Vedi Belgio dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Il Belgio sta attraversando una fase di grave instabilità politica legata alla fisionomia statale stessa dello stato, contraddistinta da frammentazione linguistica e comunitaria, e alla difficoltà del sistema politico di gestire le crescenti tensioni centrifughe. Differenti istanze culturali e linguistiche, nonché economiche e politiche, hanno indotto il paese ad adottare un federalismo unico nel suo genere, che vede una complessa interazione tra stato, regioni e comunità. Il sud del Belgio è infatti abitato dalla comunità francese che, per la quasi totalità, coincide con la regione della Vallonia; la regione delle Fiandre, a nord, è invece abitata prevalentemente dalla comunità fiamminga. La capitale Bruxelles costituisce poi una regione a sé, mentre un’altra comunità riconosciuta a livello politico-istituzionale è quella germanofona, che occupa la porzione orientale della Vallonia al confine con la Germania.
Tale sistema, tuttavia, non è stato in grado di arginare le tensioni latenti tra le diverse componenti nazionali, fiamminghe e francofone, che negli ultimi anni hanno determinato una grave crisi politica. Nel dicembre del 2008 il primo ministro Yves Leterme si è dimesso dal suo incarico e re Alberto II ha nominato suo successore Herman Van Rompuy, che si è però dimesso il 30 dicembre 2008, a seguito della sua designazione a presidente permanente del Consiglio europeo. Leterme è così tornato a ricoprire la carica di primo ministro, fino al 2010. L’esito delle elezioni del giugno 2010 ha portato ad un’ulteriore frammentazione del panorama politico, rendendo le forze partitiche incapaci di raggiungere un compromesso: Leterme è stato, per ben 18 mesi, a capo di un governo ad interim, in attesa della nomina di un nuovo esecutivo. Solo dal dicembre del 2011 il paese ha un nuovo governo, guidato dal socialista francofono Elio Di Rupo.
L’attuale sistema federale attribuisce alle regioni forti poteri in materia di economia, occupazione, agricoltura, energia, trasporti (eccetto le ferrovie statali), ambiente, commercio, piani urbanistici, supervisione delle province, dei comuni e delle compagnie intercomunali. Le comunità, invece, definiscono le politiche culturali (gestione di teatri, librerie, media audiovisivi), amministrano i settori dell’istruzione e della salute (cura e prevenzione medica) e promuovono iniziative di welfare, tra cui assistenza e servizi agli immigrati, aiuto alle famiglie, protezione dei giovani.
Inoltre sia le comunità, sia le regioni hanno un proprio parlamento e un proprio governo e godono di una certa autonomia decisionale nel settore della ricerca scientifica e delle relazioni internazionali.
All’unicità dell’organizzazione politica interna si aggiunge, per quanto attiene al panorama europeo, una peculiarità istituzionale: Bruxelles, infatti, è sede dei più importanti organismi dell’Unione Europea (Eu), tra cui spiccano la Commissione, il Segretariato generale del Consiglio e, in condivisione con Strasburgo, il Parlamento europeo.
Questa peculiarità deriva al Belgio dalla circostanza che il paese è stato, sin dagli anni Quaranta, tra i più convinti promotori dell’integrazione europea. Negli ultimi vent’anni Bruxelles si è distinta soprattutto per il forte impegno nel promuovere la dimensione economica e monetaria dell’Eu: nel gennaio 1999 il Belgio è stato infatti tra i primi undici stati ad adottare la moneta comune, l’euro. Inoltre, nel 2008 il politico belga Herman Van Rompuy è stato il primo ed essere nominato alla carica di presidente permanente del Consiglio europeo, riconfermato successivamente per un secondo mandato fino al 30 novembre 2014.
Gli sforzi della politica estera belga puntano verso un rafforzamento dell’Eu tale da renderla un attore di primissimo piano nella scena politica mondiale.
Resta aperta, invece, la questione degli allineamenti internazionali extra-europei. Il dibattito si articola soprattutto attorno ai rapporti con gli Stati Uniti, peggiorati nel 2003 a seguito dell’opposizione belga all’intervento in Iraq, ma andati poi via via migliorando negli ultimi anni.
Popolazione e società
Con 352 persone per chilometro quadrato, il Belgio è il secondo paese d’Europa per densità di popolazione, superato soltanto dai Paesi Bassi. Le Fiandre e la Vallonia sono regioni con estensione geografica simile, tuttavia la maggioranza della popolazione si concentra nella prima: nel 2008 vi risiedevano 6,2 milioni di persone, mentre la Vallonia contava 3,5 milioni di residenti. La terza regione, quella di Bruxelles-Capitale, è abitata da circa 1 milione di persone.
La distribuzione etno-linguistica non coincide totalmente con quella politica: in Vallonia risiede una minoranza di lingua tedesca di circa 70.000 abitanti, e nella regione di Bruxelles-Capitale i residenti di lingua francese sono all’incirca il 77% del totale. Anche nelle due regioni di Fiandre e Vallonia esistono minoranze di lingua fiamminga e francese. La demografia linguistica è una questione politicamente sensibile, tanto che neppure il censo belga riporta dati esatti: si stima che nel paese i cittadini di lingua fiamminga siano circa il 60% del totale, il 39% degli abitanti parli francese e la lingua tedesca sia praticata da circa l’1% della popolazione.
Come accade in molti altri paesi europei, l’età media della popolazione belga sta lentamente aumentando. Per questo motivo il governo potrebbe essere costretto ad innalzare l’età pensionabile e ad adeguare la spesa destinata allo stato sociale alle necessità di una popolazione più anziana.
Il livello di radicamento della democrazia in Belgio è molto elevato. Ciò è dovuto alla struttura politica fortemente pluralistica che, paradossalmente, è anche tra le prime cause dell’instabilità interna del paese. Il particolare federalismo belga, infatti, mette sullo stesso piano stato, regioni e comunità, facilitando la comunicazione tra classe dirigente e cittadinanza e permettendo dunque una migliore governabilità del territorio. Allo stesso tempo, però, ciò comporta un’alta frammentazione politica, culturale ed economica, che spesso frena l’agenda governativa e polarizza il dibattito pubblico.
Il sistema mediale è libero e articolato: ogni giorno vengono pubblicati ventotto quotidiani (tra nazionali e regionali) per un totale di circa 2 milioni di copie. I giornali in lingua francese sono sedici, dieci quelli in fiammingo, uno in tedesco e uno presenta due edizioni, una francese e una fiamminga.
Esistono tre canali televisivi e tre radio pubbliche che coprono l’intero territorio nazionale e che trasmettono, rispettivamente, in lingua olandese, francese e tedesca. Oltre a queste vi sono molte radio private a diffusione regionale o locale.
A partire dal 1988 la direzione del sistema scolastico è stata delegata alle tre comunità del paese. In tal modo gli organi istituzionali delle regioni hanno guadagnato la possibilità di adeguare l’istruzione e l’insegnamento alle peculiarità del mercato del lavoro del proprio territorio. Per l’ottenimento dei certificati finali della scuola obbligatoria, invece, è previsto un programma di studio nazionale unificato.
Economia, energia e ambiente
Tra i paesi europei ad aver patito in misura minore la crisi finanziaria ed economica globale (anche se il tasso di crescita del pil ha fatto segnare un −2,7% nel 2009, già tornato nel 2011 ad un tasso di crescita del 2%), il Belgio ha visto tuttavia crescere in maniera incontrollata il suo debito pubblico in rapporto al pil, facendo riemergere quella che era stata una delle maggiori preoccupazioni di politica economica del paese negli anni Novanta. Si è infatti passati da un rapporto debito/pil dell’88% nel 2007 al 103% nel 2010: si tratta, anche se lievemente in diminuzione, di uno degli indebitamenti più alti d’Europa, inferiore soltanto a Italia, Grecia e Islanda. Il Belgio punta a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2015. Inoltre, il sistema retributivo belga prevede un meccanismo di adeguamento automatico dei salari ai prezzi e per questo motivo l’inflazione è spesso più alta rispetto alla media dell’Eu.
Più di tanti altri paesi europei, il Belgio ha saputo adattare il concetto di ‘mercato unico’ alla propria economia, trasformandosi in uno dei mercati più aperti e concorrenziali al mondo: un giudizio analogo è quello formulato da Ernst&Young, che nella sua speciale classifica delle economie più aperte e competitive posiziona il Belgio al 4° posto, dopo Hong Kong, Irlanda e Singapore. L’integrazione commerciale risalta soprattutto nei rapporti di interdipendenza economica tra il Belgio e i paesi dell’Eu confinanti – Germania, Francia e Paesi Bassi – dai quali nel 2011 è provenuto il 44% del totale delle importazioni belghe, e verso i quali il paese ha destinato il 46,6% delle sue esportazioni.
A trainare l’economia belga, come per tutti gli stati ad economia avanzata, è il settore dei servizi, che vede la presenza sul territorio nazionale di molte compagnie straniere. I maggiori settori di produzione dell’industria sono invece quelli dei prodotti chimici (inclusi i farmaceutici) e dell’ingegneria leggera (componenti auto, apparecchiature elettroniche, ecc.).
Il Belgio è dipendente in misura significativa dalle importazioni di energia, che nel 2010 arrivavano a coprire il 73% del suo consumo primario.
La maggior parte della domanda energetica interna è coperta dall’importazione di petrolio e dei suoi derivati, seguita da quella di gas naturale. Il paese dispone attualmente di cinque centrali nucleari attive, (due ora spente per motivi di sicurezza), ma deve comunque comprare all’estero una quota rilevante di elettricità. Il governo belga ha inoltre annunciato, per i prossimi anni, una graduale uscita dal nucleare,
La capacità di trasferimento elettrico dall’estero è tuttavia ancora limitata: per questo il Belgio sta attualmente cooperando con Francia e Paesi Bassi con l’obiettivo di creare un mercato regionale dell’elettricità più efficiente e di accelerare la costruzione di nuove infrastrutture interstatali per il trasporto dell’energia elettrica.
Il Belgio sta progressivamente rafforzando i settori ad alto contenuto tecnologico. In tale ottica, cresce la presenza di parchi scientifici, centri di ricerca, laboratori, università e ‘business park’ in tutto il paese. Ciò, unitamente all’efficienza della forza lavoro, fa sì che la produttività manifatturiera sia superiore alla media europea.
Difesa e sicurezza
Abbandonata la politica della neutralità permanente a seguito dell’invasione tedesca del 1914, e dopo essere stato occupato una seconda volta durante la Seconda guerra mondiale, dal dopoguerra il Belgio non ha più riscontrato gravi minacce alla sicurezza nazionale.
Negli ultimi anni l’elevato indebitamento, gli effetti della crisi economica e le preoccupazioni per l’instabilità interna hanno indotto il paese a contenere le spese per la difesa. Le misure d’austerità prese nell’ottobre 2009 prevedono infatti tagli agli armamenti, e si sta procedendo alla progressiva chiusura di 23 basi e alla riduzione del reclutamento militare.
L’impegno internazionale del paese rimane tuttavia significativo. Le truppe belghe affiancano infatti gli eserciti francese, tedesco e spagnolo negli Eurocorps, contingente Eu acquartierato a Strasburgo. Partecipano inoltre alle missioni di pace delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo (Monuc) – ex colonia belga – e in Libano (Unifil) e a quelle della Nato in Afghanistan (Isaf) e in Kosovo (Kfor). Dal 1977, il Quartier generale delle Forze Alleate della Nato in Europa (Shape) ha sede a Mons, nel sud del Belgio, ed è il luogo deputato all’organizzazione delle operazioni militari coordinate. Infine, a conferma dell’indole cooperativa belga e dei tradizionali rapporti di buon vicinato che il paese intrattiene nell’ambito del Benelux, vi è la costituzione di una flotta navale comune con i Paesi Bassi.
I gruppi politici cristiano-democratico, liberale e socialista, nelle due declinazioni fiamminga e francofona, rappresentano le maggiori forze politiche del Belgio.
Attualmente in Belgio si contano sei assemblee legislative per 11 milioni di abitanti, e 14 partiti nel parlamento federale (che riunisce i rappresentanti di Fiandre e Vallonia).
In occasione delle elezioni amministrative dell’ottobre del 2012 la rivalità tra le Fiandre separatiste e la Vallonia, che si è dimostrata capace di paralizzare l’intero sistema politico belga, si è moltiplicata all’infinito.
I risultati sono stati difformi nel paese: per la prima volta in Vallonia, da 20 anni a oggi, i comunisti – il Parti du Travail de Belgique (Ptb) e gli altri schieramenti della sinistra comunista – hanno superato l’estrema destra, mentre a nord, nelle Fiandre, il leader di estrema destra e separatista fiammingo Bart De Wever del partito Nuova alleanza Fiamminga (N-VA) ha vinto le elezioni con il 37,5% dei voti ad Anversa, la prima città delle Fiandre e la seconda del Belgio, di cui si appresta a diventare sindaco. Il risultato non potrà che infliggere un nuovo duro colpo al fragile equilibrio politico tra fiamminghi e valloni.
Il Partito Socialista Francofono del premier Di Rupo, pur soffrendo in alcune aree del paese, non ha registrato il pesante calo che si temeva, mentre i verdi di Ecolo/Groen, alleati di Di Rupo nel governo nazionale, e i liberali hanno registrato un buon risultato. Una certa flessione è stata registrata in casa dei democristiani del Cd&V (Christen-Democratisch en Vlaams). Il Partito dei Pirati ha ottenuto un risultato inferiore al 2%, raccolto soprattutto nei grandi centri urbani.
Dal 2008 la crisi finanziaria ha colpito in maniera estremamente dura i principali istituti di credito belgi. I più colpiti sono stati KBC, Dexia e Fortis – tanto che quest’ultima compagnia è stata costretta ad accettare l’acquisizione da parte di BNP Paribas.
La crisi è stata aggravata da due fattori: da una parte, i dissidi interni alla maggioranza dell’allora primo ministro Yves Leterme, che tra il 2008 e il 2010 è stata composta da cinque partiti (tre francofoni e due fiamminghi), hanno generato una pioggia di veti incrociati sui tagli e le misure di emergenza da adottare. Dall’altra, l’esistenza di un ancoraggio automatico dei salari all’inflazione ha fatto sprofondare il rapporto deficit/pil al 5,9% nel 2009, mentre il debito pubblico aveva sfondato la soglia psicologica del 100% del pil. La situazione finanziaria era tanto complicata che nel settembre 2010 il paese è stato costretto a concordare un piano di risanamento con l’Unione Europea.
Oggi l’agenda del governo è incentrata sulla solidità dei conti pubblici, la riforma istituzionale, del lavoro e della previdenza. Il recente tira e molla di competenze tra governo federale e regioni è stato comunque un ulteriore ostacolo alla conclusione di un accordo per ridimensionare la spesa pubblica, attualmente sovradimensionata rispetto alle prospettive di crescita economica del paese.
Il recente tira e molla di competenze tra governo federale e regioni è stato un ulteriore ostacolo alla conclusione di un accordo per ridimensionare la spesa pubblica, attualmente sovradimensionata rispetto alle prospettive di crescita economica del paese.