bellore
. La voce appare in Detto 394 E chi di lui è preso, / sì vuoi ch' e' sia appreso / d'ogne bell'ordinanza / che 'l su' bellor dinanza (si rilevi l'ardua aequivocatio). Si tratta di ipergallicismo di tradizione siciliana (da riportare alla nota fioritura di varianti suffissali della nostra prima lirica), che vale " bellezza ", " qualità di bello ". E largamente attestato in testi poetici duecenteschi (Dante da Maiano, Guittone, Terino, Guinizzelli, Cino, ecc.) e anche in prosa (Novellino). Avrà nel Detto sapore allusivo, in un contesto che ama le tinteggiature arcaiche.
Bibl. - M. Corti, I suffissi dell'astratto -or e -ura della lingua poetica delle origini, in " Atti dell'Accademia dei Lincei " S. VIII, fasc. 5-6 (1953) 303; Chiaro Davanzati, Rime, a c. di A. Menichetti, Bologna 1965, glossario.