la Prussia ne garantirono la neutralità. Il nuovo regno fu però riconosciuto da tutti gli stati d'Europa solo dopo il trattato di Londra del 19 aprile 1839, che ne fissò anche i confini. La sua neutralità è stata poi abolita dal trattato di Versailles del 28 giugno 1919, che ha inoltre attribuito al Belgio i territorî di Moresnet, d'Eupen e di Malmédy.
La costituzione belga approvata il 7 febbraio 1831, è stata poi modificata con le leggi 7 settembre 1893, 15 novembre 1920 e 7 febhraio, 24 agosto e 15 ottohre 1921. Essa può essere riveduta; ma non dalle camere che abbiano disposta la revisione, e le modifiche devono essere approvate presenti non meno dei 2/3 dei membri delle camere, e con la maggioranza dei 2/3 dei presenti. Di fatto fino al 1893 rimase immutata; e le modificazioni introdottevi in quell'anno, e poi nel 1920 e nel 1921, riguardano quasi esclusivamente riforme elettorali.
Il Belgio è una monarchia costituzionale rappresentativa. La corona è ereditaria nella discendenza diretta del re Leopoldo di Sassonia-Coburgo, di maschio in maschio e per ordine di primogenitura; in difetto, però, di discendenza maschile, il re può, con l'assenso delle camere, nominare il suo successore. Il potere legislativo è esercitato collettivamente dal re, dalla Camera dei rappresentanti e dal Senato. Il potere esecutivo appartiene al re. Le camere si riuniscono annualmente non più tardi del secondo martedì di novembre: il re ha il diritto di convocarle, prorogarle e scioglierle, ma esse devono rimanere riunite non meno di 40 giorni ogni anno. L'iniziativa delle leggi appartiene a ciascuno dei tre organi del potere legislativo.
La Camera dei rappresentanti è ora composta di 187 membri (uno ogni 40.000 abitanti all'incirca), che devono avere compiuti i 25 anni d'età e sono eletti per 4 anni. Sino alla riforma del 7 settembre 1893 - che decuplicò quasi il numero degli elettori e istituì il voto plurimo - le elezioni si fecero sotto il regime censitario. La legge 29 diceml7re 1899 introdusse la rappresentanza proporzionale e quella 7 febbraio 1921 il suffragio universale, sicché sono elettori tutti i cittadini maschi che abbiano compiuto i 21 anno. La costituzione prevede che possa, per legge, essere accordato il diritto elettorale anche alle donne: attualmente ne beneficiano le vedove e le madri dei militari morti in guerra.
Il Senato è composto di 153 membri nominati, anche per 4 anni, fra i cittadini che abbiano compiuti i 40 anni, e che abbiano gli altri requisiti finanziarî o culturali richiesti dalla costituzione, la quale all'uopo ha fissato 21 categorie di eleggibili. Di essi 93 sono nominati dai collegi elettorali, come i deputati, 40 dai consigli provinciali (i per ogni 200 mila abitanti) e 20, per cooptazione, dai senatori dei due primi gruppi.
Come capo del potere esecutivo, il re nomina e revoca i ministri; una questi hanno bisogno della fiducia delle due camcre, e possono esser messi in istato di accusa dalla Camera dei rappresentanti; nel qual caso vengono giudicati dalla Corte di cassazione. Attualmente nel Belgio vi sono i seguenti 10 ministeri: giustizia, interno e igiene, scienze ed arti, affari esteri, difesa nazionale, agricoltura e lavori pubblici, ferrovie marina poste telegrafi telefoni e aeronautica, colonie, industria lavoro e previdenza sociale. La legge 18 novembre 1918 ha istituita la carica di primo ministro.
Il territorio del regno è diviso in provincie, il cui numero e i cui limiti sono fissati per legge. Esse attualmente sono 9: Anversa, Brabante, Fiandra Occidentale, Fiandra Orientale, Hainaut, Liegi, Limburgo e Namur.
Alla loro volta le provincie si suddividono in circondarî (in tutto 26), in cantoni (in tutto 237; ma la divisione ha prevalentemente fini giudiziarî ed elettorali) e in comuni (2671 nel 1926). Le provincie e i comuni godono d'una larga autonomia. Alla testa della provincia è un governatore, nominato dal re. V'è inoltre un consiglio provinciale, il numero dei cui membri varia a seconda della popolazione. Essi sono eletti per 4 anni, da tutti i cittadini - uomini e donne - che abbiano l'elettorato politico. Il detto consiglio oltre ad amministrare gl'interessi particolari regionali, ha funzioni di carattere generale e politico: per es. nomina alcuni membri del Senato e presenta candidati per le alte magistrature. Nel suo seno il consiglio elegge una deputazione permanente composta di 6 membri e presieduta dal governatore. Alla testa d'ogni circondario v'è un commissario governativo, che ha l'incarico di vigilare sulla gestione dei comuni. In ogni comune v'è un consiglio comunale composto del borgomastro - di nomina regia - degli scabini e dei consiglieri, il cui numero è in rapporto con la popolazione del comune, e che sono eletti per 4 anni, col sistema della rappresentanza proporzionale, da tutti i cittadini - senza distinzione di sesso - che abbiano compiuto i 21 anno (legge 15 aprile 1920). In seno al consiglio comunale è poi eletto un collegio scabinale - presieduto dal borgomastro - che è depositario del potere esecutivo e amministrativo. Le provincie e i comuni per disposizione espressa della costituzione (v. anche la legge 1° marzo 1922) possono associarsi per la gestione d'interessi comuni.
Il potere giudiziario è considerato dalla costituzione come uno dei poteri dello stato. La giustizia è amministrata: da una corte di cassazione, con sede a Bruxelles, da tre corti d'appello, con sede a Bruxelles a Gand e a Liegi, da 26 tribunali di prima istanza e da 231 giudici di pace, uno per ogni cantone. Vi sono inoltre 9 corti di assise, una per provincia, 14 tribunali di commercio e 32 tribunali industriali. Tutti i magistrati sono di nomina regia; ma i consiglieri di cassazione sono nominati in base a due liste presentate l'una dal Senato e l'altra dalla Corte di cassazione; ed i consiglieri di corte d'appello, nonché i presidenti e vice-presidenti dei tribunali di prima istanza, in base a due liste presentate l'una dalle dette corti e l'altra dai consigli provinciali. Il contenzioso amministrativo è regolato da norme speciali. Il controllo finanziario è esercitato dalla corte dei conti, i cui membri sono nominati dalla Camera dei rappresentanti.
L'assistenza pubblica è assai ben regolata: all'uopo è istituita presso ciascun comune una commissione di assistenza pubblica, che amministra notevoli fondi, di varia provenienza.
Bibl.: Annuaire statistique de la Belgique et du Congo belge (annuale); Dareste, Les constitutions modernes, I, 4ª ed., Parigi 1928; M. Damoiseaux, Le Gouvernement de la Belgique, Bruxelles 1922; P. Errera, Traité de droit public belge, Bruxelles 1916-1922; O. Orban, Le droit constitutionnel de la Belgique, voll. 3, Bruxelles 1906-1912; L. Siville, Code politique et administratif de la Belgique, Bruxelles 1921; E. van der Smissen, Les institutions politiques de la Belgique (Recueil de textes), Bruxelles 1925; H. van Mol, Manuel de droit constitutionnel de la Belgique, Liegi 1924; M. Vauthier, Précis du droit administratif de la Belgique, Bruxelles 1928; Revue de l'administration et du droit administratif en Belgique (annuale).
Organizzazione ecclesiastica. - Gl'inizî dell'organizzazione ecclesiastica nel Belgio sono dovuti ai vescovi di Colonia, a cui è attribuita lȧ fondazione del vescovado di Tongeren, il cui titolare si trasferì più tardi a Maastricht (Traiectum ad Mosam) per sottrarsi alle incursioni degli Unni, e nel sec. VIII a Liegi, dove ancora permane. A questa e a quelle altre istituzioni dovute agli apostoli dei Paesi Bassi, tra cui è particolarmente celebre S. Willibrord, il primo vescovo di Utrecht, si deve aggiungere la diocesi di Tournai fondata nel sec. VI, ma non molto dopo e fino al 1146 unita con Noyon sotto lo stesso titolare. Esercitavano tuttavia la loro giurisdizione su queste contrade, oltre questi due vescovi, anche i titolari delle sedi di Terouanne, di Arras, di Cambrai e gli arcivescovi di Colonia e di Reims.
Un ordinamento ecclesiastico proprio dei Paesi Bassi si ebbe quando Filippo II, per suggerimento avuto dal padre Carlo V, domandò e ottenne da Paolo IV, nel 1559, una sistemazione ecclesiastica veramente organica di quelle contrade. L'intera regione venne allora distribuita in tre provincie ecclesiastiche, le cui metropoli furono Cambrai, Malines e Utrecht.
A Cambrai furono assegnate come suffraganee le sedi o nuovamente create o rimaneggiate di Arras, di Namur, di Saint-Omer e di Tournai e fu questa per così dire la provincia ecclesiastica delle popolazioni di razza vallona o francese. La provincia di Malines, istituita per le popolazioni di razza fiamminga, ebbe come suffraganee le diocesi di Anversa, Bois-le-Duc, Bruges, Gand, Ruremond e Ypres. Utrecht, destinata alle popolazioni di razza olandese, ebbe come sedi suffraganee Deventer, Groninga, Haarlem, Leeuwarden e Middellburg. Liegi invece restò suffraganea di Colonia.
Il momento per l'importante e opportuna riforma era stato scelto male; giacché se l'ordinamento ebbe forza ed entrò in attuazione per le due provincie di Cambrai e Malines, diventò ben presto lettera morta per la provincia di Utrecht. Colà in seguito al dilagare della riforma protestante, che specialmente in quei paesi spazzò via ogni sorta d'istituzioni cattoliche, i vescovadi vennero quasi subito dopo soppressi e confiscati.
Le stesse provincie di Cambrai e di Malines non durarono, così come erano state organizzate, se non fino al 1801; giacché in quell'anno esse soggiacquero alla sorte comune alle altre diocesi della Francia, alla quale erano state incorporate, e subirono i rimaneggiamenti voluti dal concordato napoleonico. In virtù di esso Cambrai e Arras furono rese suffraganee di Parigi, mentre Saint-Omer venne soppressa; Malines, invece conservata come metropoli, ebbe quali sedi suffraganee oltre le diocesi di Namur, Tournai, Gand e Liegi, anche quelle di Aquisgrana, di Treviri e di Magonza, alle quali ultime dovette poi rinunciare dopo la Restaurazione. I vescovadi poi di Ypres, di Anversa e di Bruges furono soppressi, salvo il ripristino di quest'ultimo avvenuto nel 1834.
Oggi il Belgio costituisce un'unica provincia ecclesiastica formata di sei diocesi, di cui Malines è metropoli e prende pure il titolo di sede primaziale; mentre Bruges, Gand, Liegi, Namur e Tournai sono sedi suffraganee.
La diocesi di Eupen e Malmédy, creata dopo la pace di Versailles, quando quel territorio fu aggregato al Belgio, e che era stata fin dall'inizio unita alla diocesi di Liegi, ebbe corta durata.
Forze armate. Esercito. - All'organizzazione attuale dell'esercito belga, si è giunti attraverso stadî successivi, determinati essenzialmente dalle condizioni politico-militari del paese nel dopoguerra.
Del comando fanno parte: 1. il ministero della difesa nazionale, dal quale dipende lo stato maggiore con il suo capo; 2. il comando territoriale, nettamente separato dai comandi di grande unità, e che comprende: 3 comandi di circoscrizione militare (Bruxelles, Anversa e Liegi), 9 comandi di provincia, 31 comandi di piazza.
Le truppe sono così organizzate: tre corpi d'armata, ognuno su due divisioni ternarie; un corpo di cavalleria; l'artiglieria d'armata e l'aeronautica; le truppe del genio e le fortificazioni; i carri di combattimento; le truppe e servizî di trasporto; le truppe e stabilimenti dei servizî di sanità, d'intendenza e di fabbricazione; le scuole e i corpi autonomi; le formazioni speciali delle truppe d 'occupazione.
Ogni corpo d'armata comprende: lo stato maggiore, due divisioni e un reggimento d'artiglieria di corpo d'armata su quattro gruppi di due batterie (due gruppi cannoni e due obici pesanti). Ogni divisione è formata da: uno stato maggiore, tre reggimenti di fanteria su tre battaglioni di 4 compagnie ciascuno, di cui una mitraglieri; un battaglione mitraglieri su 3 compagnie; una batteria da fanteria, un reggimento di artiglieria su 4 gruppi.
Il corpo di cavalleria è costituito da: uno stato maggiore; due divisioni di cavalleria; un reggimento autoblindate; un reggimento d'artiglieria a cavallo su 2 gruppi di 3 batterie da 75; una scuola di cavalleria; il deposito di rimonta dell'esercito.
Ogni divisione di cavalleria comprende: uno stato maggiore, tre reggimenti di cavalleria, un reggimento ciclisti su 2 battaglioni di 3 compagnie ciascuno, di cui una mitraglieri.
L'artiglieria d'armata e l'aeronautica, riunite sotto lo stesso comando, comprendono: a) uno stato maggiore; b) una brigata di artiglieria d'armata, così costituita: stato maggiore; 1° reggimento A.A. (3 gruppi cannoni da 155 lunghi; 1 gruppo d'artiglieria portata, cannoni da 75;1 gruppo d'artiglieria autotrainata, obici da 105); 2° reggimento A.A. (i gruppo mortai da 220 T.R.; i gruppo cannoni da 155 lunghi; 1 gruppo obici da 150; ogni gruppo è su 2 batterie); un parco; c) un reggimento artiglieria D.T.C.A. (difesa territoriale contro aerea); d) l'aeronautica, comprendente: uno stato maggiore; tre reggimenti d'aeronautica ed un deposito, con un totale di 9 gruppi, dei quali: uno di aerostazione, 3 da osservazione, 2 da caccia, 1 da bombardamento, 1 tecnico e 1 scuola.
Le truppe del genio e le fortificazioni comprendono: a) uno stato maggiore; b) tre direzioni del genio e delle fortificazioni così costituite: 1ª direzione (i stato maggiore, 1 reggimento genio; i battaglione ciclisti del genio su 2 compagnie); 2ª direzione (i stato maggiore, 1 reggimento genio, 5 compagnie ferrovieri, 1 battaglione pontieri); 3ª direzione (i stato maggiore, 1 reggimento genio), i reggimenti genio sono su 3 battaglioni di 2 compagnie; c) le truppe e servizî di trasmissione, comprendenti un reggimento di truppe di trasmissione, composto da: 1 battaglione telegrafisti, i battaglione radiotelegrafisti, 1 compagnia deposito e colombofili; d) un servizio tecnico che comprende: 1 compagnia operai ed 1 scuola; e) il parco d'armata.
I carri di combattimento s0n0 stati ridotti da un reggimento a 2 sole compagnie di carri e un deposito parco officina.
Le truppe e servizî di trasporto comprendono: uno stato maggiore; 3 corpi dei trasporti ippomobili; 1 corpo dei trasporti automobilistici; 1 scuola dei servizî automobilistici.
Fra le truppe e gli stabilimenti dei servizî meritano speciale menzione quelli per la fabbricazione, e cioè: il gran parco d'armata costituito da: 1 stato maggiore, 2 stati maggiori di gruppo, 7 batterie di parco, 1 batteria deposito; le compagnie amministrative degli stabilimenti militari (arsenale di costruzione, fonderia di cannoni, manifattura d'armi di stato, officine di fabbricazione delle munizioni, stabilimenti dell'autocarreggio); l'officina di riparazioni dell'autocarreggio; il magazzino rifornimento dell'autocarreggio.
Le scuole e i corpi autonomi sono: la scuola di guerra; la scuola militare; la scuola di fanteria con la compagnia di disciplina; la scuola d'artiglieria con il servizio di ricerca degli obiettivi; le scuole dei cadetti, in numero di 7; l'istituto militare di educazione fisica; l'istituto cartografico militare.
I servizî territoriali comprendono: 25 uffici di reclutamento; i corpo speciale di ferrovieri, telegrafisti e telefonisti su 11 compagnie; 6 parchi regionali; 6 depositi.
Le formazioni speciali delle truppe di occupazione comprendono: un quartiere generale, comando ed organi speciali.
La dislocazione attuale (1928) dell'esercito belga è la seguente: 1° corpo d'armata: Bruxelles; 5ª divisione di fanteria: Mons; 6ª divisione di fanteria: Bruxelles; 2° corpo d'armata: Anversa; 1ª divisione di fanteria: Gand; 2ª divisione di fanteria: Anversa; 3° corpo d'armata: Aix-la-Chapelle; 3ª divisione di fanteria: Liegi; 4ª divisione di fanteria: nella zona di occupazione del Reno.
Corpo di cavalleria: Bruxelles; 1ª divisione di cavalleria: Bruxelles; 2ª: Namur; scuola di cavalleria, deposito di rimonta dell'esercito: Brasschaet.
Artiglieria d'armata ed aeronautica: Bruxelles; brigata d'artiglieria d'armata: Anversa; reggimento d'artiglieria D.T.C.A.: Bruxelles; aeronautica: 1° reggimento: Evere; 2°: Bierset-Awans; 3°: Evere.
Genio: 1ª direzione del genio e delle fortificazioni: Bruxelles; 2a direzione: Anversa; 3ª direzione: Liegi; truppe e servizi di trasmissione: Vilvorde.
Carri di combattimento: Gand.
Truppe e servizî di trasporto: 1° corpo trasporti (automobilistici): Bruxelles; 2°: (ippomobili): Anversa; 3°: Namur; 4°: Bruxelles; scuola dei servizî automobilistici: Borsbeek.
Il reclutamento è generale e obbligatorio. La durata complessiva dell'obbligo militare è di 25 anni (di cui 15 nell'esercito attivo e riserva e 10 nell'esercito territoriale).
La ferma è stata così stabilita: 10 mesi per fanteria, ciclisti, artiglieria autotrainata, corpo trasporti automobilisticl;12 mesi per genio, truppe tecniche, carri di combattimento, truppe di trasmissione, ausiliarî; 13 mesi per cavalleria, artiglieria a cavallo e da campagna.
Gli effettivi di pace sono circa 50.000; la forza mobilitabile può raggiungere gli 805.000 uomini.
Il bilancio di previsione del Ministero della difesa nazionale, per il 1926, era calcolato in 590 milioni di franchi ridotti successivamente a 572 milioni.
Marina. - Il Belgio non possiede marina militare ad eccezione dell'avviso "Zinnia" di 1200 tonn. e 15 nodi, comprato dall'Inghilterra e adibito alla sorveglianza della pesca; però alla conferenza di Roma del 1924 per la limitazione degli armamenti navali esso si è riservato il diritto di costruire, per la difesa delle sue coste, 4 monitori da 10.000 tonnellate.
Aviazione. - L'aviazione militare dipende dal Ministero della difesa nazionale (Servizio dell'aeronautica). Il servizio dell'aeronautica è composto di 3 uffici, di cui 2 hanno mansioni esclusivamente tecniche, il 3° invece ha anche funzioni amministrative. Tutte le forze aeree, comprendenti 3 reggimenti e un deposito centrale, dipendono da un comando di aeronautica (Stato maggiore) con funzioni di comando di corpo. Il 1° reggimento, ad Evere, comprende un gruppo aerostieri e tre gruppi osservazione; il 2°, a Eierset-Awans (Liegi), due gruppi caccia e un gruppo bombardamento; il 3°, ad Evere, due gruppi servizî tecnici e un gruppo scuola. La forza in apparecchi può considerarsi all'incirca in 250 apparecchi militari e 40 apparecchi scuola. Il personale ammonta a 2000 uomini, dei quali 400 naviganti.
Nell'aeronautica belga esistono 3 scuole di pilotaggio: 2 civili e una militare. Le due scuole civili sono dislocate rispettivamente a Gosselies e ad Anversa, impiegano apparecchi Caudron e R.S.V. da 90 HP. e vi si consegue il brevetto di pilota da turismo. La scuola militare è dislocata a Courtrai, serve per il conseguimeuto del brevetto militare e s'impiegano apparecchi Avro, Caudron, Fokker, De Havillaud, Morane, Erignet 14. Annualmente la scuola di Courtrai è frequentata da circa 20 allievi. La scuola di reclutamento per gli osservatori si trova a Tuilemont, il corso dura 12 mesi ed è frequentato annualmente da circa 30 allievi.
Finanze. - Il bilancio generale del Belgio è costituito da:
1. bilancio ordinario, comprendente le entrate ordinarie (imposte, tasse, dogane, demanio ecc.) e le spese ordinarie (debito pubblico, amministrazioni dello stato ecc.);
2. bilancio straordinario, comprendente le entrate straordinarie (vendita di beni dello stato, entrate in conto riparazioni) e le spese straordinarie (spese di capitale e spese in conseguenza della guerra, comprese le indennità di caro-viveri);
3. bilancio delle imprese pubbliche: ferrovie (dal 1926 passate però alla gestione privata), marina, poste, telegrafi, telefoni e aeronautica.
Dopo un lungo periodo di deficit, il 1927 e le previsioni per il 1928 indicano un'eccedenza delle entrate sulle spese dovuta all'opera di risanamento compiuta dal governo belga nel 1926; il lieve deficit previsto per il 1929 si può credere occasionale.
La fine della guerra lasciò il Belgio devastato e impoverito, con un debito pubblico di circa 10 miliardi e in più la necessità di rimborsare immediatamente i biglietti di banca che i Tedeschi avevano imposto ai Belgi di accettare durante l'occupazione per un ammontare complessivo di 7 miliardi e mezzo di franchi. Per far fronte a questo rimborso lo stato chiese alla Banca nazionale un'emissione eccezionale di biglietti per 5800 milioni di franchi mentre il rimanente dei biglietti-marchi veniva rimborsato in buoni del tesoro. E fu questo primo debito dello stato verso la banca la causa principale dell'avvelenamento della situazione finanziaria e monetaria del Belgio nel dopo guerra, situazione che si andò sempre più aggravando fno al maggio 1926. A questa data lo stato aveva un debito totale di 6 miliardi e mezzo verso la Banca nazionale, che per i bisogni di tesoreria doveva continuamente ricorrere all'emissione di biglietti; un debito fluttuante interno di 6 miliardi rimborsabili a diverse scadenze entro il 1926 e un debito fluttuante esterno di circa 2 miliardi; il bilancio era fortemente squilibrato, il franco si svalutava di giorno in giorno, i titoli di stato ribassavano.
Fu allora che il governo decise un insieme di provvedimenti che condussero alla stabilizzazione del franco e al risanamento delle finanze belghe:
1. creazione di un fondo di ammortamento del debito pubblico, completamente autonomo, con lo scopo di riassorbire il debito verso la Banca nazionale e in seguito di diminuire progressivamente il debito pubblico;
2. creazione di nuove imposte eccezionali (un miliardo e mezzo per 4 anni) per alimentare, insieme ad altre entrate, il fondo di ammortamento;
3. creazione della società nazionale delle ferrovie belghe cui fu concessa la gestione della rete ferrata dello stato (che eguagliava il 94% circa della intera rete ferrata del Belgio), contro rimessa allo stato di azioni della società stessa per 11 miliardi di cui 10 miliardi di azioni privilegiate furono passati a disposizione del fondo di ammortamento e un miliardo di azioni ordinarie lasciato a disposizione del tesoro;
4. consolidamento del debito fluttuante interno mediante conversione di buoni del tesoro in azioni privilegiate della società delle ferrovie o a scelta in nuovi buoni 5% sorteggiabili a mano a mano che le disponibilità del fondo di ammortamento lo permettano;
5. progressiva riduzione del debito fluttuante estero da 54 milioni di dollari nel maggio 1926 a 24 milioni nel novembre dello stesso anno.
La fiducia si ristabilì, il capitale affluì verso il Belgio, i cambî migliorarono e l'amhiente per la stabilizzazione divenne favorevole. Il 5 ottobre 1926 la Banca nazionale firmò una convenzione con le principali banche di emissione estere che s'impegnarono a sostenere la riforma monetaria belga per mezzo di aperture di credito; e così si addivenne alla stabilizzazione sulla base di gr. 0,041842, d'oro fino per franco e insieme alla creazione della nuova unità monetaria, il belga (del valore di 5 franchi belgi), che rappresenta un peso d'oro fino di gr. 0,209211 corrispondente al corso di fr. 35,96 per dollaro o a quello di fr. 175 per lira sterlina.
L'ammontare totale dei biglietti in circolazione alla fine del 1929 era di 14.175 milioni di franchi e le riserve di 5876 milioni di franchi in oro più divise estere per 3066 milioni di franchi.
L'ammontare del debito pubblico alla fine del 1928 era di 55 miliardi di franchi belga di cui 22 miliardi di debito interno a lunga scadenza, 4 di debito interno a breve termine e 29 di debito estero consolidato.
Bibl.: Società delle Nazioni, Mémorandum sur les finances publiques, Ginevra 1922; id., Annuaire Statistique International 1927, Ginevra 1928; Bulletin de statistique et de législation comparee; Conferenze di Theunis e Carton de Wiart, in La Politique monétaire de divers pays d'Europe, Parigi 1928; The Statesmans Year Book, Londra 1929.
Cultura.
Organizzazione scolastica. - Istruzione elementare. - La legge organica dell-insegnamento primario (leggi 20 settembre 1884;15 settembre 1895;19 maggio 1914;13 novembre 1919;14 agosto 1920; 21 agosto 1921;18 ottobre 1921) è informata ai seguenti principî: 1) obbligo per i genitori di procurare ai figli dai 6 ai 14 anni un' adeguata istruzione primaria; 2) libera scelta dell'insegnamento; 3) gratuità dell'insegnamento primario; 4) eguaglianza dei sussidî dello stato per tutte le scuole rispondenti ai requisiti legali; 5) controllo dell'insegnamento da parte dello stato
La legge fa obbligo ai comuni d'organizzare l'insegnamento primario. Sono riconosciute tre categorie di scuole:1) le scuole comunali, istituite e dirette dai comuni; 2) le scuole libere adottate, istituite e dirette da privati, ma adottate dai comuni; 3) le le scuole libere adottabili, istituite e dirette dai privati e sottoposte alle norme della legge.
Con disposizione del 28 settembre 1922 è stato pubblicato un programma-tipo che deve essere svolto in otto anni in tutte le scuole elementari. L'insegnamento religioso è obbligatorio nelle scuole comunali e adottate, ma possono esserne dispensati quegli alunni i cui genitori ne facciano domanda. La legge non fa distinzione di culti e i ministri dei diversi culti sono autorizzati a dare o a far dare l'insegnamento religioso ai loro adepti nelle scuole.
Istruzione media. - L'insegnamento medio comprende il grado superiore e quello inferiore. Il primo è dato nei regi atenei, nei collegi (provinciali, comunali e liberi) e nei licei femminili (provinciali, comunali e liberi). Gli atenei sono divisi in tre sezioni; in ognuna di esse la durata dei corsi è di sei anni. Non è stabilita l'età per l'ammissione degli alunni; generalmente essi entrano verso gli 11 o i 12 anni e compiono i loro studi tra i 17 e i 18 anni. Le tre sezioni sono:1) la sezione delle humanités greco-latines che prepara specialmente al doctorat in filosofia e lettere, in legge, in scienze 1iaturali, in medicina; 2) la sezione delle humanites latines che prepara specialmente al notariato, al doctorat in scienze fisiche e matematiche, agli esami di ammissione agli studî d'ingegneria, e agli esami d'ammissione alla scuola militare; 3) la sezione delle humanités modernes, che dopo il quarto anno si suddivide in sezione scientifica e in sezione commerciale e industriale.
L'insegnamento medio di grado inferiore è dato nelle scuole medie maschili e femminili organizzate dallo stato, dalle provincie, dai comuni e dai privati. La scuola media comprende almeno una sezione d'istruzione generale con corsi di tre anni identici a quelli delle tre classi inferiori delle humanités modernes nei regi atenei. Può comprendere inoltre una sezione greco-latina o latina e una o più sezioni speciali (commerciale, industriale, amministrativa).
Istruzione superiore. - Gl'istituti superiori del regno sono l'università di stato di Gand e quella di Liegi, l'università libera di Bruxelles, l'università cattolica di Lovanio, la facoltà di filosofia e lettere dell'Istituto Saint-Louis di Bruxelles, la facoltà di filosofia e lettere e la facoltà di scienze del collegio Notre-Dame de la Paix di Namur, l'École des Mines et de Métallurgie di Mons. I gradi accademici legali, regolati dalla legge del 10 aprile 1890-3 luglio 1891, sono richiesti per l'esercizio delle professioni di medico, farmacista, avvocato, notaio, e per le funzioni di magistrato, di professore nell'insegnamento medio ufficiale e d'ingegnere negli uffici dello stato. Le università (le due di stato, quella libera di Bruxelles e la cattolica di Lovanio), che conferiscono tali gradi, li rilasciano anche a titolo meramente scientifico, sì da non abilitare alle rispettive professioni. Inoltre si hanno gradi scientifici per studî per i quali non esistono gradi legali: così, ad es., le facoltà tecniche e le scuole d'ingegneria conferiscono i gradi d'ingegnere chimico, meccanico, elettricista, metallurgico, geologo, d'ingegnere civile, architetto, ecc.
Istituti culturali. - Tra gl'istituti scientifici del Belgio bisogna menzionare anzitutto l'Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique, fondata nel 1772 dall'imperatrice Maria Teresa col nome di Académie Impériale et Royale des Sciences et Belles-Lettres de Bruxelles; essa si divide in tre classi: lettere (storia, filologia, filosofia, diritto, economia politica ecc.), scienze e belle arti. Ciascuna di esse pubblica due serie di Mémoires (in-4° e in-8°) e un Bulletin. L'Accademia pubblica inoltre fin dal 1866 una Biographie Nationale. All'Accademia è annessa una Commission Royale d'histoire, fondata nel 1834, che pubblica una collezione di documenti relativi alla storia del Belgio (serie in-4°, altra volta sotto il nome di Chroniques belges inédites, oggi Publications de la Commission Royale d'histoire, e serie in −8° sotto quest'ultimo titolo); essa pubblica un Bulletin. Da questa commissione dipende l'Institut Historique Belge di Roma (fondato nel 1902: pubblica gli Analecta Vaticano-Belgica e un Bulletin).
A Bruxelles ha sede anche l'Académie Royale de Langue et de Littérature Française en Belgique, dedicata alla letteratura e alla filologia francesi (pubblicazioni in-8° e Bulletin):. essa fu fondata nel 1920. L'Académie Royale de Médecine de Belgique, che risale al 1841, pubblica delle Mémoires e un Bulletin. Dal 1886, un'accademia reale fiamminga (Koninklijke Vlaamsche Academie voor Taal-en Letterkunde) con sede a Gand, dedica i suoi lavori alla letteratura e alla filologia olandesi. Ad essa si debbono pure delle pubblicazioni (in −8°) e un bollettino (Verslagen en NIededeelingen). L'Académie Royale d'Archéologie de Belgique (sede ad Anversa: pubblica gli Annales e un Bulletin) è un'organizzazione privata.
Esistono poi alcuni organismi che dipendono dai singoli ministeri. Così p. es., dal Ministero delle scienze e delle arti: la Commission de toponymie et dialectologie-Commissie voor toponymie en dialectologie (fondata nel 1926; Bulletin-Handelingen); la Commission Royale des Monuments et des Sites, che pubblica un Bulletin des Commissions Royales d'art et d'archéologie. Altri organismi dipendono dal ministero dell'interno e dal ministero della giustizia.
Tra le istituzioni e società scientifiche non citeremo che le principali, escludendo tutti gli organismi di carattere regionale o locale.
Scienze dette "morali": Società per il progresso degli studî filologici e storici (Revue belge de philologie et d'histoire); Zuid-Nederlandsche Maatschappij voor taalkunde en geschiedenis (Anversa: Bijdragen tot de geschiedenis); Società dei bibliofili e iconofili del Belgio (provvede alle pubblicazioni dell'Opera nazionale per la riproduzione dei manoscritti miniati del Belgio); Società di letteratura vallona (Liegi: prepara un Dictionnaire Wallon e pubblica due bollettini); Istituto egittologico Regina Elisabetta (pubblicazioni e Chronique d'Égypte); Società reale di numismatica e di sigillografia (Revue Belge de Numismatique et de Sigillographie); Società reale belga di geografia (Bulletin); società belga di filosofia (Archives).
Scienze dette "esatte": Società belga di matematica (Mathesis); Società reale belga d'astronomia (Le ciel); Società reale zoologica del Belgio (Annales, Bulletin); Società entomologica del Belgio (Mémoires, Annales, Bulletin); Società belga di biologia (Comptes-rendus); Società reale di scienze mediche e naturali del Belgio (Annales e Bulletin); Società antropologica di Bruxelles (Bulletin); Società chimica del Belgio (Bulletin); Società belga di geologia, di paleontologia e d'idrologia (Mémoires, Bulletin); Società geologica del Belgio (Liegi, Annales, Bulletin).
La maggior parte di queste società appartengono alla Federazione belga delle società di scienze matematiche, fisiche, chimiche, naturali, mediche e applicate.
La Società scientifica di Bruxelles (Annales e Revue des questions scientifiques) raggruppa studiosi cattolici, cultori di scienze esatte o di discipline affini.
Bisogna infine citare la Fondation Universitaire e il Fonds National de la Recherche scientifique, che debbono la loro origine, l'una ad una iniziativa americana, l'altro all'iniziativa del re Alberto I (1927). Queste due istituzioni, strettamente unite fra loro, sostengono finanziariamente il movimento scientifico del Belgio.
Biblioteche. - Il grande centro librario del regno è, naturalmente, la capitale. Qui la biblioteca reale, fondata nel 1838, munita di cataloghi a stampa, ottimi, ha una raccolta di 700.000 voll., 26.000 stampe, 34.000 carte e ben 31.000 mss.; la Bibliothèque internationale, che fa parte del Centre International, di fondazione recente (1907), ha già 200.000 voll. e si avvia a divenire la grande biblioteca internazionale di questo secolo; l'universitaria supera gli 80.000 voll., quella del Parlamento e la Civica arrivano rispettivamente a 65.000 e a 35.000. Si aggiungano parecchie biblioteche tecniche, fra cui la più notevole è quella della Commissione centrale di statistica con 52.000 voll. Anche le università di provincia sono dotate di cospicue biblioteche. L'universitaria di Gand ha 450.000 volumi, fra cui circa 550 incunabuli e 2650 mss., quella di Lovanio possiede oltre a 510.000 voll., una raccolta di 60.000 dissertazioni, che è superata da quella di Liegi (175.000 dissertazioni e 440.00 volumi). Liegi possiede inoltre una biblioteca pubblica centrale con 90.000 volumi. Poca importanza hanno invece le comunali nei centri minori, fondate negli ultimi anni del sec. XVIII o nella prima metà del secolo scorso (Arlon, Ath, Bruges, Courtrai, Namur, Ostenda, Tournai); ma quella di Anversa (1505) supera i 170.000 volumi e quella di Malines (1756) i 120.000 volumi. Moderna è pure la biblioteca benedettina di Maredsous (1872), con 72.000 volumi e circa 10.000 opuscoli. Nella capitale hanno del pari notevole importanza le biblioteche popolari fondate nel 1868 e costituite da una centrale e cinque filiali. Durante l'invasione tedesca fu molto danneggiata la biblioteca di Lovanio, al pari di quella francese di Nancy.
Il regolamento delle biblioteche pubbliche del Belgio è del 1837 e si basa in gran parte sul Manuel du Bibliothécaire di P. Namour (1834), cui dobbiamo l'ottima Histoire des bibliothèques publiques de la Belgique, pubblicata nel 1834.
Storia.
A stretto rigore, la storia del Belgio - unità politica e morale - non si potrebbe iniziare se non dal momento in cui si cominci ad avvertire almeno il sentimento di quest'unità nelle popolazioni che poi la dovranno costituire. Non che si debba attendere proprio la costituzione ufficiale di uno stato belga, e cioè il 1830-31; ma almeno l'età in cui si cominciano a creare le condizioni ideali e politiche per cui sorgerà infine lo stato belga; e cioè il sec. XVI. Sino a quel momento infatti le terre oggi belghe (come anche quelle che formano attualmente il regno d'Olanda) non hanno mai costituito un'unità a sé, rimanendo invece, dallo smembrarsi della parte occidentale dell'Impero Romano in poi, o aggregate a unità politiche assai più ampie (Neustria e Austrasia, Lotaringia, più tardi ducato di Borgogna); o suddivise in varî stati e staterelli (contea di Fiandra, contea di Brabante, contea di Hainaut ecc.). E quando nel basso Medioevo, quelle terre saranno unite, non politicamente, ma idealmente almeno sotto un nome solo, che dà loro nella storia della civiltà europea una certa unità ideale, il nome universalmente accolto e noto sarà quello di Paesi Bassi (v. sotto).
Sino alla seconda metà del sec. XVII, quando i Paesi Bassi meridionali si staccano definitivamente da quelli settentrionali, bisogna pertanto rinviare il lettore alla trattazione che ai Paesi Bassi è dedicata, e a quelle che parlano della storia dei varî stati sorti su territorio belga (v. Paesi bassi; Bramante; fiandre; gheldria; hanaut; liegi; limburgo; borgogna, ducato di). Quì, a scopo pratico, si dànno poche, generalissime notizie sulla storia dei territorî che poi hanno costituito lo stato belga.
Le terre dell'odierno Belgio fino al sec. XVI. - Le più remote tracce di vita umana nelle terre comprese nel Belgio attuale risalgono all'epoca neolitica. Quando i Celti occuparono la regione, con una prima ondata nel sec. VII a. C., con una seconda nel sec. IV a. C., le popolazioni primitive si fusero con le nuove della stirpe belgica, divise in varie tribù. La nuova popolazione, agricola in massima, cominciò tuttavia a dai vita a qualche città; e questo processo si accentuò nei cinque secoli di dominazione romana (v. belgi), pur non raggiungendo mai lo sviluppo urbano della Gallia centrale e meridionale. Le invasioni germaniche arrestarono questo processo nonché quello della romanizzazione della lingua e dei costumi. Le tribù franche ebbero facile gioco nelle regioni nord-orientali, poco popolate e latinizzate di fresca data; qui i Franchi imposero la loro lingua o addirittura furono i primi colonizzatori, onde l'impronta germanica è rimasta tuttora in queste terre. Ma in quelle meridionali-occidentali la latinità si mantenne e i Franchi furono anche qui - come in molti altri paesi - il nucleo non molto numeroso dei dominatori germanici in mezzo a una popolazione latinizzata e anche qui adottarono la lingua dei dominati. Di qui i dominatori franchi con Childerico e Clodoveo si estesero verso la Gallia centrale; e le terre belgiche, che in questo tempo perdettero il loro nome originario per adottare quello attribuito loro dai dominatori merovingi e poi carolingi nelle innumerevoli loro divisioni ereditarie, perdettero anche, con l'unità linguistica, quella certa unità d'istituzioni, di costumi, di destini, che pur avevano avuto sotto la dominazione romana. A ristabilire - almeno in parte - un'unità di vita giovò invece il diffondersi del cristianesimo, fra il sec. IV e il VII, specialmente per opera di missionarî aquitani, fondatori dei numerosi monasteri, nei quali - come fra non molto nei castelli - pare accentrarsi tutta la vita del paese. Tuttavia la vita urbana non è spenta, e sorgono i primi vescovadi, a Tournai e a Liegi. A segnare poi, per i secoli, il destino delle terre belgiche, venne il trattato di Verdun (843) e l'istituzione, artificiosa ma di capitale importanza, della Lotaringia, che comprese le terre ad oriente della Schelda e lasciò le altre alla Francia occidentale (o Francia, senz'altro). In quest'ultime, le più esposte alle terribili incursioni normanne, si costituì la contea, o la marca di Fiandra, i cui titolari non tardarono molto a considerarsi quasi indipendenti dalla corona di Francia; nella Lotaringia, invece, che dal 925 è parte del regno di Germania, si afferma la politica degli Ottoni, favorevoli all'istituzione di grandi feudi ecclesiastici; onde si costituiscono i principati vescovili di Liegi e di Cambrai, ma accanto, e quasi sempre contro di essi, si costituiscono anche le signorie laiche della vecchia aristocrazia locale: le contee del Hainaut, del Brabante, di Namur, del Limburgo, del Lussemburgo, tutte dipendenti con fili molto tenui dal regno di Germania. Del resto i rapporti fra le due parti, la Fiandra e la Lotaringia (Lorena) sono continui e uguale è la vita spirituale nei due paesi: in entrambi le idee gregoriane della riforma ecclesiastica trovano largo favore fra il clero e anche fra la nobiltà, in entrambi la predicazione delle crociate guadagna un numero grandissimo di proseliti di basso e di alto rango, come i Baldovini e Goffredo di Buglione. E a cominciare dal sec. XII, la parte lorenese, ma ancor più la Fiandra, pulsano di vita piena e nuova, e acquistano un'importanza eccezionale nella storia della civiltà europea: le vecchie città si ridestano dalla vita grama dei secoli passati, aumentano di popolazione, si arricchiscono nei traffici e nelle industrie; nuove città (Bruges, Ypres) sorgono negli estuarî e nei canali vicino al mare, che non è più corso dai Normanni; e quelle cittadinanze, industriose, ma turbolente, prendono coscienza dei loro diritti, estorcono privilegi e carte comunali e completa autonomia. È l'epoca della grande storia di questa terra, stretta da un lato dalle cupidigie del re di Francia, che s'infrangono nella giornata di Courtrai (1302), dall'altro dalla pericolosa espansione dei conti di Brabante; turbata da continue contese civili, fra grandi e piccoli mercanti e corporazioni artigiane, trascinata a dover prendere posizione nelle interminabili guerre tra Francesi e Inglesi, mentre ha bisogno di tenersi aperti i mercati inglesi della lana; ma con tutto questo un'epoca di grande ricchezza e di benessere e di grande sviluppo artistico. Intanto, al di fuori di questa tumultuosa politica di comuni, si andava preparando l'unificazione delle varie parti dell'odierno Belgio: politica matrimoniale, e quindi patrimoniale, di signorie feudali contro la politica, essenzialmente commerciale, della città. Nel 1369 la Fiandra passava, come eredità della moglie, al duca di Borgogna, fratello del re di Francia e fra il 1384 e il 1441, tutte le altre parti, l'Artois, il Namur, il Brabante, il Limburgo, il Lussemburgo, il Hainaut e anche l'Olanda e la Zelanda, passavano alla stessa casa di Borgogna, salvo il vescovado di Liegi. Quando nel 1477 moriva Carlo il Temerario, ultimo duca di Borgogna, il re di Francia sperò e tentò di raccoglierne tutta l'eredità: ma l'imperatore Massimiliano, sposo della figlia di Carlo il Temerario, gli guastò i piani: il re di Francia si accontentò della Borgogna, il resto rimase agli Asburgo.
Siamo in pieno Rinascimento: e ancora storici e scrittori non parlano di un Belgio. Nella forma latina sì, il nome appare: presso gli umanisti si comincia a trovare dalla fine del sec. XV, e diviene d'uso generale a partire dal sec. XVI. Così nella Vera et simplex narratio eorum quae.... in Belgio.... gesta sunt di Hannart van Gameren (1578), nel De bello civili belgico di Riccardo Dinotus (1586), nel De iure belli belgici di W. Verheiden (1598), negli Annalium... de bello Gallo Belgico di Gaspare Ens (1606), nei Rerum Belgicarum libri quatuor di Johannes van Meurs (1614), ecc. Ma il nome resta di netta impronta e derivazione classicheggiante: mentre invece di accezione e di uso generale e comune sono i due termini Paesi Bassi e Fiandre, consacrati, l'uno e l'altro, nelle lingue nazionali dagli storici (anche frequentemente usato, nei secoli XV e XVI, è il termine Borgogna, con riferimento non preciso dal punto di vista geografico, ma significativo dal punto di vista politico per il dominio della casa di Borgogna, di cui gli Asburgo non sono se non i prosecutori). Si pensi ai Commentarii delle cose più memorabili seguite... in questi Paesi Bassi, di Ludovico Guicciardini (1566), ai Comentarios de lo sucedido en las guerras de los Payses Baxos, di Bernardino de Mendoza (1592), ai libri Della guerra di Fiandra del cardinal Bentivoglio (1633-1639). Tipico anzi il fatto che, ove si debba tradurre un titolo latino di opera, il nome Belgio sia reso con Paesi Bassi: cosi la Vera Narratio di Hannart van Gameren diviene in italiano la Vera narrazione delle cose passate ne' Paeai Bassi (Milano 1578); la Declaratio causarum, ob quas Belgium gravissimis praemitur calamitatibus di Petrus a Sancto Audomaro (1582) è, in francese, il Discours sur les causes et remèdes des troubles... du Pays-Bas (1585).
Se non che, sotto la denominazione Paesi Bassi si raccolgono non solo i territorî dell'odierno Belgio, ma anche quelli dell'odierna Olanda. Le due unità statali di oggi, come non hanno allora individualità politica, cosi nemmeno individualità nazionale vera e propria, per quanto notevoli e profonde possano essere state le differenze tra le città delle Fiandre (nel senso proprio della parola) e le terre dell'antica contea d'Olanda o del ducato di Gheldria.
Si possono distinguere i Paesi Bassi meridionali da quelli settentrionali: ma il termine comune Paesi Bassi rimane ancora, e vale a dare un'unità almeno formale a terre che dipoi si sono staccate. L'azione accentratrice della casa di Borgogna ha riunito sotto il suo potere i varî blocchi di territorî; Carlo V ha aggiunto ancora una serie di territorî settentrionali, dal 1523 al 1543: la Frisia, l'Utrecht, l'Overyssel, Groninga, la Gheldria e Zutphen; e a sud, con il trattato di Madrid del 1526, Tournai con la sua provincia. Unità politica, sia pure momentanea, di regioni poi divise. Forse che, nella Pacificazione di Gand del 1576, cattolici delle provincie meridionali e protestanti di quelle settentrionali non si accordano per liberare "la patria comune"? Vi corrisponde il concetto e la denominazione generale di Paesi Bassi.
La divisione netta incomincia invece con la seconda metà del sec. XVI: quando cioè i contrasti religiosi, interferenti con la lotta contro il dominio spagnolo, determinano la scissione tra i Paesi Bassi cattolici e quelli protestanti, fra il nord e il sud. In una parola, tra l'odierno Belgio e l'odierna Olanda. E la scissione non sarà più composta, nonostante l'effimera unione dei due stati tra il 1815 e il 1830. Il nome Belgio non appare ancora; il titolo ufficiale del paese sotto la dominazione spagnola è di Paesi Bassi cattolici; ma ormai si comincia a formare, nel fatto, una nuova unità storica. E da questo momento pertanto, si può legittimamente iniziare la storia del Belgio.
Storia moderna del Belgio. - Il tentativo compiuto dal duca d'Alba e dai suoi successori per reprimere i torbidi dei Paesi Bassi era fallito. Gli eccessi delle truppe spagnole ad Anversa e in altri luoghi nel 1576 (furia spagnola) provocarono in quello stesso anno la conclusione della "Pacificazione di Gand" (ad opera degli Stati Generali e degli Stati di Olanda e Zelanda): accordo vòlto a liberare la "patria comune" dal dominio straniero e a permettere la religione protestante in tutte le provincie, almeno provvisoriamente. Ma contrariamente agli sforzi fatti dal principe Guglielmo d'Orange per ottenere un'intesa completa, una reciproca tolleranza tendente ad assicurare ai Paesi Bassi un'indipendenza definitiva, i dissensi fra calvinisti e cattolici si riaprirono a tal segno da facilitare la restaurazione spagnola e da condurre alla definitiva divisione dei Paesi Bassi. Già nel 1579, i cattolici valloni avevano formato tra loro l'Unione di Arras (v.) mentre i protestanti delle provincie del nord e quelli delle principali città della Fiandra e del Brabante si legavano fra loro con l'Unione di Utrecht. Grazie a questa opposizione, l'abile diplomazia e il valore-militare del nuovo governatore generale, Alessandro Farnese, riuscirono a ristabilire l'autorità regale in tutte le provincie meridionali. La religione cattolica vi fu la sola ammessa e migliaia di protestanti abbandonarono il paese per rifugiarsi nelle regioni calviniste del nord che formarono la repubblica federale delle Provincie Unite (Olanda, Zelanda, Utrecht, Frisia, Groninga, Gheldria, meno un quartiere, Drenthe e Overyssel).
Nella lotta fra la Spagna e le Provincie Unite, che durò fino al 1648, i Paesi Bassi meridionali o cattolici furono sacrificati: le forze militari olandesi conquistarono una parte della Fiandra, del Brabante e delle regioni di Oltre-Mosa, mentre, dal 1635, la quarta fase della guerra dei Trent'Anni, nell'Artois, nel Brabante e nel Lussemburgo, metteva alle prese le armate francesi e le spagnole. In seguito a una tregua, la guerra fu interrotta per un periodo che durò solo dodici anni (1609-1621) e che corrisponde alla maggior parte del regno degli arciduchi Alberto e Isabella, figlia di Filippo II, ai quali il re di Spagna aveva ceduto ogni sovranità nel governo dei Paesi Bassi. Era un regime d'indipendenza: ma indipendenza illusoria. In realtà, re Filippo III governava i Paesi Bassi per mezzo di terzi. Fu questo, nel Belgio, il periodo più caratteristico del Rinascimento cattolico. La Compagnia di Gesù ebbe allora il controllo di quasi tutta l'attività intellettuale del paese: nel 1616, uno dei membri della provincia del Belgio, il padre Rosweyde, pubblicò le sue Vitae Patrum, punto di partenza d'una delle più grandi imprese dell'ordine, la celebre collezione degli Acta Sanctorum dei bollandisti. Negli stessi anni circa, l'università di Lovanio compie uno sforzo di rinnovamento; ma, a dispetto della rinomanza che le diede l'insegnamento del grande umanista Giusto Lipsio (v.), questo sforzo non ebbe seguito. Un libero sviluppo del pensiero era reso quasi impossibile; e d'altra parte l'emigrazione protestante aveva privato le provincie cattoliche di una eletta schiera che era andata a mettere i suoi ingegni al servizio delle Provincie Unite. Solo all'arte restava permessa una intensa attività: e basta citare il nome di Rubens (1577-1640), per ricordare quale splendore il Rinascimento cattolico donasse alla pittura fiamminga.
La guerra fra la Spagna e le Provincie Unite finì col trattato di Münster del 30 gennaio 1648. I Paesi Bassi meridionali pagarono le spese della riconciliazione: una parte della Fiandra a sud della Schelda, tutta la parte settentrionale del Brabante, Maastricht e la maggior parte delle regioni d'Oltre Mosa furono cedute alle Provincie Unite, le quali ottenevano inoltre la chiusura della Schelda. Ciò significava uccidere Anversa, così intensamente sviluppatasi nel sec. XVI, a profitto dei porti olandesi. La seconda metà del sec. XVII non fu meno fatale ai Paesi Bassi o Provincie belghe, come si cominciava a chiamarle. Esse sono la causa del conflitto permanente tra il re di Francia, da una parte, Luigi XIV, che non pensa ad altro che ad impadronirsene, e dall'altra le Provincie Unite che vedono in esse un baluardo, una barriera contro la Francia e le difendono insieme con la Spagna. Durante ogni guerra di Luigi XIV, operazioni militari si svolgono in terra belga ch'egli devasta, e ogni pace segna la perdita di qualche territorio. Per il trattato dei Pirenei (1659), la maggior parte dell'Artois, una frazione del Hainaut e del Lussemburgo, Philippeville e Mariembourg; per quello di Aquisgrana (1668), una grossa parte della Fiandra con Lilla a Douai; per quello di Nimega (1678), il resto dell'Artois e altre parti della Fiandra e del Hainaut passano alla Francia. Durante la guerra per la successione di Spagna (1701-1713), i Paesi Bassi meridionali costituirono una delle poste più importanti, e anche questa volta la lotta più aspra si svolse sul loro territorio (vittoria del duca di Marlborough sul Villeroy a Ramillies, 1706). I trattati di Utrecht (1713), di Rastatt e di Baden (1714), della Barriera (Anversa 1715), che misero fine alla guerra, davano alle Provincie belghe uno statuto nuovo: esse passarono dal re di Spagna al capo della casa d'Austria, l'imperatore Carlo VI. Dovevano servire da barriera alle Provincie Unite che acquistavano il diritto di tenere un presidio in un certo numero di città fortificate.
Durante il sec. XVII, la chiusura della Schelda, le guerre continue, l'emigrazione, avevano gettato i Paesi Bassi meridionali in un profondo ristagno economico. Al principio del sec. XVIII, sotto il regno di Carlo VI, il governo incoraggiò vivamente una iniziativa destinata a rianimare il commercio: la creazione della Compagnia delle Indie (1723), destinata a mettere in comunicazione il porto di Ostenda con l'Estremo Oriente, donde il nome di Compagnia di Ostenda che generalmente le vien dato. Ma l'Inghilterra e le Provincie Unite, temendo che questa concorrenza fosse perniciosa alle loro imprese marinare, nel 1727 riuscirono ad ottenerne la soppressione, minacciando altrimenti di non riconoscere la Prammatica sanzione, con la quale l'imperatore istituiva sua figlia Maria Teresa erede dei suoi stati. Peraltro i diritti di Maria Teresa furono contestati; e la guerra per la successione d'Austria si svolse in parte sul territorio belga. Per la vittoria di Fontenoy (1745), i Paesi Bassi meridionali furono dati alla Francia; ma il trattato di Aquisgrana (1748) ristabilì presto lo stato di cose precedente.
I sovrani austriaci, Carlo VI (1711-1740), Maria Teresa (1740-1780), Giuseppe II (1780-1790) furono rappresentati a Bruxelles da governatori, fra i quali il più celebre fu il principe Carlo di Lorena, cognato dell'imperatrice (1744-1780); ma in realtà, il potere era in mano del ministro plenipotenziario, agente diretto dell'amministrazione viennese. Questi plenipotenziarî - fra i quali parecchi italiani: Ercole Turinetti, marchese di Prié, sotto Carlo VI; il marchese Botta-Adorno, sotto Maria Teresa; il conte di Belgioioso, sotto Giuseppe II - fecero grandi sforzi per far rifiorire l'attività commerciale e industriale, svilupparono la rete dei canali e delle strade, protessero, secondo i principî del "colbertismo", la creazione di nuove imprese. Grazie a questa politica, e grazie anche al fatto che durante la guerra navale franco-inglese (1778-1783) l'Austria fu la sola grande potenza neutra dell'Occidente, vi fu nei Paesi Bassi un certo risveglio commerciale e industriale, specialmente nella fabbricazione delle tele di lino e di cotone e nel dominio del commercio di transito. Ma tutti gli sforzi fatti dall'imperatore per ottenere l'apertura della Schelda furono vani.
Con Giuseppe II, anche nei Paesi Bassi meridionali - come in tutti gli altri suoi dominî - trionfano le tendenze del "dispotismo illuminato". Una serie di editti proclamò la libertà di culto (1781) e la soppressione di parecchi conventi (1783); attribuì alle autorità civili la registrazione delle nascite, dei matrimonî e delle morti (1784); creò un seminario generale dove l'istruzione del clero doveva essere sorvegliata dallo stato (1786); separò l'amministrazione e la giustizia, affidandole a funzionarî e a tribunali specializzati aventi una loro gerarchia (1787). Ciò valse a muovere nello stesso tempo il clero - la cui influenza era rimasta preponderante, malgrado la soppressione dei gesuiti nel 1773 -, gli elementi conservatori attaccati alle istituzioni tradizionali, e infine i novatori, urtati dai procedimenti dispotici adottati dall'imperatore per attuare le sue riforme. La lotta fra l'imperatore e i suoi oppositori divenne sempre più aspra fra il 1787 e il 1789, anno in cui, scoppiata la "Rivoluzione brabantina", le forze austriache dovettero evacuare il paese che si costituì in repubblica federativa, sotto il nome di Stati Uniti del Belgio (États Belgiques Unis), con una costituzione che s'ispirava a quella degli Stati Uniti d'America.
Ma gli Stati Uniti del Belgio diedero prova della più totale incapacità di governarsi. Essi furono in preda a una violenta lotta fra i conservatori - detti statisti - partigiani del decentramento, dei privilegi di classe e di stato, delle prerogative del clero, di tutte le tradizioni dell'antico regime, e i progressisti che miravano alla istituzione d'uno stato unitario e di un governo basato sulla sovranità del popolo. Gli statisti capitanati da Enrico van der Noot, ebbero la vittoria; e i progressisti, che erano guidati da Gian Francesco Vonck, dovettero subire una vera proscrizione. Approfittando di questi dissensi e di questa incapacità, le forze austriache, nel 1790, scompigliarono le truppe degli Stati Uniti e ristabilirono l'autorità dell'imperatore Leopoldo II. L'armata austriaca mise fine pure a un'altra rivoluzione, quella di Liegi. Dopo essere stato alleato della Spagna, nel sec. XVI, il principato vescovile, che aveva conservata la sua indipendenza, si era sforzato di mantenersi neutrale durante le guerre del secolo XVII. Nell'interno, i vescovi-principi della casa di Baviera erano riusciti ad imporre un regime monarchico, i cui principî essenziali furono fissati col regolamento del 1684. Ma col crescere della prosperità economica, grazie allo sviluppo dell'industria carbonifera, metallurgica e tessile, le idee democratiche avevano guadagnato la maggior parte della borghesia. Nel 1789, un conflitto fra gli stati del principato e il vescovo-principe di Hoensbroeck, a proposito dei giuochi di 'ìpa, fece scoppiare una rivoluzione che finì con la caduta di Hoensbroeck e con la costituzione d'una repubblica democratica. Ma su richiesta della Camera imperiale di Wetzlar, la più alta autorità giudiziaria dell'impero, le truppe dell'imperatore Leopoldo II rimisero al potere il vescovo-principe nel 1791.
L'anno seguente, nel 1792, avendo la Francia dichiarato guerra a Francesco II, successore di Leopoldo, l'armata francese invase i Paesi Bassi austriaci e la vittoria di Jemappes fu seguita da una prima annessione. Dopo una nuova offensiva austriaca (battaglia di Neerwinden, 1793), l'annessione definitiva delle Provincie Belghe e del Paese di Liegi alla Francia seguì alla vittoria di Fleurus del 26 giugno 1794.
Negli anni che seguirono, la dominazione francese fu particolarmente penosa: lo sfruttamento sistematico del paese, le persecuzioni religiose, le leve di coscritti la resero odiosa a tal punto da determinare nel 1798-99 una sollevazione rurale, duramente repressa (Guerra dei contadini). L'istituzione del consolato, la conclusione del concordato e la restaurazione del culto, poi il regime imperiale ridonarono la pace. Il Belgio dovette al governo francese, oltre che la scomparsa delle ultime vestigia dell'antico regime, la divisione del paese in dipartimenti, donde provennero le odierne provincie, e l'introduzione del codice civile. Napoleone fece sforzi felici per favorire l'industria, specialmente l'industria tessile che si sviluppò assai per l'introduzione del sistema meccanico fatta a Gand da Liévin Bauwens. Oggetto delle sue cure fu anche Anversa, rimessa in comunicazione col mare per l'apertura della Schelda. Ma il blocco continentale e le continue richieste di uomini, che l'imperatore voleva per le sue guerre, gli alienarono tutte le simpatie. Quando nel 1814 l'amministrazione e l'armata francese evacuarono il Belgio, non vi lasciarono rimpianti.
Gli alleati disposero del Belgio e l'unirono all'Olanda, per formare il regno dei Paesi Bassi sotto lo scettro del re Guglielmo I, della casa di Orange-Nassau, costituito definitivamente col trattato di Vienna del 31 maggio 1815. Poche settimane più tardi, la sua armata prendeva parte, sul suolo patrio, alla battaglia di Waterloo (18 giugno) che segnò la caduta definitiva di Napoleone. Il regno dei Paesi Bassi al quale era unito il Granducato di Lussemburgo - che l'atto di Vienna del 9 giugno 1815 aveva fatto entrare nella nuova Confederazione germanica - aveva perduto a favore della Prussia alcune delle frazioni orientali degli antichi Paesi Bassi austriaci, dell'antico principato episcopale di Liegi, dell'antico principato abbaziale di Stavelot Malmédy che, generalmente, nella storia, aveva seguito i destini di quello di Liegi. Per contro, col secondo trattato di Parigi (20 novembre 1815), poté ricuperare dalla Francia alcuni cantoni del paese fra la Sambre e la Mosa, con le fortezze di Philippeville e Mariembourg, e ingrandirsi con l'antico ducato sovrano di Bouillon, staccato nel 1678 dal principato di Liegi e annesso alla Francia nel 1795.
Unito con l'Olanda per formare una barriera contro la Francia, il Belgio poteva trarre vantaggio dall'unione. Il commercio, la navigazione e le colonie della prima formavano un ottimo complemento dell'agricoltura e dell'industria del secondo. Il re Guglielmo I cercò infatti in tutti i modi d'intensificare la vita economica del paese. Alla sua personale iniziativa fu dovuta la creazione della Società Generale (1822), primo grande istituto finanziario del Belgio; e anche personalmente egli intervenne per facilitare lo sviluppo della grande industria metallurgica nel bacino di Liegi (Officine cockerill, a Seraing, 1817). I risultati corrisposero agli sforzi: nel 1830 circa, regnava nel paese una reale prosperità. Nel campo intellettuale, si erano avuti anche serî progressi, specie con la creazione di università di stato a Gand, a Lovanio e a Liegi.
Ma tutti questi importanti vantaggi non impedirono che si andasse formando ed accrescendo un malcontento contro il governo e contro l'unione con l'Olanda. Già fin dal principio del regno, si era verificato un conflitto a causa della costituzione del 1815, che proclamava la libertà di coscienza, libertà tanto più indispensabile in quanto la grandissima maggioranza degli Olandesi era protestante e la quasi totalità dei Belgi cattolica. Il clero aveva combattuto con accanimento questa libertà e il conflitto non si era placato che verso il 1821. Nuove contestazioni sorsero poco dopo. Si rimproverava al governo di riservare gl'impieghi pubblici agli Olandesi piuttosto che ai Belgi, d'imporre l'olandese come la sola lingua ufficiale alle provincie fiamminghe del Belgio (1819,1822), la borghesia delle quali si era man mano francesizzata. Il partito cattolico, che si era formato fin dal 1815, non perdonava al re una serie di misure contro l'insegnamento impartito dalle congregazioni religiose o dal clero secolare (1824,1825), né soprattutto un tentativo, ripetizione di quello di Giuseppe II, per intervenire nella formazione del clero, con la creazione del collegio filosofico di Lovanio (1825). Anche nel partito liberale, nato pur esso poco dopo il 1815 e composto di uomini infervorati di libertà, di sovranità popolare, di supremazia del potere civile, si elevarono delle lagnanze: fu reclamata la libertà di stampa, la restaurazione del giurì, la responsabilità ministeriale. Nel 1828, infine, fu conclusa fra cattolici e liberali l'unione delle opposizioni: ma il re non volle rassegnarsi alle concessioni indispensabili.
Il Belgio dalla rivoluzione (1830) in poi. - Quando il Congresso di Vienna deliberò l'unione del Belgio con l'Olanda, i più avveduti politici, come il Talleyrand, ne previdero il fallimento, che clamorosamente si effettuò, preparato da un biennio di vivaci agitazioni, nel 1830.
Il violento malcontento, al quale fu già accennato, provocato dall'incomprensione olandese degl'interessi belgi, e la diversità delle condizioni storiche, religiose, economiche e sociali suscitarono frequenti incidenti tra Belgi e Olandesi. Alla fine del 1829 l'agitazione era molto forte. Un messaggio reale stigmatizzò l'opera degli agitatori e annunciò una legge restrittiva della stampa, promettendo in compenso concessioni di carattere nazionale. L'assolutismo del sovrano fu accentuato dalle circolari e dalle disposizioni dell'inviso ministro della giustizia Van Maanen. L'opposizione al governo si manifestò alla camera durante la discussione del bilancio. Alcuni deputati, colpevoli di aver partecipato alla lotta parlamentare, furono privati degli uffici e degli assegni (gennaio 1830).
La stampa liberale e cattolica si gettò allora nella mischia, attaccando il re, il governo, l'Olanda. Divennero allora popolari i nomi del Gendebien, del Ducpétiaux, del Nothomb, del Barthels, del Lebeau, del Rogier e, specialmente, di Luigi De Potter, al quale la violenza degli articoli procurò la prigione e un'ammenda. Nella sua Lettre de Démophile au roi il De Potter fece una pungente critica del messaggio reale, sostenendo che il sovrano non era il padrone dei Belgi e dello stato, ma il primo dei Belgi e il più elevato dei funzionarî statali.
Nuove misure reazionarie da parte del governo e la fondazione d'un giornale troppo palesemente e troppo maldestramente ufficioso a Bruxelles, Le National, diretto dal Libri-Bagnano, esasperarono gli animi. I primi sei mesi del 1830 trascorsero senza che la calma tornasse nel paese.
Le notizie della rivoluzione parigina del luglio fecero scoppiare l'incendio. Bruxelles era allora in festa per un'esposizione industriale. La folla poté leggere iscrizioni violente contro gli olandesi, il Libri-Bagnano, il Van Maanen ed eccitarsi alla vista d'un singolare appello alla rivoluzione (Le 23 août: feu d'artifice; le 24 août: anniversaire du roi; le 25 août: revolution). Il governo parve non curarsi di quello che accadeva e non prese alcuna misura di precauzione. La guarnigione era scarsa, l'eccitazione popolare cresceva. Col pretesto del cattivo tempo furono sospesi i fuochi e la luminaria, ma questo accrebbe il malcontento. La rappresentazione della Muta di Portici, l'opera di Auber e di Scribe che ha per sfondo la sommossa napoletana di Masaniello, destò in teatro una vampata d'entusiasmo patriottico. Dal teatro si propagò alla strada, ove l'entusiasmo si mutò in rivoluzione.
Il saccheggio del National, della casa di Van Maanen, degli uffici e delle manifatture furono i primi atti della rivolta. Le autorità deboli e disarmate nulla poterono fare; le milizie insufficienti e disunite dovettero arrendersi. Il 26 il tumulto cittadino divenne un moto nazionale, che, abbattuti gli stemmi regi, ebbe come sua insegna il vecchio tricolore del Brabante, rosso, giallo e nero. L'elemento moderato cercò di venire ad accordi con il re, che si mostrò propenso a concessioni. Ma ormai il popolo non era disposto ad appagarsi di promesse. Gli atti di conciliazione compiuti dai principi reali inviati a Bruxelles furono presi come segni di debolezza. Vane riuscirono le dimissioni del Van Maanen e la convocazione degli Stati generali. L'ingresso in Bruxelles dei liegesi del Rogier, l'affluenza di altri elementi accesi belgi e stranieri condussero le cose agli estremi.
Il comitato di sicurezza pubblica, composto in prevalenza di moderati, fu spazzato via a furor di popolo (20 settembre). In questo momento il re avrebbe potuto riprendere il sopravvento con un'azione decisa. Invece il suo discorso alla sessione straordinaria degli Stati generali fece divampare nuove passioni. Alla sua domanda se fosse necessaria una modificazione degli ordinamenti costituzionali e se si dovessero mutare le relazioni tra le due parti del regno, la seconda camera rispose affermativamente. Ma mentre i deputati deliberavano, in Bruxelles maturavano eventi decisivi.
Alla notizia del trionfo della fazione estremista nella città, il re aveva ordinato al suo secondogenito, principe Federico, di marciare con un esercito alla volta di Bruxelles. Il 23 settembre il principe tentava di entrarvi, ma la disperata resistenza del popolo, la difficoltà di superare le barricate, le gravi perdite sofferte dalle sue truppe, l'obbligarono dopo tre giorni di lotta a ritirarsi. Questo scacco fu irreparabile e fece subito sentire i suoi effetti. La ritirata degli Olandesi determinò un sollevamento quasi generale del paese. Demoralizzate e disorganizzate a causa della diserzione dei militari belgi, combattute e respinte dai corpi volontari che si erano improvvisati con l'insurrezione, le milizie regie evacuarono il territorio, tranne la cittadella di Anversa, Maastricht e Lussemburgo.
Alla fine di settembre, soprattutto con il concorso dell'elemento vallone, battuto l'esercito del principe Federico, si costituì un governo provvisorio, cui parteciparono Luigi De Potter, il giornalista liegese Carlo Rogier, il conte Felice de Mérode, il lovaniense Silvano van de Weyer. In quest'occasione fu scritta dal francese Luigi Alessandro Dechet, detto Jenneval, la Brabançonne. Il governo provvisorio proclamò fin dal 24 ottobre 1830 l'indipendenza del Belgio e convocò un congresso nazionale di 200 membri eletti a suffragio diretto. Riunitosi a Bruxelles il 10 novembre, il congresso cominciò i suoi lavori e il 18 all'unanimità rinnovò la dichiarazione di indipendenza, già fatta dal governo provvisorio. Dopo vive discussioni, l'assemblea si espresse per la monarchia, dichiarando però esclusi per sempre da qualsiasi potere i membri della casa di Orange-Nassau (22-24 novembre). Con questa data ha inizio la storia del Belgio indipendente.
La moderazione del congresso spiacque ai democratici più ardenti. Il De Potter non volle più partecipare al governo e se ne tornò in Francia. L'assemblea, intanto, dopo alcune settimane di discussione emanava la nuova costituzione (7 febbraio 1831).
Le potenze europee avevano rivolt0 la loro attenzione al Belgio, non soltanto per i reiterati appelli del re d'Olanda, quanto per i mutui timori. La Francia seguiva il nascente stato con cupida simpatia; l'Inghilterra ne avrebbe favorito l'indipendenza, se non ne avesse tratto vantaggio la Francia; l'Austria avrebbe voluto tutelare i prìncipî della Santa Alleanza, ma era impegnata in Italia; alla Russia dava molestia l'insurrezione polacca; la Prussia non osava intervenire da sola. La conferenza degli ambasciatori, riunita a Londra, adottò il principio del non intervento, specialmente per merito di Talleyrand, che riuscì ad imporre lo stato belga ad una Europa che non lo desiderava (20 dicembre 1830).
Con i protocolli del 20 e del 27 gennaio 1831 furono sancite le condizioni della separazione del Belgio dall'Olanda e della sua indipendenza. L'Olanda tornò ai confini del 1790; il resto dei Paesi Bassi, meno il granducato del Lussemburgo, assegnato alla Casa di Nassau, formò il nuovo stato belga, che doveva essere perpetuamente neutrale, sotto la protezione delle Potenze. Assegnata al Belgio parte del debito pubblico dei Paesi Bassi, la conferenza decretò che nessun re belga potesse venire riconosciuto se non accettasse le condizioni dei due protocolli e non fosse gradito alle Potenze. I Belgi, delusi nelle loro ambizioni territoriali, protestarono e si cercarono un re. Il 3 febbraio 1831 il congresso eleggeva il secondogenito di Luigi Filippo, Luigi di Nemours, che otteneva 97 voti contro i 74 dati al duca Augusto di Leuchtenberg, primogenito di Eugenio di Beauharnais. Ma la conferenza avvertì i Belgi che non poteva riconoscere come re il duca di Nemours.
Dopo la breve e debole reggenza di Surlet de Chokier, turbata da moti orangisti, il 4 giugno 1831 cinse la corona Leopoldo di Sassonia-Coburgo, prode soldato ed avveduto politico, il cui primo atto fu quello di ottenere la stipulazione del "trattato dei 18 articoli" favorevole al nazionalismo belga (24 giugno). Con questo trattato i due protocolli del gennaio, già dichiarati fondamentali ed irrevocabili, venivano aboliti; il Belgio otteneva che fosse riaperta e discussa in negoziati separati la questione del Lussemburgo e di Maastricht, e che la quota del debito fosse limitata a quella che gli spettava alla data dell'unione. Il 9 luglio, dopo tempestose sedute, il congresso ratificò il trattato, e il 17 il re eletto entrò nel Belgio, accolto entusiasticamente. Fu bene per il Belgio avere alla sua testa in quei difficili primordi un sovrano come Leopoldo, saggio e coraggioso, avveduto e tenace. Nessuno in Belgio credeva che l'Olanda volesse opporsi alle deliberazioni del 24 giugno, e i più s'illudevano sulla possibilità di conservare il possesso del Lussemburgo e di Maastricht.
Ma l'Olanda reagì con impeto singolare: 50.000 uomini varcarono la frontiera e sfasciarono qualsiasi resistenza, prima ancora che fosse organizzata. L'intervento franco-inglese salvò il Belgio; ma la conferenza di Londra fu dura coi vinti. Il 15 ottobre 1831 fu pubblicato il "trattato dei 24 articoli" che annullava quello precedente. Nonostante i vantaggi che a lui derivavano, il re d'Olanda tentò respingere il trattato, ma l'intervento armato della Francia e dell'Inghilterra (1833) e le difficili condizioni economiche dello stato, lo costrinsero ad accettarlo il 14 marzo 1838. Per esso Maastricht e tutto il Lussemburgo, meno la parte occidentale, erano assegnati all'Olanda, in cambio di alcuni distretti del Limburgo; la quota del debito era fissata in modo svantaggioso per i Belgi, e la libertà di navigazione della Schelda veniva sottoposta al pagamento di diritti all'Olanda. L'opposizione belga al nuovo trattato fu assai forte, ma re Leopoldo, che aveva compreso come l'indipendenza del Belgio fosse legata alla sua accettazione, fece di tutto per farlo approvare, giungendo fino a minacciare la propria abdicazione in caso di rifiuto da parte del parlamento.
Non senza tragiche sedute, il parlamento belga ratificò il trattato, e quindi si chiuse il primo periodo della formazione dello stato, sorto non già "per ebollizione di acqua benedetta" (Wilmotte) e nemmeno per una chiara e diffusa coscienza di nazionalità, ma per la giusta intuizione di una minoranza consapevole della funzione del Belgio, diventato così uno stato che, sicuro ormai della inviolabilità dei suoi confini, libero dalle scorie dell'intransigenza rivoluzionaria e delle intese orangiste, poteva tutto consacrarsi alle fervide opere della pace. Dopo otto anni di negoziati e di controversie diplomatiche il trattato divenne definitivo il 19 maggio 1839. E incominciarono subito le lotte dei partiti.
Il partito liberale belga, autoritario, centralizzatore, statolatra, anticlericale, impresse di sé gl'inizî della vita politica belga, dopo un primo periodo di otto anni in cui si cercò di mantenere in vita l'Unionismo con ministeri di coalizione, pronti a risolvere con abili transazioni anche le divergenze più acute (Nothomb, Van de Weyer, De Theux). Il primo ministero liberale fu quello di Charles Rogier e Walter Frère-Orban (8 giugno 1847). L'esercito fu seriamente organizzato; il Hainaut e la valle della Mosa s'infittirono di fabbriche; Anversa diventò uno degli scali più frequentati dell'Europa settentrionale. La rinascita economica fu favorita dal regime libero-scambista; la vita intellettuale era alimentata dalle due università governative di Liegi e di Gand; un'altra a Lovanio si reggeva con i contributi delle casse diocesane; e una quarta a Bruxelles fu fondata dalla massoneria. I turbamenti rivoluzionarî del'48 non scossero il Belgio; il Delíosse, deputato di sinistra, poté dire: "La libertà per fare il giro del mondo non ha bisogno di passare per il Belgio". Sulle rive della Schelda e della Mosa però si risentì la crisi provocata dalla trasformazione politica avvenuta in Francia, e il Rogier la fronteggiò abilmente, con varie iniziative (la cassa generale per le assicurazioni sulla vita, le società di mutuo soccorso, la riforma elettorale, la riforma scolastica per la quale alla concezione famigliare e locale dell'insegnamento fu sostituita quella di funzione di stato). Però col cosiddetto regolamento di Anversa il processo laicizzatore della scuola media fu arrestato dai cattolici, consenziente il nuovo ministero De Brouckere, liberale moderato, cui succedette tosto quello cattolico di Pierre de Decker. Tra i cattolici intanto si svolgeva un processo d'involuzione; nel 1855, appariscono più retrivi che nel 1831. I vescovi erano i condottieri dell'intransigenza. I liberali si disposero ad una battaglia serrata (l'émeute des gants glacés) in occasione della presentazione del progetto di legge sulla libertà della carità, detta anche legge dei conventi (1856), che avrebbe aumentata la potenza e la ricchezza, già grandissime, del clero regolare. I cattolici furono battuti e il partito liberale tornò al potere con Charles Rogier.
Nella politica estera fu sempre grande la personale influenza del re Leopoldo I, che seguì dapprima un indirizzo antifrancese, allorché l'impero napoleonico era ancora debole. La Francia, quando ridiventò influente, non dimenticò tale atteggiamento del Belgio, non potendo tollerare, per la sicurezza dei suoi confini, un Belgio ostile, e l'indipendenza del giovine stato corse serî pericoli, nel 1859 e poco dopo la morte di Leopoldo I, nel 1866. Quando il primo sovrano belga morì (7 dicembre 1865), molti dubitarono della sopravvivenza dello stato, la cui costituzione era stata cementata dall'autorità, abilità, continuità dell'opera del monarca. I servizî resi da Leopoldo I al Belgio, diventato l'Inghilterra del continente nei riflessi industriali, sono unanimente riconosciuti. La saldezza interiore salvò lo stato nel 1866, quando la questione della divisione del Belgio fra Prussiani e Francesi venne in discussione.
Intanto, si rivelavano gravi cause di decadenza in seno al partito liberale, in cui s'era formata un'ala progressista-radicale molto combattiva; si estendeva il moto fiammingo; notevoli opposizioni incontrava il progetto di accrescere l'esercito, nonostante la triste spedizione al Messico nel 1864, e di fortificare Anversa, dove, guidato da Victor Jacobs, sorgeva il meeting, forte partito di opposizione ai progetti militari del Brialmom, sicché le elezioni del 14 giugno 1870 diedero il potere ai cattolici, mentre la vigilanza inglese salvava la neutralità del Belgio contro i cui confini l'esercito francese si trovò schiacciato, senza osare violarli. Grande vantaggio avevano tratto i cattolici dal sorgere del movimento fiammingo. La separazione del Belgio dall'Olanda aveva ridestato il sentimento nazionale tra i cittadini di lingua fiamminga. Tradizioni storiche e interessi economici s'accompagnavano al risorto interesse per la parlata nazionale. C'era stata sempre una netta linea di demarcazione tra il fiammingo e il vallone nei Paesi Bassi meridionali, e un forte movimento di opposizione all'invadenza del francese era sorto sotto la guida di Jan Frans Willems, di H. Conscience e di alcuni altri, estendendosi al Brabante settentrionale e alle Fiandre. Fin dal 1840 si erano avute petizioni per ottenere l'introduzione del fiammingo accanto al francese nella legislazione, nell'esercito, nei tribunali. Negli anni successivi il movimento si era esteso, e le petizioni erano divenute più frequenti, suscitando la opposizione del partito liberale, forte nelle provincie vallone, e di C. Rogier, nato in Francia di madre francese, e nutrito di cultura francese. I Flamingants erano specialmente numerosi nelle regioni dove aveva la sua base il partito cattolico. I voti dei contadini, l'adesione del ceto operaio delle città fiamminghe, la defezione di Anversa e di Gand, che passarono ai cattolici, assicurarono a questi la vittoria nelle elezioni e conseguentemente il governo. La maggioranza conservatrice che aveva dato il potere ai cattolici non si sfaldò che nel 1878, e la sua opera fu sintetizzata nella nota frase di Malou: Nous avons vécu. Scarsa attività, piccola amministrazione, pericolosa tensione diplomatica con la Germania al tempo del Kulturkampf. Poiché le tendenze clericali diventavano sempre più intransigenti, le frazioni liberali costituirono l'unione per l'azione. Con le elezioni dell'11 giugno 1878, la maggioranza passò ai liberali, e il loro capo, Frère-Orban, antidemocratico e anticlericale, formò un gabinetto di moderati e di progressisti e per sei anni resse le sorti del paese. Punto capitale del programma liberale era l'abrogazione della legge scolastica del 1842. Frère-Orban creò il Ministero della pubblica istruzione e fondò le scuole elementari pubbliche e gratuite in ogni comune (luglio 1879), scatenando, mentre un'altra grande battaglia scolastica si dibatteva in Francia, una violenta lotta con i vescovi e con Roma, donde fu richiamato l'ambasciatore mentre a Bruxelles era congedato il nunzio. Le gravi spese per la soluzione del problema scolastico iniziarono il deficit. I cattolici gridarono che per la guerra civile e per il deficit il ministero liberale doveva sparire, in nome dell'interesse generale, e le elezioni del 1884 diedero loro una grande maggioranza.
Il liberalismo era irrimediabilmente sconfitto; i suoi uomini furono attratti, secondo le loro tendenze, o dalla destra cattolica o dalla nuova dottrina socialista, e non poterono più riafferrare il dominio dello stato. I cattolici, sia moderati, come Malou e Beernaert, sia intransigenti, come Woeste, cominciarono la loro opera legislativa, annullando quella dei liberali, specialmente in tema di pubblica istruzione e nei rapporti con la Santa Sede; seppero poi comprendere la gravità e l'importanza dei problemi economici e la miseria del quarto stato. Le rivendicazioni operaie furono patrocinate dall'abate Pottier, da monsignor Doutreloux, con grave scandalo dei clericali e dei grandi proprietarî (le casseforti in delirio), che riuscirono a prevalere, sebbene già il partito socialista avesse destato la coscienza popolare, e iniziate le sue rapide conquiste (E. Vandervelde e J. Destrée. Le Socialisme en Belgique, Bruxelles 1898). Gli scioperi dell'86 indussero il ministero a nominare una commissione del lavoro e ordinare un'inchiesta sulle condizioni dell'industria. Furono documentati enormi abusi; ma i cattolici si contentarono di alleviare parzialmente la miseria operaia, seguendo quella linea di condotta in cui era il segreto della loro forza: una temperante conciliazione, una netta opposizione ad ogni estremismo. Il partito socialista reclamava vivamente l'adozione del suffragio universale e insieme propugnava riforme militari atte a trasformare l'esercito in nazione armata. Quando nell'aprile del 1893 la Camera respinse il suffragio universale, gli operai disertarono le officine e in Bruxelles il re stesso fu accolto con grida ostili; la Camera, temendo una sommossa, cedette. Ma pur consentendo alla sparizione del criterio censuario per l'elettorato, volle limitare gli effetti del suffragio universale con il voto plurimo. Gli elettori salirono da 137.772 a 1.354.891. Le elezioni generali del '94 segnarono la completa disfatta dei liberali, i quali ottennero soltanto 15 seggi, contro 104 dati ai cattolici e 35 ai socialisti, guidati da Vandervelde ed Anseele. La propaganda socialista non impresse però solchi profondi nella coscienza morale del popolo belga. Il nuovo vangelo e gli annunziatori della terra promessa non furono dissimili da quelli degli altri paesi, ad eccezione d'una singolare indulgenza verso i piccoli proprietarî rurali. Il socialismo belga fu soprattutto quello espresso dal poeta delle Villes tentaculaires e delle Campagnes hallucinées, Émile Verhaeren, interprete geniale dei valori e delle tendenze dell'anima popolare. Ma, fatta eccezione per il Tradunionismo inglese, in nessuno stato il socialismo seppe creare un insieme di istituzioni così fiorenti nei campi della cooperazione e della mutualità, elementi di floridezza economica e di temperanza politica, come nel Belgio. Nel 1895 fu istituito il Ministero dell'industria e del lavoro. Nel partito cattolico, la lotta tra i conservatori e le tendenze democratiche non ebbe tregua neppure dopo la condanna dell'estremista abate Daens, che nel collegio elettorale di Alost aveva battuto il Woeste, reazionario tipico; ma la supremazia delle tendenze moderate non era stata da ciò sminuita; gli errori dei liberali, le esagerazioni grottesche dei socialisti respinsero o trattennero nel campo cattolico migliaia di coscienze intimorite. Neppure con l'applicazione della rappresentanza proporzionale, patrocinata dai liberali, la tutela assicurata alle minoranze contro la maggioranza tolse ai clericali la direzione degli affari dello stato.
In questo periodo Leopoldo II, le géant dans un entresol, diplomatico di consumata abilità, riuscì, risvegliando le preoccupazioni umanitarie avverse alla tratta dei negri, a costituire dapprima l'Associazione internazionale africana (1876), poi, dopo il viaggio di Stanley attraverso l'Africa, il Comitato dell'Alto Congo e infine lo Stato libero del Congo (23 febbraio 1885).
Nell'agosto 1889 Leopoldo II, redigendo il suo testamento politico, stabiliva di "legare e trasmettere al Belgio tutti i suoi diritti sovrani sullo stato indipendente del Congo"; ma la Camera il 9 luglio 1890 accolse freddamente la comunicazione dell'importantissimo atto, mediante il quale il re, con magnifica generosità, donava una colonia alla sua patria. L'impresa leopoldina era stata la più notevole e completa svolta nell'Africa tropicale; e la nazione fu più tardi ben lieta di acquistare la sovranità sulle cinque provincie dal Katanga al Kasai (20 agosto 1908), ricche di oro, avorio, caucciù, radio, diamanti, che offrono più di mezzo miliardo all'anno alla madre patria. Quelle regioni furono nel 1925-26 visitate dal principe ereditario, Leopoldo duca del Brabante, che diede un vivo incitamento alla più intensa valorizzazione della colonia.
Agl'inizî del sec. XX due questioni, sociale l'una, militare l'altra assillarono il Belgio, che nel travaglio delle competizioni di classe, nelle discussioni sulla demanialità delle miniere di carbon fossile, nell'elaborazione delle leggi protettrici del lavoro consolidò quella eccellente struttura economica che poteva far dire: tranne il carbone, non abbiamo nulla, eppure siamo, in proporzione, la prima nazione del mondo. La fortunata differenziazione delle due razze che si completano (e il pericolo di una divisione tra fiamminghi e valloni, nonostante la vivacità delle discussioni, pare non abbia serie ragioni di esistere), i molteplici centri di gagliarde energie produttive, la disciplinata e feconda organizzazione del commercio rivelarono tutta la prodigiosa bellezza di un'epoca nuova. La Germania intraprese una conquista pacifica del Belgio, proponendogli un'unione doganale, i cui pericoli furono denunciati al senato, mentre i liberali progressisti, guidati dal Lorand, intuendo come la ricchezza di un popolo neutrale ed inerme fosse incentivo ai rapaci propositi degli stati più forti, seppero ottenere il rafforzamento dell'esercito. Quando la nuova legge sulla coscrizione entrò in vigore, Leopoldo II si spense (17 dicembre 1909): quanto v'era di vero e di men vero nella vita mondana del sovrano, aveva impedito che nel popolo si formasse un'equa valutazione di quanto egli aveva fatto con rara energia per la prosperità economica del paese. Egli non s'era però curato né delle lettere né delle arti, sebbene la sua fosse stata l'età in cui a Carlo De Coster, narratore dell'epopea di Ulenspiegel, a Pirmez, a Potvin erano succeduti nel rappresentare con onore le lettere belghe Giorgio Rodenbach, Edmond Picard, Albert Giraud, Verhaeren e Maurizio Maeterlinck, stretti attorno alla rivista: Jeune Belgique.
Alberto I, salito al trono, seppe attenuare la recrudescenza delle lotte politiche e religiose, mantenendo costituzionalmente al potere i cattolici col De Broqueville. Contro il partito cattolico mossero con i loro programmi i socialisti e i liberali, chiedendo riforme scolastiche ed elettorali. Nel 1913 i socialisti con particolare veemenza cercarono di ottenere un radicale mutamento del sistema di votazione, ma le elezioni del 1914 mandarono di nuovo al parlamento una notevole maggioranza cattolica.
La donazione leopoldina del Congo portò il Belgio a partecipare più vivamente alla politica mondiale. Le ricchezze della grande colonia, la prosperità interna, l'importanza di Anversa, che rivaleggiava già con Amburgo, la situazione strategico-geografica del Belgio imposero al governo di re Alberto di prendere radicali provvedimenti militari, perché per più segni appariva certo che in una probabile guerra europea la neutralità del paese non sarebbe stata rispettata. Fin dal 1912 v'erano state conversazioni tra il capo di stato maggiore dell'esercito belga e ufficiali superiori inglesi sull'eventuale aiuto dell'Inghilterra in caso d'invasione. Una profonda mutazione negli ordinamenti militari e il rafforzamento delle difese di Anversa, di Liegi, di Namur avevano dimostrato fin dal 1913 che il Belgio non si sentiva tranquillo, di fronte a sistematiche dichiarazioni di scrittori e di uomini politici tedeschi. La conflagrazione europea del 1914 fu preceduta da un appello del governo belga alle potenze garanti del trattato del 1839 per dichiarare che il Belgio si sarebbe difeso in caso d'invasione e per invocare l'aiuto degli stati che avrebbero dovuto eventualmente aiutarlo. Il 2 agosto la Germania chiese al Belgio libero passaggio per le sue truppe attraverso il territorio del piccolo stato. Al nobile rifiuto del governo belga, la Germania rispose con l'invasione, già preparata dal suo stato maggiore da anni (v. guerra mondiale). La violazione della neutralità belga costituì il principale movente dell'intervento inglese, e la brutale aggressione e il disprezzo per i trattati (pezzi di carta) determinarono lo schieramento dell'opinione pubblica mondiale contro la Germania. Il patriottismo e l'eroica resistenza dei Belgi, guidati dal loro re, non bastarono a ricacciare gli aggressori, ma contribuirono a ritardare la marcia tedesca, consentendo all'esercito francese, sorpreso strategicamente, di preparare la propria riscossa. A poco a poco tutto il paese, meno una piccolissima porzione, fu occupato dai Tedeschi, che imposero ovunque la dura legge della guerra. Distruzioni di città, esecuzioni sommarie, devastazioni e saccheggi (si pensi alla biblioteca di Lovanio) dapprima, deportazione di cittadini, sfruttamento sistematico della regione poi, caratterizzarono il periodo dell'occupazione tedesca, che provocò la paralisi industriale e l'impoverimento del Belgio. Questo fu trattato come una provincia conquistata e affidato a un governatore militare. Ma nulla riuscì a domare il saldo patriottismo dei Belgi: minacce e lusinghe furono ugualmente inutili. Di fronte allo straniero invasore la nazione eroica si raccolse nel suo dolore e nella sua incoercibile speranza. La grande figura del cardinale Mercier apparve come il simbolo di questa resistenza spirituale.
Mentre il Belgio attendeva l'ora della liberazione, il suo piccolo esercito faceva bravamente il proprio dovere nelle trincee di Fiandra, ove sull'Yser sbarrava al nemico le strade di Calais e di Boulogne. Il governo dell'Unione Sacra, che aveva affratellato tutti i partiti, si era trasferito a Le Havre. La vittoria degli alleati e il trattato di Versailles (28 giugno 1919) diedero al Belgio Eupen e Malmédy, abolendo i trattati del 1839; e gli procurarono una piccola parte dell'Africa orientale tedesca e indennità per le ricchezze distrutte.
Con sorprendente rapidità, all'indomani della guerra, l'alto spirito nazionale dei Belgi provocò una mirabile ripresa di quelle attività che fanno del Belgio una grande società industriale e commerciale, alla cui prosperità tutto il mondo è interessato.
Particolari intese con l'Olanda, per la navigazione della Schelda, e con il Lussemburgo, per il regime ferroviario, giovarono alla ripresa economica (1920), mentre l'alleanza militare con la Francia assicurava i confini. La riforma elettorale del 1919 sostituì al sistema proporzionale quello uninominale, e quella del 1921 diede il voto alle donne. La viva partecipazione alla politica di ricostruzione europea (specialmente alle due conferenze dell'Aia del 1929-1930) si accompagnò ad una fervida vita interna. Affrontati e risolti i più importanti problemi nazionali (nel febbraio 1930 fu data soddisfazione ai Fiamminghi, designando il fiammingo quale lingua ufficiale dell'università di Gand), il Belgio, che rapporti d'interessi, legami culturali e simpatici vincoli sentimentali (nel gennaio 1930 la principessa Maria José andò sposa all'erede del trono italiano) uniscono all'Italia, prosegue sicuro verso le sue maggiori fortune.
Fonti: 1. Grandi collezioni. Le collezioni più importanti di fonti relative alla storia del Belgio nell'età moderna sono: a) le pubblicazioni della Commissione reale di storia (C.R.H.), che comprendono pubblicazioni in −4° (già dette Cronache belghe inedite), in −8° e un bollettino (Bruxelles, 1834 segg.). Esse contengono fonti narrative e diplomatiche relative alla storia del Belgio nel Medioevo e nell'epoca moderna. b) La Collection de mémoires relatifs à l'histoire de Belgique publiée par la Société de l'histoire de Belgique (Bruxelles 1858-1874), che contiene fonti relative alla storia del Belgio dal sec. XVI al XVIII (abbreviazione M. B.).
Dall'inizio del sec. XVI, l'importanza delle fonti narrative, così grande per la storia medievale dei Paesi Bassi, diminuisce notevolmente. Parecchie di quelle che rimangono importanti per la storia del nostro paese sono dovute a stranieri: p. es., Francesco di Enzinas, autore di Memorie (M. B., ed. Campan, Bruxelles 1862, 2 voll.). Altre Memorie, composte da Viglius, Hopperus, Pontus Payen, Del Rio, che nell'esercizio delle loro funzioni si mescolarono agli avvenimenti, ci serbarono memoria della rivolta dei Paesi Bassi contro Filippo II (M.B ., ed. Wauters, Henne, Delvigne, Bruxelles 1858-60-69-71). Le ultime fonti narrative realmente essenziali da segnalare sono costituite da racconti stranieri, dovuti al cardinale Bentivoglio, e si riferiscono alla fine del secolo XVI e al principio del XXVII: Della guerra di Fiandra (Colonia 1635-1640, 3 voll.) e Nuntiature di Fiandra et di Francia (Firenze 1863-75,4 voll.). Al gruppo delle fonti narrative si possono inoltre aggiungete i celebri Mémoires historiques et politiques sur les Pays-Bas Autrichiens a cura di De Neny (Bruxelles 1784, 2 voll.).
II. Fonti diplomatiche ed amministrative. L'importanza di queste fonti cresce a mano a mano che si discende nel corso dei tempi. Una grandissima parte di esse, naturalmente rimasta e destinata a rimanere inedita, dev'essere consultata negli archivî (v. oltre).
Per i secoli XVI, XVII, XVIII, uno dei migliori mezzi di informazione sono le corrispondenze, e specialmente le corrispondenze amministrative o diplomatiche, come le "carte di stato". Per la rivolta dei Paesi Bassi contro Filippo II, si può consultare la Correspondance de Marguerite de Parme (ed. da Reiffenberg, Bruxelles 1842; ed. Gachard, Bruxelles 1867-81,3 voll.; ed. Theissen, Utrecht 1925), i Papiers d'État e la Correspondance del cardinale di Granvelle (ed. Weiss, Parigi 1841-52,8 voll.; e C. R. H. in −4°; ed. Poullet e Piot, Bruxelles 1878-96,12 voll.), la Correspondance di Guglielmo d'Orange (ed. Gachard, Bruxelles 1847-66, 6 voll.) e di Filippo II (ed. Gachard, Bruxelles 1848-79, 5 voll.).
Per il sec. XVII, una delle fonti essenziali è la Correspondance de la Cour d'Espagne sur les affaires des Pays-Bas au XVII.; siècle (C. R. H., in-4°, ed. Lonchay, Cuvelier e Lefèvre, Bruxelles 1923-1926; pubblicati finora 2 voll.). Per il sec. XVIII, e soprattutto per ciò che si riferisce all'epoca che precede la rivoluzione brabantina, non si hanno testimonianze più importanti delle corrispondenze di Maria Teresa, Giuseppe II e Leopoldo II con i loro governatori generali, i loro ministri o altri agenti sottomessi alla loro autorità (a cura di von Arneth, Flammermont, Beer, Brunner, Wolf, Schlitter) e della Correspondance des ministres de France d Bruxelles de 178o à I790 (C. R. H., in −4°, ed. Hubert, Bruxelles 1920-24,2 voll.). Infine i documenti e le corrispondenze ufficiali o private riunite da Colenbrander sotto il titolo Gedenkstukken der Algemeene Geschiedenis van Nederland (L'Aia 1905-1922, 22 voll.).
III. Fonti giuridiche. Sono riunite nella Collection des Anciennes Coutumes de la Belgique (in −4°) e nel Recueil des anciennes ordonnances de la Belgique (in-folio), pubblicati ambedue dalla Commissione reale delle antiche leggi e ordinanze del Belgio. Si veda anche il bollettino della detta commissione.
IV. Archivî.1. In Belgio: a) deposito centrale degli archivî generali del Belgio, a Bruxelles; b) un deposito d'archivî di stato in ciascuno dei capiluogo delle nove provincie; c) un deposito d'archivî comunali in parecchie città; d) tra gli archivî ministeriali, solo quello del ministero degli affari esteri è organizzato ed accessibile al pubblico per i documenti sino al 1870. In questi varî depositi esistono inventarî di un gran numero di fondi. Parecchi di questi inventarî sono stampati.
2. All'estero, i principali depositi interessanti la storia del Belgio sono: a) a Roma, gli archivî vaticani; b) in Francia, gli archivî nazionali a Parigi, gli archivî dipartimentali del nord a Lilla; c) in Spagna, gli archivî di Simancas; d) in Austria, gli archivî di stato a Vienna; e) nei Paesi Bassi, il Rijksarchief all'Aia. Altri depositi stranieri possono, sussidiariamente, fornire fonti interessanti: p. es. certi depositi italiani (Parma, Venezia, Napoli), inglesi (Public Record Office, Londra). Inoltre, in generale, gli archivî dei ministeri degli affari esteri della maggior parte dei paesi europei
Bibl.: L'opera capitale è l'Histoire de Belgique di H. Pirenne (Bruxelles, voll. 6, pubblicati fino al 1830; I, 5ª ed., 1929; II, 3ª ed., 1922; III, 3ª ed., 1923; IV, 3ª ed., 1927; V, 2ª ed., 1926; VI, 1ª ed., 1926). Ne esistono buoni riassunti di F. van Kalken, Histoire de Belgique (2ª ed., Bruxelles 1924); H. van der Linden, Vue générale de l'histoire de Belgique, Parigi 1918, migliore però nell'edizione inglese: Belgium, The making of a nation (Oxford 1920); L. van der Essen, Esquisse d'une histoire de Belgique, Lovanio 1926; un Atlas de Géographie Historique de la Belgique, diretto da L. van der Essen, Bruxelles e Parigi, dal 1919. Si può consultare anche un Album Historique de la Belgique di H. van der Linden e H. Obreen, Bruxelles 1910. Per i personaggi che ebbero parte nella storia del Belgio, si consulterà la Biographie Nationale pubblicata dall'Accademia reale del Belgio. Per le fonti e la letteratura storica, v. la 3ª ed. della Bibliographie de l'Histoire de Belgique di H. Pirenne, con la collaborazione di H. Obreen e H. Nowé, Bruxelles 1930; F. Rachfahl, Wilhelm von Oranien u. der niederländische Aufstand (I, II, Halle 1906-1908; III, L'Aia 1924); H. Lonchay, La rivalité de la France et de l'Espagne aux Pays-Bas, Bruxelles 1896; F. van Kalken, La fin du régime espagnol aux Pays Bas, Bruxelles 1907; A. Poncelet, Histoire de la compagnie de Jésus dans les anciens Pays-Bas, voll. 2, Bruxelles 1926-28; L. van der Essen, Une institution d'enseignement supérieur sous l'Ancien régime. L'université de Louvain, Bruxelles 1921; M. Huisman, Essai sur le règne du Prince Évêque Maximilien Henri de Bavière, Bruxelles 1899; P. Harsin, Les relations extérieures de la principauté de Liége de 1688 à 1718, Liegi e Parigi 1927; L. P. Gachard, Histoire de la Belgique au commencement du XVIIIe siècle, Bruxelles 1880; M. Huisman, La Compagnie d'Ostende, Bruxelles 1902; H. van Houtte, Histoire économique de la Belgique à la fin de l'Ancien Régime, Gand 1920; P. Bonenfant, La suppression de la Compagnie de Jésus dans les Pays-Bas Autrichiens, Bruxelles 1925; E. Hubert, Le voyage de l'Empereur Joseph II dans les Pays-Bas, Bruxelles 1900; A. Borgnet, Histoire des Belges à la fin du XVIIIe siècle, Bruxelles 1861-62, voll. 2; id., Histoire de la révolution ligeoise, Liegi 1865, voll. 2; S. Tassier, Les démocrates belges de 1789, Bruxelles 1930; P. Verhaegen, La Belgique sous la domination française, voll. 5, Bruxelles e Parigi 1922-29; C. Terlinden, Guillaume I, roi des Pays-Bas et l'Église Catholique en Belgique, Bruxelles 1906, voll. 2; F. van Kalken, Histoire du Royaume des Pays-Bas et de la Révolution Belge de 1830, Bruxelles 1924. Per il nome Belgio cfr. G. Kurth, Notre nom national, Bruxelles 1910; L. van der Essen, Notre nom national, in Revue Belge de Philologie et d'Histoire, 1925.
Dalla rivoluzione in poi, v. M. Wilmotte, La Belgique morale et politique (1830-1900), Parigi 1902; P. Verhaegen, La lutte scolaire en Belgique, Gand 1905; H. Charriant, la Belgique moderne, Parigi 1911; P. Hymans, Frère-Orban, Bruxelles 1911, voll. 2; J. J. Thonissen, La Belgique sous le règne de Léopold I, Lovanio 1920, voll. 3; L. de Lichtervelde, La Monarchie en Belgique sous Léopold I et Léopold II, Parigi e Bruxelles 1921; E. Vandervelde, Le Parti ouvrier belge (1885-1925), Bruxelles 1925; E. Corti e C. Buffin, Léopold I, oracle politique de l'Europe, Bruxelles 1926; L. Bertrand, Histoire de la démocratie et du socialisme en Belgique depuis 1830, 2 voll., Bruxelles 1906-1907; L. Hymans, Histoire parlamentaire de la Belgique, Bruxelles 1905-06; E. Vandervelde et J. Destrée, Le socialisme en Belgique, Bruxelles 1898; P. Hamélius, Histoire politique et littéraire du mouvement flamand, Bruxelles 1894; Histoire de la Belgique contemporaine, 1830-1914, voll. 3, Bruxelles 1928-1930.
Letteratura.
Poiché una trattazione speciale è dedicata alla letteratura fiamminga e, d'altra parte, della letteratura francese del Belgio si parla trattando della letteratura francese, importa qui soltanto indicare quale legame esista fra esse, e in quale misura si possa affermare che esse costituiscono una letteratura belga. Questo termine non deve esser preso troppo alla lettera. Non esiste infatti una letteratura belga nel senso in cui esiste una letteratura italiana. In primo luogo, perché le manca l'unità della lingua; in secondo luogo perché, nell'insieme, i due popoli che compongono il Belgio non si sono finora interamente fusi e amalgamati, ma conservano ancor sempre ciascuno le caratteristiche fondamentali della loro individualità. Tuttavia, la vita in comune attraverso secoli, l'influenza centralizzatrice della capitale, gl'incroci per quanto rari, le relazioni continue, li hanno evidentemente raccostati; le correnti sociali che li hanno modellati hanno creato fra loro delle affinità reali, e certi tratti comuni ne attenuano le differenze: cosicché si può parlare, se non di un'anima belga, di una coscienza belga.
D'altronde bisogna considerare che la capitale è bilingue, e che anche in paese fiammingo una parte della popolazione parla soltanto o di preferenza il francese. Numericamente, questa frazione non comporta che una piccola minoranza, circa il 3%; ma poiché appartiene soprattutto alle classi colte, esercita una grande influenza. Mentre al contrario gli elementi fiamminghi della Vallonia, del resto molto meno numerosi, sono costituiti soprattutto da operai o da contadini immigrati, e non influiscono affatto sull'aspetto generale della civiltà di quella regione.
Gli scrittori fiamminghi fanno uso della stessa lingua degli scrittori olandesi, ed è innegabile che essi sono uniti con vivi legami ai loro confratelli dei Paesi Bassi. Ugualmente, gli scrittori francesi del Belgio costituiscono una provincia della Francia letteraria. Se si tien conto quindi solamente della lingua, non si può stabilire una divisione netta né al nord, né al sud. Ma se si tien conto dello spirito, si osserva che la maggior parte degli scrittori di lingua fiamminga si differenziano dagli scrittori olandesi, e che un buon numero almeno degli scrittori belgi di lingua francese si distinguono, per differenze notevoli, dagli scrittori di Francia. Molti di loro sono, d'altronde, fiamminghi. Inoltre è facile riconoscere più d'una caratteristica comune alle due letterature belghe, e anche, almeno per gli ultimi periodi, un certo parallelismo nella loro evoluzione.
Sarà utile schizzare questa evoluzione a grandi linee, per insistere in seguito sui punti di contatto.
Al principio del sec. XIX non esisteva più in Belgio una letteratura degna di questo nome. L'annessione della Fiandra ai Paesi Bassi settentrionali (1815-1830), suscitò un risveglio della poesia fiamminga, risveglio ancora assai debole, che testimoniava più buona volontà che genio; però questi germi poterono svilupparsi dopo che la Fiandra fu separata dall'Olanda dalla rivoluzione del 1830, e fu costituito il regno del Belgio. Ci si sarebbe potuto aspettare il contrario, visto che il governo centralizzatore aveva dichiarato il francese la sola lingua ufficiale; ma a questa reazione contro il fiammingo si oppose un'altra corrente, che crebbe rapidamente e non cessò di guadagnare terreno. Dopo il 1830 nacque infatti tutta una nuova letteratura fiamminga con il fecondo romanziere Henry (Hendrik) Conscience (1812-1883), del quale poté dirsi che "insegnò a leggere al suo popolo", e i poeti Ledeganck (1805-1847), Van Duyse (1804-1859), T. Van Ryswyck (1811-1849) che formano l'epoca romantica. Il periodo che va dal 1850 al 1880 circa appare orientato verso un maggior realismo, e un maggior vigore dello stile. Accanto al realismo timido e sentimentale di Conscience sorse difatti allora quello meno indulgente di Sleeckx (1818-1901), mentre la forma poetica si raffinò, anch'essa accostandosi sempre alla realtà, con Dautzenberg (1808-1869) e Jan van Beers (1821-1888), per non citare che i nomi principali. Di questa generazione, solo un'opera è rimasta oggi più viva che mai: quella di Guido Gezelle (1830-1899), la quale, finalmente, è poesia pura, pura espressione musicale dell'anima. Gezelle era un prete fiammingo-occidentale. Egli fece subire alla lingua un rimaneggiamento completo: preoccupato della naturalezza, vi incluse elementi del suo dialetto, la rese pieghevole e ricca di sfumature, come nessuno aveva fatto prima di lui. I suoi versi cantano la sua fede e tutti gli aspetti della sua terra nativa con un fervore, una freschezza, un accento personale, una ricchezza d'immagini nuove, una delicatezza di ritmi che oggi hanno fatto riconoscere unanimemente in lui il poeta più grande, più delicato e più originale della Fiandra. Le sue prime raccolte di versi vanno dal 1858 al 1862; disgraziatamente una crisi intima lo ridusse al silenzio per più di venti anni, e la sua influenza cominciò soltanto negli ultimi anni della sua vita. Ciò che colpisce l'attenzione in questo sviluppo della letteratura fiamminga nel corso di questi cinquant'anni è il suo crescere con la forza delle cose naturali, necessarie; il suo germogliare da tutto un popolo, del quale riflette con sempre maggiore ricchezza i più diversi aspetti.
Invece, durante tutto questo periodo la produzione francese rimase sporadica. Gli unici poeti che si elevarono al di sopra della mediocrità sono Th. Weustenraad (1805-1849) e André van Hasselt (1805-1874), nati ambedue a Maestricht, paese di lingua olandese. Poco apprezzata dai contemporanei, la loro opera ha oggi poco più che un valore storico. Nobile è la fisionomia intellettuale e morale del prosatore Octave Pirmez (1832-1883), un solitario, le cui riflessioni sulla vita son piene di melanconia rassegnata. Ma il vero precursore fu Charles De Coster (1827-1879). Il suo Vlenspiegel (1867), vasto poema in prosa, scritto in un francese saporito, qua e là venato d'arcaismo, epopea focosa e pittoresca, incarna così bene lo spirito di libertà e di rivolta, che è diventato una specie di Bibbia nazionale, quantunque il suo autore in vita rimanesse isolato e sconosciuto: era venuto troppo presto in un ambiente intellettuale ancora troppo povero.
Tuttavia, verso il 1880, i segni precursori di una rinascenza si moltiplicano, e il centro di gravità comincia a spostarsi. Da una parte, nella letteratura fiamminga, la pulsazione di vita rallenta: essa si mantiene, in generale, sulla linea della tradizione, le sorprese vi si fanno rare: il poeta Alberto Rodenbach (1856-1881), che recava grandi promesse, morì all'età di ventiquattro anni; dopo di lui Pol de Mont (nato nel 1857) allargò arditamente il campo della poesia, ma bisogna riconoscere che la sua opera è più brillante che profonda; Virginie Loveling (1836-1923) e Reimond Stijns (1850-1905) indirizzarono la novella e il romanzo verso un verismo più sincero, ma senza tuttavia riuscire a liberarsi dal convenzionalismo d'uso. Dall'altra parte invece, nella letteratura francese rimasta prima così sonnolenta, si assiste all'improvviso sboccio di tutto un gruppo di notevolissimi ingegni. Il loro organo principale fu la rivista Jeune Belgique fondata nel 1881 da Max Waller. Basterà qui citare qualche nome tra i più importanti e significativi fra i prosatori, prima i decani Edmond Picard (1836-1924) e Camille Lemonnier (1844-1913), quindi Georges Eekhoud (1854-1927), Eugène Demolder (1862-1919); fra i poeti Georges Rodenbach (1855-1898), Emile Verhaeren (1855-1916), Iwan Gilkin (1858-1926), Albert Giraud (nato nel 1860), Chaerles van Lerberghe (1862-1907), Max Elskamp (nato nel 1862), Albert Mockel (nato nel 1866), Fernand Severin (nato nel 1867).
Questo cambiamento che diede, per un paio di generazioni, un'assoluta supremazia alla letteratura francese, è strettamente legato alla preminenza della lingua francese nell'insegnamento.
In Belgio l'intellettualità si era singolarmente sviluppata nel periodo di prosperità che seguì la guerra franco-prussiana del 1870. Sempre più larghe masse si accostavano al mondo della cultura, e si aprivano meglio all'azione delle grandi correnti dello spirito moderno. Ora, l'insegnamento medio lasciando soltanto un posto infimo alla lingua fiamminga, e l'insegnamento universitario essendo completamente in francese, anche la letteratura si sviluppò prevalentemente in francese. È degno di nota il fatto che la maggior parte degli scrittori della Jeune Belgique furono fiamminghi d'educazione francese. La letteratura fiamminga era uscita specialmente dal popolo, in ogni modo era rimasta sempre vicinissima al popolo, vivendo più spontaneamente che come vera manifestazione artistica. In un mondo più elevato doveva cedere il passo alla letteratura francese.
Ma un fenomeno inverso doveva prodursi una quindicina d'anni dopo. Il movimento fiammingo s'era sviluppato; misure legislative diedero una maggiore importanza allo studio del fiammingo nelle scuole medie, e gli scrittori fiamminghi usciti dalle classi colte si fecero più numerosi. Così si produsse una rinascita analoga a quella della Jeune Belgique, che ebbe per organo principale la rivista Van Nu en Straks (Cose d'oggi e di ieri) fondata da Augusto Vermeylen nel 1893, e una nuova fioritura di poesia ne nacque. Per una fortunata coincidenza, anche il vecchio Guido Gezelle, come se anch'egli fosse stato "tocco da questi effluvî di primavera", uscì dal suo silenzio, e compose i suoi migliori poemi; e mentre dei letterati francesi della generazione che seguì quella della Jeune Belgique (citiamo, per esempio i narratori Maurice des Ombiaux, nato nel 1868, Louis Delattre, nato nel 1870 e Edmond Glesener, nato nel 1874), nessuno riuscì più a uguagliare la celebrità che i loro predecessori avevano raggiunto, un folto gruppo di autori fiamminghi si veniva a poco a poco costituendo, fra i quali non pochi, largamente noti tanto in Olanda quanto in Fiandra, sono in tutto degni di stare a fianco degli scrittori francesi della generazione precedente. Tra i nomi maggiori, si possono ricordare quelli dei prosatori: Cyriel Buysse (nato nel 1859), Stijn Streuvels (1871), Maurice Sabbe (1873), Fernand Toussaint (1875), Herman Teirlinck (1879), Lode Baekelmans (1879), Ernest Claes (1885), Felix Timmermans (1886); e quelli dei poeti: Prosper van Langendonk (1862-1920), Alfred Hegenscheidt (1866), Karel van de Woestyne (1878), Jan van Nijlen (1879) e Firmin van Hecke (1884).
Nel momento attuale, la produzione è abbastanza abbondante così nel campo francese come in quello fiammingo; ma non ci troviamo ancora a sufficiente distanza per giudicare di scrittori recenti, né, in uno schizzo rapido come questo, si può tener conto d'ingegni non ancora interamente formati.
Ci rimane ora da stabilire quel che v'è di propriamente belga nelle due letterature.
Anzitutto è evidente che per certi caratteri generali lo spirito della letteratura fiamminga si differenzia nettamente da quello della letteratura olandese. Dalla fine del sec. XVI, le due frazioni del gruppo olandese hanno seguito diversi sviluppi, dovuti a civiltà differenti. L'Olanda ha goduto di un'altissima cultura, che non ha mai subito soluzione di continuità: e la sua letteratura ha l'aspetto che poteva darle un'aristocrazia borghese: è più impregnata di intellettualità, più disciplinata, più colta; il suo "realismo intimo" la ravvicina alla pittura olandese di genere del sec. XVII. La letteratura fiamminga invece ha radici più popolari, un realismo meno riflesso, più abbandono ed esuberanza, il gran gesto alla maniera di Rubens, l'istinto del colore che canta, più muscoli e più sangue. D'altronde, anche quando la letteratura fiamminga, nel corso della sua evoluzione, ha raggiunto un più alto contenuto spirituale, s'è mantenuta sempre fedele alla sanità semplice e spontanea che viene dal popolo; e quello che, insomma, costituisce l'originalità di Gezelle, di Streuvels e di Timmermans, è l'aver saputo associare tanta arte raffinata a un ritmo così naturale. Bisogna aggiungere che la letteratura fiamminga ha subito in modo più costante e più profondo l'influenza della letteratura francese, e che, in generale, la frase fiamminga è meno complicata, meno carica d'incisi che la frase olandese.
Quanto alla letteratura belga in lingua francese abbiamo già detto che molti degli scrittori furono fiamminghi. I caratteri che abbiamo indicato ora come proprî della letteratura fiamminga si ritrovano a ogni passo anche nelle loro opere; e questo è un tono che nella letteratura francese spesso assicura loro un posto particolare. Già Van Hasselt si era provato a comporre con una metrica basata, come nelle lingue germaniche, più sull'accento che sul numero delle sillabe, e il procedimento fu in seguito illustrato da Verhaeren meglio che da ogni altro. L'opera di Charles De Coster è talmente fiamminga, che l'autore ha volutamente usata una lingua arcaica per trovare l'ingenuità e il colore pittoresco con cui voleva accostarsi all'immaginazione fiamminga. Il francese di Lemonnier, e ancora più quello di Verhaeren, con il suo movimento dinamico, la sua accentuazione violenta, le sue truculenze, le sue pezze di colore, è tutt'altra cosa dal francese dei romanzieri e dei poeti di Francia. Così Max Elskamp s'è fatto una lingua sua, quasi infantile, che sembra un adattamento della canzone popolare fiamminga.
Anche quando la lingua è puramente francese, non lo è sempre l'atteggiamento spirituale. Non è qui il caso d'insistere sui narratori locali, che dipingono gli aspetti e i costumi della loro città o del loro villaggio: non è tanto il soggetto nazionale che conta, quanto il modo particolare di vedere e di sentire. L'ispirazione regionale è tuttavia qualche volta evidente, come nei narratori valloni del Hainaut (per es. Des Ombiaux e Delattre), la cui dolce, spirituale e leggiera bonomia rispecchia una caratteristica dello spirito di quelle popolazioni, o nei poeti valloni di Liegi (per es. Albert Mockel), la cui fluida musicalità, dai contorni imprecisi, risente forse qualche influsso germanico.
Così anche parecchi altri, abbiano scritto in francese o in fiammingo, presentano generalmente, in diverso grado, caratteristiche d'indubbia parentela. E sono precisamente le caratteristiche che abbiamo indicate prima come fiamminghe: il gusto del colore (si pensi alla forte tradizione della pittura fiamminga), l'attaccamento sensuale alla materialità della vita, combinato in modo meraviglioso col senso di mistero che s'indovina dietro questa materialità. Per quanto siano fra loro dissimili, questo tratto è comune anche a Verhaeren, Van de Woestyne, Gezelle, Maeterlinck (questi tre ultimi nutriti d'altronde del misticismo di Ruysbroek). Alcuni poemi di Van de Woestyne hanno esattamente lo stesso splendore di toni saturi e lo stesso brivido d'infinito che caratterizza certi poemi di Verhaeren, come alcuni racconti di Demolder procedono dalla stessa visione che alcune narrazioni di Timmermans; e Baekelmans è spesso vicinissimo a Eeckhoud.
Le affinità spirituali di questi scrittori ci autorizzano dunque sufficientemente a parlare d'una letteratura del Belgio. Tuttavia, se si guarda la realtà in tutte le sue sfumature, bisogna evitare il pericolo di dare a questa letteratura belga un carattere nazionale troppo strettamente delimitato, che essa non possiede ancora.
Bibl.: Oltre le opere che si riferiscono in modo speciale alla letteratura fiamminga o francese del Belgio, vedi: P. Hamelius, Introduction à la littérature française et flamande de Belgique, Bruxelles 1921; La letteratura olandese e fiamminga (1880-1924), antologia a cura di G. Prampolini, con prefazione di G. Prezzolini, Roma 1927.
Arti figurative.
Dal punto di vista dell'arte il Belgio è un piccolo territorio che come la Toscana e la Grecia ha contribuito molto più di grandi imperi ad arricchire il tesoro comune dell'umanità.
Origini. - Non è nostra intenzione risalire alle epoche preistoriche, nonostante che nella grotta di Magritte del fiume Lesse sia stata trovata una figura di donna piccola e informe, che è uno dei più antichi tentativi di scultura; che le cave di Spiennes presso Mons abbiano dato degli arnesi di selce, e che talvolta nelle armi e negli utensili delle età della pietra, del bronzo e del ferro si riveli una certa pretesa estetica, un certo spirito sommario di ornamentazione e di decorazione. Questo non è che un balbettare, comune a tutta l'Europa.
La conquista di Giulio Cesare impose alle diverse tribù belghe la civiltà romana, di cui rimangono vestigia interessanti, strade e monumenti (Porta Nigra a Treviri); le invasioni successive dei Franchi lasciarono al Belgio armi e gioielli (conservati nel Museo di Namur). Ma per quanto questo periodo archeologico possa essere interessante, vi si cercherebbe invano l'annunzio dei tempi successivi; si dovrà aspettare che i popoli autoctoni si amalgamino con gli elementi romani e franchi, prima di poter parlare di un popolo a sé. Questo popolo, dopo aver subito dure prove, nasce alla civiltà sotto Carlomagno. Comunemente si chiama rinascimento carolingio quest'epoca, in cui rifioriscono le arti e la letteratura antiche, in cui s'innalzano chiese e monasteri, in cui il musaico, la miniatura e gli avorî riprendono una tradizione che si credeva ormai spenta (v. carolingia, arte). Ma converrà attendere fino al sec. XIV per avere sentore d'un'arte fiamminga.
Architettura. - Per cominciare a costruire non si aspettò di avere artisti originali. Come quasi dovunque, l'architettura precedette nel Belgio le arti della pittura e della scultura: prima fabbricare, poi abbellire. Ed è la fede cristiana che, di mano in mano conquistando i popoli, promuove la costruzione delle chiese e dei monasteri, che vengono innalzati secondo le regole allora dominanti in tutta l'Europa, nello stile romanico. Il tempo compie poi le sue distruzioni, ma il Belgio possiede ancora bei monumenti del Medioevo, più o meno ben conservati o trasformati: la cattedrale di Tournai, le chiese di Notre-Dame e di Saint-Servais a Maestricht, Notre-Dame-de-Pamèle a Audenaarde, le chiese di Lobbes presso Charleroi, di Celles presso Dinant, di Saint-Séverin en Condroz, le rovine di Saint-Bavon a Gand, il chiostro di S. Gertrude a Nivelles, ecc.
Intanto per questi edifizî religiosi vi sono scultori orefici che cesellano reliquiarî o fonti battesimali, v'è una scuola mosana di smalto anteriore a quella di Limoges. Sono celebri Renier di Huy, Goffredo di Claire, Nicola di Verdun, Ugo di Oignies (reliquiarî di Visé, di Maestricht, di Tournai, di Nivelles, ecc.).
Scuola fiamminga. I primitivi. - Alla seconda metà del sec. XIV ecLo che finalmente compariscono i primi saggi di un'arte matura. I messali e i libri di preghiere si arricchiscono di miniature che giungono a un raro grado di perfezione; Tournai diviene il centro per la fabbricazione di monumenti funerarî. Un grande artista, Andrea Beauneveu di Valenciennes, è miniatore e scultore; un pittore di Ypres, Melchiorre Broederlam, lavora per Filippo l'Ardito duca di Borgogna, mentre Giovanni di Bruges disegna i cartoni degli stupendi arazzi dell'Apocalisse che adornano la cattedrale di Angers. Qua e là compaiono influenze italiane (senesi e fiorentine) trasmesse senza dubbio per mezzo di Avignone.
Ma allo spuntare del sec. XV compariscono quasi miracolosamente i fratelli Uberto e Giovanni van Eyck. Essi sono i protagonisti della scuola fiamminga, della quale è difficile indicare i limiti territoriali, perché questi oltrepassano quelli della Fiandra e anche del Belgio presente. Il loro capolavoro comune, giacché i critici non sono riusciti finora a mettersi d'accordo su ciò che spetta a ciascuno di essi, è il gran polittico noto col titolo dell'Adorazione dell'Agnello, ora tutto ricostituito a Gand nella cattedrale di Saint-Bavon. I musei del Belgio, e in particolare quelli di Anversa e di Bruges, conservano altri quadri dei Van Eyck, che pur non avendo l'importanza dell'Adorazione dell'Agnello, son tuttavia capolavori paragonabili a quelli che custodiscono altri grandi musei d'Europa (Parigi, Londra, Berlino, Dresda, Francoforte, Torino, Vienna, ecc.).
Contemporaneo dei Van Eyck è il maestro di Flémalle, che cadde nell'ingiusto oblio di cui furono vittime nei secoli XVII e XVIII i pittori del XV. Le sue opere principali si trovano nel museo Staedel di Francoforte, e un'altra, anch'essa importante, l'Annunciazione, nella collezione privata della contessa de Mérode, in Belgio, ma non è visibile al pubblico; altri quadri dello stesso maestro si trovano nel Museo del Prado a Madrid. Qual come attribuire a questo maestro? Pur trattandosi di una questione alquanto controversa, varie ragioni c'inducono a credere che si tratti di Roberto Campin di Tournai. Petrus Christus passa generalmente per uno scolaro di Giovanni van Eyck, ma si ricollega per lo meno altrettanto col maestro di Flémalle.
Nei secoli XIV e XV Tournai fu con Valenciennes e Mons un centro d'arte attivo e interessante. I registri della corporazione dei pittori ci fanno sapere che lo studio di Roberto Campin formò due scolari: Giacomo Daret e Roger de la Pasture (1399-1464) conosciuto sotto il nome di Roger van der Weyden (traduzione fiamminga del cognome de la Pasture).
Il primato nella scuola fu contrastato a Roger da Ugo van der Goes di Gand (1445-1482). Un altro artista di Gand, Giusto, trionfò alla corte di Urbino.
Roger ebbe due scolari, Thierri Bouts (v.) di Lovanio e Hans Memlinc di Bruges, che pur sentendo ambedue l'influsso degli esempî del maestro, manifestarono ben presto una spiccata personalità. Memlinc è tutto tenerezza e soavità, Bouts è realista, secco e angoloso. Così dell'uno come dell'altro, il Belgio ha conservato le opere principali.
Gerardo David (1450-1523) succede al Memlinc nel favore da cui quest'ultimo era circondato a Bruges. Ma verso la fine del sec. XV lo splendore di Bruges diminuisce a poco a poco: i marinai e i mercanti l'abbandonano per Anversa, e gli artisti, adattandosi a queste nuove condizioni economiche, vanno a stabilirsi nella città che prospera, ove trovano da occuparsi. E così alla prima metà del sec. XVI Quintino Metsys di Lovanio (1466-1530), Gioacchino Patenier di Dinant, Enrico Bles di Bouvignes, Giovanni Gossart (v.) di Maubeuge (1462-1533), formano in Anversa, come dice il Mabuse, una costellazione abbagliante, circondata da astri di minore grandezza.
Nelle opere del Metsys, del Mabuse, e di altri loro contemporanei spesso si scorgono i riflessi del Rinascimento italiano; e più evidenti ancora sono questi riflessi in Bernardo van Orley o Bernardo d'Orlet (perché l'ortografia è incerta) di Bruxelles (1497-1542) che fu pittore di Margherita d'Austria e di Maria d'Ungheria. Con lui i pittori vanno sempre più perdendo i caratteri proprî dell'arte settentrionale. Come potevano resistere alla seduzione di un Leonardo da Vinci e alla brillante fioritura del Rinascimento italiano? Due pittori invece resistono agl'influssi dell'arte del mezzogiorno: Gerolamo Bosch (1450-1516) e Pietro Brueghel il Vecchio (1525-1569), ambedue tipici artisti fiamminghi. Ma dopo il Brueghel l'ispirazione nazionale, non v'ha dubbio, è esaurita: i pittori fiamminghi cedono all'attrattiva straniera, e comincia la decadenza. Il liegese Lombart, che troviamo nella sua città natale nel 1539 o 1540, è il capo della scuola dei romanisti, che con la loro estetica fredda e dotta arrestano per lungo tempo l'ispirazione fiamminga (v. fiamminga, arte).
Architettura ed arti minori. - Bruxelles, Audenaarde e Tournai producono arazzi decorativi. Non si hanno notizie precise sulle origini dell'arazzo nel Belgio, la cui arte raggiunse un altissimo grado e per parecchi secoli doveva diffondersi attraverso tutta l'Europa. Sembra però che i laboratorî di Parigi siano stati anteriori a quelli belgi. Gli arazzi dell'Apocalisse, presentemente ad Angers, furono eseguiti da Nicola Bataille nel 1376 sui cartoni di Giovanni di Bruges, pittore di Carlo V. La protezione che il fratello di questo re, Filippo l'Ardito duca di Borgogna, accordò alle fabbriche di Arras, fu validissima, e la loro produzione fu così abbondante, che dal nome della città di Arras derivò quello di "arazzo", con cui in Italia sono chiamati questi lavori, qualunque ne sia la provenienza. L'arazzo con la leggenda di S. Piat e di S. Eleuterio nella cattedrale di Tournai, che porta la data del 1402, è uno dei migliori saggi dell'arte dell'arazzo in Arras. Poi Tournai rivaleggiò con Arras. Finalmente le fabbriche di Bruxelles, per le quali lavorò Van der Weyden e dopo di lui Van Orley (Cacce di Massimiliano), nei secoli XV, XVI e XVII produssero molte opere magnifiche svoltesi parallelamente alla pittura (v. arazzo). Quest'arte, una volta così coltivata, viene ora esercitata solo occasionalmente da artisti isolati (p. es. la signorina Dubois).
I laboratorî di Bruxelles e d'Anversa fabbricavano in gran numero le pale per altare in legno scolpito, dorato o policromato, per chiese e cappelle. Allo stesso tempo le arti delle vetrate, dell'oreficeria, del ferro battuto, del rame sbalzato, dello stagno, della pietra arenaria producevano lavori pregevoli per la purezza dello stile e la perfezione dell'esecuzione.
Questo periodo dei primitivi (1350-1550), così splendido per la pittura, vide sbocciare una magnifica fioritura nel campo delle altre arti. Lo stile gotico a poco a poco aveva preso il posto del romanico nell'architettura. Alla cattedrale di Tournai viene aggiunto un coro; le grandi abbazie di Saint-Bavon, Afflighem, Lobbes, Orval eVillers, fondate nei secoli precedenti, sono restaurate ed ingrandite nel nuovo stile. Alcune chiese, come Sainte-Gudule a Bruxelles, Sainte-Waudru a Mons, S. Salvatore a Bruges e molte altre, fanno fede così del fervore dei fedeli come della prosperità del paese. I comuni, fieri delle loro libere immunità, innalzano torri e costruiscono palazzi municipali (Bruxelles, Audenaarde, Lovanio).
Notevoli i delicati alabastri di J. Du Broeucq a Mons, del secolo XVI.
Rinascimento fiammingo. Rubens e i suoi contemporanei. - Dopo il periodo alquanto sbiadito dei romanisti e degl'italianeggianti, sorge un'epoca di splendore; un grande artista ritrova l'ispirazione nazionale e l'esalta approfittando pure degli ammaestramenti stranieri: Pietro Paolo Rubens (1577-1640; v.) la cui opera è la più vasta che si conosca. Gli si attribuiscono duemilacinquecento quadri, quasi tutti di grandi dimensioni, che sono sparsi nelle collezioni d'Europa e d'America. Parecchi di questi si conservano nel Museo di Bruxelles, e fra essi due capolavori, La salita al Calvario e il Martirio di San Liévin; anche le chiese e i musei di Anversa possiedono alcuni suoi quadri, per es. la celebre Deposizione dalla Croce. I quadri del Rubens, per il maestoso splendore del colorito delle carni e delle stoffe opulente, hanno qualcosa di gioiosamente festivo e sono l'esaltazione d'una vita attiva e serena.
Antonio van Dyck (1599:1641; v.) fu il collaboratore e il migliore allievo di Rubens. Egli fu uno dei più insigni maestri del ritratto. La sua influenza fu grandissima sull'arte inglese e su quella francese del sec. XVIII. Le sue opere principali si trovano in Inghilterra, ma alcune se ne ammirano pure nei musei del Belgio e dell'Italia.
Giacomo Jordaens (1593-1673; v) fu anch'egli allievo del Rubens e lo seguì nell'esaltazione dell'esistenza materiale: banchetti e comitive allegre e rumorose. Questo artista può essere pienamente apprezzato nel Museo di Bruxelles.
Questi tre grandi artisti illustrano la scuola fiamminga del Rinascimento, ma non bastano a riassumerla. Intorno a loro i pittori si aggruppano numerosi, ma all'opposto di Rubens, che aveva un genio universale, essi si specializzano volentieri in un solo genere: De Crayer (1582-1669) dipinge soggetti religiosi, Snyders (1579-1657) animali, cacce e frutti, Cornelio de Vos (1584-1651) ritratti, Teniers (1610-1690) feste in campagna, Brauwer (1605-1638) tipi popolari; e Così tanti altri, dei quali molti poco noti, le cui opere riempiono ora i musei del Belgio: Bruxelles, Anversa, Gand, Bruges, Liegi.
Tutto questo periodo caratterizzato dal Rubens è ancora una bella era; il gotico, dopo essersi caricato di ornati fino all'estremo lascia il posto allo stile del Rinascimento, che poi devia nello stile barocco. Uno scultore di Liegi, Giovanni Delcour, ha una grazia incantevole, che deve, almeno in parte, al Bernini.
Gli arazzi, le vetrate, i mobili seguono il ritmo generale dell'epoca.
Il sec. XVIII. - Fu un secolo meno splendido del precedente: Gerardo de Lairesse e il Verhaegen per la pittura, Lorenzo Delvaux e Godechartle per la scultura, le porcellane di Tournai, le maioliche di Bruxelles e i mobili di Liegi per le arti minori fanno sì ch'esso non sia completamente oscuro. Fu del resto un periodo politicamente ed economicamente molto infelice, e bisognerebbe aspettare la rivoluzione del 1830 per poter notare una nuova fioritura dell'arte.
Nel momento in cui il Belgio si costituisce in nazione indipendente, sembra che un nuovo soffio rianimi le sue energie artistiche che il sec. XVIII aveva assai infiacchite; e per tutto il sec. XIX la libertà politica favorisce una prodigiosa prosperità industriale e commerciale, nonché lo sviluppo culturale e artistico che ha trovato la sua espressione in opere veramente notevoli.
Durante questo tempo la pittura belga si svolge con un ritmo analogo a quello della pittura francese: la vicinanza immediata dei due paesi doveva necessariamente creare una certa somiglianza, e le doti proprie dell'arte francese del sec. XIX dovevano essere apprezzate in modo speciale dai Belgi confinanti. Ma queste somiglianze non significano imitazione; l'arte belga conserva maniere originali, anzi le conserva molto più di altre scuole d'arte che nel sec. XIX perdettero in parte le loro caratteristiche nazionali.
Nel 1830 a Bruxelles, come a Parigi, sono alle prese i classici e i romantici. La tradizione di Ingres e di David è rappresentata da F.G. Navez di Charleroi (1787-1869), che ci ha lasciato alcuni ritratti meravigliosi, mentre al Salon del 1830 un giovane pittore di Anversa, G. Wappers (1803-1874), segnava una vera rivoluzione con un suo quadro storico. Navez non ebbe continuatori, almeno della sua maniera classica; Portaels, suo genero, che gli succedette nella direzione dell'Accademia di Bruxelles, lasciò ai suoi scolari, come del resto aveva fatto Navez, la più ampia libertà, e questo insegnamento eclettico permise che si formassero ingegni molto diversi, che costituirono la gloria della scuola nel suo secondo periodo. La pittura storica per un quarto di secolo attirò gli artisti, sedusse gli amatori, fu incoraggiata dalle autorità pubbliche. Le sue composizioni laboriose, perché son sempre di dimensioni enormi, non sono più di gusto nell'epoca nostra e ci sembra che ingombrino i nostri musei; duriamo fatica a comprendere l'entusiasmo che suscitarono le opere di N. de Keyser (1813-1887) d'Anversa, di Luigi Gallait (1810-1887) di Tournai, di A. Wiertz (1806-1865) di Dinant. Quest'ultim0, il più ardente e il più romantico di tutti, lasciò in legato il suo studio allo stato, che ne fece un museo speciale.
A questa scuola appartiene un grande artista, il barone Enrico Leys (1815-1869) d'Anversa, che decorò mirabilmente il palazzo municipale della sua città nativa. E finalmente notevole tra i suoi contemporanei è il paesista T. Fourmois (1814-1872) di Presles nel Hainaut.
Intorno al 1860 la fisionomia dei Salons andò modificandosi a poco a poco. I famosi maestri della pittura storica videro impallidire il loro astro dinanzi all'affluire dei nuovi venuti, i quali, pur differendo assai tra di loro, avevano un pensiero comune, ispirandosi più direttamente alla natura. Per valersi di termini più comunemente usati, ai romantici succedettero allora i naturalisti. Non si pensava più a far rivivere scene del passato: se l'insieme della composizione ci perdeva, la vita ci guadagnava; la tecnica era meno corretta, ma più larga e più calda.
Siamo all'epoca splendida del ritrattista Liévin de Winne (1822-1880) di Gand; del pittore d'interni eleganti e un po' manierati Florent Willems (1823-1905) di Liegi; dei due fratelli Stevens di Bruxelles, di cui il maggiore, Giuseppe (1822-1892), si dedicò quasi esclusivamente a dipingere cani, e l'altro, Alfredo (1824-1906), fu celebre per aver espresso le grazie femminili del secondo impero; di Carlo De Groux (1825-1870) di Comines, evocatore malinconico di scene popolari; di Luigi Dubois (1830-1880) di Bruxelles, talvolta emulo di Courbet; di Costantino Meunier (1831-1905) di Bruxelles, che doveva poi abbandonare la pittura per trionfare nella scultura; di Feliciano Rops (1833-1898) di Namur, che fu uno dei grandi maestri dell'acquaforte in Europa; d'Ippolito Boulenger (1837-1874) di Tournai, paesista impareggiabile; di Alfredo Verwée (1838-1895) di Bruxelles, che dipinse le dune fiamminghe e paesaggi con mucche; di Enrico de Braekeleer (1840-1888) d'Anversa, pittore di ricchi interni; di Emilio Wauters nato nel 1846 a Bruxelles, di cui è conservato nel parco del Cinquecento il rinomato Panorama del Cairo; di Saverio Mellery (1845-1921) e di tanti altri. Si può vedere dai varî luoghi di nascita di questi artisti appartenenti a regioni sì diverse, che gl'ingegni si sono aperti in ogni parte del paese. Quando nel 1880 il Belgio celebrò il cinquantesimo anniversario della sua indipendenza, la magnifica esposizione, alla quale presero parte 337 pittori con 967 quadri, fu una specie d'apoteosi della scuola belga.
Ma già fin d'allora altre tendenze si manifestavano. Nel 1883 si fonda il "Circolo dei XX" che dieci anni appresso si amplia nella Libre Esthétique. I naturalisti vedono ricominciare contro di loro la lotta ch'essi avevano intrapreso contro i romantici. Sorgono gl'impressionisti, i luministi, i puntisti, i macchinisti: il bisogno d'una nuova liberazione è sentito da tutti. Nel 1871 Luigi Dubois redigeva l'Art Libre e nel 1893 Ottavio Maus era alla direzione della Libre Esthétique. Il grido di guerra è quasi sempre lo stesso: è sempre in nome della libertà che si rivendica il diritto alla novità, alla reazione contro le formule che, dopo essere state una volta nuove, con l'abitudine e con la ripetizione hanno finito per stancare. Tuttavia le esposizioni annuali dei "XX" e della Libre Esthétique, completate da audizioni musicali e da conferenze, non provenivano da un sistema determinato; tutte le manifestazioni vi erano accolte, purché apportassero del nuovo. Con gl'inviti che il circolo faceva agli artisti stranieri, si teneva all'avanguardia e metteva un po' d'amor proprio nel rivelare ingegni sconosciuti.
Tra i "XX", troviamo Felician0 Rops e Costantino Meunier della generazione precedente. Théo van Rysselberghe (1862-1926) applica felicemente il processo della divisione del tono in decorazioni graziose; James Ensor si afferma come uno dei maestri belgi più vigorosi negl'interni, nelle nature morte e nei dipinti fantastici e burleschi; Ferdinando Khnopff (1858-1921) sotto l'influenza dei preraffaelliti disegna composizioni misteriose; Guglielmo Vogels (1838-1896) è uno dei maestri del paesaggio impressionista; Giorgio Lemmen (1865-1915) colloca figure di donna in mezzo a decorazioni gustose.
Tra questi pittori ormai scomparsi citeremo anche il pittore conosciuto per i paesaggi dell'Ourthe, Augusto Donnay (1862-1922), il quale fu uno dei più caratteristici ed originali artisti del Belgio.
Enrico de Groux (1866-1930) figlio di Carlo, i paesisti Heymans e Gilsoul, i pittori di contadini Leone Frédéric e Laermans aderivano tutti, più o meno, al movimento facente capo alla Libre Esthétique, perché altri circoli, come l'Essor e Pour l'Art, riunivano altri artisti più con vincoli di amicizia e di cameratismo che con quelli di scuola artistica vera e propria. Nei primi anni del sec. XX la scuola belga era veramente notevole e ricca e accoglieva un numero molto grande di egregi ingegni.
Emilio Claus (1849-1924) dava ai paesaggi della Lys un'impronta di emozione, mentre Jacob Smits (1855-1928), quantunque nato a Rotterdam, esaltava più che chiunque altro il paese di Campine.
A. G. Wauters, fratello di Emilio, nel terminare la sua Histoire de la peinture flamande, verso il 1883, scriveva: "Rimane vuoto solamente il posto più alto: alla scuola manca un artista veramente grande, che sdegnando i lavori frammentarî, cerchi di raggiungere audacemente e grandiosamente lo spirito del secolo. Non vi sono forse i cantieri di Anversa, i laboratorî di Seraing, le fonderie di Liegi, le miniere di carbone, gli alti forni, le vetrerie? E quando dunque vedremo comparire l'opera robusta che farò entrare nella grande pittura l'anima del secolo XIX?" Il Wauters faceva un appello, ma non vi era né un pittore né un giovane artista che dovesse rispondervi.
Costantino Meunier areva più di cinquant'anni, quando in uno dei primi saloni dei "XX" espose il suo Puddleur assis; fino allora era stato un pittore pregevole, ma nella scultura si affermò con maggiore successo. Come il Wauters aveva preveduto, furono gli aspetti della vita industriale, sorgente nuova e moderna di ispirazione, che gli rivelarono quali energie per l'arte fossero proprie del suo genio. Egli fu lo scultore dell'operaio del nostro tempo: lo rappresentò, eroico nel suo sforzo, con la grandezza delle statue antiche. Facchini, lavoratori del maglio, carbonai, vetrai, cavapietre, pescatori o contadini, isolati o a gruppi, furono per lui soggetti di bronzi destinati alle piazze pubbliche; poi li riunì tutti in quella sintesi meravigliosa che è il Monumento al Lavoro. Così nell'arte belga del sec. XIX Costantino Meunier occupa il posto più alto.
Accanto al nome del Meunier dovrebbero essere citati molti altri nomi di scultori, e particolarmente quello del Lambeaux (1852-1908), in cui sembrò che rivivesse l'anima di Jordaens, e quello del barone Vinçotte (1850-1925).
Al tempo stesso fioriva l'architettura. Sotto il regno di Leopoldo II, grande edificatore premuroso del decoro cittadino, furono innalzati il babilonico palazzo di Giustizia (Poelaert), il Museo delle belle arti di Bruxelles (Balat), il Palazzo reale (Vanderstraeten), la Casa del popolo in Bruxelles (Horta).
Poi sopravvenne la guerra con l'occupazione tedesca: più di quattro anni d'angoscia e di silenzio, durante i quali tutta la vita nazionale sembrò sospesa. Ma appena passata la tormenta, il paese volle riprendere lo slancio con tanto maggiore intensità, quanto più era stato privato delle sue attività normali. Tra i pittori i più si tennero alla tradizione, altri, cubisti, espressionisti, surrealisti, si riconnettono all'avanguardia francese. Si formò il gruppo della "Giovane pittura belga", che tra i primi rivendicò James Ensor e Valerio de Sadeleer. Il più geniale sembra il Permeke di Ostenda; ma tra tutti gli artisti viventi belgi non v'è un caposcuola; tra venti o trenta non v'è un nome che s'imponga. La loro attività non si svolge solamente nella capitale, e se non vi sono scuole, esistono però centri locali: ad Anversa lavorano Opsomer e Hens; a Liegi, sotto l'impulso di Rassenfosse, artisti valloni, tra i quali M. Mambour; a Laethem Saint-Martin presso Gand il Servaes e lo scultore Giorgio Minne; a Malines Van de Woestyne; nel Hainaut a Charleroi il pittore del paesaggio industriale Pietro Paulus e a Mons il Carte, a tendenza patetica; e molti altri.
Un insigne scultore è V. Rousseaux; il Lagae e il Rombaux lo seguono molto da vicino. Del Devreese e del Bonnetain abbiamo medaglie eccellenti.
Architettura contemporanea. - Tre grandi nomi di architetti primeggiano alla fine del sec. XIX, sotto il regno di Leopoldo II: Balat, Poelaert e Beyaert. A loro si deve la maggior parte dei monumenti ufficiali di cui quel re incoraggiò la costruzione. Ma già verso il principio del sec. XX diversi artisti cercavano uno stile nuovo, che fosse più conforme alle condizioni della vita moderna, e si liberavano da ogni imitazione. Vitt. Horta con la Casa del popolo a Bruxelles e coi grandi magazzini, Paolo Honkar, Ottavio van Rysselberghe e Enrico Vandevelde, esprimevano tendenze nuove, più apprezzate dai privati che dalle autorità pubbliche. A questi nomi va aggiunto quello di Serrurier-Bovy, ebanista d'arte, di cui fu grande l'influenza. La fama di questa scuola modernista oltrepassò le frontiere del Belgio, e l'estero riconobbe in varie circostanze che l'ispirazione del rinascimento dell'architettura era d'origine belga. Nel 1913 l'architetto Van de Voorde si distingueva edificando il Palazzo dell'esposizione di Gand.
Venne la guerra, periodo di distruzione, e dopo i quattro anni terribili bisognò ricostruire città intiere, come Lovanio, Dinant e Ypres. È noto che il magnifico insieme della Grand'Place di Bruxelles si deve al bombardamento del maresciallo di Villeroi; ma questa volta non sembra che la ricostruzione delle città devastate dia risultati altrettanto felici. Nel 1919 cominciò la ricostruzione ma non si seguì un piano, volendosi solo ristabilire ciò che prima esisteva. I gusti diversi dei privati e dei loro architetti, presi alla sprovvista, furono rispettati e ne risultò un insieme incoerente, soprattutto nelle città lungo la costa belga. Tutto è nuovo, stridente, spesso pieno d'ostentazione, e non sostituisce davvero l'attrattiva che le antiche costruzioni avevano acquistato con la patina del tempo. Non bisogna però condannare tutto in blocco, perché molti giovani architetti in questa occasione hanno potuto dar prova del loro ingegno; ma sarebbe forse prematuro dire fin d'ora se vi sono stati successi e indicarli in particolare. Edifizî civili e religiosi, città-giardino, grandi magazzini, grandi caseggiati, case private; come indicare qualcosa tra tante opere? E gli architetti sono innumerevoli. In capo a tutti va sempre V. Horta, al quale sono dovuti i piani del Palazzo delle belle arti a Bruxelles, inaugurato nel 1928. Basta passeggiare per le vie della capitale per scorgere gli elementi di uno stile ben diverso da quello del secolo precedente e caratterizzato da masse geometriche, semplicissime, prive d'ogni ornamento, da ampie aperture per la luce e dall'uso di materiali moderni, il ferro e il cemento.
Arte popolare e contadinesca. - Non v'è posto in questo schizzo per l'arte popolare o delle campagne, perché nel Belgio mancano quelle manifestazioni dell'arte popolare ingenua e spontanea, che si trovano nelle regioni lontane dai grandi centri. Forse alcune se ne potrebbero segnalare, ma le si vedrebbero quasi sempre confuse con le manifestazioni dell'arte industriale o decorativa, sì splendide dopo il sec. XV e ancora sì interessanti ai giorni nostri; manifestazioni che influirono sulle arti della stampa, della rilegatura, del vestiario, dell'ammobigliamento, della vetreria, del ferro battuto, delle maioliche e ceramiche, del merletto, dell'arazzo, delle carte colorate, della danza, della musica, nonché sulle processioni, sui cortei, sulle rappresentazioni drammatiche, ecc. Si potrebbe anche scorgerle negli oggetti d'uso giornaliero; quelli scomparsi o presso a scomparire sono stati raccolti nei due musei folkloristici di Anversa (vita fiamminga) e di Liegi (vita vallona), ma in essi l'elemento artistico è solamente occasionale ed accessorio.
Musei. - I musei d'arte antica e d'arte moderna a Bruxelles e ad Anversa sono tra i più belli del mondo; notevoli anche quelli di Bruges, di Gand e di Liegi. E molti altri musei nel Belgio meritano di essere visitati (v. Leclerq, Repert. des Musées belges d'art et d'hist., Anversa 1927). Il museo d'antichità più importante è quello detto del Cinquantenario a Bruxelles, con la fondazione egittologica sotto il patronato della regina Elisabetta.
V. tavv. CXIX-CXXXII.
Bibl.: Pittura: Oltre alla Biographie nationale, publiée par l'Acad. royale de Belgique, v. L. de Laborde, Les ducs de Bourgogne, 1849; Mgr. Dehaisnes, L'Art dans l'Artois, la Flandre et le Hainaut avant le XV siècle, Lilla 1866; P. Clemen, Belgische Kunstdenkmäler, Monaco 1923; Van den Branden, Geschiedenis der Antwerpsche Schilderschool, Anversa 1878-1883; C. van Mander, Het Schilderboeck, 1604 (traduzione francese di H. Hymans), Parigi 1884; M. Rooses, Rubens, sa vie, ses oeuvers, Parigi 1886-1892, voll. 5; A. J. Wauters, La Peinture flamande, in Bibliothèque de l'enseignement des Beaux-Arts, Parigi 1890; G. Hulin de Loo, Catalogue critique de l'exposition des primitifs flamands à Bruges en 1902; R. Muther, La peinture belge au XIX siècle (traduz. francese di Jean de Mot); F. Gevaert, Les primitifs flamands, Bruxelles 1909; C. Lemonnier, La peinture belge, Bruxelles 1906; id., la renaissance septentrionale et les premiers maitres des flambres, Bruxelles 1915; J. Weale, Hubert and John van Eyck. Their life and work, Londra 1908; G. H. de Loo, Les heures de Milan, Parigi 1911; J. Mesnil, L'art au Nord et au Sud des Alpes à l'époque de la Renaissance: études comparatives, Bruxelles 1911; M. Rooses, Flandre, nella Collection Ars Una, s. a.; Sir M. Conway, The van Eycks and their followers, Londra 1921; E. Verlant, La peinture ancienne à l'exposition d'art belge à Paris en 1923, Bruxelles 1924; G. van Zype, l'Art belge au XIX siècle, Parigi 1923; A. Goffin, L'art religieux en Belgique, Parigi 1924; M. J. Friedländer, Die altniederländische Malerei, di cui sono stati pubblicati: I. Die Van Eyck - Petrus Christus, Berlino 1924; II. Rogier van der Weyden und der Meister von Flémalle, ivi 1924; III. Dierick Bouts und Joos van Gent, ivi 1925; IV. Hugo van der Goes, ivi 1926; V. Geertgen und Bosch, ivi 1927; VI. Memling und Gerard David, ivi 1928; F. Winkler, Die altniederländische Malerei, Berlino 1924; E. Verlant, La peinture ancienne à l'exposition del 'art belge à Paris, Bruxelles 1924 M. Dvořak, Das Rätsel der Kunst der Brüder van Eyck, Monaco 1925; M. Dvorak, Das Rätsel der Kunst der Brüder van Eyck, Monaco 1925; F. Winkler, Die flämische Buchmalerei des XV. und XVI. Jahrhunderts, Lipsia 1925; G. Van Zype, Rubens. L'homme et l'oeuvre, Parigi 1926.
Una bibliografia abbastanza completa dell'arte fiamminga del sec. XVII si trova in A. Michel, Histoire de l'Art, VI, Parigi 1921, p. 399 segg. Vedi anche Fierens-Gevaert e Laes, Catalogue de la peinture ancienne au Musée royal des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles 1927. Vedi pure la piccola collezione intitolata Les Grands Maîtres, che si pubblica a Bruxelles dal 1925 e che contiene: C. Bernard, Van Dyck; J. Destrée, Van der Weyden; M. Devigne, Van Eyck; H. Coopman, Jordaens; J. Destrée, Van der Goes; G. Eekhoud, Teniers; A. Goffin, Memlinc; A. Delen, Metsys; G. van Zype, Brueghel.
Scultura: E. Marchal, Les chefs-d'oeuvre de la sculpture et de l'orfèvrerie belges, Bruxelles 1895; E. Edtling e F. Snyders, La sculpture belge contemporaine, Berlino 1903; A. de Lagrange e L. Cloquet, Études sur l'art à Tournai, 2 voll., Tournai 1887-1888; R. Dupierreux, La sculpture wallonne, Parigi-Bruxelles 1914.
Architettura: M. Devigne, Catalogue de la sculpture au Musée royal des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles 1912, voll. 4; P. Parent, L'Architecture des Pays-Bas méridionaux (Belgique et Nord de la France) aux XVI, XVII et XVIII siècles, Parigi 1926.
Musica.
Il Belgio si trova per la sua posizione geografica alla confluenza delle correnti dei paesi germanici e dei paesi latini. Le due razze che l'abitano sembrano, nella musica, aver avuto per eredità il senso dell'architettura polifonica, del colorito armonico, e del ritmo. I musicisti nati tra la Somme e il Reno hanno esercitato sull'Europa intera una specie di egemonia musicale, tra il 1450 e 1550 circa (v. Fiamminga, musica). Gl'illustri maestri venuti di là furono a quell'epoca ricercati da tutti i principi d'Europa, e dominavano sulle scuole musicali italiane, come alla corte dei signori tedeschi. L'importanza storica di un Dufay, di un Ockeghem, di un Josquin Després, di un Adriano Willaert, di un Cipriano di Rore, di un Orlando di Lasso, non è minore di quella di un Van Eyck, di un Memlinc, di un Van der Weyden, dei Breughel, di un Rubens nel campo della pittura.
È da osservare anzitutto che tutti questi maestri hanno passato lunghi anni in Italia. Se l'ambiente musicale italiano agì su di loro, è vero d'altro canto che l'importanza p. es. di Adriano Willaert e di Cipriano di Rore (nato a Malines) fu, specialmente nella storia del madrigale italiano, considerevole. Questi grandi artisti fiamminghi o valloni hanno saputo trarre partito, fino all'estremo limite, dall'invenzione della polifonia moderna, iniziata dai maestri francesi e fiorentini dei sec. XII e XIII. Hanno insegnato all'Europa intiera, prima di cedere l'egemonia all'Italia.
Dopo il Cinquecento la musica decade nel Belgio, malgrado la celebrità conseguita nel sec. XVIII da alcuni musicisti come Loeillet, di Gand, o Defesch, d'Anversa. I più illustri maestri belgi della fine del Settecento, Grétry e Gossec, ci appaiono come trapiantati vivendo a Parigi e usando uno stile molto francese, malgrado gl'italianismi che abbondano p. es. nelle graziose opéras comiques di Grétry.
Bisogna far qui osservare che Beethoven è di origine fiamminga, essendo suo nonno paterno originario di Malines. Il Closson ha attribuito a queste origini alcuni tratti del carattere di Beethoven, che non sono forse tipicamenie tedeschi: soprattutto il suo furioso spirito d'indipendenza.
Dal 1830 al 1850, nel Belgio, come in Francia e in Italia, in onore è solo l'opera teatrale e soprattutto quella detta grand opéra. Da questa data viene sviluppandosi anche il culto per l'arte corale. La moda delle società corali, soprattutto maschili, importata dalla Germania, si diffuse rapidamente, e il Belgio è anche oggi uno dei paesi dell'Europa dove il canto corale è più fiorente.
Si sa come una scena de La muta di Portici di Auber, desse, nel 1830, il segnale dell'insurrezione che doveva liberare il Belgio. Il duetto Amour sacre de la patrie, ripetuto in coro da tutta la sala, fu la scintilla che pose fuoco alle polveri.
A quell'epoca il teatro della Monnaie a Bruxelles (il quale aveva preso tale nome perché situato di fronte all'Hôtel des Monnaies) era già fiorente e reputato come uno dei migliori teatri lirici d'Europa (v. bruxelles).
Si può considerare Cesare Franck (1822-1890) nato a Liegi, come il vero fondatore della scuola moderna belga. Quantunque questo grande maestro abbia passato quasi tutta la sua vita a Parigi e quivi abbia creato tutti i suoi capolavori, ha tuttavia conservato sempre tutti i tratti caratteristici del genio vallone: senso polifonico, genio dell'architettura tonale, carattere dell'invenzione melodica. Si possono osservare le stesse caratteristiche nel suo allievo e compatriota Guglielmo Lekeu (1870-1894) quantunque questi abbia molto poco lavorato con lui. Lekeu aveva inoltre un senso acuto del colorito orchestrale, e una sensibilità elegiaca molto personale. Sarebbe forse diventato uno dei più grandi musicisti del suo tempo, se non fosse morto a 24 anni.
La scuola vallona ha subito fortemente l'influsso di questi due grandi artisti, e in questi ultimi anni quello della scuola francese, rappresentata soprattutto da Debussy e Gabriele Fauré. Tra i numerosi musicisti che vi appartengono, bisogna citare soprattutto Giuseppe e Leone Jongen, V. Vreuls polifonista notevole, Théo Ysaye (fratello del celebre violinista), Leone du Bois, il dircttore d'orchestra Sylvain Dupuis, Alberto Dupuis, Francesco Rasse, Erasmo Raway, Désiré Paques, Luigi Delune, Raimondo Moulaert, Léon Delcroix, l'organista Paul de Maleingrau, Brumagne, Barbier, Sarly, Scharrès, Giovanni Rogister e molti altri.
La scuola fiamminga, fondata da Pietro Benoît (1834-1901), conserva un carattere popolare e ricorre volentieri alle masse corali e istrumentali. Tanto per i difetti, quanto per le qualità, Pietro Benoît (v.), d'Anversa, incarna il genio musicale fiammingo.
Questa tendenza è sentita da molti musicisti, che in maggioranza hanno subito l'influsso wagneriano. Sono dei coloristi ai quali piace dipingere le fiere e le sfilate pompose del loro paese. Citiamo fra loro il gandese Enrico Maelput (1845-1885), Edgardo Tinel, Giovanni Blockx, di cui la Heroergprinses, con la sua fiera del 2° atto, resta, nel teatro, il capolavoro della musica fiamminga moderna, Wambach, Ryelandt, Arturo de Greef (illustre pianista), Paolo Gilson, esteta, teorico e pedagogo, il cui poema sinfonico La mer (1891) fu giustamente considerato come opera rivoluzionaria.
Alla scuola fiamminga si connettono pure Augusto de Boeck, forte colorista, i cui drammi La route d'émeraude, Songe d'une nuit d'hiver, tradiscono l'influsso wagneriano, Mortelmans, Herberigs, autore di musica da camera e di una messa di tendenze molto avanzate, Brusselman, ecc.
Oggidì l'influsso della musica wagneriana non sembra più manifestarsi tra i giovani. Non dovendo più lottare contro di essa, tentano di liberarsi da quella di Debussy e soprattutto da quella di Cesare Franck. Tutti guardano verso Parigi; Paolo Dukas, Ravel e Stravinskij li attirano soprattutto, ma anche Honegger, Milhaud e Poulenc. Il gruppo dei "sintetisti" a Bruxelles, corrisponde all'antico gruppo dei "six" di Parigi: essi si richiamano all'alta personalità di Paolo Gilson, loro maestro. Tra questi artisti citiamo Renato Bernier, G. Brenta, Théo Dejoncker, Roberto Otlet, Marcello Poot, Maurizio Schoemaker, Giulio Strens e Francesco de Bourguignon.
Tra gl'indipendenti citiamo il fiammingo Monier, discepolo di Gilson, il vallone Ferdinando Quinet, Arturo Hoerée. La maggior parte dei giovani musicisti abita Parigi, molti di essi sono stati discepoli di Vincent d'Indy, perciò è molto difficile considerarli come appartenenti a una scuola belga propriamente detta.
Risalendo indietro, è necessario porre in rilievo l'opera considerevole dei musicisti belgi, nel vasto lavoro compiuto nel sec. XIX, per lo studio metodico sul passato della musica. Fétis, che trascorse quasi tutta la sua vita a Parigi, fu, in questo campo, fervido pioniere. Egli ebbe per emulo nel Belgio un Coussemaker, che pubblicò i testi del Medioevo; un Van Maleden, un Gevaert, che tra i primi si sforzò di decifrare le opere di musica greca e pubblicò infaticabilmente in edizioni critiche le opere di musica vocale polifonica. Questi uomini celebri hanno avuto per successori Carlo van den Borren, Ernesto Closson, Paolo Bergmans ecc., che sono oggi la gloria della scuola musicale belga.
Il Gevaert ha inoltre compiuto una missione di fervido animatore. Musicista di valore, come lo dimostrano la sua opera Quentin Durward e la sua cantata patriottica Jacob van Artevelde, ancora popolare nel Belgio, fu un grande direttore d'orchestra e valente professore. Nominato direttore del conservatorio di Bruxelles, fece rapidamente di questa scuola uno dei migliori centri musicali d'Europa. Nei concerti ch'egli dirigeva nella sala del conservatorio, fece udire (in un momento in cui queste opere erano ignorate e incomprese) le cantate di J.S. Bach e le opere vocali dei grandi maestri italiani del sec. XVII: Carissimi, Luigi Rossi e Scarlatti, del quale egli pubblicò le opere. Il Gevaert fu anche il primo, in Europa, a dare impulso a regolari esecuzioni della musica di Wagner.
L'opera wagneriana fu nel Belgio accolta calorosamente molto prima di essere conosciuta a Parigi, e la compagnia di Bayreuth andava regolarmente al teatro de la Monnaie, prima della guerra, col celebre tenore belga Van Dyck, indimenticabile Sigfrido. Richard Strauss vi diresse, egli stesso, Salomé e Elektra; Pelléas et Melisande di Debussy, Ariane et Barbe-Bleue di Dukas, Penelope di Gabriel Fauré, furono rivelate al pubblico di Bruxelles poco dopo essere state create in Francia.
La direzione attuale (Corneil de Thoran, Spaak, Van Glabbeke) ha rappresentato con successo le opere di avanguardia di Ravel (L'enfant et les sortilèges, l'Heure espagnole) di Honegger (Judith, Antigone) di Milhaud, Pizzetti, Malipiero, Čerepnin, Stravinskij, ecc.
Ad Anversa, l'Opera fiamminga ha coraggiosamente tentato di presentare a un pubblico meno consapevole di quello di Bruxelles, opere di altri paesi, tradotte in lingua fiamminga, alcune persino di tendenze molto avanzate, come ad esempio Sakuntala di Franco Alfano, o le Tre commedie goldoniane di G. F. Malipiero. Nella stessa città l'opera francese vive soprattutto del repertorio antico. Altrettanto si dica per i teatri d'opera di Liegi e di Gand, dove tuttavia sono state rappresentate per la prima volta diverse opere nazionali.
Bruxelles è un centro dei più importanti per i concerti. La città possiede fin dal 1928 un grandioso edificio apposito, il Palazzo delle belle arti, che contiene, oltre a numerosi saloni per esposizioni, conferenze, e cinema, anche tre magnifiche sale capaci di accogliere rispettivamente 2000,700 e 300 persone. Vi si dànno i concerti della Società filarmonica, amministrata da Enrico Le Boeuf (grande animatore e mecenate, che prese l'iniziativa della costruzione del Palazzo delle belle arti). La domenica si dànno concerti popolari (istituiti nel 1865) nella sala del teatro de la Monnaie. Al Conservatorio si dànno i Concerts spirituels diretti da Jongen e quelli della Società del Conservatorio sotto la direzione di M. Defauw, che dirige inoltre i concerti noti sotto il suo nome. I concerti Ysaye, i concerti Houdret, come i concerti "pro arte" limitano ordinariamente la loro attività alla musica da camera. Questi ultimi dànno tuttavia ogni anno diversi concerti di musica moderna, col concorso della rinomata banda del reggimento delle guide (diretta da A. Prévost) e di un'orchestra di strumenti a corda.
Ad Anversa, meritano di essere segnalati la magnifica attività dei "Nouveaux concerts" diretti dal De Vocht, i concerti di F. Alpaerts e quelli della "Bach-vereeniging". A Gand, i concerti invernali (direttore Rasse) e le adunanze musicali del circolo artistico, a Liegi l'Opera degli artisti, i concerti del conservatorio, quelli del Giardino d'acclimazione (direttore Charlier) e il pregevole complesso a cappella; a Tournai i concerti della Società di musica (direttore Van Heake), infine quelli del Kursaal d'Ostenda, diretti durante l'estate da Toussaint de Sulter, successore di Leone Jehin.
Le chiese possiedono eccellenti scuole di cantori, tra le quali si distingue quella di Saint-Rombaut a Malines, che sotto la direzione del canonico Van Nuffel riesuma grandi opere polifoniche dimenticate.
Nel Belgio non soltanto le classi colte s'interessano alla musica, ma le masse del popolo sono molto sensibili verso quest'arte. Le scuole di canto, e le corali, di operai, d'impiegati, o di borghesi, pullulano in tutte le città. I paesi tutti contano fanfare, e i concorsi offrono numerosi premî.
La scuola belga di violino, fondata dal Vieuxtemps, è stata illustrata soprattutto da Eugenio Ysaïe, virtuoso di genio, il più grande senza dubbio dei suoi tempi. Tommaso Mathieu, Cerikboom, Alfredo Dubois, Clockers, conservano le tradizioni di questa grande scuola. Il Belgio può dirsi poi la patria dei quartetti. Esso possiede presentemente, senza dubbio, uno dei migliori quartetti d'Europa: il quartetto "Pro arte". Altri quartetti di primissimo ordine: quartetto Zimmer, quartetto Charlier, quartetto Rédelé e quartetto Liegi. Citiamo anche il notissimo trio della corte del Belgio e il quartetto belga con pianoforte (1ª viola: G. Lykondi).
La scuola di musica religiosa è originaria di Malines; essa gode di una grande reputazione, e così pure la scuola di carillon diretta dal grande carillonneur Jef Denyn. I concerti di campane (carillons) sono molto apprezzati nel Belgio, e se ne dànno di notevoli a Malines, a Bruges, a Gand ecc.
Il Belgio possiede quattro conservatorî di stato, qualificati reali: a Bruxelles (direttore Giuseppe Jongen), ad Anversa (direttore Mortelmans), a Gand (direttore Lunssens) e a Liegi (direttore Rasse). Tutte le grandi città di provincia hanno, inoltre, delle accademie, conservatorî o scuole di musica sovvenzionate dal rispettivo municipio, e a volte sovvenute anche dallo stato, come a Bruges, Lovanio, Malines, Mons, Charleroi, Namur ecc.
Il Belgio ha dato inoltre i natali a celebri fabbricanti di strumenti, come Mahillon e, sopra tutti, Adolfo Sax (nato a Dinant), inventore dei sassofoni, dei tromboni a sei pistoni indipendenti e di numerosi strumenti in ottone con i quali Wagner ha arricchito l'orchestra della Tetralogia, e che oggi sono d'uso corrente.
Il Belgio ha anche dato molti critici e musicologi di grande valore, tra i quali bisogna nominare anzitutto il rimpianto Ottavio Maus, che introdusse nel Belgio una musica audacissima per i suoi tempi.
Bibl.: E. Fétis, Les musiciens belges, Bruxelles s. a.; R. G. Kiesewetter, Die Verdienste der Niederländer um die Tonkunst, Amsterdam 1829; C. Eichler, Musikzustände in Belgien, in Neue Zeitschr. für Musik, 1838, p. 57; R. I. van Maldeghem, Trésor musical, coll. ecc. des anciens maîtres belges, Bruxelles 1865-73; E. van der Straeten, La musique aux Pays-Bas av. le XIXe siècle, Bruxelles 1867-1888; E. G. J. Gregoir, Notices biographiques des artistes-musiciens Belges et Néerlandais, Bruxelles 1874; A. Soubies, Hist. de la musique en Belgique, Parigi 1901; E. Closson, Chansons populaires des provinces belges, Bruxelles 1905; J. G. Prod'homme, Les institutions musicales (Bibl. et Archives) en Belgique et en Hollande, in Sammelb. der Intern. Musik-Gesell., 1913-14, p. 458.