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BELGIO

Enciclopedia del Cinema (2003)
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Belgio


La prima proiezione in B. del cinematografo Lumière avvenne a Bruxelles il 1° marzo 1896, ma nel Paese non si sviluppò subito una produzione nazionale, sebbene le premesse scientifiche del cinema fossero legate anche ad alcuni inventori di nazionalità belga: Étienne-Gaspard Robert detto Robertson (1763-1837), attivo a Parigi e noto per gli spettacoli di 'fantasmagorie' negli anni postrivoluzionari, e Joseph Plateau (1801-1883), famoso nella prima metà dell'Ottocento per l'invenzione di strumenti volti a riprodurre l'immagine in movimento, il taumatropio e il fenachistoscopio, basati sul principio della persistenza delle impressioni luminose sulla retina. Nel periodo del cinema muto furono pochi gli esempi di una cinematografia propriamente nazionale: dall'inizio degli anni Dieci del Novecento, venne creato in B. un sistema distributivo tale da consentire la costruzione di un elevato numero di sale (circa 650 nel 1914), in cui si proiettavano film stranieri, prevalentemente francesi e poi, dopo la Prima guerra mondiale, anche statunitensi e tedeschi.In questa fase un ruolo essenziale venne ricoperto dal francese Alfred Machin (1877-1929), già operatore della casa di produzione Pathé Frères, cui si deve il primo lungometraggio realizzato in B., L'histoire de Minna Claessens (1912). Tra il 1912 e il 1914 Machin girò più di venti film, come per es. il pacifista Maudite soit la guerre (1914), che colpì per il realismo con cui venivano rappresentati i combattimenti aerei, o Säida a enlevé Manneken Pis e Monsieur Beulemeester, garde civique, entrambi del 1913, opere che segnarono l'avvio di un genere molto seguito in B., la 'commedia popolare'. Fin dall'inizio del Novecento la cinematografia belga fu caratterizzata da un fenomeno che segnerà il suo sviluppo: l'emigrazione di attori, registi e sceneggiatori in Francia, tendenza che si consolidò sempre più nel corso del tempo. Tra gli atto-ri che passarono il confine si ricordano Berthe Bovy (interprete in L'assassinat du duc de Guise, 1908, di Charles Le Bargy e André Calmettes), Léon Mathot (noto per film di Abel Gance e di Germaine Dulac), Victor Francen (che lavorò con Gance e Marcel L'Herbier), Raymond Rouleau (attore di L'Herbier e Georg W. Pabst), Eve Francis (tra i nomi più significativi dell'avanguardia francese degli anni Venti, moglie di Louis Delluc e protagonista dei suoi film) e Madeleine Ozeray, che s'impose dapprima in teatro e recitò poi nei film di Pierre Chenal e di Julien Duvivier. Tra i più importanti sceneggiatori di nazionalità belga che si trasferirono in Francia sono da annoverare Charles Spaak e Albert Valentin. Il primo collaborò con Jean Renoir, Duvivier e Jacques Feyder; l'altro prestò la sua opera per Renoir e Jean Grémillon. L'esule belga più famoso fu comunque proprio il regista J. Feyder: abbandonato il proprio Paese all'inizio degli anni Dieci, si trasferì a Parigi dove divenne, tra gli anni Venti e Trenta, uno degli autori di maggior fama e prestigio.A caratterizzare la cinematografia belga tra la fine degli anni Venti e l'inizio del decennio successivo contribuirono essenzialmente il documentario e il film sperimentale. Numerosi furono dunque i documentaristi: tra gli altri, André Cauvin e Gérard De Boe, in specie per il documentario 'coloniale'. Cineasti di maggior rilievo, anche nel campo del documentario, furono Charles Dekeukeleire (1905-1971) e soprattutto Henri Storck (1907-1999), mentre alle soglie del cinema sonoro, va segnalato l'unico film realizzato dal conte Henri d'Ursel, La perle (1929), che rappresenta uno degli esempi migliori del cinema surrealista belga.

Dekeukeleire, regista dalla ricchissima produzione (circa ottanta film), operò una sensibile innovazione del linguaggio cinematografico con i cortometraggi Combat de boxe (1927), Impatience (1928), Histoire de détective (1929) e Flamme blanche (1930). Tali opere, realizzate con mezzi limitati, puntarono su esperimenti visivi svincolati da una precisa linea narrativa, basandosi essenzialmente su un montaggio ritmico e sull'utilizzo sperimentale di sovrimpressioni e inquadrature sfocate. Dopo Terres brûlées (1934), Dekeukeleire combinò magistralmente l'approccio documentaristico (l'indagine attenta, anche dal punto di vista folclorico, di una realtà sociale fiamminga) con la finzione (una vicenda d'amore infelice) nel film Het kwade oog (1936) noto anche con il titolo francese Le mauvais œil.L'attività di Storck fu inizialmente influenzata dal Surrealismo nei poemi visivi Pour vos beaux yeux (1929), La mort de Vénus (1930) e Trains de plaisir (1930); dopo aver realizzato alcuni film di montaggio, il regista si volse poi alla rappresentazione della sua città natale, Ostenda, con i documentari Images d'Ostende (1930), Une pêche au hareng (1930) e Ostende reine des plages (1930), in cui si evidenzia un'attenzione particolare agli elementi naturalistici. Il suo documentario più importante, girato in collaborazione con Joris Ivens, fu però Misère au Borinage (1933), caratterizzato dal crudo realismo con cui viene descritta la difficile vita dei minatori nella provincia belga dello Hainaut. Nello stesso anno fu assistente alla regia in Zéro de conduite (1933; Zero in condotta) di Jean Vigo. Storck continuò a realizzare opere appartenenti ai generi più diversi anche negli anni successivi, dai film sulla pittura (Regards sur la Belgique ancienne, 1936; Le monde de Paul Delvaux, 1946) a quelli di finzione (Symphonie paysanne, 1944; Le banquet des fraudeurs, 1951), confermandosi una delle figure centrali nella storia del cinema belga.Con l'avvento del sonoro nel 1930, la bipartizione linguistica esistente nel Paese si ripercosse sulla produzione cinematografica e comportò la realizzazione di film girati in lingua francese e film girati in lingua fiamminga: il numero delle opere prodotte fu comunque sempre piuttosto limitato, pur diffondendosi, oltre al documentario, i generi della commedia popolare e del 'saggio cinematografico' (sul film-saggio v. documentario).

I registi più celebri della commedia popolare furono Gaston Shoukens (1901-1961) e Jan Vanderheyden (1890-1961). Shoukens ebbe un considerevole successo commerciale, dirigendo, tra il 1926 e il 1961, diciotto lungometraggi: egli rappresentò frequentemente personaggi triviali, spesso interpretati da Gustave Libeau come, per es., in C'était le bon temps (1936), uno dei maggiori successi commerciali in B. negli anni tra le due guerre. Vanderheyden invece realizzò in prevalenza farse popolari in dialetto fiammingo che, naturalmente, raggiungevano un pubblico ben più limitato di quello di Shoukens. Il regista fu anche autore di De Witte (1934), opera dalla struttura narrativa di tipo realistico, manifesto di un neorealismo ante litteram.

In ambito belga il saggio cinematografico, ibrido tra film sperimentale e documentario, racchiudeva tre diverse tipologie: il film sull'arte, dove si collocano, oltre alle opere di Storck, anche quelle di Paul Haesaerts, un critico d'arte e pittore che tra il 1948 e il 1972 diresse più di quaranta opere sugli artisti fiamminghi; il film surrealista, che vide tra gli esempi più importanti, dopo La perle di d'Ursel, Monsieur Fantômas (1937) di Ernest Moerman e Imitation du cinéma (1960) di Marcel Mariën; e infine il film d'animazione. Nell'ambito di quest'ultima particolare forma, che ebbe in B. un significativo sviluppo, va ricordata la figura emblematica di Edmond Bernhard, autore di soli sei cortometraggi, realizzati tra il 1954 e il 1972, tra i quali Échecs (1972), film 'logico' che ha come unici protagonisti gli scacchi semoventi (grazie naturalmente all'animazione) su una scacchiera, secondo un principio di strategia pura.Prima dell'aprirsi in B. di una nuova stagione produttiva va segnalato come evento raro il lungometraggio fiammingo Meeuwen sterven in de haven, noto anche come Les mouettes meurent au port (1955) dei registi Rik Kuypers, Ivo Michiels e Roland Verhaevert.

Negli anni Sessanta, come nel resto dell'Europa, si ebbe nel cinema belga una ventata di più alta creatività, in coincidenza con una maggiore attenzione da parte delle istituzioni. In tale periodo si inquadra l'attività di primaria importanza svolta da Jacques Ledoux: direttore della Cinémathèque Royale de Belgique, tra le cineteche più ricche del mondo, proseguì una politica culturale e di formazione cinematografica di più ampio respiro contribuendo a valorizzare la produzione nazionale e istituendo il Festival international du film expérimental di Knokke-le-Zoute, le cui edizioni si svolsero dal 1958 al 1974. Si incentivò inoltre la creazione di strutture statali per lo sviluppo del cinema all'interno del ministero della cultura, e di scuole di cinema come l'IAD (Institut des Arts de Diffusion, fondato a Louvain-La Neuve nel 1959) e l'INSAS (Institut National Supérieur des Arts du Spectacle et des techniques de diffusion, a Bruxelles dalla fondazione nel 1962); presso quest'ultimo è ospitato anche il Centre international de liaison des écoles de cinéma et de télévision (CILECT), fondato a Cannes nel 1955, al quale nel 2000 aderivano 108 istituzioni di cinquanta Paesi del mondo. A questo processo innovativo si affiancò l'emergere di nuovi registi. Paul Meyer realizzò Déjà s'envole la fleur maigre (1960; Già vola il fiore magro), lungometraggio a metà strada tra finzione e documentario che ritrae le condizioni di vita dei minatori immigrati a Flénu. Il film, commissionato come cortometraggio dal ministero della pubblica istruzione, divenne in corso d'opera qualcosa di diverso dal progetto iniziale; ritirato dal governo nel 1963, atto che decretò anche la fine della carriera del regista, venne di nuovo distribuito nelle sale solo negli anni Novanta. Nel 1965 usciva, intanto, il primo film finanziato dallo Stato, De man die zijn haar kort liet knippen o L'homme au crâne rasé, che impose all'attenzione internazionale André Delvaux, destinato a diventare il maggiore autore belga del secondo dopoguerra.Alcuni cineasti promotori di un cinema politico (Robbe De Hert, Paul De Vree, Guido Henderickx, Patrick Le Bon, Chris Verbiest) si riunirono, tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, attorno al gruppo Fugitive cinéma con sede ad Anversa, dando così vita a una produzione di film di denuncia in prevalenza collettivi. Contemporaneamente il cinema sperimentale manifestava un carattere underground nei film estremi di Roland Lethem (La fée sanguinaire, 1968; Le sexe enragé de la fée sanguinaire, 1979) e nei film di Patrick Hella e di Jos Pustjens, e si sviluppava lo stile gotico, nella tradizione fantastica e surrealista, per es. nei film di Harry Kümel (Le rouge aux lèvres, 1971, La vestale di Satana; Malpertuis, noto anche come Malpertuis, histoire d'une maison maudite, 1972).

Nel nuovo cinema si affermarono, a partire dagli anni Settanta, registi come Chantal Akerman (fin dal film Je, tu, il, elle, del 1974), Jean-Jacques Andrien (Le fils d'Amr est mort, 1975; Le grand paysage d'Alexis Droeven, 1981; Mémoires, 1984; Australia, 1989), Benoît Lamy (Jambon d'Ardenne, 1977; Combat de fauves, 1998), Thierry Zeno (Vase de noces, 1974; Des morts, 1981), che privilegiavano l'autobiografismo, la memoria, il paesaggio (Dubois 2000). Nei decenni successivi raggiunsero invece una certa notorietà Dominique Deruddere (L'amour est un chien de l'enfer, 1987; Aspetta primavera, Bandini, 1989; Iedereen beroemd!, 2000, Assolutamente famosi), Mary Jimenez (Du verbe aimer, 1984), Marion Hänsel (Dust, 1985; Il maestro, 1989; The quarry, 1998). Ma a sollecitare l'attenzione della critica internazionale furono soprattutto film degli anni Novanta, come Toto le héros (1991; Toto le héros ‒ Un eroe di fine millennio) di Jaco van Dormael, C'est arrivé près de chez vous (1992; Il cameraman e l'assassino) di Rémy Belvaux, André Bonzel, Benoît Poelvoorde, Ma vie en rose (1997; La mia vita in rosa) di Alain Berliner e ancor più le opere di Luc e Jean-Pierre Dardenne (come Rosetta, 1999, Palma d'oro a Cannes). Il cinema belga contemporaneo, dove si sono continuati a sviluppare i filoni più tradizionali del cortometraggio, del film d'animazione e del documentario, non è rappresentato da una vera e propria scuola cinematografica, ma deve ancora la sua riconoscibilità e consistenza a singole personalità.   *

Bibliografia

P. Davay, Cinéma de Belgique, Gembloux 1973; Belgian cinema. Le cinéma belge. De Belgische film, a cura di M. Theys, Gand 1999; P. Dubois, Cinema belga in Storia del cinema mondiale. L'Europa, a cura di G. P. Brunetta, 3° vol., t. 2, Torino 2000, pp. 1191-224.

Vedi anche
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bèlga
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bèlgico
belgico bèlgico agg. [dal lat. Belgĭcus] (pl. m. -ci). – Del Belgio, dei Belgi; è forma meno com. di belga.
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