BRIGANTI-BELLINI, Bellino
Nacque a Osimo (Ancona) l'8 nov. 1819 dal nobile Camillo e da Costanza Rotigni; il padre aveva aggiunto il secondo cognome perché adottato e istituito erede, nel 1808, dagli zii materni Stefano Ubaldo e Gioacchino Bellini. Dopo aver studiato nel collegio osimano Campana e poi col canonico L. De Angelis, s'interessò di scienze economico-finanziarie e di agraria, applicando nuove tecniche nelle proprietà terriere della famiglia. In gioventù aprì una filanda (che sopravviverà fino al 1929), e nel 1846 ridette impulso alla lavorazione locale della canapa, allora in crisi. Diede anche impulso all'istruzione popolare, finanziando e presiedendo una scuola serale, in cui pure insegnò. Il B. affiancava a queste iniziative un moderato liberalismo, distinguendosi così dalla maggior parte della nobiltà dello Stato pontificio. Venuto in sospetto alle autorità, e nell'anno 1845 compreso in una lista di proscritti, venne salvato dall'intervento in suo favore del cardinale G. Soglia Ceroni, il quale era allora vescovo di Osimo.
Scoppiata la prima guerra di indipendenza, accorse nel Veneto, col grado di sottotenente in una compagnia di volontari osimani comandata da R. Simonetti e si battè nello scontro di Vicenza il 10 giugno 1848. Rientrato poco dopo nello Stato pontificio, per interessamento dell'amico Luigi Carlo Farini (che l'anno precedente era stato scelto come medico primario di Osimo da una commissione di cui il B. faceva parte), dal ministro degli Esteri conte G. Marchetti fu nominato il 12luglio incaricato straordinario pontificio presso il quartier generale di Carlo Alberto.
Successo nell'incarico a M. Minghetti, secondo le istruzioni ricevute dal Marchetti e da T. Mamiani, cercò di ottenere aiuti militari dal Regno di Sardegna e di condurre avanti le trattative per la Lega italiana, avversate sia dai consiglieri regi sia dalla politica papale, ormai lontana dagli intendimenti dei governanti laici.
Profilatasi la sconfitta piemontese, anchegli capì che era bene ridurre i legami per non esporre lo Stato pontificio alla vendetta austriaca, ma si mostrò sempre solidale con la guerra regia e continuò prudentemente le trattative, chiedendo invano a Roma istruzioni adatte alle mutate circostanze. Dimessosi il Mamiani, il nuovo ministero del cardinale Soglia tenne al riguardo una condotta completamente negativa, lasciando il B. in grave imbarazzo. Le sue sollecitazioni non ricevevano risposta né gli erano rimborsate le spese d'ufficio, malgrado avesse, per suggerimento del Minghetti, rinunciato all'emolumento personale di cento scudi spettantegli per la missione. Se ne dolse col Farini e con F. Borgatti, segretario generale del ministero degli Esteri, chiedendo infine l'esonero.
Rientrato a Roma verso il 20settembre, conobbe P. Rossi, il Rosmini ed altre personalità. Ritornato poi ad Osimo, accettò di firmare una petizione per la Costituente, condizionandola al solo caso in cui venisse a mancare ogni potere legittimo. Gli sviluppi rivoluzionari della situazione nello Stato pontificio presto lo indussero a un'ostile presa di posizione verso la corrente democratica: - eletto in dicembre deputato di Ascoli all'Assemblea romana, rifiutò il mandato e si trasferì a Firenze, dove rimase diversi anni, salvo l'intervallo di viaggi per l'Europa. Tornato in Osimo verosimilmente tra il 1856 e il 1857, fu consigliere comunale e deputato (assessore) ai Lavori pubblici e al Mercato bozzoli; ebbe inoltre parte nell'istituzione della locale Cassa di Risparmio (avvenuta nel 1858), di cui elaborò nel 1857 lo statuto e il regolamento, ospitandone la prima sede nel palazzo di famiglia.
Risoluto fautore dell'annessione al Regno sabaudo, venne eletto, nel gennaio 1861, deputato per l'VIII legislatura nel collegio di Recanati. Con decreto reale del 16 nov. 1861 fu insignito della decorazione di ufficiale, poi il 5 febbr. 1865 di quella di commendatore, dell'Ordine mauriziano in compenso della gratuita attività nel settore delle Strade ferrate romane e dei prestiti a comuni per l'anticipazione dell'imposta fondiaria.
Rifiutate le cariche di segretario generale delle finanze e di direttore generale delle gabelle, offertegli rispettivamente dal Sella (fine '64) e dallo Scialoja, partecipò invece attivamente, come esponente della Destra storica, ai lavori della Camera dei deputati (rieletto, sempre a Recanati, nel 1865 per la IX e nel 1867 per la X legislatura). Dai suoi numerosi interventi si nota una competenza economico-finanziaria legata ad un preciso orientamento liberal-conservatore.
Sostenne l'aumento delle imposte indirette con la correlativa diminuzione delle dirette, gli sgravi fiscali sulla rendita fondiaria, da tassare fortemente solo in caso di gravi necessità militari, un corso vantaggioso per i prestiti, l'ammortizzazione delle obbligazioni, la riduzione della spesa pubblica per l'istruzione secondaria concepita in chiave classista, fermi restando gli sforzi per l'istruzione popolare al livello primario. Contrario alle ritenute sulla ricchezza mobile, non ammetteva però l'esenzione dalla tassa di registro e bollo delle azioni delle società popolari. Sostenne il mantenimento della pena di morte, favorendo tuttavia l'alleggerimento delle forme di pressione militare e poliziesca su ceti e zone recalcitranti alla disciplina dello Stato unitario.
Presentò disegni di legge (ad es., nel luglio 1862 il progetto per il passaggio dei beni della cassa ecclesiastica al demanio statale), fu per gli anni 1862 e 1863 relatore del bilancio del ministero di Agricoltura e commercio, fece parte di varie commissioni parlamentari, specialmente di quella per la regia cointeressata, dei tabacchi; sostenne, in tale occasione, la politica del ministro delle Finanze Cambray-Digny ed in generale la Destra toscana, impegnata in una delle sue più grandi battaglie parlamentari. Vanno inoltre ricordate la carica di direttore della Banca di Credito italiano e l'attività di pubblicista, con la quale si connette specialmente la fondazione in Macerata del Vessillo delle Marche.
Morì a Osimo il 12 nov. 1869. Aveva sposato la contessa Laura Romani di Macerata.
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